lògos o lògo

sm. [dal greco lógos, discorso, ragionamento]. Nella terminologia filosofica assume diversi significati: nei presocratici, e particolarmente in Eraclito, il logos è il principio supremo della realtà per cui questa appare ordinata e strutturata in leggi razionali; logos è la razionalità immanente alla realtà e a un tempo l'espressione di questa razionalità nel discorso umano. Queste due accezioni fondamentali, indissolubilmente unite all'inizio, subiscono poi nel corso della storia della filosofia greca un processo che porta dapprima, con i sofisti, a un totale abbandono della portata metafisica in favore del significato puramente discorsivo; con Platone, il logos è inteso come la razionalità propria dell'uomo, che si esprime nella forma più alta di conoscenza, cioè la conoscenza delle idee o dialettica; mentre con Aristotele il logos è il concetto razionale ricavato dalla realtà attraverso l'astrazione, e con gli stoici si ha un ritorno alla primitiva concezione eraclitea. Nella tarda filosofia greca e in quella neoplatonica e poi cristiana, il logos è l'elemento mediatore fra Dio e il mondo: Plotino vede nel logos la prima emanazione dell'Uno. Il significato neoplatonico, attraverso varie elaborazioni, è ritornato poi, accanto a quello di logos, come “struttura razionale della realtà”, nella filosofia moderna, nell'hegelismo e nelle sue ramificazioni.§ In ambiente cristiano i Padri apologisti (Giustino, m. ca. 165; Origene, m. ca. 250), sulla scia dell'ebreo Filone di Alessandria, concepirono il logos ancora secondo un subordinazionismo, che lo dice generato dal Padre in vista dell'opera creativa e redentiva. Tale rappresentazione, giustificata obiettivamente dall'esigenza di salvaguardare l'“unità di Dio” contro il monarchismo, si formulò, con l'eresiarca Ario (m. 336), come formale negazione della divinità del logos, intendendolo come pura creatura elevata da una grazia speciale alla filiazione divina. Il Concilio di Nicea (325), seguendo la tradizione dei Padri soprattutto cappadoci, definì l'identità del logos con la “natura del Padre”, interpretando in tal senso le espressioni neotestamentarie: “All'inizio era il Logos, e il Logos era con Dio, e il Logos era Dio” (Giovanni 1,1). Da allora il logos, nella dottrina cattolica, è chiaramente il Figlio naturale di Dio che “si fece carnee abitò fra noi” (Giovanni 1,14) e, rifacendosi alla personificazione della Sapienza veterotestamentaria, la teologia e la liturgia attribuiscono al logos la proprietà di rivelare e illuminare e, come Intelligenza divina, di operare.

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