Definizione

sf. [sec. XVII; da fermentare]. Processo chimico dovuto all'attività vitale di microrganismi, caratterizzato dalla formazione di prodotti gassosi (biossido di carbonio o altri gas) che provocano un'effervescenza più o meno marcata.

Cenni storici

Alcune fermentazioni, come per esempio la fermentazione alcolica, erano note all'uomo e utilizzate già in epoca preistorica, ma solo nel sec. XVII, a opera di J. B. Van Helmont, cominciò a prender forma il concetto che le fermentazioni fossero trasformazioni di tipo chimico, operate da non precisati intermediari; la natura vivente di questi ultimi fu prospettata nel 1738 da L. Spallanzani, il quale dimostrò che l'ebollizione annulla la capacità fermentativa del lievito; la conferma definitiva dell'ipotesi vitalistica fu fornita da C. Cagniard de la Tour, T. Schwann e F. Kützing nel 1837. Un grande progresso nella conoscenza dei processi di fermentazione si ebbe in seguito con le ricerche di L. Pasteur, il quale osservò che la fermentazione degli zuccheri può fornire, secondo la natura dei microrganismi che la producono, l'alcol etilico oppure acido lattico, acido butirrico, acido succinico, ecc. Nel 1897, E. Büchner dimostrò che la fermentazione alcolica può avvenire anche in assenza di cellule viventi, essendo sufficiente la presenza di enzimi ottenibili dalle cellule dei lieviti mediante frantumazione di questi ultimi con polvere di quarzo.

I processi fermentativi nell'industria

Nel sec. XX l'utilizzazione industriale dei numerosi processi fermentativi ha reso sempre più importante il capitolo della chimica della fermentazione: alla fermentazione alcolica e a quella lattica, utilizzate industrialmente già all'inizio del secolo, si affiancavano prima del 1920 quelle connesse con la produzione di glicerina, di alcol butilico e acetone, e nei vent'anni successivi quelle per la produzione di acido citrico, di acido gluconico, di sorbosio. Dal 1940 si sono conosciute e applicate su scala industriale decine di nuove fermentazioni, tra cui quelle per la produzione di antibiotici, di vitamine e di amminoacidi nonché quelle che permettono la produzione di proteine dal petrolio. In queste ultime, come pure nella meno recente produzione industriale dei lieviti, il prodotto della fermentazione che interessa ottenere è costituito dalle cellule del microrganismo stesso: nella produzione fermentativa delle proteine i microrganismi vengono posti a sviluppare in un liquido di coltura di adatta composizione, nel quale crescono utilizzando come materiale nutritizio gli idrocarburi di opportune frazioni dei petroli naturali: nella produzione dei lieviti si fermentano invece materiali zuccherini di basso costo. Il materiale microbico che si raccoglie per filtrazione al termine del processo fermentativo costituisce nei casi suddetti un prodotto di notevole valore alimentare il quale, per il suo elevato contenuto in proteine, viene utilizzato per la produzione di surrogati dell'estratto di carne, ecc. In altre fermentazioni il prodotto che interessa ottenere è invece un composto chimico che le cellule dei microrganismi producono a partire da determinati materiali nutritizi e riversano successivamente nel liquido di coltura. In alcuni casi, come nelle fermentazioni per la produzione di acido lattico, di acido citrico, di acido glutammico, di lisina, ecc., il prodotto di fermentazione è un normale composto del metabolismo intermedio comune in tutti gli organismi viventi. Tuttavia, per ragioni in genere sconosciute, determinati microrganismi producono quantità abnormemente elevate di tali metaboliti riversandone l'eccesso nel liquido di coltura. Così gli amminoacidi acido glutammico e lisina sono normali costituenti delle proteine animali e vegetali: vi sono nelle cellule speciali meccanismi di regolazione che controllano la biosintesi di queste sostanze adeguandola alla velocità di produzione delle proteine. Tuttavia, alcuni microrganismi quali il Micrococcus glutammicus producono quantità di acido glutammico e di lisina enormemente superiori a quelle loro occorrenti, cosicché questi due amminoacidi si accumulano nel liquido di coltura, dal quale possono essere estratti alla fine della fermentazione. In alcune fermentazioni il microrganismo interessato funge da vero e proprio “reagente chimico” nel senso che può operare una sola e specifica trasformazione del composto precursore che si introduce nel terreno di coltura . Un esempio di ciò è fornito dalla biosintesi fermentativa degli steroidi. Come è noto, steroidi del gruppo del cortisone presentano nella posizione 11 della loro molecola un gruppo ossigenato, alcolico o chetonico. Tale raggruppamento manca nei vari prodotti naturali che per la loro struttura simile a quella degli ormoni steroidi si prestano per la sintesi industriale dei cortisonici; d'altra parte con i tradizionali procedimenti chimici l'introduzione di una funzione ossigenata nella posizione 11 dell'anello steroideo risulta estremamente complicata e costosa. Una scoperta di rilevante importanza, che in breve tempo rese disponibile il cortisone a prezzo relativamente basso, fu quella che il gruppo ossigenato può essere facilmente introdotto in posizione 11 utilizzando particolari microrganismi che agiscono su substrati di basso costo di provenienza vegetale (composto S). In questo caso il microrganismo determina la sostituzione di un atomo di idrogeno con un gruppo OH in una sola e ben precisa posizione della molecola, senza attaccarne altre che sono invece sensibilissime ai comuni ossidanti chimici. La fermentazione rappresenta un insieme di reazioni chimiche, che portano alla graduale degradazione delle molecole di glucosio in molecole più semplici (acido lattico, alcol etilico) in condizioni di anaerobiosi, con un rendimento energetico di gran lunga inferiore a quello realizzabile nella completa demolizione del glucosio, quale si ha nella respirazione. Tramite la fermentazione (ritenuta uno dei più antichi meccanismi inerenti gli scambi energetici elaborati in natura) i microrganismi riescono a produrre due molecole di ATP (adenosintrifosfato) indispensabili nelle cellule viventi, contro le 38 molecole prodotte nell'insieme di reazioni che costituiscono la respirazione. La gran parte dei microrganismi ha la capacità di vivere sia in presenza che in assenza di ossigeno e di adottare quindi l'uno o l'altro dei meccanismi possibili: fanno eccezione alcuni batteri (Clostridium tetani, responsabile del tetano e Clostridium botulinum, causa di gravi intossicazioni alimentari) anaerobi obbligati, per i quali l'ossigeno rappresenta un veleno e che sfruttano esclusivamente la via fermentativa. Le rese dei processi di fermentazione nel prodotto voluto sono variabilissime da un caso all'altro e, per una stessa fermentazione, variano in funzione delle condizioni adottate, quali la composizione del liquido di coltura, la temperatura, la scelta di un adatto ceppo del microrganismo e l'aerazione della massa fermentante. Così, i microrganismi del gruppo del Saccharomyces cerevisiae trasformano il glucosio in alcol etilico e biossido di carbonio se il liquido di fermentazione è appena debolmente aerato; tuttavia se nel terreno a coltura si insuffla una grande quantità di aria la produzione di alcol si riduce in termini trascurabili, mentre il glucosio viene completamente trasformato in biossido di carbonio e acqua. Nell'ambito delle fermentazioni industriali ha grande importanza la protezione del liquido di coltura, affinché esso non venga inquinato da microrganismi estranei capaci di danneggiare i prodotti di fermentazione o di interferire nello sviluppo e nelle attività biochimiche del microrganismo che dà origine alla fermentazione voluta. Le fermentazioni industriali si conducono in genere in grandi apparecchi di acciaio inossidabile, della capacità fino ad alcune centinaia di migliaia di litri, muniti di agitatori, di dispositivi per l'introduzione di aria compressa nel liquido di coltura e di camicie di raffreddamento o di riscaldamento. In questi apparecchi (fermentatori) viene introdotto il liquido di coltura di adatta composizione, portando successivamente la massa a un'elevata temperatura al fine di sterilizzarla dai microrganismi inquinanti sempre presenti; si fa poi scendere la temperatura al valore ottimale per la specifica fermentazione che si intende realizzare e si fa infine l'inoculazione microbica. La durata della fermentazione che fornisce i risultati migliori è assai diversa da un caso all'altro, dalle poche ore fino a parecchi giorni: entro certi limiti, si tende ad abbreviarla il più possibile anche a scapito delle rese, in modo da poter consentire la miglior utilizzazione dei costosi apparecchi di fermentazione.

Classificazione: fermentazione alcolica

Processo fermentativo che consente la trasformazione microbiologica dei carboidrati in alcol etilico; riveste notevole importanza economica per la produzione sia di bevande alcoliche sia di alcol per usi industriali. Lo svolgimento di una corretta fermentazione alcolica è alla base della successiva produzione di vini di qualità: si sfrutta la presenza sugli acini d'uva dei lieviti responsabili della fermentazione; in seguito alla pigiatura, questi passano nel mosto dove saranno i lieviti apiculati (generi Kloeckera e Hanseniaspora) a iniziare il processo fermentativo. Questi, all'aumentare del tenore in alcol del mezzo, vengono sostituiti da varie specie del genere Saccaromyces. Al mutare delle condizioni operative e ambientali, del tipo di lievito presente e della sua attività, possono essere notevolmente diverse le caratteristiche organolettiche finali del vino (alcol, acido acetico, sostanze volatili responsabili dell'aroma, ecc.). Numerose alterazioni (girato, amaro) dei vini sono riconducibili ad altri tipi di fermentazioni realizzate da agenti specifici (batteri lattici) pure responsabili della fermentazione malolattica, che comporta la produzione di acido lattico e anidride carbonica tramite la decarbossilazione dell'acido malico e che rappresenta un passaggio utile nel corso dell'invecchiamento dei vini rossi pregiati, ma un inconveniente da evitare nel caso dei vini bianchi. Le materie prime utilizzate nei processi industriali sono sostanze vegetali ricche di carboidrati di basso costo, amidacei come patate, mais, cereali avariati, sottoprodotti della lavorazione dei cereali, previ trattamenti atti a trasformare l'amido in soluzioni zuccherine fermentiscibili (idrolisi in presenza di enzimi o di acidi), o zuccherine (melasse di barbabietola, succhi di frutta avariati, ecc.) direttamente fermentiscibili. I microrganismi capaci di produrre la fermentazione alcolica sono numerosi, ma essenzialmente si ricorre ai lieviti, soprattutto al Saccharomyces cerevisiae. Nel corso della fermentazione da una molecola di glucosio se ne ottengono due di alcol etilico e due di biossido di carbonio:

Operando in presenza di solfito di sodio si ottiene invece una resa discreta in glicerina:

Classificazione: fermentazioni butirrica e citrica

Viene detta fermentazione butirrica il processo che consente di ottenere da carboidrati (amido e melasse) acido butirrico, idrogeno e biossido di carbonio per intervento di microrganismi anaerobi diffusi nel terreno, negli effluenti urbani, negli escrementi, ecc., soprattutto del genere Clostridium (Clostridium butyricum, Clostridium butylicum, Clostridium acetobutylicum, ecc.). La trasformazione ad acido butirrico non è spesso lo stadio finale del processo, dato che molti di questi microrganismi sono in grado di proseguire la loro attività fino a ottenere, attraverso una fermentazione detta acetonbutilica, acetone e alcol butilico nel rapporto di ca. 2 a 1 (vedi butanolo), oltre a imponenti rese in biossido di carbonio e subordinatamente di idrogeno. Impiegando particolari ceppi batterici l'acetone viene quasi completamente sostituito da alcol isopropilico. La fermentazione citrica consiste nella trasformazione di soluzioni zuccherine come le melasse o di materiali amidacei, previa idrolisi, in acido citrico, operata da alcuni funghi inferiori in opportune condizioni colturali attraverso una complessa sequenza di passaggi non ancora ben chiarita. Particolarmente efficaci si sono rivelati i microrganismi del genere Aspergillus, come per esempio Aspergillus niger, che consentono di realizzare rese molto vicine a quelle teoriche (vedi citrico).

Classificazione: fermentazione lattica

Trasformazione di carboidrati in acido lattico operata da diversi generi di microrganismi capaci di promuovere esclusivamente la formazione di acido lattico (fermentazione omolattica) oppure oltre a questa, quella di altri composti (fermentazione eterolattica). È utilizzata tanto nella preparazione di alimenti, come formaggi e yogurt, quanto nella produzione industriale di acido lattico. In quest'ultimo caso si utilizzano come materie prime amidi, previa idrolisi con acidi o enzimi, melasse, siero di latte, ecc., e come omofermentanti soprattutto batteri del genere Lactobacillus(Lactobacillus bulgaricus, Lactobacillus delbrueckii) che garantiscono rese molto vicine (90-95%) a quelle teoriche (due moli di acido lattico ogni mole di glucosio). Alcuni batteri producono enzimi stereospecifici che portano alla formazione di acido lattico destrogiro e levogiro, ma spesso altri enzimi ne catalizzano la racemizzazione: in tal caso il prodotto finale della fermentazione omolattica è costituito da acido (±) lattico. Nelle fermentazioni eterolattiche oltre all'acido lattico si ottengono prodotti spesso di notevole interesse, come nella fermentazione lattico-alcolica dovuta al batterio Leuconostoc, in cui da una mole di glucosio si ottengono una mole di biossido di carbonio, una di alcol etilico e una di acido lattico:

§ Per la fermentazione butandiolica, vedi butandiolico; per la fermentazione acetica, vedi aceto.

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