Gesù Cristo
IndiceDefinizione
Secondo il Nuovo Testamento e la dottrina della Chiesa cristiana, il messia predetto dai profeti, vero Dio e vero uomo, in quanto figlio di Dio, inviato per la salvezza del mondo. Per estensione: immagine di Cristo (in questi casi, quasi sempre solo “Gesù”): un Gesù bambino; un Gesù scolpito. Fig., nelle loc.: far Gesù , unire le mani in atto di preghiera; essere tutto Gesù e Maria, esser pieno di devozione, ostentare sentimenti religiosi; far Gesù con cento mani, esultare, ringraziare per un'improvvisa felicità; sottolineando un'intensa emozione: Gesù Gesù !; oh Gesù !
Gesù nei Vangeli
L'identità divina di Gesù prende sostanza dalla seconda Persona della SS. Trinità, ab aeterno nel seno del Padre, con Lui presente e operante nella creazione del mondo, nelle rivelazioni al popolo eletto, con Lui consenziente nel volere la redenzione del mondo e quindi apparso sulla Terra sotto le spoglie della natura umana. Nell'imminenza della Sua venuta si moltiplicano le testimonianze sulla Sua persona e sulla natura della Sua missione: l'angelo del Signore compare a Maria Vergine e le annuncia che sarà madre di un bimbo, che sarà chiamato “Figlio dell'Altissimo” e Dio gli darà il trono di David. La Sua nascita non è opera dell'uomo, ma dello Spirito Santo e perciò Egli è chiamato Figlio di Dio (Luca 1, 26-36). Maria accetta in umiltà il volere di Dio e in quel momento il Verbo di Dio assume umana carne nel seno della Vergine. Ella incontra poco dopo la cugina Elisabetta, la madre di Giovanni Battista, e questa esclama: “Benedetta tu sei fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno”. A Giuseppe, lo sposo promesso di Maria, l'angelo di Dio dice: “Non aver timore di prenderti in moglie Maria, perché quel che è nato in Lei è opera dello Spirito Santo. Ella darà alla luce un figlio, che tu chiamerai Gesù, poiché salverà il Suo popolo dai propri peccati”. La preparazione all'avvento di Gesù si compie così in un intreccio di collaborazione umana e divina, dove l'augusto operare di Dio innalza l'uomo a coautore del suo disegno di redenzione. Secondo la profezia di Michea, Gesù doveva nascere a Betlemme e il censimento all'epoca in corso portò Giuseppe e Maria in questa località. Quivi Maria “diede alla luce il suo figlio primogenito e dopo averlo fasciato lo pose in una mangiatoia, perché non vi era stato posto per loro nell'albergo” (Luca 2, 7). I dati forniti dai Vangeli non consentono di stabilire con esattezza la data della nascita di Gesù : con probabilità è da porsi tra il 5 a. C. e il 5 d. C. “Vi reco una buona novella di grande allegrezza per tutto il popolo – dice l'angelo apparso ai pastori – oggi nella città di David è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo Signore”. E un coro di angeli gli fa eco: “Gloria a Dio nei luoghi altissimi e pace in Terra agli uomini di buona volontà”. Il primo omaggio a Gesù è recato dai pastori, che diffondono la notizia tra le genti dei dintorni. La Sacra Famigliancora a Betlemme quando fu visitata dai Magi, che resero omaggio al Salvatore e gli offrirono oro, incenso e mirra, i simboli del potere e della sofferenza. Proprio i Magi resero edotto Erode della nascita del Redentore e il vecchio tiranno, temendo per il suo potere, ordinò l'uccisione dei bimbi di Betlemme dai due anni in giù. Ma Gesù gli sfuggì, perché Giuseppe, avvertito dall'angelo, lo mise in salvo in Egitto. Morto Erode, Giuseppe ritornò in patria e si stabilì a Nazareth di Galilea. Quivi Gesù “cresceva e s'irrobustiva, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di Lui” (Luca 2, 40): a dodici anni venne portato al Tempio di Gerusalemme, dove meravigliò i dottori della Legge con le sue risposte. Su Gesù scende poi il silenzio degli evangelisti, che ce lo ripresentano ormai uomo fatto, all'inizio della sua vita pubblica: sulle rive del Giordano egli si fece battezzare da Giovanni Battista, che gli aveva aperto le vie della Sua missione predicando il battesimo di penitenza, e in quel momento si aprirono i cieli e una voce dall'alto proclamò: “Questi è il mio Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto” (Matteo 3, 17). Dio-Padre intervenne direttamente a svelare la divinità del Figlio, perché tutti sapessero che sotto le spoglie umane si nascondeva lo splendore del vero Dio. Mentre Gesù si preparava alla sua missione nel digiuno e nella preghiera, Satana lo avvicinò per tentarlo, ma le risposte del Salvatore rivelarono la profonda differenza fra il regno mondano e il regno di Dio: necessario è il pane per la fame del corpo, ma più necessaria la parola di Dio per alimentare l'anima; non le ricchezze del mondo ma il servire a Dio è la vera grandezza dell'uomo. Centro della sua prima predicazione fu il lago di Genezareth (o Tiberiade) e i paesi adagiati sulle sue rive: Gesù ebbe subito il conforto di riunire i primi discepoli: Giovanni, Simone, Filippo, Andrea, Natanaele; a Cana compì il suo primo miracolo cambiando l'acqua in vino. È nello stile di Gesù suffragare le Sue parole con la dimostrazione della Sua potenza attraverso il miracolo: Egli sapeva di essere portatore di una dottrina, che si eleva ben al di sopra della Legge mosaica, con la sua esigenza a penetrare nel fondo dei cuori per operarvi una totale conversione. Il Suo discorso poteva, quindi, suonare ostico all'israelita, immerso nella materialità della vita quotidiana e spesso ridotto a un'osservanza solo formale della Legge: il miracolo dava, perciò, sostanza di verità alle Sue parole e gli conferiva l'autorità necessaria per farsi ascoltare. Né sfuggiva a Gesù la difficoltà di far comprendere concetti tanto nuovi, per cui quasi mai faceva un'esposizione diretta della sua dottrina, ma la spiegava sotto la forma analogica della parabola: vivendo in mezzo al popolo, Gesù sapeva bene quali erano le componenti della sua vita e proprio da queste traeva lo spunto della Sua spiegazione. Doveva illustrare il concetto di “prossimo” ed ecco la mirabile parabola del buon Samaritano; voleva far capire che era venuto a salvare anche i lontani, i peccatori, e dalle sue labbra uscì il racconto del Figliol Prodigo; affermava l'amore che porta agli uomini e nasceva la parabola del Buon Pastore; spiegava la grandezza futura del regno di Dio, umile nei suoi inizi, e portava l'esempio del granello di senape, il più piccolo fra tutti, ma che cresce in pianta forte e grande. Questa continua aderenza fra le cose e i concetti è alla base del successo della sua predicazione fra il popolo. Ormai in Galilea molti lo avevano ascoltato e non pochi erano quelli che lo seguivano; avvicinandosi la Pasqua, egli ascese a Gerusalemme, il centro della religione ufficiale per un confronto più diretto con chi ne deteneva il magistero. Il suo primo atto fu la cacciata dei venditori dal Tempio: il mite Gesù s'infiammò di sacro zelo e proruppe: “Smettetela di fare della casa del Padre una casa di traffico” (Giovanni 2, 16). Fu uno scontro netto: da una parte una religiosità sclerotizzata in pratiche esteriori, connivente con un materialismo mercantilesco, dall'altra la veemenza intatta dello spirito infiammato dell'amore di Dio. Seguì uno scontro verbale con gli scribi e i farisei, i più zelanti interpreti della Legge, e la differenza fra le due concezioni si fece abissale. Fra i dottori della Legge qualcuno, però, fu colpito dalle parole di Gesù. Uno di essi, Nicodemo, si recò dal Maestro e questi gli aprì le profondità della Sua dottrina: la rinascita dell'uomo non è nel corpo ma nello spirito, non nella pratica esteriore della Legge, ma nell'operare in verità, perché la verità è la luce di Dio, che scende nell'anima e muove la volontà ad aderire alla volontà di Dio. Gesù ritornò poi in Galilea e passando per la Samaria si fermò al pozzo di Sichem e chiese da bere a una samaritana: la donna aveva perso la purezza dei costumi, ma conservava la sincerità del cuore e Gesù le rivelò che era il Messia. A Nazareth Gesù entrò nella sinagoga e lesse un passo di Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo Egli mi ha mandato per portare la buona novella ai poveri, mi ha mandato a guarire i contriti di cuore, ad annunziare la liberazione ai prigionieri, a dare la vista ai ciechi, a rimettere in libertà gli oppressi a predicare l'anno accettevole del Signore” (Isaia 61, 1-2). È il testo profetico che più compiutamente descrive l'opera del Messia e Gesù , chiudendo il libro, poteva a giusta ragione dire: “Oggi i vostri orecchi hanno udito l'adempimento di questo passo della Scrittura” (Luca 4, 1): infatti Gesù indirizzava la sua parola di preferenza ai poveri e usava il miracolo là dove più infieriva il dolore o la morte; il Suo cuore aveva la saldezza della giustizia e dove scopriva un torto entrava per ripararlo. La Sua parola era mite, ma dentro i cuori acquistava una veemenza rivoluzionaria e questo sapevano gli scribi e i farisei, che gli stavano alle calcagna per coglierlo in fallo e condannarlo: a Cafarnao essi erano presenti alla guarigione del paralitico. Gesù lesse nel loro cuore e disse all'infermo: “Uomo, ti sono rimessi i tuoi peccati”. I custodi della Legge intervennero: “Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?” – E Gesù : “Che è più facile dire: – Ti son rimessi i tuoi peccati o Levati su e cammina? – Ora, affinché voi sappiate che il Figliol dell'Uomo ha sulla Terra il potere di rimettere i peccati... dico a te: Levati su, prendi il tuo letticciuolo e va' a casa tua”. Come a dire: chi ha la pienezza del potere non opera solo sul corpo ma anche sullo spirito. Gesù , però, sentiva che il suo insegnamento era ancora frammentario e allora raccolse i suoi seguaci sull'alto di una montagna per enunciare con maggiore completezza la sua dottrina: è il discorso delle “Beatitudini”, che apre gli orizzonti di una grande speranza per chi tribola nella povertà, per i giusti che ricercano la vera giustizia, per i puri di cuore che vedranno nella luce di Dio, per gli afflitti perché riceveranno consolazione... ma è anche il momento in cui Gesù precisò la sua dottrina nei confronti degli antichi: “Fu detto “Non uccidere...” ma io dico... chi dice al suo fratello: Raca (stolto) è già punibile; fu detto: “Non commettere adulterio”, ma io vi dico: Chiunque guarda una donna per bramarla ha già commesso adulterio con essa, nel suo cuore; fu detto: “Occhio per occhio, dente per dente”, ma io vi dico: A chi ti schiaffeggia nella guancia destra, porgi anche l'altra...”. L'azione dell'uomo, cioè, non è giudicabile nella sua materializzazione esteriore, ma nasce e si sviluppa nella profondità della coscienza e qui bisogna coglierla per giudicarla; la legge del taglione era così mutata in una legge d'amore, che del nemico faceva un amico: mutavano i rapporti dell'uomo con Dio e dell'uomo con il suo simile; al timore si sostituiva l'amore verso Dio, che è Padre, e verso il proprio simile, che è un fratello. A Gerusalemme Gesù passò anche la seconda Pasqua della sua vita pubblica: si acuiva ancor più il dissidio con i Giudei al punto che questi pensavano seriamente di farlo morire (Giovanni 7, 1); i motivi erano le solite infrazioni alla Legge: non rispetto del sabato, dei riti di purificazione, ecc. Gesù svelò con parole taglienti la loro ipocrisia, condannò la loro incapacità a trovare nel cuore il vero elemento purificante e li bollò come “ciechi, guide di ciechi” (Matteo 15, 14). Vicino a Gerusalemme, a Betania, viveva il suo amico Lazzaro e Gesù , avuta notizia della sua morte, vi si recò e lo risuscitò, compiendo uno dei suoi miracoli più dimostrativi della potenza che ha sopra le forze della natura. Gesù ritornò poi in Galilea e si spinse fino alla regione di Tiro e di Sidone suscitando sincere professioni di fede anche fra i Gentili; sulla strada di Cesarea di FilippoGesù chiese ai suoi discepoli: “Chi credete che io sia?”. E Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivente”. – “Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'ha rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io ti dico che tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. È la prova del primato di Pietro sugli altri apostoli e sulla Chiesa futura. La sua missione terrena stava volgendo al termine e Gesù preparò i suoi discepoli all'umiliazione della Sua Passione e Morte: la trasfigurazione sul monte Tabor davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni fu un presagio della Sua glorificazione, perché essa illuminasse di speranza i giorni bui in cui avrebbero veduto il Figlio dell'Uomo patire e morire. Alla folla egli insegnò una sublime preghiera: il Padre Nostro, in cui la fiducia dell'orante lega la sua anima al Padre celeste in unità con l'amore del prossimo (“Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”) e l'urgenza per i bisogni materiali (“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”) è messa sullo stesso piano delle esigenze spirituali (“Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male”). Gesù predicava allo spirito dell'uomo, ma non dimenticava mai le sue necessità corporali (Santa Teresa, la riformatrice del Carmelo, commenterà: “Perché lo spirito sia alacre è necessario che il corpo stia bene”). Ancora a Gerusalemme, Gesù guardò dall'alto la città santa e in un grandioso discorso ne presagì la caduta, figura e segno della fine del mondo (Matteo 24, 1-51; Marco 13, 1-32; Luca 21, 5-36). Ormai il suo pensiero s'incentrava sull'atto finale della Sua vita: la Sua Passione e Morte. Raccolto nell'intimità del Cenacolo con i suoi discepoli, Gesù lavò dapprima i loro piedi, perché “... come io ho fatto questo con voi, così voi facciate con il vostro prossimo”, in forza del nuovo comandamento: “Come io ho amato voi, anche voi amatevi gli uni gli altri” (Giovanni, 13). Il discorso poi si aprì a più ampi orizzonti: “Io sono la Via, la Verità, la Vita: nessuno viene al Padre se non per me... io sono la vera vite e il Padre mio è il coltivatore. Ogni tralcio che in me non reca frutto, lo toglie e ogni tralcio che reca frutto lo monda affinché ne rechi di più”; “Se mi amate osserverete i miei comandamenti e io invocherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore, affinché resti con voi per sempre” (Giovanni 14 e 15). L'unione con il Cristo è presupposto di ogni unione con il Padre e l'osservanza del precetto divino nell'amore richiamerà sui discepoli l'assistenza continua dello Spirito Santo contro l'odio del mondo e le persecuzioni, nella certezza che Cristo “ha vinto il mondo”. Gesù alzò gli occhi al cielo e pregò il Padre: “L'ora è venuta; glorifica il Tuo Figlio onde il Figlio glorifichi Te, come gli desti potere su ogni carne, affinché egli dia vita eterna a quanti hai dato a lui. E la vita eterna è questa: Che conoscano Te, il solo vero Dio e colui che mandasti, Gesù ... affinché l'amore con il quale Tu mi hai amato sia in loro e Io sia in loro”. Ogni rivelazione era ormai compiuta e Gesù si avviò all'orto del Getsemani, dove il suo corpo soffrì l'agonia della Sua Passione imminente, ma il Suo spirito si piegava ancora una volta nell'accettazione della volontà di Dio. Nell'ombra Giuda consumò il suo tradimento e consegnò Gesù nelle mani dei sacerdoti: il Figlio dell'Uomo ebbe un ultimo confronto con i legali della religione ed egli ancora una volta rivendicò la Sua natura divina: “Sei tu il Cristo, figlio di Dio benedetto?” – “Sì, lo sono, e vedrete il Figliolo dell'Uomo seduto alla destra della potenza di Dio venire sulle nubi del cielo”. È quanto bastava al sommo sacerdote per condannarlo e da quel momento Gesù fu preda della soldataglia, flagellato e fatto oggetto di scherno; perché il calice dell'amarezza fosse pieno, doveva sopportare anche il tradimento di Pietro. Sulla via del Calvario, Egli cadde sotto il peso della croce e lo sollevò un uomo di Cirene; una donna gli terse il sudore del volto, confortandogli l'anima con un atto di bontà. Ancora sulla croce Gesù non dimenticò la Sua missione e al buon ladrone promise: “Oggi sarai con me in Paradiso”. Ai piedi della croce vegliava Maria, Sua madre, con il discepolo prediletto e a questi egli l'affidò. Nell'angoscia dell'ora suprema, Gesù , come qualsiasi altro uomo, sentì la disperazione del Suo spirito: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Ma subito si riprese: “Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito”. E “piegata la testa, emise lo spirito”. Gesù è morto ed ecco il velo del Tempio squarciarsi in due e le tenebre avvolgere la Terra: “Veramente costui era un uomo giusto, veramente quest'uomo era il Figlio di Dio!” – esclamò il centurione di guardia e i presenti gli fecero eco: “Veramente costui era il Figlio di Dio” e scesero dal Golgota battendosi il petto. Al seppellimento di Gesù provvidero Giuseppe d'Arimatea, un membro del Sinedrio e Nicodemo. La mattina del giorno dopo il riposo sabbatico, Maria Maddalena andò al sepolcro di Gesù con aromi per imbalsamare il Suo corpo e Gesù le apparve e le disse: “Va' dai miei fratelli e di' loro che salgo al Padre mio e Padre vostro”. Diverse altre volte Gesù apparve alle pie donne, agli apostoli e ai discepoli riuniti: in Galilea egli diede loro le ultime disposizioni: “Ogni potere è stato dato a me in cielo e in Terra. Andate dunque, ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto quanto v'ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo”. Poi Gesù li condusse verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva si levò in alto, e una nuvola lo nascose agli occhi loro. Così chiudeva Gesù la sua vicenda terrena.
Il messaggio di Gesù
In sintesi, così si delinea: affermazione di un Dio unico, trascendente e personale; origine di tutte le cose da Dio mediante il suo atto creativo; nella creazione l'uomo gode di una posizione di privilegio in quanto dotato di un'anima spirituale, origine in lui dell'intelligenza e della volizione e quindi autocosciente. Sulla parte spirituale dell'uomo insiste il messaggio di Gesù e il suo richiamo continuo alla realtà dello spirito e della vita interiore in un mondo assorbito dalla realtà esterna ha avuto ripercussioni profonde; affermazione della paternità e della Provvidenza divina; è l'elemento veramente nuovo del Vangelo: Dio è amore e come tale tratta le sue creature come un Padre. L'azione di grazia verso gli uomini si svolge in un disegno di Provvidenza, in cui l'uomo compartecipa con Dio alla sua realizzazione, unendo la sua azione a quella del Cristo Salvatore e dei fratelli di fede nell'unità del Corpo mistico della Chiesa. Dottrina di salvezza, l'insegnamento di Cristo ha carattere eminentemente morale: scopo supremo dell'uomo è la conoscenza e la visione di Dio nella vita eterna; è questo fine che dà valore alla persona umana e l'affranca da ogni schiavitù sia nell'ambito familiare sia in quello sociale; è a questo titolo che il cristianesimo ha innalzato la condizione della donna e ha portato un colpo distruttivo alle strutture schiavistiche della società di allora; prevale inoltre nel messaggio di Gesù l'importanza della volontà: “Se vuoi essere perfetto... se vuoi entrare nella vita eterna...” sono appelli che, pur presupponendo l'intervento illuminante dell'intelligenza, rivendicano alla volontà l'atto ultimo della scelta e che mettono al centro dell'uomo come sua attività morale la libertà. Di qui la responsabilità, il merito e il demerito, la capacità di autodeterminazione che gli conferiscono il dominio del proprio destino e lo rendono compartecipe di un valore eterno, perché di esso responsabile davanti a Dio stesso. Bene e male, vizio e virtù non sono da identificare nello spirito o nella carne ma precisamente nell'atto del libero arbitrio e perciò proprio il Cristo riscatta la carne dalla maledizione di essere la sede del male; ed essa diventa compartecipe dello spirito nella redenzione e nella gloria. La libertà umana però non è esente dall'obbligazione morale verso la legge imposta da Dio quale supremo legislatore: alla luce di Dio essa è mezzo per il raggiungimento del fine umano e quindi non implica servitù ma adesione libera della volontà e perché da essa scompaia ogni parvenza di costrizione, Gesù la innalza a puro atto d'amore con i due precetti fondamentali, compendio e perfezionamento di tutta la legge antica: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutto te stesso; amerai il prossimo tuo come te stesso”. A questa altezza il cristianesimo è tutto e solo una religione d'amore che deve in ogni momento rinnovarsi per mantenersi alla stessa incandescenza, pena la decadenza a una fredda burocrazia dello spirito.
Testimonianze storiche su Gesù
Quasi tutte le notizie che si posseggono su Gesù sono attinte ai Vangeli, soprattutto ai Sinottici. Essi non ci forniscono i dati sufficienti a una biografia completa del Cristo, ma sono espliciti sui momenti essenziali della sua vita: nascita a Betlemme, vita a Nazareth, attività della predicazione, condanna a morte, morte sul Golgota, resurrezione, ascensione al cielo. La critica cattolica è unanime nel riconoscere che gli evangelisti appartennero alla cerchia degli apostoli o dei loro diretti discepoli, in grado di parlare come testimoni diretti o come da essi direttamente istruiti; testimoni veritieri per la stessa santità della loro vita, essi si preoccuparono di riprodurre con la massima esattezza le parole e il pensiero del Salvatore, consci di essere in questo un semplice tramite. Per quanto riguarda la critica protestante, lo sforzo di distinguere il Cristo storico dal Cristo della fede non ha incrinato la certezza della sua esistenza e della sua predicazione. Lo afferma chiaramente R. Bultmann nella sua Teologia del Nuovo Testamento (1948-53); ancor più esplicita l'affermazione di E. Kasermann: “Vi sono dei brani della tradizione sinottica che lo storico deve riconoscere semplicemente come autentici se vuole restare storico” (Il problema del Cristo storico, 1953). Sulla stessa strada si trovano G. Bornkamm, Fuchs, Conzelmann, Braun e specialmente G. Ebeling: “Se la ricerca storica di Gesù Cristo dovesse realmente mostrare che la fede in Gesù non ha alcun contenuto in Gesù stesso, ciò sarebbe la fine della cristologia” (Wort und Glaube, 1960, Parola e fede). Egli giunse a definire il pessimismo sul Gesù storico “pigrizia e confusione dommatica... non giustificate né dallo stato concreto delle fonti né, soprattutto, dalla posizione del problema dell'intelligenza storica”. Fra le fonti storiche extraevangeliche, le prime sono date dagli altri scritti neo-testamentari: Atti degli Apostoli, Lettere di San Paolo, Lettere cattoliche. In essi i richiami alla vita del Cristo sono tanto più importanti quanto più occasionali: San Paolo attesta la discendenza di Gesù dalla famiglia di Davide (Romani 1,3); che 500 “fratelli” (discepoli, cristiani) lo avevano visto risorto (I Corinti 15,3-8); che gli Ebrei lo avevano oltraggiato (Romani 15,3), condannato a morte (I Tessalonicesi 2,15), crocifisso (Galati 3,1; I Corinti 2,2; 11,23), rinchiuso in un sepolcro (I Corinti 15,4; Romani 6,4); che era risorto (I Tessalonicesi 6,13) e salito al cielo (Efesini 4,10). Fra le fonti non cristiane che attestano l'esistenza di Gesù le principali sono: Tacito, che negli Annali, XV, 44: “Nerone presentò come rei (dell'incendio di Roma) e colpì con supplizi raffinatissimi coloro che il volgo, odiandoli per i loro delitti, chiamava cristiani. L'autore di questa denominazione, Cristo, sotto l'impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato”; Svetonio narra che i Giudei “ad impulso di Cristo, facevano frequenti tumulti” e vennero espulsi da Roma; Plinio il Giovane (Epistola I, 10,96) parla dei “cristiani” adoratori del Cristo; allusioni al Cristo si trovano anche in una satira di Luciano (De morte peregrini) e nel libello di Celso. Non tutti gli storici sono d'accordo sul valore della testimonianza dello storico Giuseppe Flavio. Si deve, però, considerare che il passo si trova in tutti i codici delle opere dello scrittore e sembra difficile poter negare almeno i dati fondamentali della sua testimonianza: “Ora ci fu verso questo tempo Gesù , uomo sapiente, seppure bisogna chiamarlo uomo; era infatti facitore di opere straordinarie, maestro di uomini, che accolgono con piacere la verità. E attirò a sé molti Giudei, e anche molti dei Greci. E avendo Pilato, per denunzia degli uomini principali fra noi, punito lui di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli comparve infatti loro al terzo giorno nuovamente vivo...”. Altre testimonianze sono reperibili nel Talmūd ebraico: una fonte si preoccupa di dare al processo fatto a Gesù il crisma dell'irreprensibilità giuridica. Su queste fonti non cristiane vale il giudizio del Bornkamm: “Queste fonti pagane e giudaiche sono importanti solo in quanto confermano il fatto, d'altra parte ben noto, che nei primi tempi non venne mai in mente a nessuno, nemmeno al più accanito tra i nemici del cristianesimo, di mettere in dubbio l'esistenza storica di Gesù”.
Problema cristologico
Problema della natura del Cristo, della Sua essenza divina e umana, del significato della Sua missione; già nei Vangeli Sinottici la figura di Gesù acquista i suoi tratti fondamentali come Messia, Figlio dell'uomo, Servo di Yahwèh, Figlio di Dio e Signore. In San Giovanni la persona del Cristo irraggia tutta la sua luce divina, come inviato del Padre, rivelatore della Sua Parola, perché nel seno della divinità Egli è il Logos, il Verbo che si è fatto carne per la redenzione degli uomini. Questa premessa sulla vita divina è infatti il fondamento dell'opera salvifica del Cristo, del Suo potere infinito e della sua applicabilità a tutti gli uomini. Grazia e Verità del Verbo sono forza e luce che investono l'anima e la rigenerano facendola figlia adottiva di Dio. Negli Atti degli Apostoli la cristologia è la tematica costante di una catechesi che va prendendo connotati sempre più precisi: Cristo è il Messia predetto dai profeti, deriva il suo seme dalla famiglia di Davide, ha predicato e operato miracoli, è stato tradito e catturato, a opera dei capi giudei, condannato a morte sotto Ponzio Pilato; è risorto dopo tre giorni, apparso ai discepoli e asceso al cielo, dove siede alla destra di Dio come Messia e Signore universale. Attraverso lo Spirito Santo Egli continua l'assistenza alla sua Chiesa e alla fine del mondo sarà il giudice dei vivi e dei morti. Nel problema cristologico, San Paolo insiste sul Cristo Signore e Figlio di Dio e sulla Sua opera salvifica: la resurrezione come opera autentica di potenza consacra il Cristo come Signore, a cui compete la piena sovranità sui vivi e sui morti e avrà la sua piena esaltazione nella Parusia finale. La soteriologia è vista da San Paolo sotto una luce particolare: Cristo non è il Messia dei soli Ebrei, ma il salvatore di tutti gli uomini, perché universale è il carattere della sua opera salvifica. I primi padri della Chiesa rimasero strettamente fedeli a questa cristologia, ma ben presto sorsero diverse interpretazioni, specialmente quando il cristianesimo penetrò nell'ambiente intellettuale: subordinazionismo e modalismo furono le prime avvisaglie dell'eresia ariana, che nel sec. IV portò alla negazione della divinità del Verbo e fece del Cristo un semplice uomo; nei sec. IV e VI il nestorianesimo negò l'unità di persona in Cristo e il monofisismo ne confuse le nature, mentre il monotelismo ammetteva in Lui solo la volontà divina. La Chiesa contrappose la dottrina delle due nature (umana e divina) nell'unità della Persona divina e la proclamò nel Concilio di Nicea del 325 e ancora in quello di Costantinopoli del 680-81 (contro il monotelismo). Un nuovo attacco alla dottrina cristologica venne portato dal razionalismo del sec. XIX: obiettivo fu la divinità del Cristo e talora la sua stessa realtà storica, ma la serietà degli studi ha portato all'annullamento dell'attacco alla persona storica, mentre ha chiuso in un'area ben precisa di fede le prerogative divine del Cristo.
La vita di Gesù negli scrittori cattolici
Accenni alla vita del Salvatore sono numerosissimi nei primi autori cristiani, ma il primo a fondere i quattro Vangeli per trarne una biografia continuata di Gesù fu Taziano nel suo Diatessaron; lo seguì Eusebio di Cesarea con i suoi dieci Canones; Sant'Agostino nel De consensu Evangelistarum unificò i vari passi paralleli sciogliendo le difficoltà che presentavano. Questa linea di armonizzazione fra i Vangeli continuò nel Medioevo. Una vera biografia di Gesù si ebbe con la Vita Iesu Christi di Ludolfo di Sassonia (m. 1377) e con il De gestis Domini Salvatoris di Simone Fidati (m. 1348). Con l'invenzione della stampa, le vite di Gesù divennero sempre più numerose, avvicendando il carattere popolare e devozionale con l'esigenza storica ed esegetica: un vero monumento del genere è rappresentato dalla notissima Histoire de la vie de N. S. Jésus-Christ del gesuita François de Ligny. Nei sec. XIX e XX, specie dopo la comparsa della Vie de Jésus del Renan, gli scrittori cattolici si preoccuparono di rispondere agli attacchi dei razionalisti: molto efficaci si rivelarono le opere di E. P. Camus, di H. Lesetre, di E. Jacques, di L. C. Fillon, di L. de Grandmaison, di P. Lagrange e in Italia di G. Ricciotti e di C. Cecchelli.
Gesù nel pensiero razionalista e protestante
Il primo razionalista a voler demolire la figura di Gesù fu H. S. Reimarus; seguì poi la critica di H. E. G. Paulus, che tentava una spiegazione naturalistica dei miracoli di Gesù ; a presupposti razionalistico-idealistici obbedì D. F. Strauss, che considerò Gesù frutto del mito creato dalle prime comunità cristiane; F. C. Baur definì il cristianesimo la sintesi fra le tesi giudaica e particolaristica di San Pietro e quella universalistica di San Paolo; B. Bauer ridusse il Cristo a semplice personaggio mitico; A. Harnack ammise il Cristo storico e reale, ma lo vide solo come un riformatore. I seguaci della scuola escatologica posero l'accento sull'annuncio di una fine prossima del mondo (A. Schweitzer, A. Loisy, E. Buonaiuti e A. Omodeo). Oggi molte di queste teorie sono decadute (lo sforzo più notevole è quello di R. Bultmann in direzione di una demitologizzazione del Cristo); esse, tuttavia, sono servite a impegnare gli scrittori cattolici in uno sforzo notevole per affrontare tutti i problemi posti dalla critica moderna e per dare risalto a molti aspetti ancora sconosciuti della grande figura del Cristo.
Iconografia
Per quanto riguarda la rappresentazione dell'infanzia di Gesù , già nelle catacombe di Priscilla (Roma, tardo sec. II) compare una figura di madre con il figlio sulle ginocchia che è stata interpretata come una rappresentazione della Madonna con Gesù Bambino; la stessa interpretazione è stata data a un dipinto di soggetto analogo nelle catacombe del Coemeterium Maius (Roma, sec. III). La rappresentazione della Vergine con Gesù Bambino acquista in seguito (Ravenna, mosaico di S. Apollinare Nuovo) la solennità ieratica che ha mantenuto in tutta la tradizione bizantina (Nicea, mosaico nella chiesa della Dormizione; İstanbul, mosaico in S. Sofia) e in Occidente per tutto il Medioevo (Cimabue, Firenze, Uffizi; Duccio, Siena, Museo dell'Opera del Duomo). A partire dal sec. XV il tema ha assunto un carattere meno sacrale e si è trasformato spesso in una scena di sapore quasi familiare, in cui accanto alla Vergine e al Figlio compaiono anche San Giovannino e talvolta Sant'Anna (Leonardo, Londra, National Gallery; Raffaello, Madonna del cardellino, Firenze, Uffizi). Per quanto riguarda i vari episodi della vita pubblica e della predicazione di Gesù , già nelle pitture delle catacombe si trova la rappresentazione di alcune scene come la Resurrezione di Lazzaro, la Guarigione dell'emorroissa, il Battesimo di Gesù (Roma, Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino), in cui Gesù ha l'aspetto di un uomo giovane e privo di barba. La stessa fisionomia giovanile ha anche in una parte dei mosaici di S. Apollinare Nuovo a Ravenna (Nozze di Cana, Benedizione dei pani e dei pesci, Guarigione dei ciechi, ecc.), mentre in altri, in particolare nelle scene della Passione e in quelle successive alla Resurrezione, viene raffigurato con la barba. In seguito scompare questa distinzione e Gesù è rappresentato sempre con la barba, anche se non mancano le eccezioni, la più celebre delle quali è costituita dallo splendido Gesù imberbe del Giudizio Universale di Michelangelo. È infine da ricordare la rappresentazione del Sacro Cuore di Gesù , ispirata alle visioni di S. Margherita Alacoque, che si diffonde a partire dal sec. XVIII: Gesù appare come un giovane bellissimo e barbuto che sostiene con la sinistra un cuore da cui parte una grande luce e con la destra invita alla fiducia nella sua misericordia (P. Batoni, Roma, chiesa del Gesù). Per le rappresentazioni simboliche di Gesù e per altri tipi iconografici (Cristo Pantocrator, Cristo in maestà) si veda la voce Cristo.
P. Chiminelli, Vita di Gesù, Firenze, 1939; R. Thibaut, Le sens de l'Homme-Dieu, Bruxelles, 1946; Gesù Ricciotti, Vita di Gesù Cristo, Roma, 1949; G. Bonserven, L'enseignement de Jésus Christ, Parigi, 1950; R. Guardini, La figura di Gesù Cristo nel Nuovo Testamento, Brescia, 1950; W. Grundmann, Die Geschichte Jesu, Berlino, 1951; F. Prat, Gesù Cristo: la sua vita, la sua dottrina, la sua opera, Firenze, 1951; S. Zedda, L'adozione a Figlio di Dio e lo Spirito Santo, Roma, 1952; J. R. Ghiselmann, Gesù il Cristo, Brescia, 1967; G. Jassa, Dal Messia a Cristo, Brescia, 1989.