Lessico

sm. [sec. XIV; latino lac lactis].

1) Prodotto di secrezione delle ghiandole mammarie delle femmine dei Mammiferi destinato a servire da alimento ai loro nati nel primo periodo di vita. Nelle loc., dare il latte, allattare; togliere, levare il latte, divezzare; denti di latte, quelli della dentatura decidua (vedi dentizione); fratelli di latte, persone che sono state allattate dalla stessa donna; figlio di latte, l'allattato rispetto alla sua balia. Fig., avere ancora il latte alla bocca, di persona giovane che si dà arie da adulto; far venire il latte alle ginocchia, di persona o cosa che annoia; succhiare col latte un insegnamento, un sentimento e simili, riceverlo dalla prima fanciullezza. Scherzoso, il latte dei vecchi, il vino.

2) In particolare, il latte ottenuto per mungitura da alcuni animali, e specialmente dalla vacca (latte vaccino), usato dall'uomo come alimento: latte alimentare, a norma di legge, è il prodotto integrale della mungitura regolare completa e ininterrotta della mammella di animali sani, ben nutriti e non affaticati dal lavoro; bere un bicchiere di latte; latte magro, latte scremato; latte pastorizzato, dal quale sono stati eliminati i germi patogeni mediante pastorizzazione; latte condensato, reso denso per eliminazione di parte dell'acqua e conservato in scatola, per lo più con aggiunta di zucchero; latte in polvere, completamente essiccato, usato nell'allattamento artificiale e in molte industrie alimentari. Con riferimento al colore, bianco come il latte, bianco latte, bianchissimo.

3) Per estensione, dolce o bibita a base di latte: latte di gallina, bibita a base di uova sbattute stemperate in latte bollente, con aggiunta di zucchero, cognac, rum o altro; fig., cibo squisito e rarissimo; latte alla portoghese, budino a base di latte rappreso, con l'aggiunta di uova e zucchero caramellato, più noto in Italia come crema caramella (francese crème caramel).

4) Prodotto liquido (latte vegetale) ottenuto dalla triturazione di semi vegetali (mandorle, soia, orzo, ecc.) poi impastati con acqua e zucchero quindi filtrati in acqua. Vengono usati quali bevande e come dietetici; in particolare il latte di soia, con opportune aggiunte di sali minerali e vitamine, sterilizzato, è molto usato quale sostituto del latte materno nel caso di intolleranza verso le proteine animali. Per il latte di cocco, vedi cocco.

5) In cosmetica, latte da toeletta (o di bellezza), cosmetico liquido la cui base è costituita da un'emulsione del tipo olio in acqua per il latte magro e semigrasso, e viceversa per quello grasso. All'emulsione si aggiungono piccole dosi di spermaceti, oli vegetali e minerali o alcoli insaturi. Si hanno latti nutrienti, contenenti vitamine, ormoni e altri fattori microergici; detergenti, caratterizzati da agenti detersivi schiumogeni non ionici; astringenti, nei quali sono presenti sostanze vasocostrittive o astringenti; per massaggi, ad azione revulsiva (usati nella pratica sportiva) e tonica.

6) Latte di calce, soluzione di calce spenta in acqua.

Chimica: composizione e proprietà

Il latte costituisce l'unico composto organico la cui funzione esclusiva è quella di servire come alimento; esso ha un ruolo insostituibile anche dopo lo svezzamento, contenendo tutti i principi nutritivi essenziali. Infatti è una miscela complessa, di cui il componente più importante è l'acqua, nella quale si trovano allo stato di emulsione lipidi, allo stato di soluzione colloidale proteine, allo stato di soluzione sali minerali solubili, carboidrati, sostanze azotate non proteiche, vitamine idrosolubili, enzimi. La sua composizione varia in rapporto alla specie, razza, età dell'animale; inoltre è influenzata da alimentazione, stato di salute, stadio di lattazione del soggetto, dalle variazioni stagionali del clima, dalla tecnica e numero delle mungiture. Le sostanze proteiche del latte sono la caseina, la lattoalbumina, la lattoglobulina, piccole quantità di nucleoproteine e di peptoni. Alla lattoalbumina e alla caseina il latte deve il suo elevato valore biologico (secondo solo a quello delle uova e della carne bovina), dato che le suddette proteine contengono tutti gli amminoacidi indispensabili per la crescita. I carboidrati sono rappresentati essenzialmente dal lattosio, che viene sintetizzato nella mammella a partire dal glucosio. Vi sono inoltre modeste quantità di fucosio, di glucosammina, di galattosammina. Il lattosio viene facilmente fermentato dai microrganismi, con produzione di acido lattico: a questi è dovuto soprattutto l'inacidimento del latte. I componenti lipidici (trigliceridi, colesterolo, esteri del colesterolo, fosfolipidi, carotenoidi) si trovano sotto forma di globuli sferici del diametro di 3-5 μ, in numero di 2-6 milioni/cm3. Nel latte fresco lasciato a sé essi tendono a separarsi e a portarsi in superficie, costituendo un sottile strato giallastro detto panna o crema. Tra i sali minerali del latte hanno particolare importanza i fosfati di calcio e di magnesio, i quali, nel soggetto in accrescimento, favoriscono il consolidamento delle ossa e prevengono il rachitismo. Le vitamine sono armonicamente rappresentate nel latte, con prevalenza della vitamina A, della B₁ e B₂ e della vitamina C. Accanto ai componenti di base, il latte contiene tracce di ormoni e alcuni enzimi (amilasi, lipasi, lisozima). Nel latte è presente una carica batterica costituita da fermenti lattici, pseudolattici, propionici, butirrici, oltre a schizomiceti proteolitici; inoltre si riscontrano blastomiceti e muffe. Accidentalmente in esso possono trovarsi farmaci, pigmenti vegetali, agenti chimici ambientali, ecc. Chimicamente il latte è un liquido tamponato il cui pH varia fra 6,5 e 6,7; la sua densità, a 15 ºC, oscilla tra 1,029 e 1,033 e dipende dalla temperatura (è massima a -0,3 ºC); il punto di congelamento ha un valore medio di -0,55 ºC; il punto di ebollizione è leggermente superiore a 100 ºC; l'indice di rifrazione dipende dalla concentrazione del lattosio e dei sali solubili. Le proprietà organolettiche del latte riguardano il colore, l'odore e il sapore: il latte vaccino è di colore bianco opalescente, tuttavia può presentare una colorazione leggermente giallognola quando vi abbonda la crema mentre il latte scremato o quello povero di grasso hanno riflessi bluastri. Il colore naturale può essere influenzato dall'azione microbica, dal riscaldamento e dall'alimentazione dell'animale. Il latte puro e fresco presenta un odore leggermente aromatico che ricorda lontanamente quello dell'animale che lo ha prodotto. Il sapore del latte è generalmente gradevole, leggermente dolce e caratteristico della specie. Oltre al latte vaccino sono utilizzati nell'alimentazione umana il latte di pecora, di capra, di bufala (usati nell'industria dei formaggi) e d'asina. Il latte di pecora presenta maggiore densità di quello di vacca, colore giallognolo, odore di pecora e un più alto contenuto lipidico. Il latte di capra, usato un tempo in puericoltura per la sua digeribilità, presenta un odore caratteristico detto irein; rispetto al latte vaccino è più denso, più viscoso e possiede un più elevato contenuto in grasso. Il latte di bufala ha un contenuto in grasso doppio rispetto al latte vaccino. Il latte di asina ha una composizione chimica simile a quella del latte di donna, per cui è stato usato un tempo in sostituzione di questo; è dolce per il suo contenuto in lattosio e ha una percentuale di grasso minore rispetto a quello delle altre specie.

Tecnologia: le alterazioni

La raccolta, il trasporto e la vendita del latte richiedono particolari precauzioni igieniche, per cui sono previsti rigorosi controlli sanitari. Infatti il latte può subire molteplici alterazioni per effetto delle quali esso perde totalmente o in parte il valore nutritivo originale, e può diventare un veicolo di malattie. Inoltre può essere modificato a seguito di sofisticazioni successive alla mungitura, le più comuni delle quali sono l'annacquamento e la scrematura. Non rara è pure l'aggiunta, al latte scremato, di olio di cocco o di altri grassi di basso valore commerciale, di sostanze destinate a mascherare la scrematura come l'amido, le destrine, la gelatina, ecc., o di conservanti pericolosi quali l'acido borico, l'acido salicilico, l'acqua ossigenata e il carbonato di sodio che ha il compito di tamponare l'acidità prodotta dalla fermentazione. Altre modificazioni del latte sono legate a fattori inerenti l'animale produttore: comune a tale riguardo è l'infezione purulenta della mammella (mastite), che conferisce al latte colore giallastro, sapore nauseante e lo altera per la presenza di sangue, di leucociti e di germi. Per l'igiene alimentare hanno pure importanza le possibili contaminazioni microbiche del latte, a seguito delle quali esso può diventare vettore di tubercolosi, brucellosi, infezioni streptococciche e stafilococciche, infezioni tifo-paratifiche, dissenteria bacillare, gastroenterite infantile, ecc. Tali malattie possono venire trasmesse sia dall'animale produttore malato, sia dagli addetti alla mungitura e alla vendita del latte.

Tecnologia: i trattamenti per la distribuzione

Al fine di mantenerne integre le qualità è sempre più diffuso il criterio di inviare il latte appena munto a centri di raccolta (latterie sociali), dove viene agitato e poi filtrato con filtri ben detersi e sterilizzati di volta in volta. Il latte viene poi refrigerato, dall'originaria temperatura di 38 ºC a 10 ºC ca., facendolo passare in strati sottili su superfici metalliche raffreddate (refrigeranti) oppure, dopo che è stato messo in bidoni ben chiusi, per mezzo di acqua corrente fredda. La refrigerazione è indispensabile per evitare l'aumento della carica batterica. Il latte viene poi frazionato, cioè messo in appositi recipienti (botti, carri serbatoi, taniche), forniti di autorizzazione e di certificato di idoneità del medico provinciale; quindi viene portato alle Centrali. Le Centrali del latte sono stabilimenti attrezzati per la ricezione, il risanamento, il confezionamento e la distribuzione del latte destinato al consumo. Esse possono essere gestite direttamente dalle aziende municipalizzate oppure da privati; il controllo chimico e batteriologico viene effettuato dall'Ufficio di Igiene comunale. Il latte crudo, per il suo contenuto in germi patogeni (micobatteri, colibacilli, brucelle, rickettsie, strepto- e stafilococchi, salmonelle, virus) e per la sua instabilità, prima di essere posto in commercio viene sottoposto a vari procedimenti: per mezzo del calore si operano la pastorizzazione e la uperizzazione, con mezzi fisici diversi la supercentrifugazione, la omogeneizzazione, l'irradiazione agli ultravioletti e l'irradiazione gamma, tecnica quest'ultima ancora poco usata. Il latte fresco sottoposto a riscaldamento non coagula ma forma una sottile pellicola superficiale dovuta alla coagulazione della lattoalbumina: se invece è fermentato esso coagula a temperatura ambiente o all'ebollizione secondo la quantità di acido lattico contenuto. Il criterio di far bollire il latte è quindi una precauzione sempre valida, anche per il latte di Centrale, in quanto, data la ricettività del latte, un difetto di confezionamento può causarne l'inquinamento o favorirne l'inacidimento.

Tecnologia: trattamenti particolari

Il latte può subire trattamenti particolari secondo gli usi cui è destinato. Il latte scremato o magro si ottiene eliminando i componenti lipidici; ha colore azzurrognolo ed è più fluido e meno dolce del latte intero; essendo il suo valore calorico quasi dimezzato, è indicato nelle diete ipolipidiche e nei casi in cui esista una ridotta tolleranza ai grassi. Di largo uso sono: il latteomogeneizzato, latte intero nel quale il grasso viene ridotto in particelle finissime per cui non si separa anche dopo alcuni giorni risultando più digeribile. Si ottiene facendo passare il latte, riscaldato a 85 ºC, sotto elevata pressione attraverso fori sottilissimi; con la sterilizzazione classica, che si effettua sul latte in contenitore sigillato, si assicura la distruzione, o si impedisce la prolificazione, di tutti i microrganismi presenti, e si ottiene un latte a lunga conservazione, utilizzabile (anche a temperatura ambiente) per 180 giorni; il sapore è sensibilmente alterato. Col trattamento UHT (Ultra High Temperature) il latte viene sterilizzato a flusso continuo e poi confezionato in contenitori asettici, nei quali può essere conservato a temperatura ambiente per 90 giorni. Il latte può essere conservato per tempi assai lunghi anche sottoponendolo a evaporazione e concentrazione (latte evaporato e concentrato) o essiccandolo (latte in polvere, latte nebulizzato, latte liofilizzato). Vari sono i prodotti dietetici del latte: se lo si sottopone ai raggi ultravioletti (latte irradiato) si favorisce la trasformazione del deidrocolesterolo in vitamine D: il prodotto ottenuto trova indicazione nella profilassi e nella terapia del rachitismo. L'uso corrente del latte irradiato è tuttavia sconsigliato da numerosi dietologi, alla luce dei pericoli connessi con l'assunzione continua e indiscriminata di forti quantità di vitamina D. Per combattere il rachitismo viene pure usato il latte vitaminizzato, che si ottiene aggiungendo le vitamine A, D e C al prodotto intero. Mescolando il latte con orzo germogliato e fiore di farina si ottiene il latte maltato, prodotto di elevato valore calorico, il cui impiego è particolarmente diffuso negli Stati Uniti. Per i sofferenti di turbe intestinali è indicato il latte acidificato, che si prepara aggiungendo al latte una certa quantità di fermenti che scindono il lattosio in acido lattico: tale prodotto è più digeribile del latte intero e possiede un certo potere antidispeptico. Notevoli progressi ha fatto la preparazione di latte per usi pediatrici: il più semplice è il latte adattato, un tempo indicato come maternizzato. Si tratta di latte vaccino in polvere che al momento dell'uso viene diluito con acqua. Rispetto al latte materno, contiene una maggiore quantità di proteine, calcio, fosforo, magnesio, ferro e vitamine mentre presenta una forte carenza di anticorpi naturali. Dopo il quarto mese di vita vengono utilizzati latti con una maggiore concentrazione di elementi nutritivi e oligoelementi necessari ad assicurare un buon accrescimento. Tuttavia, specie nell'infanzia, si possono manifestare reazioni allergiche alle proteine del latte vaccino con sintomi a carico di vari organi. Nei lattanti l'apparato più colpito è quello gastro-intestinale, con vomito e diarrea, ma sono note anche manifestazioni cutanee (eczema) e respiratorie (rinite e asma). In genere l'allergia alle proteine del latte migliora spontaneamente dopo il primo anno di vita ma è necessario comunque, alla comparsa dei sintomi, togliere dall'alimentazione il latte vaccino sostituendolo con latte di soia o con composti elementari costituiti da aminoacidi. Se il bambino è allattato al seno, la madre dovrà abolire il consumo non solo di latte ma anche di tutti gli alimenti nei quali esso è contenuto. Esistono, poi, numerosi preparati con percentuali varie, e appositamente studiate, dei singoli componenti (latti modificati) idonei alle particolari esigenze dei singoli casi. Numerosi sono anche i prodotti di latte in polvere, addizionati con vitamine e oligominerali (farine lattee), come pure modificati secondo le esigenze, e di succedanei del latte, in particolare ottenuti da latte di soia. Il latte, con opportuna aggiunta di fermenti lattici, viene trasformato in latte fermentato (yogurt, kefir, ecc.), per usi vari sia alimentari sia dietetici.

Economia: produzione

In Italia la produzione di latte vaccino è prevalentemente concentrata nelle regioni settentrionali: Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte contribuiscono per ca. l'80% alla produzione nazionale che ammonta a ca. 11,2 milioni di t (1999). Nelle regioni centro-meridionali, invece, prevale la produzione di latte ovino (la Sardegna è la regione al primo posto in Italia, mentre vanno affermandosi anche i comparti zootecnici di Sicilia, Campania e Lazio, che fruiscono della prossimità di mercati urbani di grandi dimensioni) e caprino. Quello del latte è uno dei comparti commerciali di maggiore rilevanza, ma l'offerta italiana è insufficiente a soddisfare la domanda interna: si rende pertanto necessario il ricorso alle importazioni da altri Paesi dell'Unione Europea. Le strutture produttive agro-zootecniche sono caratterizzate da un forte frazionamento aziendale: la maggioranza degli allevamenti presenta un numero di bovine lattifere molto inferiore alla media UE; questo dato influisce negativamente sui costi di produzione, data l'impossibilità di applicare le economie di scala. Anche le strutture di trasformazione presentano questi inconvenienti: si tratta infatti di numerose aziende, di dimensioni modeste. In Italia le razze di bovine lattifere più rappresentative sono costituite dalla frisona italiana (che costituisce da sola il 70% dei capi da latte) seguita dalla bruna alpina e dalla pezzata rossa. Le produzioni ottenute annualmente da una bovina, sono variabili a seconda dell'età, della razza, delle condizioni di allevamento e alimentazione dell'animale, ma si aggirano in media sui 3500-4000 kg/vacca. Sul piano della commercializzazione, va segnalata un'evidente tendenza, già dal finire degli anni Ottanta, alla concentrazione dei marchi in mano di poche grandi imprese, italiane e straniere, che nel latte hanno il prodotto strutturalmente portante, ma che rapidamente hanno provveduto a una diversificazione dell'offerta di mercato; da questo punto di vista, si può segnalare il grande (ma temporaneo) successo di consumo riscosso da alcuni prodotti a base di latte (formaggi freschi, yogurt). L'industria casearia vera e propria, per altro verso, in Italia grande e tradizionale consumatrice di latte, è uscita rafforzata da una serie di negoziati in ambito UE, che hanno consentito di aumentare il numero di denominazioni di origine di prodotti caseari tipici, ottenendo sia di ridurre la concorrenza di prodotti stranieri dalle caratteristiche analoghe, ma non originarie, sia di inserire un maggior numero di prodotti fra quelli tutelati e quindi più remunerativi. Si è reso ancora una volta evidente, in questa circostanza, come la produzione di latte per il consumo diretto e quella per la trasformazione casearia risalgano a modelli discretamente differenti: quasi esclusivamente concentrata e moderna la prima, in buona parte ancora dispersa e tradizionale (con allevamento su prati e pascoli naturali) la seconda; nei confronti della parte tradizionale della produzione lattiera, quindi, l'ottenuto miglioramento nel settore caseario potrà comportare, a medio termine, effetti molto positivi. Sull'insieme della produzione lattiera italiana (ed europea in generale), tuttavia, gravano gli effetti della modifica della Politica Agricola Comunitaria (PAC) attuata a partire dal 1992, sia su pressione degli USA, sia per alleggerire il bilancio comunitario. In sostanza, mentre in passato la UE sovvenzionava la produzione agricola e zootecnica comunitaria sostenendone mediante acquisti i prezzi (così da mantenerli elevati e remunerativi per i produttori) e al tempo stesso la proteggeva dalla concorrenza esterna, attualmente il meccanismo prevede la liberalizzazione dei prezzi (quindi la riduzione delle barriere protezionistiche), compensata però da trasferimenti diretti ai produttori, sostituendo così alla politica dei prezzi una politica dei redditi. Il precedente sistema, in ogni caso, si era mostrato particolarmente oneroso per la UE e aveva portato a situazioni di sovrapproduzione tendenziale in molti settori agroalimentari; si era perciò fatto ricorso a “quote” di produzione per Paese e, all'interno di ciascun Paese, a quote per produttore. Sul finire degli anni Novanta la transizione dal vecchio al nuovo sistema ha provocato tensioni molto gravi fra i produttori di latte sia italiani sia francesi che non sono stati in grado di adeguare le proprie politiche aziendali alla politica agricola comunitaria e, specialmente i primi, si sono trovati ad aver prodotto assai più delle quote di latte complessivamente consentite e a essere sanzionati di conseguenza. La situazione si è presentata particolarmente grave, per i produttori, anche perché la questione delle “quote latte” veniva a sommarsi ai negativi effetti prodotti sull'insieme dell'allevamento bovino europeo dall'insorgere di un'epidemia di encefalopatia spongiforme che ha portato a una netta riduzione dei consumi (e perciò delle vendite) di carne bovina in tutta Europa: dato che la carne vaccina è da considerare quasi un sottoprodotto della produzione di latte (perché l'animale produca latte in quantità occorre che abbia continue gravidanze, ma che non allatti troppo a lungo il vitello, che quindi viene svezzato o avviato alla macellazione), anche le aziende primariamente interessate alla produzione di latte hanno risentito seriamente del calo di domanda di carni.

Bibliografia

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