Shamash o Šamaš

dio-Sole mesopotamico: il suo nome in sumero è Utu; quello assiro-babilonese di Šamaš deriva da shanshu (sole), nelle lingue semitiche. Nella gerarchia divina ha il numero 20: è il settimo dio e viene dopo il dio-Luna Sin, che ha il numero 30. Šamaš è connesso con la regalità e con quella funzione specifica della regalità che è l'amministrazione della giustizia. Egli stesso non è re degli dei, ma è il “re dei re terrestri”, come se i re della terra ricevessero il potere da lui. È rappresentato pertanto seduto su di un trono e nella mano destra ha i segni del potere: il disco solare e lo scettro. Šamaš è il “divino pastore di giustizia” che dall'alto tutto illumina e vede. Il colpevole viene da lui imprigionato mediante un laccio o una rete: è un'immagine che si ritrova nella religione vedica (il dio Varuna che irretisce i trasgressori). Per questa sua funzione arbitrale è anche invocato nei giuramenti. La capacità di vedere tutto ne prolunga l'azione in senso oracolare: egli è il “signore della visione” (bêl bîri) e come tale risponde alle pratiche divinatorie. Nelle genealogie mitiche, Šamaš appare come figlio di Sin, il dio-Luna, e della sua sposa Ningal. Egli stesso si accoppia alla dea Aya e ne ha cinque figli: Kettum, Girra, Sisik, Makhir, Sumuqan che impersonano alcune sue funzioni come la giustizia, la fertilità e la manticaonirica. Appare anche tra i protagonisti dei miti cosmogonici, soprattutto in relazione alla creazione dell'uomo. Il suo centro cultuale più antico è il tempio sumerico di Larsa. Segue il tempio accadico di Sippar. Gli Assiri lo venerarono in un tempio ad Assur, insieme al dio Sin.

Quiz

Mettiti alla prova!

Testa la tua conoscenza e quella dei tuoi amici.

Fai il quiz ora