foràggio
sm. [sec. XIV; dal francese fourrage]. Qualsiasi sostanza usata per alimentare il bestiame domestico. Si hanno foraggi allo stato naturale (foraggi freschi o verdi) e foraggi conservati. Il più comune foraggio verde è l'erba dei pascoli, degli erbai e dei prati naturali o quella dei prati artificiali: i primi forniscono trifoglio, erba medica o lupinella, che può essere consumata in loco dagli animali pascolanti; i secondi avena, segale, favetta, colza, veccia, ecc., che vengono tagliate, raccolte e somministrate fresche al bestiame. Anche il fogliame di vari alberi (gelso, olmo, pioppo), varie radici carnose (rapa, barbabietola, carota) e tuberi (patata, topinambur) si possono considerare foraggi verdi e così pure molte specie di frutta. I foraggi conservati sono costituiti principalmente dai fieni e dagli insilati: i primi si ottengono con l'essiccazione delle medesime erbacee usate anche fresche (salvo alcune), alle quali si aggiunge sale pastorizio nella quantità di 1-1,5 kg per q, che agisce come antifermentativo e condisce il foraggio rendendolo più appetibile. Oltre che all'essiccamento si può ricorrere alla disidratazione, che si ottiene esponendo le erbe, per breve tempo, a temperature elevate (700-800 ºC), trasformandole, in tal modo, in farina e conservandone intatto il potere nutritivo. Gli insilati si ricavano da vari tipi di erbe, non adatte a essere essiccate, e da grani, radici, tuberi, ecc. (vedi fienagione, insilamento). Altri metodi per la conservazione del foraggio sono i cosiddetti fieno-silo ed erba-silo: il primo consiste nello stratificare e comprimere l'erba parzialmente essiccata in appositi sili ponendovi sopra un coperchio con pesi. Questo foraggio deve essere usato dopo 40 giorni. Il secondo consiste nello stratificare, nei sili, l'erba fresca sempre comprimendola con un coperchio su cui siano stati posti dei pesi. Il fondo del silo, però, deve avere un pozzetto per la raccolta dei liquidi. Il foraggio deve essere consumato dopo 40 giorni e rapidamente. Si utilizzano come foraggi anche diversi altri prodotti, come le foglie di varie Leguminose coltivate, gli steli dei cereali, le pule, oppure i residui di alcune lavorazioni industriali (polpe delle bietole, sanse delle olive private del nocciolo, vinacce) e anche sostanze di origine animale (sangue secco, farina di carne e di pesce, siero di latte). Il potere nutritivo del foraggio è assai diverso a seconda dei materiali di cui è composto; le erbe (e quindi il fieno) delle Leguminose, per esempio, hanno potere nutritivo maggiore di quello delle Graminacee e di altre specie; in generale, i foraggi verdi posseggono valore nutritivo assai più alto dei relativi fieni, dei quali sono anche più digeribili, mentre gli insilati conservano in buona parte le caratteristiche alimentari proprie dei vegetali freschi. In ciascun foraggio il valore nutritivo dipende dal contenuto di sostanze assimilabili, in primo luogo gli idrati di carbonio (zuccheri, grassi) e le sostanze proteiche; in misura inferiore devono essere presenti anche varie sostanze stimolanti o integrative (sali minerali, vitamine, ecc.); anche i fattori organolettici, che rendono gli alimenti più appetibili, hanno la loro importanza nella valutazione di un foraggio. Il foraggio usato per gli animali da latte, infine, deve essere privo di sostanze capaci di trasmettere al latte odori o sapori sgradevoli.