pensièro
IndiceLessico
(ant. pensèro, poetico pensière, pensièri), sm. [sec. XIII; dal provenzale pensier, dal latino pensāre, ponderare].
1) L'attività della mente mediante la quale l'uomo prende coscienza di sé e della realtà che lo circonda; la facoltà del pensare. Nelle loc.: andare, correre col pensiero a qualcuno o a qualche cosa, pensarvi; riandare col pensiero a qualche cosa, ricordarla, richiamarla alla mente; fermare il pensiero su qualche cosa, considerarla con attenzione; leggere il pensiero o nel pensiero, intuire cosa un altro sta pensando. In particolare, l'attività speculativa, spesso contrapposta all'attività pratica: uomo di pensiero, pensatore. Per estensione, l'attività intellettuale di una determinata persona o di una determinata scuola, epoca, ambiente e simile, in quanto s'individua in un insieme di dottrine organicamente collegate; il modo di pensare, di giudicare, il complesso delle idee: il pensiero di Kant; il pensiero degli illuministi. In psicanalisi, si parla di pensiero latente per indicare il contenuto che è alla base della produzione onirica. Secondo la psicanalisi infatti i sogni sono la realizzazione mascherata dei desideri inconsci del sognatore. Questi pensieri latenti possono essere riportati alla coscienza attraverso l'interpretazione analitica.
2) Ogni singola rappresentazione della mente; il contenuto e l'oggetto del pensare: è un pensiero difficile; non sai esprimere con chiarezza il tuo pensiero. In particolare, singolo concetto espresso con parole; massima, sentenza: i pensieri del Leopardi; anche intenzione, proposito, progetto: è un pensiero molto audace.
3) L'oggetto delle nostre cure, delle nostre preoccupazioni: lo studio è il suo unico pensiero. Per estensione, ansia: una situazione che non dà pensieri; essere, stare in pensiero, essere preoccupato; darsi pensiero per qualcuno o per qualche cosa, preoccuparsene; persona senza pensieri, che non ha motivo di preoccuparsi, che vive spensieratamente; essere sopra pensieri, essere distratto. In particolare, attenzione affettuosa, sollecitudine: ha sempre un pensiero per tutti; sarà mio pensiero esaudire le vostre richieste; dono, omaggio considerato nel suo valore morale e non materiale.
Filosofia
L'attività specificamente intellettuale può essere discorsiva, quando si procede per mezzo di concetti e di giudizi; intuitiva, quando l'oggetto è immediatamente presente al soggetto conoscente. Cartesio si riferisce al pensiero che si identifica con ogni sorta di attività cosciente, quando definisce il pensiero “tutto ciò che accade in noi in modo tale che noi lo percepiamo immediatamente da noi stessi: perciò non solamente intendere, volere, immaginare, ma anche sentire è la stessa cosa che immaginare”, facendo un tutt'uno dell'attività teoretica e di quella pratica. Gli antichi invece non soltanto distinguevano l'una e l'altra, ma anche, all'interno della prima, distinguevano (e questo vale tanto per Platone e Aristotele quanto per la tradizione successiva) pensiero discorsivo (diánoia) e pensiero intuitivo (noésis presieduta dal nus). I padri e i dottori della Chiesa svilupparono questa concezione soprattutto in chiave teologica: così Sant'Agostino e San Tommaso sono d'accordo nell'affermare che il Verbo sia pensiero intuitivo, essendo ciò a cui l'essere è immediatamente presente. Nell'ambito della filosofia cristiana si distingue fra pensiero divino creatore e pensiero umano, che riflette la realtà creata. Questa distinzione è presente anche in Kant, il quale riconosce che il pensiero è spontaneità, ma spontaneità vuota se manca il riferimento ai dati offerti dall'intuizione sensibile e così contrappone l'intelletto umano a un ipotetico intelletto divino per il quale conoscere significa creare. Con l'idealismo si ha un completo ribaltamento della posizione kantiana. Prima Fichte e poi Hegel sostennero che proprio l'intuizione intellettuale (intuizione creatrice del proprio oggetto, quella che Kant attribuiva solo a Dio) è alla base del processo conoscitivo. Tali problemi sono ancora vivi nel dibattito filosofico attuale.
Psicologia
Il termine pensiero viene definito in modo abbastanza diverso secondo l'indirizzo teorico seguito dai vari psicologi. In linea di massima, due sono gli approcci che si possono considerare: il primo, proprio della psicologia cognitiva (comprendendo in questo termine, per esempio, la Scuola della Gestalt o il cognitivismo attuale), considera il pensiero un processo mentale, che si svolge su idee o trasformazioni simboliche degli eventi, piuttosto che sulla percezione o manipolazione degli stessi; il secondo, proprio della psicologia oggettiva (per esempio, il behaviorismo), tende a negare qualsiasi attività mentale non osservabile e considera il pensiero un comportamento verbale, subvocale o implicito. I campi principali di studio della psicologia del pensiero sono la soluzione dei problemi, il pensiero induttivo e il pensiero deduttivo. Per problema si intende una situazione nella quale, dati alcuni elementi iniziali, si chiede al soggetto di trovarne altri, e cioè di scegliere delle alternative che conducano a una meta, indicata esplicitamente, mediante l'applicazione di determinate regole, anch'esse indicate esplicitamente. Ovviamente esiste problema solo quando vi è stato almeno un insuccesso nel tentativo di giungere alla meta, in quanto, come dice K. Duncker, “un problema sorge quando un essere umano ha una sua meta e non sa come raggiungerla”. La soluzione dei problemi è stata particolarmente studiata, tra la fine del sec. XIX e i primi del XX, da O. Külpe e dai suoi allievi della Scuola di Würzburg, che utilizzavano come metodo l'introspezione. Essi mostrarono l'importanza della disposizione, o Einstellung, nella soluzione dei problemi, e cioè della tendenza a prestare selettivamente attenzione solo a certi dati, o a indirizzare il pensiero solo in determinate direzioni, cosa che può ostacolare la soluzione. Un altro ostacolo alla soluzione dei problemi, dimostrato da Duncker e particolarmente studiato nell'ambito della Scuola della Gestalt, è la cosiddetta fissità funzionale. Essa consiste nella relativa incapacità di attribuire a un elemento della situazione una funzione insolita. Così, in un problema di Duncker, la difficoltà consisteva nell'utilizzare delle scatole come sostegni, anziché come contenitori. Secondo gli psicologi della Gestalt, il meccanismo alla base della soluzione dei problemi è l'Insight, o intuizione, consistente nella capacità di riorganizzare globalmente il campo cognitivo, scoprendo le relazioni che legano tra di loro i diversi elementi. Per gli psicologi comportamentisti, invece, i problemi si risolvono per tentativi ed errori e i tentativi che portano al successo vengono rinforzati, gli errori tendono a essere eliminati. Gli psicologi comportamentisti hanno particolarmente studiato il pensiero induttivo; le ricerche in proposito si sono rivolte soprattutto alla cosiddetta formazione dei concetti, e cioè alla capacità di individuare delle categorie in cui inserire determinati eventi. Le ricerche sul pensiero deduttivo, campo su cui è maggiormente impegnata l'attuale psicologia cognitiva, tendono soprattutto a studiare i rapporti tra logica e psicologia.