Mesopotàmia (Asia)
IndiceGeneralità
Regione storica dell'Asia occidentale, dai confini incerti, estesa quasi interamente nell'Iraq, con esigui lembi in Iran, Turchia e Siria e corrispondente al tratto medio e inferiore del bacino imbrifero dei fiumi Tigri ed Eufrate. In senso stretto, per Mesopotamia si intende la regione compresa tra i due fiumi fino alla loro confluenza; questa posizione geografica è all'origine del nome dato alla regione (dal greco mésos- medio e potamós -fiume). La sezione settentrionale è chiamata Al-Jazirah, quella meridionale, denominata Bassa Mesopotamia (anticamente Babilonide) e dagli Arabi Iraq, è una pianura alluvionale fertilissima arricchita dal limo delle inondazioni del Tigri e dell'Eufrate. Questa fertilità determinò fin dal V millennio lo sviluppo dell'agricoltura e favorì l'insorgere di grandi civiltà urbane. Geomorfologicamente è costituita dalla depressione tettonica situata tra i rilievi dello Zagros (Iran) a E, del Tauro Orientale Esterno (Turchia) a N, il Deserto Siriaco a W e quello Arabico a SW e affacciata al Golfo Persico a SE. L'economia si basa sull'agricoltura (cereali, datteri, agrumi, cotone), sull'allevamento di ovini e cammelli e sullo sfruttamento del sottosuolo (petrolio).
Mesopotamia. Particolare di una stele del periodo di Teglatphalazar III (Parigi, Louvre).
De Agostini Picture Library/G. Dagli Orti
Mesopotamia. Pannello a intarsio di conchiglie e lapislazzuli, noto come ""stendardo di Ur"", con scene di pace (Londra, British Museum).
Londra, British Museum
Mesopotamia. Amuleto in osso proveniente dal tempio dei Cento Occhi di Tell Brak (Aleppo, Museo).
De Agostini Picture Library/L. De Masi
Mesopotamia. Testa aurea di toro che ornava un'arpa, proveniente dalle Tombe Reali di Ur (Baghdad, Iraq Museum).
De Agostini Picture Library/M. Seemuller
Mesopotamia. Pugnale e fodero in oro rinvenuto nelle Tombe Reali di Ur (Baghdad, Iraq Museum).
De Agostini Picture Library/M. Seemuller
Storia: fino alla metà circa del III millennio
L'antica Mesopotamia emerse come chiara individualità storica, rispetto alle regioni circostanti, quando alla metà del IV millennio a. C. lo sviluppo tecnologico e sociale subì una sorta di “salto” qualitativo, con la cosiddetta “rivoluzione urbana”. L'incremento demografico reso possibile dal progresso delle tecniche agricole si coagulò nella formazione di “città”, sedi del potere politico e delle attività tecniche specialistiche. Il tempio o il palazzo reale che erano al centro di ogni città erano in grado di risucchiare dalle campagne un'eccedenza economica che serviva a mantenere specialisti delle tecniche dedite non alla diretta produzione di cibo, ma alla trasformazione, allo scambio, alla conservazione, distribuzione e direzione: artigiani, mercanti, addetti al culto, personale militare e amministrativo, ecc. Culmine del processo fu l'introduzione della scrittura, necessaria per la registrazione e il controllo dei movimenti di beni e persone nell'organismo palatino, e che esprime concretamente il passaggio dalla preistoria alla storia formalmente intesa. Il processo ora illustrato fu più precoce in bassa Mesopotamia (periodo di Uruk, ca. 3500-3100) forse per l'esigenza di coordinamento dettata dal problema dell'irrigazione (essenziale per centri come Ur, Eridu, Uruk, ecc.). Successivamente il sistema urbano si diffuse più a nord, risalendo le valli del Tigri (Assiria) e dell'Eufrate (Mari), per raggiungere le regioni circostanti con un moto di colonizzazione che fu solo di carattere culturale e non demografico (ca. 3100-2900). Protagonisti di questa fase della storia mesopotamica sono stati due elementi etnici diversi: Sumeri e Accadi. I primi, linguisticamente isolati e provenienti forse da est, erano prevalenti nel sud, i secondi, appartenenti al gruppo linguistico dei Semiti e provenienti da ovest, prevalevano al centro-nord. È difficile e forse scorretto cercar di distinguere gli apporti culturali sumerici e semitici, perché i principali elementi dell'alta cultura mesopotamica vennero costituiti in loco su un supporto etnico già misto, e non portati dal di fuori. La presenza di altri elementi presumerici (avvertibili nel lessico e nella toponomastica), imparentati con gli Elamiti al sud e con gli Urriti al nord, rende più complesso il quadro. Le prime notizie storiche-politiche precise risalgono al periodo “proto-dinastico” (ca. 2900-2400): scarne iscrizioni reali, notizie di carattere leggendario (è la cosiddetta “età eroica” sumerica) e la lista reale sumerica permettono di sistemare la cronologia delle varie dinastie coeve e spesso in lotta per il predominio: emersero al sud prima Uruk e poi Ur, al centro Kiš, mentre di carattere religioso più che politico fu il prestigio di Nippur, sede del tempio di Enlil. Le notizie più numerose sono su Lagaš, dove fu una dinastia che va da Ur-Nanše fino al riformatore Urukagina. In ogni città il re (lugal o en o ensi) che governava per conto del dio cittadino controllava tramite l'organizzazione templare gran parte delle terre e della manodopera, monopolizzava artigianato e commercio e traeva tasse e lavoro coatto dalla popolazione “libera” dei villaggi. L'orizzonte politico, rimasto finora piuttosto ristretto, con lotte tra città-Stato per il possesso di zone di confine o per una supremazia del tutto teorica sull'intero Paese, si ampliò a questo punto (ca. 2400) nella tendenza all'impero universale, che, se rimase un'utopia come realizzazione pratica, mostrò però il disegno politico di abbracciare tutto il mondo conosciuto, sulla scia delle spedizioni commerciali alla ricerca dei prodotti esotici, e nei limiti delle cognizioni cosmologiche del tempo. Sono chiare le basi teologiche dell'impero universale: ogni comunità propugnava il proprio dio cittadino come signore teorico di tutto il mondo e cercava di sottomettere al suo volere fasce sempre più ampie di popoli circostanti.
Storia: la dinastia semitica di Akkad
Al tentativo di Lugalzaggesi (ca. 2380), che riuscì a unificare solo il sud sumerico, seguì quello più efficace di Sargon di Akkad (ca. 2375-2320) che riuscì a realizzare il dominio “dal mare inferiore (Golfo Persico) al mare superiore (Mediterraneo)” e a fare della sua capitale il centro del mondo conosciuto. Il prestigio di Sargon e dei suoi successori fu grande in vita (sono i primi re divinizzati della storia mesopotamica) e divenne poi materia di leggende e poemi eroici. La politica di forza della dinastia semitica di Akkad incontrò resistenza nel particolarismo delle città sumeriche, che conservavano la loro autonomia, e fu soprattutto minacciata dalla pressione delle popolazioni montanare dell'altopiano iranico (Gutei, Lullubiti). I re di Akkad fronteggiarono i due pericoli ma dovettero progressivamente cedere. I Gutei presero il potere nella Mesopotamia centrale e le città sumeriche recuperarono l'indipendenza. Il dominio guteo fu sentito come estraneo, di gente rozza e inferiore, e il sud sumerico celebrò la loro espulsione (opera di Utuhegal di Uruk) come una liberazione nazionale. La rinascita politica sumerica fu completata da Ur-Nammu che iniziò la potente III dinastia di Ur (ca. 2112-2004). Suo figlio Šulgi ampliò i possedimenti fino a comprendere tutta la Mesopotamia nonché l'Elam a E e parti della Siria a W. A differenza dei re di Akkad, egli realizzò anche l'unificazione amministrativa dell'impero, con la sostituzione di funzionari provinciali ai vecchi re cittadini, e con la sostituzione di se stesso, re divinizzato, agli dei cittadini. Quelle grosse imprese economiche che erano state i templi cittadini vennero così fuse in un'unica colossale impresa che corrispose allo Stato di Ur, la cui efficiente burocrazia ha lasciato archivi di centinaia di migliaia di tavolette contabili che rivelano un'accentuata pianificazione del lavoro e della produzione. L'attività economica privata era in quel periodo in ombra. Lo Stato di Ur entrò in rapida crisi per la pressione dei nomadi Amorrei provenienti dalla Siria e per la concomitante carestia: le città provinciali dovettero provvedere da sole alle loro necessità e si organizzarono di nuovo in entità statali di raggio civico. La capitale Ur resistette ancora un poco col suo prestigio, finché una spedizione di Elamiti la rase al suolo.
Storia: dall'ingresso degli Amorrei al regno di Hammurabi
La frammentazione politica, l'ingresso su larga scala degli Amorrei in Mesopotamia, la scomparsa del sumerico come lingua parlata e scritta nei documenti pratici (restò in uso come lingua di culto e letteraria) diedero forma a un nuovo mondo, ormai del tutto aperto ai rapporti politici e commerciali verso E e specialmente verso W, non più come direttrici di una potenziale conquista universale, ma come interlocutori alla pari. I rapporti commerciali sono noti dall'archivio dei mercanti assiri nella “colonia” di Kaniš (Anatolia centrale), che mostra i traffici nel vivo svolgimento (vie e mezzi di comunicazione, materie importate ed esportate, mezzi di pagamento e di credito, ecc.). Sul piano politico, in bassa Mesopotamia l'egemonia fu contesa tra Isin e Larsa, ma più a nord due nuovi centri acquistarono importanza: Ešnunna e Babilonia (che ereditò il ruolo delle vicine Kiš e Akkad); ancora più a nord erano potenze di prim'ordine Assur e Mari. Ci fu un periodo di lotte equilibrate, che durò un paio di secoli (2000-1800), poi l'equilibrio cominciò a rompersi, a S per opera del re di Larsa Rīm-Sîn (1822-1763) che conquistò Isin e Uruk, e a N per opera del re d'Assiria Šamšī-Adad I (1813-1781) che controllò Mari; poi definitivamente per opera di Hammurabi di Babilonia (1792-1750) che con un sapiente gioco di alleanze e di voltafaccia sconfisse e annetté Isin, Larsa, Ešnunna, distrusse Mari, ridimensionò Assiria ed Elam, unificando nuovamente la Mesopotamia fin quasi all'estensione del vecchio impero di Ur. L'assetto organizzativo era in parte diverso: secolarizzazione della giustizia, cessione di terre ai soldati, commercio in mano a privati, costituzione di ampie fortune terriere, indebitamento dei contadini, periodici interventi dello Stato ad annullare debiti e servitù per debiti. Un vivace quadro dell'epoca è fornito dagli archivi di Mari, che però per la sua posizione eccentrica ha messo in particolare evidenza i rapporti con l'occidente siriano e il ruolo delle tribù nomadi, che nella bassa Mesopotamia avevano certo minor peso. Altro quadro (di carattere idealizzato) lo ha fornito Hammurabi col suo “codice” che, con l'intento di celebrare il regno di Hammurabi come modello di buon governo, conserva il quadro della vita sociale e giuridica del tempo.
Storia: dai successori di Hammurabi al 1115 a.C.
I successori di Hammurabi persero subito il controllo del sud (a vantaggio della dinastia del "Paese del mare") e del medio Eufrate (a vantaggio dei re di Hana). Ma i pericoli maggiori si addensavano dal nord, dove popoli nuovi acquistavano concreta fisionomia politica. Gli Ittiti, unificato il territorio anatolico e conquistata la Siria del nord, si spinsero con una fortunata spedizione fino a Babilonia (Muršili); subito dopo i Cassiti, scesi dall'altopiano iranico, presero il potere a Babilonia e governarono la Mesopotamia centromeridionale per quasi mezzo millennio (1592-1157). Parallelamente nell'alta Mesopotamia gli Urriti si organizzavano in uno Stato unitario e forte, Mitanni, che giungeva a controllare l'Assiria a E e la Siria a W. Questo periodo fu caratterizzato dunque dalla prevalenza politica dei “popoli dei monti”, che introdussero innovazioni tecniche (uso del cavallo e del carro leggero da guerra) e sociali (i guerrieri nobili ricevevano dal re grandi proprietà in cambio dei loro servizi), e al cui interno erano attive minoranze indoiraniche. Mutò anche la scena internazionale, nessuna potenza poteva aspirare concretamente all'espansione, e viceversa le conoscenze geografiche si erano molto ampliate, e tutta una serie di grandi regni entrarono in contatto su un piano di parità. Tra Stati vicini non mancavano tuttavia attriti, guerre per il possesso delle zone di confine, dispute sul rango rispettivo. Ogni Stato attraversò una sua parabola di potenza: il regno cassita fu inizialmente egemone in Mesopotamia, Mitanni toccò il vertice intorno al 1500-1450, ma (ca. 1400-1350) fu travolto dall'espansione ittita e perse il ruolo di grande potenza divenendo Stato cuscinetto tra Ittiti e Assiri, dapprima vassallo dei primi e poi annesso dai secondi. Il “medio regno” assiro fu invece in netta espansione nei sec. XIV e XIII, liberatosi della tutela di Mitanni e sostituitosi a esso nello scacchiere internazionale, passò all'offensiva a S contro Cassiti ed Elamiti e si espanse a W assorbendo Mitanni e fronteggiando gli Ittiti sull'Eufrate. Un nuovo stacco si ebbe nel sec. XII: l'invasione dei “popoli del mare” sovvertì la scena internazionale (crollo degli Ittiti, fine dell'impero asiatico dell'Egitto) e in particolare ricondusse l'Assiria entro i suoi confini originari; più a S la dinastia cassita finì stremata dalle lotte con l'Elam e il suo posto venne preso dalla II dinastia di Isin. Ma soprattutto si fece massiccia l'infiltrazione delle genti aramaiche (Aramei), che ripetevano dopo quasi un millennio l'azione delle tribù amorree. I nuovi nomadi erano ora dotati di cammelli e potevano spingersi più avanti nel deserto, aprendo nuove vie commerciali (specialmente verso l'Arabia meridionale). In Mesopotamia settentrionale gli Aramei occuparono tutta la zona che era stata mitannica, dando vita a una serie di Stati cittadini a base tribale, più a S permasero più a lungo allo stato nomade e tribale, occupando soprattutto la zona della bassa Mesopotamia che, già fiorente in età sumerica e paleobabilonese, era poi entrata in crisi demografica ed economica per la progressiva salinizzazione del suolo. Assiria e Babilonia reagirono diversamente al nuovo stato di cose. Babilonia non aveva ormai più forza politica e rimaneva soprattutto una terra di antiche città, di santuari prestigiosi, di una cultura letteraria e religiosa da tutti ammirata. Le dinastie che si susseguirono a Babilonia, strette tra Assiria ed Elam, erano indebolite all'interno dall'incapacità di assoggettare le tribù aramaiche, incontrollabili per genere di vita e per spirito bellicoso. L'Assiria invece, rimasta solida e compatta nel suo territorio originario, affrontò con progressione ma sempre con estrema determinazione gli Stati confinanti, temprandosi nell'abitudine alla guerra permanente e portando a concreta realizzazione il vecchio ideale di espansione incessante che puntava all'impero universale. Già Tiglatpileser I (1115-1077) arrivò al Mediterraneo e manifestò le più grandi ambizioni; ma fu un momento senza seguito.
Storia: dai grandi re del secolo IX ad Alessandro Magno
La vera espansione iniziò coi grandi re del sec. IX (Assurnasirpal II, Salmanassar III) che assicurarono definitivamente all'Assiria tutta l'alta Mesopotamia fino all'Eufrate, rinnovando così l'estensione dell'impero paleoassiro di Šamšī-Adad I e dell'impero medioassiro di Tukultī-Ninurta I. Nel sec. VIII Urarṭu fu sconfitto e i regni della Siria e della Cilicia, già assoggettati al pagamento di tributi più o meno regolari, vennero direttamente annessi e ridotti a province assire. La conquista fu accompagnata da distruzioni e spoliazioni (con crisi economica delle zone conquistate) e da deportazioni che rifornirono di manodopera l'Assiria dissanguata dall'impegno bellico e rimescolando le nazionalità spegnevano la volontà di riscossa dei vinti. Si diffondeva così in Mesopotamia l'aramaico, lingua della maggior parte dei deportati. Al problema di Babilonia si diede una soluzione diversa dalla riduzione a provincia: unione personale o nomina di re filo-assiri, sistemi che però non spegnevano la resistenza locale. Comunque nel sec. VII con Esarhaddon e Assurbanipal venne assoggettato parte dell'altopiano iranico, fu conquistato l'Egitto (anche se non durevolmente) e l'Elam venne eliminato dalla scena politica. Ma elementi nuovi, solo allora in fase di organizzazione e perciò dotati di maggiore vitalità, determinarono il crollo dell'impero. Da un lato furono le genti dell'altopiano iranico: già le invasioni di Sciti e Cimmeri ai confini nordoccidentale dell'impero assiro avevano dato un serio avvertimento; ma poi i Medi si organizzarono in uno Stato forte ed espansionistico. D'altro lato le tribù caldee di Babilonia passarono al contrattacco. La coalizione del regno di Media e del regno caldeo (o neobabilonese) portò al crollo subitaneo di quello assiro (612-609). I vincitori si spartirono il territorio: ai Caldei spettarono quasi tutta la Mesopotamia (l'estremo nord andò ai Medi) e i possessi siro-palestinesi. Le città assire, monumentali creazioni e materializzazioni di tutti i tributi affluiti dalle province durante secoli di dominio, furono rase al suolo per sempre; e la regione da centro del mondo divenne terra di frontiera. Ma anche la rinascita neobabilonese non fu duratura: quando agli alleati Medi subentrarono i Persiani (vedi Achemenidi) di Ciro, il crollo fu rapido e senza alcuna resistenza (539; Nabonedo). Ancora per qualche decennio, da Ciro a Dario, venne riconosciuta, formalmente, l'esistenza di un regno di Babilonia, il cui sovrano era lo stesso re di Persia. Ma anche questa autonomia, del resto solo formale, fu abolita da Serse, dopo diverse rivolte dell'elemento indigeno, e più tardi la satrapia di Babilonia fu costituita, oltre che dal sud, dall'Assiria e dalla Siria. Centro amministrativo della satrapia rimase Babilonia, e l'aramaizzazione del Paese, ormai completa, portò all'uso dell'aramaico come lingua ufficiale. L'organizzazione economica e giuridica fu assimilata a quella dei conquistatori, sebbene per il diritto privato si conservassero le antiche usanze, e anche nel culto si affacciarono elementi iranici. Ancora Alessandro Magno, sconfitto Dario III ed eletta a sua residenza Babilonia, volle mostrarsi come diretto continuatore ed erede, anche attraverso matrimoni dinastici, dell'impero che aveva distrutto. Questa politica di assimilazione dell'elemento greco alla cultura locale, identificata peraltro dal Macedone in Mesopotamia non con l'elemento indigeno aramaico-babilonese, ma con il ceto dominante iranico, se comportò per questo resistenze da parte della popolazione, sollevò proteste vivissime, fino ad aperte rivolte, presso gli stessi Greci, e alla morte di Alessandro la lotta per la successione si svolse anche su questi temi.
Storia: da Seleuco I all'invasione degli Arabi
Si impose in Mesopotamia Seleuco I (354-280), e la sua dinastia riuscì a reggere la Mesopotamia settentrionale e meridionale per più di 150 anni, perseguendo una politica di forte ellenizzazione del Paese, attraverso la fondazione di diverse città, tra le quali Seleucia sul Tigri fu innalzata a centro amministrativo della Mesopotamia, e soprattutto attraverso il loro popolamento con elementi greci. Le organizzazioni templari per reazione dettero grande impulso allo studio delle antiche lingue del Paese e alla copiatura delle opere del passato, e Berosso, un sacerdote babilonese, rivendicò di fronte ai Greci la nobiltà della tradizione culturale mesopotamica in un'opera scritta appositamente in greco. Più duratura fu l'organizzazione amministrativa che i Seleucidi dettero al Paese, diviso in numerose satrapie. L'organizzazione seleucide fu mantenuta dai Parti arsacidi, che si impadronirono della Mesopotamia fra il 150 e il 130 a. C., inserendola però nel loro sistema feudale e suddividendo ulteriormente le satrapie in province, distretti e villaggi, i cui capi godevano di larghissima autonomia. Per queste ragioni il dominio partico fu disastroso dal punto di vista economico e sociale: la Mesopotamia fu agitata da continue lotte fra signori e la vita alla corte di Seleucia, capitale dell'Impero, fu caratterizzata da continui intrighi di palazzo. Questa situazione offrì ampio spazio all'intervento romano, talvolta diretto (Crasso, Antonio, Traiano, Lucio Vero, Settimio Severo, Caracalla), più spesso attraverso una politica, inaugurata da Augusto, la quale, sotto la copertura di formali trattati di pace, cercava di contrapporre satrapi a satrapi e pretendenti a sovrani, portando il Paese a uno stato di completa anarchia. Fu facile quindi ad Ardashīr, fondatore della dinastia sassanide, spodestare il re arsacide Artabano V (224) e impadronirsi dell'intera Mesopotamia fino a Hatra, che fu conquistata assieme all'Armenia dal figlio Šāpūr I, al quale nel 260 toccò in sorte di sconfiggere a Edessa e trascinare prigioniero in Iran lo stesso imperatore di Roma Valeriano. Il dominio sassanide fu scandito da continue guerre contro i Romani, ma, salvo occasionali puntate contro Seleucia-Ctesifonte di questi e dei loro alleati (Odonato di Palmira, Caro, Giuliano), teatro degli scontri fu prevalentemente l'Armenia, così che la Mesopotamia poté godere di tre secoli di relativa pace. Durante il regno di Cosroe II (590-628), con la conquista della Siria e della Palestina fino all'Egitto la Mesopotamia cessò addirittura di essere una regione di frontiera, tornando a costituire il cuore di un immenso impero. Ma la morte di Cosroe fu occasione improvvisa di una spaventosa anarchia, aggravata tragicamente da un devastante straripamento del Tigri e dell'Eufrate, che ridusse l'antica Babilonia a un'immensa palude. La strada era così facilmente aperta all'invasione degli Arabi, che fra il 634 e il 640 si impossessarono del Paese, mettendo fine a otto secoli di dominio iranico sulla Mesopotamia e dando così avvio alla storia dell'Iraq moderno.
Religione: generalità
La religione giustifica l'aspetto più caratteristico della cultura superiore mesopotamica: la città. Alle origini di tale assetto è però la cosiddetta città-templare, che viene costituita in risposta a una divisione territoriale fatta a immagine della divisione dell'universo in tanti settori, corrispondenti ciascuno a una divinità. Il territorio viene così ripartito in tanti templi quante sono le divinità; e insieme al territorio viene ripartita la popolazione in gruppi facenti capo ciascuno a un tempio; questa polarizzazione finirà per raccogliere attorno a ciascun tempio un agglomerato urbano. L'autonomia economica e politica di ciascun agglomerato prenderà il sopravvento sull'interdipendenza religiosa: si avrà allora la città-Stato che, tuttavia, quale che sia la sua storia (confederata con altre città, o soggiogata da una città egemone), conserverà la propria facies particolare mediante il culto di un suo dio poliade, quel dio il cui tempio era stato alle sue stesse origini. Il sistema religioso politeistico e l'assetto urbano sono, come si vede, strettamente correlati in Mesopotamia. Tanto che oggi si attribuisce alla cultura mesopotamica l'origine del politeismo allo stesso modo con cui le si attribuisce l'origine dell'assetto urbano.
Religione: le divinità
Le divinità del politeismo mesopotamico erano organizzate genealogicamente e gerarchicamente; in una secondaria sistemazione teologica il loro ordine gerarchico era dato da una cifra. Il dio più alto, An o Anu, ebbe la cifra di 60, il numero più alto del primo ordine nel sistema sessagesimale mesopotamico. Era il dio di Uruk; veniva concepito come un Essere Supremo celeste detentore dell'autorità. Ma egli non l'esercitava; in sua vece governava il mondo suo figlio Enlil, il dio della città di Nippur. Il potere di Enlil era sostenuto da un terzo grande dio: Ea-Enki, il cui antichissimo santuario sorgeva a Eridu. Il suo potere derivava dall'essere egli il padrone dell'Apsu, l'elemento acquatico che significava il “precosmico”, o la sostanza da cui il “cosmo” poteva prendere forma. Pertanto al potere di Enlil, che consisteva nella sua facoltà di dare ordini e di punire i trasgressori, si contrapponeva il potere di Ea-Enki posto fuori da ogni “ordine”, che si esplicava come una specie di magia, nel senso di un'azione autonoma dalla volontà degli dei. Anu, Enlil ed Ea-Enki sono convenzionalmente definiti dagli studiosi una “triade cosmica”. Una seconda triade, altrettanto convenzionale, è quella “astrale”: il dio-luna Sin della città di Ur, il dio-sole Shamash (in sumerico, Utu) della città sumerica di Larsa e della città accadica di Sippar, la dea Ishtar (sumerico Innin) connessa con il pianeta Venere. Queste tre divinità seguono, nella gerarchia, immediatamente quelle della “triade cosmica”. Altri dei importanti, ma gerarchicamente inferiori, sono: Marduk e Aššur, gli dei nazionali rispettivamente dei Babilonesi e degli Assiri; Adad, il “dio della tempesta”, che appare verso la fine del III millennio a. C., portato, forse, da una più recente ondata semitica nordoccidentale; Ereshkigal, la regina degli Inferi, e il suo sposo Nergal; Tammūz, il “dio che muore”, collegato alla vegetazione, ecc. Il numero delle divinità era altissimo; nella lista più lunga e più antica, giuntaci mutila dalla città di Šurrupak, ne dovevano essere elencate ca. 2500. Si conoscono anche due collettività divine: gli Anunnaki e gli Igigi. A volte si trovano nomi divini che, in altra documentazione, appaiono come epiteti di un dio. Per esaltare e caratterizzare un dio, d'altra parte, si usavano non soltanto gli epiteti, ma anche i nomi di altri dei. Per esempio, nell'Enūma elsh, per esaltare Marduk si dice che tutti gli dei gli diedero i propri nomi, a titolo di ringraziamento e di onoranza per averli salvati da Tiāmat, un mostro caotico che minacciava le loro esistenze. Il culto giornaliero degli dei era piuttosto uniforme: nel tempio, dimora del dio, la sua statua veniva ogni mattina lavata, vestita e ornata; durante il giorno le erano serviti quattro pasti. Il sacrificio babilonese era sentito soprattutto come un pasto del dio; ma c'erano anche altri tipi di sacrifici (purificatori, espiatori, ecc.). Le feste annuali delle singole divinità variavano secondo il carattere del dio. La festa del dio poliade coincideva con il capodanno (akītu): in questa occasione il dio veniva trasportato in processione dal tempio a un suo santuario esterno alla città detto “casa dell'akītu”, donde faceva ritorno con l'inizio del nuovo anno. Oltre al tempio, gli dei avevano anche una “torre” (ziqqurat), consistente in una piramide tronca a terrazze.
Religione: il clero
Il sacerdozio era assai articolato e complesso nelle sue numerose specializzazioni; si ha una collezione di ben 34 nomi sacerdotali maschili e femminili. A capo del culto era lo stesso re, quasi un sommo sacerdote. C'erano poi i dignitari di corte a cui sembra facesse capo l'amministrazione dei singoli templi. Seguiva il personale officiante, addetto alle varie cerimonie del culto, e, in posizione subordinata, c'erano numerosi specialisti: lavatori, purificatori, untori, cantori, lamentatori, musici, ecc. Al di fuori del servizio templare si avevano gli addetti a pratiche particolari come la divinazione e l'esorcismo. Per la città di Sippur si conosce l'esistenza di un corpo di sacerdotesse vergini, scelte fra le famiglie nobili e addette al culto del dio-sole Shamash. Altre sacerdotesse erano le prostitute sacre, che ci sono attestate per il tempio di Ishtar a Uruk.
Religione: la divinazione e l’astrologia
Una parte di rilievo nella religione mesopotamica era data al complesso ideologico costituito dalla divinazione e da ciò che si può chiamare in senso lato “stregoneria”: i testi mantici per numero vengono subito dopo i documenti economico-amministrativi; pure abbondantissima è la letteratura esorcistica (scritta prevalentemente in accadico): ogni male veniva attribuito all'azione di spiriti malvagi, o fattucchieri, stregoni, ecc.; mediante la divinazione s'individuava il colpevole, e quindi si provvedeva a scongiurare la “stregoneria” in corso. Lo scongiuro (shiptu) poteva avere anche forma di preghiera a un dio (e allora avveniva per lo più nel tempio del dio invocato), ma ciò che contava era il rito che accompagnava la preghiera, quasi che questo costringesse il dio ad agire nella maniera voluta. Alla divinazione si ricorreva non soltanto per diagnosticare la “stregoneria”, ma in tutti i momenti critici (sentiti ugualmente come una minaccia di forze oscure e avverse). Non si compiva nessuna azione importante senza aver prima consultato l'indovino. L'epatoscopia e l'estispicio (consultazione del fegato e delle viscere degli animali sacrificati) erano forse le pratiche più antiche, ma si può dire che tutte le pratiche divinatorie fossero conosciute. Particolarmente sviluppata in tempi più recenti fu l'astrologia, a cui si devono la sistemazione del cielo in 12 zone (i segni dello zodiaco) e la sua misurazione in gradi (360 all'orizzonte), in connessione con la misurazione del tempo con un “circolo” annuo di 360 giorni composto di 12 mesi di 30 giorni ciascuno; in tal modo il cielo contrassegnava il tempo terrestre, determinando i destini degli uomini. Stando alla documentazione parrebbe che tutto il complesso stregonistico-divinatorio sia stato un apporto semitico; infatti poco o niente è riferibile ai Sumeri la cui visione del mondo, del resto, si esprimeva appieno nell'originale creazione politeistica. I miti più antichi, d'origine sumerica, parlano della creazione del mondo e dell'uomo. Era noto un mito del diluvio. Altri miti parlano delle origini delle istituzioni economiche (cerealicoltura) e sociali. Accenni a miti, o interi episodi, sono contenuti in scongiuri, preghiere, inni, ecc. L'inno a Marduk contiene tutto un importantissimo evento cosmogonico. Molto materiale, poi, proviene da poemi epici, giuntici in varie redazioni frammentarie, di cui il più noto è l'. Altri miti che è stato possibile recuperare sono: la discesa agli inferi della dea Ishtar, l'epopea di Erra, varie descrizioni degli inferi e miti di singole divinità. Secondo alcune teorie questa letteratura mitica sarebbe stata redatta per servire da “canovaccio” ad azioni di culto. È certo d'altronde che per quanto riguarda la Mesopotamia la recitazione di miti, fissati per iscritto quasi come formule di preghiera, era una vera e propria azione rituale; al riguardo si ricorda che l'Enūma elīsh veniva recitato alla festa di capodanno, come se la rievocazione di quell'evento cosmogonico (nascita di un nuovo mondo) influisse magicamente sulla nascita del nuovo anno; ma si possono anche citare quegli scongiuri che traggono la loro potenza esclusivamente dalla rievocazione di una vicenda mitica.
Religione: l'escatologia
La religione mesopotamica non ha sviluppato mai una vera e propria escatologia: il mondo dei morti (Arallū) appare soltanto come una connotazione negativa rispetto al mondo dei vivi. L'ombra o lo spirito dell'uomo (etimmu), che sopravvive alla sua morte, è destinato a un'esistenza tristissima. Non si ha l'idea del “morto potente”, capace di aiutare i vivi; al suo posto si ha l'idea del “morto indigente”, sempre affamato e assetato. I suoi parenti gli fanno offerte di acqua e di cibo per impedirgli di uscire dalla tomba in cerca di nutrimento. Un morto vagante sulla terra è pericoloso per i vivi e ci si difende da lui con appositi scongiuri.
Arte
Una sintesi dell'arte mesopotamica deve necessariamente prendere le mosse dal periodo protostorico e dal nord, dove si svilupparono le prime culture neolitiche di Tell Hassuna e Samarra e, successivamente, di Tell Halāf. La cultura che ebbe il suo centro a Tell al-Ubāid si diffuse invece su tutta l'area mesopotamica: a essa risalgono i primi edifici in mattoni crudi, destinati ad avere pieno sviluppo nel periodo di Uruk (detto anche predinastico), tra la fine del IV e l'inizio del III millennio a. C. Warka, l'antica Uruk, era già una vera e propria città, i cui abitanti erano dediti all'agricoltura e al commercio (attività attestata da alcuni splendidi sigilli cilindrici); la ornavano numerosi templi posti su un'altura artificiale (ziqqurat). Al periodo predinastico risale anche l'invenzione della scrittura pittografica. Nel successivo periodo protodinastico, alle soglie della storia (ca. 2900-2400 a. C.), il predominio era ancora del sud, dove fiorì la città di Ur, ma l'influenza dell'arte sumerica si ritrova a Tell Asmar, Tell Brak, Mari e Hafaǧah. L'arte figurativa cominciò a esemplificarsi in molteplici forme (scultura, composizioni acrolitiche, stele, intagli, mosaici) ed è documentata da numerose importanti opere. Nella seconda metà del III millennio l'ascesa degli Accadi portò a mutamenti anche in campo artistico. Nei sigilli si nota un nuovo senso dello spazio, per cui ogni figura viene isolata sullo sfondo e acquista spicco, come pure nella stele di Narām-Sīn, il capolavoro di questo periodo. La fine della dinastia accadica interruppe anche la sua tradizione artistica. Se si eccettuano le opere di Mari e di Lagaš, il successivo periodo della III dinastia di Ur non offre novità di rilievo. In architettura, la ziqqurat di Ur-Nammu a Ur o il tempio di Gimil-Sīn a Tell Asmar (Ešnunna) sono notevoli più per la maestosità, raggiunta con nuovi accorgimenti tecnici, che per innovazioni strutturali. Per quanto riguarda i rilievi, le stele ripetono monotonamente il tema della presentazione delle offerte alla divinità; solo le scene secondarie mostrano qualche originalità. Espressione significativa dell'arte dell'epoca di Hammurabi sono i “ritratti” del re, in pietra e in bronzo, e la famosa stele con il codice delle leggi. Più tardi, l'arte del Mitanni a N e dei Cassiti a S continuò in una certa misura le tradizioni babilonesi. Intanto, alla metà circa del sec. XIV, sorse all'orizzonte la potenza assira, che espresse un'arte nuova, laica: le scene dei sigilli e dei rilievi rievocano battaglie vittoriose o esaltano il sovrano e la sua corte. In architettura gli Assiri ripresero il tema del bit-hilani e adottarono una decorazione ad alti pannelli smaltati. L'attività edilizia ebbe notevole impulso, soprattutto con Tukultī-Ninurta, cui si devono i templi di Assur e di Kīar Tukultī-Ninurta. Il periodo neoassiro (sec. IX-VII) fu anch'esso ricco di successi militari, con re pronti a edificare, scolpire o dipingere nuove pareti per rievocarli. Assurnasirpal II fondò Kalakh, Sargon II Dūr-Šarrukīn, Sennacherib ricostruì Ninive, tutte città a vasto respiro, circondate da cinte murarie possenti, con acropoli che racchiudevano palazzi reali, edifici amministrativi e templi, riccamente e variamente decorati. Quando Ninive cadde sotto la spinta medo-scita, dell'effimera dinastia neo-babilonese (609-539) creata da Nabopolassar e da suo figlio Nabucodonosor rimasero come testimonianza a Babilonia un palazzo reale, il tempio di Marduk, la porta di Ishtar e la famosa “torre di Babele ”.
Bibliografia
Per la storia
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Per la religione
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Per l'arte
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