razionalismo (filosofìa)
IndiceDefinizione
Movimento filosofico il cui fondamento è la persuasione che realtà ed essere siano strutturati in modo uguale al nostro pensiero e che perciò i rapporti che regolano il processo razionale siano uguali a quelli presenti nell'organizzazione del mondo esterno; di qui la convinzione che la ragione abbia la possibilità di penetrare nella realtà esterna e di esaurirne la conoscenza.
Il pensiero platonico
La prima coincidenza tra il significato “copulativo” (unione di un soggetto al suo predicato) dell'essere e il significato “esistenziale” si trova in Parmenide: vi è identità fra l'essere logico che unisce un soggetto al predicato e l'essere che afferma l'esistenza di un oggetto, perciò un oggetto pensato come razionale è automaticamente anche reale. Sorge però una difficoltà; qual è la provenienza dei termini che la ragione usa nei suoi rapporti logici? Se essi derivano dai sensi la loro perfetta corrispondenza con la ragione presupporrebbe una mente superiore ordinatrice che abbia preordinato sia i sensi sia la ragione e quindi l'ordine del mondo risulterebbe identico a quello razionale prima ancora che tale identità sia provata; se invece i termini usati dalla ragione sono già in se stessa al momento in cui si accinge a conoscere il mondo esterno, donde li ha tratti? Platone li fa derivare dalla perfetta intelligibilità dell'“essere infinito”. Ma l'essere infinito è oggetto di un'intuizione intellettiva, non di una dimostrazione razionale e perciò è indifferentemente razionale e irrazionale. E d'altronde l'essere infinito, quando vuole definirsi, si frantuma nella molteplicità degli esseri finiti e questi non hanno come prerogativa propria la perfetta intelligibilità, che invece è solo dell'essere infinito. Platone tenta di superare questa difficoltà esaltando l'amore, che consentirebbe di scavalcare gli esseri finiti e raggiungere l'essere infinito, nel quale si ha la visione del mondo razionale. È quindi lo stesso filosofo a suggerire due forme di razionalismo: l'una che vuole stabilire un rapporto fra i dati dei sensi, rimanendo in un ordine contingente; l'altra che invece pretende di attingere un ordine logico assoluto, che ha in se stesso i suoi termini universali, un ordine cioè eterno e assoluto. Ma in questo caso resta da provare come un tale ordine possa coesistere con il mondo sensibile. In realtà è un mondo trascendente, appannaggio di mistici neoplatonici e d'indirizzi consimili che hanno rinunciato alla razionalità come conoscenza della realtà esterna.
Il pensiero moderno
In epoca moderna il razionalismo diventerà dogmatico: fra mondo sensibile e mondo razionale (innato alla mente umana) vi è un dualismo che si risolve solo in Dio, garante del rapporto fra i due mondi. In Spinoza l'ordine razionale ha il compito di liberare dalle passioni; in Leibniz il mondo sensibile è solo un'entità in potenza; in Kant la ragione non crea il mondo dei concetti, non è più una legge logica, ma diventa un valore, un atto morale, il dovere che dà coesione a tutto il contenuto della coscienza: un razionalismo, quindi, solo in senso lato perché il mondo degli oggetti sensibili rimane eteronomo e non può essere dominato dalla ragione. La fiducia nella ragione è il leit-motiv fondamentale dell'illuminismo, vera forza che non solo debella ogni oscurantismo, ma aggredisce la realtà e la trasforma: la logica piana e semplice del razionale travolge e distrugge i feticci dell'irrazionalità, dell'ignoranza, del pregiudizio, della superstizione, del fanatismo, dell'intolleranza, dell'autoritarismo dispotico, dell'inerte tradizione e fa brillare la luce meridiana dell'intelletto in tutte le menti, riscattandole da ogni vincolo per portarle alla libertà dell'homo novus, l'homo rationalis. Inutile chiedere al razionalismo illuministico una precisa fisionomia propria come a quello spinoziano o kantiano; è antidogmatico e antimetafisico, è sperimentale e scientifico, ma solo per i problemi aderenti all'uomo e immediatamente pratici, ha capacità di astrazione, ma insegue solo quelle formule che abbiano in sé capacità rinnovatrice della realtà, è soprattutto ottimismo nella ragione dell'uomo e nella virtù educatrice della scienza. Sintesi di ragione e di azione, l'illuminismo mette vicino alla ragione illuminata una volontà rinnovata, taglia loro tutti i ponti con il passato e le spinge verso le terre nuove dell'avvenire. La fiducia nella ragione ha di nuovo la sua esaltazione nell'idealismo e riceve la sua consacrazione dall'identità hegeliana: “tutto ciò che è reale è razionale; tutto ciò che è razionale è reale”. Si ritorna cioè al razionalismo classico, in cui la razionalità si esprime anche come esistenza. Hegel credeva in tal modo di aver superato lo scoglio del mondo sensibile, affermando che questo non esiste indipendentemente dalla ragione, ma solo in quanto parte dell'ordine razionale; in realtà era solo rivelata in modo più macroscopico la difficoltà del razionalismo: in un ordine nel quale la legge è già tutta conosciuta non vi è più posto per la libertà e la creatività della coscienza; sono così disperse di colpo le conquiste kantiane del pensiero come opera della coscienza e della ragione come dovere morale.
La "logistica"
A questo inaridimento del razionalismo rivolsero le loro critiche numerosi pensatori della fine del sec. XIX e dell'inizio del XX. Tuttavia nel frattempo il razionalismo tentava di rinnovarsi sotto le forme della “logistica”: la filosofia significa “filosofia del linguaggio”; questa ha il compito di chiarire il valore delle connessioni ricorrenti fra le parole, di vedere cioè i modi con cui una parola può unirsi a un'altra perché la proposizione abbia senso compiuto. Si ottiene così una “logica formale”, che vorrebbe superare il principio d'identità su cui si fondava la logica classica, ma non insiste però sulla pretesa di definire la sorte della realtà esterna, perché questa può dirsi razionale solo nella misura in cui è razionale il pensiero che la esprime. La logistica cioè accetta i singoli termini del pensiero, i dati intellettivi come “enti in sé totalmente determinati e perfettamente definiti”, ma non sa spiegare la relazione esistente fra questi dati “immobili” e il mutare continuo dell'intuizione, che agisce sul nostro pensiero e la nostra azione. In conclusione: tutte le metamorfosi del razionalismo non gli hanno consentito di superare lo scoglio della realtà, attorno al quale ha girato a vuoto per tanto tempo esaurendosi senza arrivare al suo termine.
Bibliografia
L. Geymonat, Studi per un nuovo razionalismo, Torino, 1945; E. Juvalta, I limiti del razionalismo, Torino, 1945; L. Geymonat, Saggi di filosofia neorazionalistica, Torino, 1953; G. Martano, La conoscenza sensibile nel razionalismo, Napoli, 1960; H. Albert, Difesa del razionalismo critico, Roma, 1975; S. Parigi, Tra filosofia e storia della filosofia. Il dibattito razionalismo-empirismo, Firenze, 1991.