edilìzia
IndiceDescrizione generale
Sf. [sec. XIX; da edilizio]. L'attività del costruire; il risultato di tale attività. Generalmente si usa distinguere l'edilizia dai lavori pubblici; nella prima si fanno rientrare tutte le costruzioni sede di un'attività, che possono a loro volta classificarsi in base alla natura di questa (edilizia abitativa, per uffici, industriale, rurale, ecc.); i secondi comprendono le costruzioni stradali e idrauliche, che, pur rientrando anch'esse a pieno diritto nel mondo dell'edilizia, la qualificano nella risoluzione di speciali quesiti di notevole impegno tecnologico e tecnico (quali, per esempio, dighe, grandi ponti e viadotti, gallerie) configurandosi pertanto, dal punto di vista operativo, come altrettanti settori con caratteri in larga misura autonomi. Pur sottolineando il carattere convenzionale della distinzione, verrà limitata quindi la trattazione agli edifici, in particolare agli edifici residenziali che costituiscono la massa della produzione edilizia. § La genericità della definizione di edilizia è giustificata dalla complessità dei fattori che vi convergono: d'ordine tecnologico-produttivo, in quanto essa rappresenta lo sbocco e il coordinamento di tutta una serie di produzioni (di materiali, di elementi semifiniti e finiti, di impianti e macchinari); tecnico-economico, per la compresenza di quadri professionali a diversi livelli di competenza e, contemporaneamente, per la sua incidenza sul piano degli investimenti e dell'occupazione; sociali e politici, per la sua diretta connessione con i modi di vita di una popolazione e, conseguentemente, per essere fondamentale strumento di realizzazione della gestione urbana e territoriale; culturali e storico-civili, in quanto sintetica qualificazione del modo di essere di una società su un territorio. Questa ricchezza di implicazioni è all'origine dei numerosi studi dedicati all'edilizia dalla fine del sec. XIX, con risultati anche di notevole interesse (come, per esempio, quelli sulle abitazioni economiche condotti, intorno agli anni Trenta, da esponenti del movimento architettonico cosiddetto razionalista, in particolare da A. Klein, o quelli sull'edilizia antica, a partire da C. Sitte fino a G. Giovannoni, a L. Mumford e ai vari epigoni recenti, quelli sugli aspetti produttivi in relazione alla industrializzazione dell'edilizia), ma tutti di carattere settoriale o frammentario e quindi utili a estendere la coscienza del problema, ma non a illuminarne le radici profonde nella storia civile. Si deve a S. Muratori, fin dagli studi su Venezia condotti negli anni Cinquanta, e alla sua scuola la sistematizzazione in questo senso della complessa materia attraverso i fondamentali concetti di organismo e di tipo edilizio, verificati e precisati in una serie di studi successivi, condotti a partire dal corpo vivo della città e del territorio. Ogni edificio è riconoscibile come “forma” individuata, cioè come unità distinta dalle altre, in virtù di un peculiare modo di connessione tra le sue componenti, che sono: i materiali, la struttura, l'impianto distributivo.
Le caratteristiche tecnologiche-costruttive: i materiali
In base alle caratteristiche tecnologico-costruttive i materiali edilizi possono essere ricondotti (secondo la classificazione proposta da P. Maretto) a due fondamentali classi: materiali pesanti, organici-a strumentalità polivalente, rigidi-resistenti a compressione; leggeri, standardizzati-a strumentalità specializzata, elastici-resistenti a flessione. Il materiale tipo della prima classe, quello che l'ha definita originariamente, è la pietra; comportamento analogo ha il laterizio (e anche il ghiaccio in blocchi usato per la costruzione delle capanne eschimesi, gli igloolak), mentre notevoli affinità presentano il calcestruzzo e le materie plastiche (realizzazioni sperimentali). Il materiale tipo della seconda classe è il legno o il bambù, cui sono affini il ferro e il cemento armato, sia semplice sia precompresso. La pesantezza o la leggerezza rappresentano una definizione immediata e intuitiva del materiale di per se stesso; l'organicità o la standardizzabilità sono inerenti alla sua valutazione in senso applicativo (lavorabilità, messa in opera); la resistenza a compressione o a flessione riguardano le potenziali proprietà statiche (di reazione, secondo una certa conformazione o “figura” strutturale, ai carichi applicati compreso il peso proprio). Nella realtà, sia edile sia naturale, i materiali tipo legno sono generalmente operanti secondo forme lineari più o meno consapevolmente standardizzate (travi, putrelle, aste, montanti, funi, ecc.) che mantengono la loro autonomia tecnologico-produttiva, tanto da condizionare (“modulare”) rigidamente su di essi l'intera struttura (che verrà chiamata pertanto composita-modulare). Ne sono esempio le travi e i pilastri collegati a formare una struttura a “gabbia” in cemento armato oppure le travi longitudinali e trasversali di un solaio ligneo a orditura incrociata, ciascuna delle quali collabora distintamente alla resistenza globale del solaio (elementi standardizzati a strumentalità specializzata). La pietra, il mattone, il calcestruzzo invece lavorano nelle forme più diverse secondo le circostanze strutturali, cioè rispondono unitariamente ai quesiti posti dalla struttura nei limiti determinati dai materiali stessi. Per esempio, i conci in pietra di una struttura muraria possono conformarsi diversamente, pur facendo sempre un tutt'uno con essa, in ordine alla loro diversa posizione nel contesto, cioè ai loro mutui rapporti: si hanno così conci-tipo dei corsi orizzontali, spesso ridotti di dimensione nello sviluppo in verticale della stratificazione, conci speciali di spigolo, conci di ghiera, d'imposta, di chiave d'arco, ecc. Questi sono pertanto elementi organici a strumentalità polivalente atti a realizzare strutture continue-plastiche. Le due classi o più precisamente le due tipologie tecnologiche limite indicate, composita-modulare e continua-plastica, sono in effetti il prodotto di una valutazione delle materie naturali, condotta e continuamente verificata dall'uomo che, nel corso dei tempi, ha selezionato e definito come materiali le materie naturali considerando dei loro caratteri quelli che ne rendono possibile l'utilizzazione strutturale.
Le caratteristiche tecnologico-costruttive: la struttura
Le qualità-potenzialità del materiale ne condizionano, nel momento stesso in cui vengono definite, la strutturazione in sistemi resistenti. La gamma delle figure strutturali non è, infatti, infinita, né potrà mai esserlo, ma è ridotta solo a quelle congruenti con le potenzialità dei materiali. La stessa variata casistica offerta dalla tecnica contemporanea (archi a 2 o 3 cerniere, volte sottili, tensostrutture: dalle travi in precompresso alle strutture funicolari piane o incrociate, ecc.) non è altro che una specializzazione, come adattamento a casi particolari, delle figure strutturali tradizionali, resa possibile dallo sviluppo delle conoscenze sulla resistenza dei materiali e sulla distribuzione delle tensioni. Corrispondentemente alle due suaccennate tipologie tecnologiche si avranno, quindi, due tipologie strutturali limite, le strutture tipo muro e le strutture tipo gabbia o traliccio. Le prime sono strutture continue, omogenee, portanti-chiudenti: muro, basamento, ambito murario, arco, volte; le seconde sono strutture cellulari, composite-modulari, portanti non chiudenti: trave, portale, impancato, solaio, capriata, traliccio e gabbia sia piani sia spaziali. Le strutture indicate possono essere evidentemente tanto in elevazione (fuori terra), quanto di fondazione. Come per i materiali, per ciascuna delle tipologie strutturali gli attributi di continua o cellulare rappresentano una valutazione meramente definitoria; quelli di omogenea e di composita-cellulare sono inerenti alle modalità di messa in opera strutturale del materiale; quelli di portante-chiudente (cioè non distinzione tra funzioni di sostegno e funzioni di protezione-delimitazione del vano) e portante non chiudente superano la valutazione strumentale collegando la struttura al suo uso sociale. Per un miglior chiarimento del rapporto tra materiali e struttura, e delle implicazioni storico-civili di questa in quanto tecnica, si ricorda come la figura arco (e i vari tipi di volte da essa derivati) nasca proprio dall'esigenza di coprire una certa luce con materiali resistenti a compressione. La trave invece resiste essenzialmente per massa, in pratica per altezza della sezione. In assenza di materiali con forte resistenza unitaria a trazione, come avveniva nelle epoche passate, ciò comportava che, oltre una certa lunghezza, il peso proprio della trave divenisse tale da causare di per se stesso la crisi della struttura. Ciò spiega l'adozione, per la copertura di grandi vani, delle volte murarie anche in ambiti storico-territoriali caratterizzati da tecniche di tipo composito-modulare, come per esempio nella realizzazione delle cattedrali gotiche in Inghilterra e nell'Europa centrale. Le volte vi sono di conseguenza viste analiticamente come costituite da una struttura principale, lungo i bordi e gli spigoli, e una struttura secondaria con funzioni al più di collaborazione (in talune cattedrali inglesi bombardate nell'ultima guerra restarono in piedi solo le nervature principali). Non è questo l'unico caso di materiali pesanti utilizzati in strutture cellulari o di strutture continue realizzate con materiali leggeri: va da sé che nelle edificazioni reali, storicamente documentabili, si verificano tutte le combinazioni possibili fra materiali e strutture base (continue o cellulari).
Le caratteristiche tecnologico-costruttive: l'impianto distributivo
Una complementarità analoga a quella tra materiale e struttura esiste tra struttura e suo “uso sociale”, in quanto quella nasce proprio per rispondere all'esigenza di delimitare uno spazio abitativo, uno spazio funzionalmente motivato, quindi articolato e differenziato. Inversamente un siffatto spazio è tale solo in quanto definito da una struttura. Esso può essere definito organismo, per sottolinearne il carattere non settoriale, ma bensì sintetico di valori etico-sociali, tecnico-economici e tecnologici, o, più precisamente, impianto distributivo, per tener conto delle sue interne articolazioni. È evidente del resto come sia proprio l'esigenza di costituirsi un ricovero, un microcosmo adeguato alla “dimensione” dell'uomo (la sua “misura” del territorio), all'origine del processo edile, a partire da quelle strutture (grotta, albero) offerte dalla natura e in seguito adattate e assunte come “modelli operativi” una volta appunto capiti, sia pur intuitivamente, i reciproci nessi tra le componenti. Le scelte di impianto distributivo spaziale sono ovviamente assai varie nell'ordine dell'individualità etico-culturale e linguistica di ogni civiltà, ma possono ricondursi tutte a due configurazioni fondamentali: impianto polare, su pianta a più generatrici equivalenti, da n a 2 (schematicamente cerchio, poligono, quadrato); impianto assiale, su pianta monodirezionale o bidirezionale gerarchizzata (rettangolo). Considerando gli aspetti tecnologico-strutturali, ciascun tipo di impianto ha una versione limite: l'impianto polare quando è chiuso, cioè definito da una struttura continua, fatta di materiali pesanti plastici; l'impianto assiale quando è aperto, cioè delimitato da una struttura reticolare composta di materiali leggeri lineari. La combinazione di questi due impianti con le strutturazioni precedentemente indicate copre la casistica reale di base nell'edificazione. Un esempio efficace di impianto polare può essere il nuraghe, il trullo o, meglio ancora, l'igloolak eschimese e le abitazioni cubiche dei Pueblos dell'Arizona e del Nuovo Messico; a questa tipologia appartengono ancora, limitandoci all'Italia, le abitazioni del Materano, in particolare i cosiddetti “Sassi” a Matera stessa, quelle di Lecce e del Salento, quelle di Orvieto e tendenzialmente, anche in presenza di strutture “miste” (solai e orditura di copertura lignei), quelle di tutta l'Italia centrale e quelle dell'estremità occidentale della Liguria. Esempio di impianto assiale possono essere gli innumerevoli tipi di capanne (a botte, ad alveare, ecc.) dei popoli “allo stato di natura”; a questa tipologia sono ancora riconducibili, per esempio, a vari livelli di complessità, le case indonesiane, le case in legno centroeuropee, le case giapponesi, le Stavkirken svedesi, i cottages e, in generale, l'edilizia inglese, e, in Italia, pur in presenza di strutture miste e di forti mediazioni storico-culturali di ascendenza classica, l'edilizia veneziana e veneta e quella genovese.
Tipologie
L'accennata casistica di organismi distributivo-spaziali si attua in concreto in un'infinita molteplicità di edifici, ciascuno distinguibile dagli altri, in ordine alla sua diversa collocazione nello spazio e nel tempo. Dati, infatti, l'ambito territoriale e la fase storica, l'intenzionalità individuale a risolvere le proprie esigenze – comprese quelle di ordine cosiddetto estetico (o, più precisamente, di autorappresentazione) – implica quella certa organizzazione politico-sociale (aspetto etico-civile); questa, a sua volta, quel certo modo di utilizzazione delle risorse (aspetto tecnico-economico); questo, infine, quel certo modo di valutare il mondo esterno, la natura (aspetto tecnologico, corrispondentemente logico-scientifico). Da qui la molteplicità degli individui edilizio-architettonici, la cui qualità è valutabile nel confronto (in particolare tra edifici affini, cioè risolventi lo stesso “tema”, gli stessi quesiti di base). Più in generale, ciascun edificio contribuisce alla formazione del modo di essere di una società su un territorio, verificando quella costanza negli atteggiamenti di fondo, pur diversamente qualificata nella successione storica, in cui si riconosce il peculiare “linguaggio” delle diverse aree etnico-civili. Da ciò deriva, inversamente, la possibilità di riconoscere nei vari individui edilizio-architettonici aspetti costanti o tipici: è infatti possibile ricondurre la molteplicità degli individui di un certo ambito urbano o territoriale a uno o a pochi schemi-base (tipi edilizi). Gli studi condotti hanno chiarito che il tipo edilizio si configura, in ogni civiltà, come una “idea di casa”, come un tendenziale modello, completo in tutti i suoi aspetti, squisitamente storico in quanto si forma, si evolve, si supera, e per ciò stesso dialetticamente si conserva, in puntuale sintonia con la vita civile. L'unità e la continuità di tale processo di continua autoformazione comportano l'esistenza di una relazione che riconduce l'uno all'altro i tipi pur nella loro successione temporale. Tutta la casistica tipologica è leggibile, infatti, come aggregazione, a vari livelli di complessità, di un modulo-base, più precisamente di una cellula edilizia, definibile come un organismo strutturale distributivo non ulteriormente divisibile in quanto tale (avente forma e dimensioni pressoché costanti in epoca storica). Per aggregazione di cellule-base, si passa così dalla casa monofamiliare a due cellule sovrapposte alla casa a schiera, alla casa in linea fino agli attuali edifici intensivi da questa derivati, per non citare che tipi edilizi largamente diffusi in Europa. La cellula edilizia si configura così come fattore primigenio costitutivo di ogni organismo, atto a garantire la “scala umana” anche di quelli più grandi e complessi, in quanto consente il loro rapportarsi per sottomultipli a una dimensione tanto profondamente connaturata all'uomo. Esiste pertanto un mutuo rapporto tra i singoli edifici-organismi nel contesto urbano: il tipo edilizio, infatti, comportando un certo modo di aggregazione delle cellule edilizie, comporta anche un certo modo di utilizzazione del suolo, cioè un sistema di lottizzazione, e, di conseguenza, una certa rete di percorsi a questo connessi, generando in tal modo quello che si definisce un tessuto urbano. I singoli tessuti, poi, si distinguono e si complementarizzano in una dialettica sociale, economica e storica che scaturisce direttamente dalle caratteristiche dei tipi edilizi che li formano, e che si unificano e si coordinano in relazione alle situazioni ambientali e ai poli della vita pubblica. L'edilizia costituisce dunque l'elemento di mediazione e di continuo collegamento tra architettura, di cui è la matrice attraverso la cellula-base, e urbanistica, che si realizza nell'aggregazione dei tessuti urbani.
L'edilizia contemporanea
All'nizio del sec. XXI la continuità del processo tipologico ambientale viene confermata, pur in una fase di profonda crisi economico-sociale conseguente alla diffusione della cosiddetta civiltà industriale o civiltà dei consumi, nonostante la massificazione delle tecniche costruttive. È ormai generalizzato, infatti, l'uso di materiali ad alta resistenza unitaria, quali il cemento armato e, per gli edifici specialistici, il ferro, in strutture modulari a “gabbia”, con conseguente netta distinzione tra compiti statici (affidati appunto ai piedritti e alle travi della gabbia) e compiti di protezione-delimitazione del vano (affidati a muri o pannelli divisori). La successione delle operazioni costruttive si articola conseguentemente in tre fasi principali: fondazioni, strutture in elevazione e copertura, finitura (a questi stati di avanzamento è, di norma, legata la quotizzazione dei pagamenti da parte del committente o dei prestiti da parte di istituti bancari, nel caso di costruzioni in proprio, all'impresa costruttrice). La fase di finitura ha notevole incidenza dal punto di vista sia economico, sia finanziario, in quanto alla specializzazione di base della struttura in ordine a distinti compiti statici e di delimitazione-protezione corrisponde, coerentemente, un'ulteriore specializzazione in ordine a questi ultimi. Così, per esempio, un riempimento in forati di una maglia strutturale di facciata richiede un rivestimento atto a proteggerlo dagli agenti atmosferici e a integrarne le caratteristiche di coibenza termica e acustica; un pannello o un soprammattone divisori interni non bastano da soli a garantire anche la coibenza acustica e si deve quindi ricorrere al loro raddoppio, lasciando un'intercapedine d'aria o riempita da materiale assorbente (pannelli-sandwich); l'applicazione di facciate interamente vetrate (curtain-walls), sempre più diffuse nei palazzi per uffici, comporta di necessità un completo condizionamento del ricambio d'aria interno. Ciò spiega la moltiplicazione dei prodotti (materiali ed elementi) di rivestimento (da parte, segnatamente, delle industrie della ceramica, dei leganti, dei profilati metallici, del vetro) e la sempre maggiore importanza assunta, anche in ordine alla notevole volumetria degli edifici, dagli impianti, in particolare da quelli termici e di condizionamento e da quelli di sollevamento meccanico (ascensori, montacarichi) che, in edifici a funzioni specialistiche, quali per esempio gli ospedali o i palazzi per uffici, divengono addirittura determinanti. Alla generalizzazione di una siffatta tecnica costruttiva non corrisponde tuttavia un'altrettanto drastica generalizzazione degli schemi distributivi (quindi delle volumetrie), più resistenti alla trasformazione in quanto più strettamente legati al costume abitativo, cioè al mondo degli spontanei valori etico-sociali. Anche in aree “traenti” lo sviluppo industriale, come per esempio in Italia, Genova e Milano, è possibile riconoscere significative diversità tipologiche, dipendenti dal diverso processo formativo edilizio-urbanistico, così come a Roma, altro centro di boom edilizio, accanto agli intensivi è diffuso un tipo peculiare, la palazzina. Le diversità sono, ovviamente, più evidenti nelle aree “sottosviluppate”: per esempio in Calabria si costruiscono, sempre con struttura in cemento armato, tipi che sono una specializzazione della casa a schiera. La massificazione delle tecniche costruttive, cioè appunto la loro generalizzazione indipendentemente dai modi abitativi tipici, ha prodotto traumatici effetti di impoverimento e di travisamento delle tecniche proprie di ciascun ambiente, con conseguente dequalificazione delle maestranze, aggravati dalla tendenziale autonomia, o addirittura dalla concorrenza, delle industrie che condizionano a monte la produzione edilizia (segnatamente quelle del ferro, del cemento, dei laterizi, degli impianti e macchinari) e delle rispettive competenze in cantiere. Questa situazione di confuso trapasso dell'edilizia da attività artigianale ad attività parzialmente industrializzata ha fatto sorgere a più riprese il problema di un coordinamento in senso industriale delle diverse fasi costruttive. L'industrializzazione dell'edilizia, che può divenire anche in Italia, come è già avvenuto in taluni Paesi dell'Est europeo e in Francia, un parametro fondamentale dello sviluppo pianificato delle città e del territorio, ha ovviamente come problema di fondo la cosiddetta stabilizzazione delle variabili, cioè il controllo in senso produttivistico almeno dei principali fattori che condizionano l'attività edilizia: a breve e a medio termine, la stabilizzazione delle variabili “di progetto”, attraverso la prefabbricazione di alcune parti o dell'intero edificio (tendendo contemporaneamente alla “progettazione integrale” come precoordinamento dei tempi e dei modi esecutivi); al limite, la stabilizzazione dell'intero ciclo produttivo come compensazione dei caratteri, propri dell'attività edilizia, di stagionalità (attraverso la riduzione delle operazioni di cantiere a quelle di solo montaggio o “assemblaggio”), di mobilità (attraverso la programmazione della dimensione degli interventi), di non uniformità dei procedimenti (attraverso il coordinamento delle unità metriche come base per la produzione in serie).