Lessico

Sf. [sec. XIII; dal greco biblía, pl. di biblíon, dim. di bíblos, libro].

1) Raccolta di libri, diversi per autore, data di stesura, genere letterario, considerati sacri da ebrei e cristiani in quanto testimonianza della rivelazione di Dio all'uomo. Per estensione, il volume stesso che contiene le Sacre Scritture: una Bibbia rilegata in pelle. ❏ Un'antica denominazione suddivide la Bibbia in Antico Testamento e Nuovo Testamento dando al termine il valore di “patto”, “alleanza” tra Dio e gli uomini. Secondo il canone cattolico si compone di 73 libri, di cui 46 appartenenti all'Antico e 27 al Nuovo Testamento. Caratteristica comune a tutti i libri in essa contenuti è, tanto per gli ebrei (per quanto riguarda l'Antico) quanto per i cristiani, l'ispirazione divina, cioè la partecipazione di Dio alla loro redazione, qualità che conferisce alla Bibbia sicurezza per la parola rivelata da Dio e il suo carattere normativo. Ebrei e cristiani non sono però d'accordo sui libri da considerare ispirati da Dio e di qui l'esistenza di due canoni (regole) diversi (Antico Testamento e Nuovo Testamento).

2) Fig., opera cui si attribuisce capitale importanza e autorità incontestata: i Promessi Sposi erano la sua Bibbia. Meno comune, lungaggine, discorso o testo prolisso e noioso: fare la bibbia, perdersi in prediche e brontolii.

Religione: origine e formazione della Bibbia

Per l'Antico Testamento la formazione dei libri della Bibbia si riconnette direttamente alle manifestazioni letterarie del popolo ebraico. Queste scaturiscono dalla millenaria incubazione della tradizione orale attorno al sec. X a. C. con il formarsi della monarchia. Come in casi analoghi i primi scritti si riferiscono probabilmente alle norme legali, per cui il primo nucleo della Bibbia sarebbe costituito da alcuni passi del Deuteronomio (7; 18-19) assieme al testo dell'alleanza tra Dio e il popolo ebraico: Esodo 24; 34. La critica moderna ha avanzato l'ipotesi che sotto i re David e Salomone si formarono dei circoli yahwistici, che avrebbero fissato per iscritto alcune delle tradizioni più arcaiche: l'origine dell'uomo (Genesi 2-3), la storia di Abele e di Caino e il diluvio (Genesi 4-11), le promesse di Dio ad Abramo e ai suoi discendenti, l'esodo dall'Egitto, l'alleanza del Sinai, la conquista della Palestina (Giosuè), il periodo dei Giudici e la storia di Saul. Al genere storico si accompagna quello “sapienziale”, che riflette le meditazioni degli antichi saggi sui temi della morte, della sofferenza, del lavoro e del peccato (Proverbi 10-22). Probabilmente era già stato scritto il codice yahwistico, un codice legislativo, cultuale e civile (Esodo 34, 10-26; cfr. Levitico 23). Con la divisione nel 922 a. C. del regno in due rami – Regno di Israele a nord e Regno di Giuda a sud – i rabbini d'Israele raccolsero le loro tradizioni nel documento elohistico (da Elohim, altro nome di Yahwèh), parallelo e sostanzialmente concorde con quello yahwistico. Ma la presenza di una pericolosa influenza politeistica provocò la nascita del profetismo, che mise per iscritto gli oracoli di Yahwèh e la predicazione per affidare ai posteri il messaggio profetico, che i contemporanei avevano spesso deprezzato e deriso. La stesura di questi scritti però non è dovuta ai diretti protagonisti, ma è opera, in massima parte, dei loro seguaci. Sorsero così le cosiddette scuole dei profeti, attive dal sec. VIII al III a. C., che avevano il compito di preservare viva e attuale la parola dei profeti, di approfondirla, svilupparla e adattarla alle nuove evenienze, proprio come avevano fatto i primi raccoglitori delle tradizioni orali al nord e al sud del Paese. E come questi i discepoli dei profeti conservarono l'anonimato, vivendo nell'ombra dei loro maestri e annotandone fedelmente il pensiero. Una chiara esemplificazione è data dal Deutero-Isaia (Isaia 40-55), dal Deutero-Michea (Michea 4-5), dal Deutero-Geremia (Geremia 30-31; 50-51) e dal Deutero-Zaccaria (Zaccaria 9-14). Con la deportazione in Assiria della popolazione del nord (722 a. C.), quanto si poté salvare del suo patrimonio religioso venne portato al sud, dando origine a una riunificazione della letteratura religiosa ebraica: tipico esempio ne è la storia di Giuseppe (Genesi 37-50). Questo lavoro si protrasse dal sec. VIII al VI a. C. e il risultato fu una terza edizione della Bibbia, dopo quelle yahwistica ed elohistica. Concomitante a quest'opera della scuola profetica è quella dei sacerdoti che, durante e dopo l'esilio in Babilonia, diedero al Pentateuco la sua struttura definitiva odierna, misero a punto la legislazione cultuale (Esodo 25-31; 35-40; tutto il Levitico e una parte dei Numeri), elaborarono l'inizio del Genesi inquadrando il racconto cosmogonico in un contorno teologico già così evoluto da presentare la creazione come opera trascendente della parola di Dio. A essi si riferiscono anche i ritocchi a Giobbe e al Cantico dei Cantici, mentre risultano interamente opera loro l'Ecclesiaste, l'Ecclesiastico, la Sapienza,Ester,Tobia,Giuditta,Giona e i primi sei capitoli di Daniele. Dopo l'esilio, gli scribi diedero la forma definitiva ai libri dei profeti. Anche la matrice prima dei libri del Nuovo Testamento è formata dalla tradizione orale, che già nella prima metà del sec. I porta a una raccolta scritta di “detti” del Cristo (testimonianze di Papia verso il 130 e di Ireneo, sec. II, che l'attribuisce all'apostolo Matteo). Con lo sviluppo della nuova religione l'impossibilità degli apostoli di visitare tutte le nuove comunità religiose li portò a inviare ad alcune di esse lettere, che costituivano il commento più genuino ai “detti del Signore” e come tali possono intendersi le lettere di Pietro, di Giovanni, di Giacomo e di Giuda, pur se i problemi di composizione ad esse relativi sono in realtà più complessi. Anche i loro discepoli ricorsero sostanzialmente allo stesso metodo e abbiamo il Vangelo di Marco, il Vangelo di Luca, gli Atti degli Apostoli, le Lettere di San Paolo. Alla fine del sec. I si può dire che tutto il patrimonio religioso del cristianesimo era già stato fissato in scritti definitivi.

Religione: interpretazione della Bibbia, generalità

La sublimità delle verità rivelate nella Bibbia da Dio stesso, la varietà degli autori umani che, sotto l'ispirazione divina, ne scrissero il testo, la sua stesura in epoche e lingue diverse, la mentalità dei suoi autori, ben lontana dalla nostra, i costumi diversi che essa riflette, la scomparsa degli originali e i difetti inerenti a tutte le trascrizioni sono elementi che hanno reso necessari lunghi studi per ricostruire il pensiero genuino di Dio e degli uomini che con lui hanno collaborato, per vocazione. La ricerca di questo pensiero si chiama esegesi o interpretazione e il complesso delle regole d'interpretazione, di natura filologico-storica e teologica, si dice ermeneutica. Ai primi cristiani la Bibbia appariva come la storia della salvezza, lungamente promessa e finalmente realizzata, un messaggio divino essenziale per l'uomo. Di qui la cura di creare attorno al libro sacro una tradizione orale che ne permettesse la trasmissione con immutata fedeltà. Questa tradizione inizia con la predicazione degli apostoli e continua nella generazione posteriore con i loro diretti successori; essa investe solo il campo religioso ed etico e la Chiesa ne farà territorio esclusivo del suo magistero, perché il suo valore rimanga intatto e produca tutta la sua efficacia. Da queste premesse risulta evidente che ogni interpretazione posteriore non potrà fermarsi al compito di spiegarci il significato del testo o difenderlo da interpretazioni spurie, ma dovrà penetrare sempre più e sempre meglio nella parola rivelata di Dio in vista della nostra salvezza (costituzione apostolica Dei Verbum n. 12, del Concilio Vaticano II). Il documento conciliare raccomanda che gli esegeti siano preparati alla critica testuale, storica, filologica e archeologica, ma queste, afferma, saranno solo le premesse per una comprensione sempre più profonda del messaggio salvifico che Dio ha affidato alla Bibbia. Il commento dovrà rispondere a precisi criteri teologici, cioè l'unità di tutta la Scrittura, la tradizione della Chiesa, l'analogia della fede, ossia l'accordo tra interpretazione biblica e insegnamento dottrinario della Chiesa.

Religione: interpretazione della Bibbia, storia

I primi commenti alla Bibbia erano stati opera di ebrei e possono essere suddivisi in due scuole esegetiche, quella di Alessandria, opulenta di un allegorismo talora eccessivo, e quella palestinese, pratica e moralistica. La prima esegesi cristiana sorge nell'ambiente alessandrino e ne assorbe l'allegorismo. Formatasi verso il 180, ha in Origene il suo rappresentante più tipico, ma conta anche i nomi illustri di Atanasio, Cirillo d'Alessandria e i tre cappadoci: Basilio, Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa. La scuola esegetica di Antiochia, fondata da Luciano di Antiochia verso la fine del sec. III, mette invece in luce il senso letterale dei libri sacri. Suoi massimi maestri sono Diodoro di Tarso, Giovanni Crisostomo, Teodoro di Mopsuestia, Efrem Siro, Teodoreto di Ciro. In Occidente Vittorino di Pettau, Ilario di Poitiers e Sant'Ambrogio seguono l'indirizzo alessandrino, mentre San Girolamo inclina al senso storico-grammaticale e Sant'Agostino ricerca la dottrina ascetica e teologica. Nel Medioevo si diffonde l'uso delle glosse, un piccolo commento a ogni versetto, e diventa di uso quasi generale la notissima “glossa ordinaria”. Contemporaneamente però nascono anche commenti di più largo respiro comprendenti un intero libro: Bruno d'Asti (m. 1135) commenta il Cantico dei Cantici e i Salmi; sulla sua scia troviamo Roberto di Denz, Ugo da San Vittore, San Bernardo, Ugo da Santo Caro, Alberto Magno, San Tommaso. L'Umanesimo porta un valido contributo in campo filologico con lo studio dei testi ebraico e greco: Niccolò da Lira (m. 1340) “postilla” tutta la Bibbia; lo seguono Lorenzo Valla ed Erasmo da Rotterdam. In epoca moderna (sec. XVI-XIX) s'introducono la critica testuale, la geografia e l'archeologia bibliche; il commento è attento al senso letterale: Giansenio di Gand (m. 1576), J. de Maldonado (m. 1583), G. Estio (m. 1613). Commentatori biblici furono anche i riformatori Lutero, Melantone e Calvino, avversi a ogni allegorismo e attaccati al senso storico-letterale. I sec. XIX e XX sono il trionfo dell'esegesi critica e letterale, sia in campo cattolico sia protestante, favorita anche dalla scoperta delle letterature dell'antico Oriente (egizia, mesopotamica, assiro-babilonese, cananea e fenicia). Il razionalismo dell'esegesi protestante trovò validi oppositori negli esegeti cattolici, ma negli ultimi decenni, placatasi la foga razionalistica fra i protestanti, è iniziata una felice collaborazione fra i due campi fondata su una seria analisi critico-letteraria.

Letteratura: lingue e testi della Bibbia

Il testo originale dell'Antico Testamento (secondo il canone ebraico) è scritto in ebraico a eccezione di poche parti in aramaico (Genesi 31, 47-due parole; Genesi 10, 11; Daniele 2, 4-3, 23; 3, 91-7, 28; Esdra 4, 8-6, 18; 7, 12-26). Sono scritti nella koiné greca i libri di Giuditta, Tobia, I e II Maccabei, Sapienza,Baruk, frammenti di Ester, la lettera di Geremia, Daniele 3, 24-90; 13-14. Il Nuovo Testamento è scritto nella koiné greca: taluni hanno pensato a una prima stesura in aramaico del Vangelo di Matteo. Di nessun libro della Bibbia (anche tenuto conto dei preziosi manoscritti ritrovati nelle caverne di Qumran) possediamo l'originale. Mancando quindi la possibilità di provare l'autografia dei testi della Bibbia, dobbiamo ripiegare sulla loro autenticità che, per l'Antico Testamento, può essere comprovata da varie migliaia di codici ebraici. Pertanto la situazione per la critica testuale vetero-testamentaria è la seguente: due rotoli completi del profeta Isaia, uno di Abacuc e preziosi frammenti di altri (ritrovati nelle caverne di Qumran), risalenti gli uni al sec. III a. C., gli altri al II; Codex Petrapolitanus, con i profeti, del 916; Codex Leningradensis, con tutto l'Antico Testamento, risalente al 1009; Papiro di Nash con Esodo 20, 2-17 e Deuteronomio 6, 1-5, datato al sec. II a. C. Per il Nuovo Testamento i codici greci si aggirano intorno ai 5000 ca.; fra questi i più noti sono il Vaticano (inizio sec. IV), il Sinaitico (fine sec. IV), l'Alessandrino (sec. V); importanti il papiro Ryland contenente Giovanni 18, 31-38 e assegnato dai critici al 120-130 d. C.; il Bodmer II con ca. 14 capitoli di Giovanni e risalente alla fine del sec. II; il Bodmer XIV-XV, contenente parti di Luca e di Giovanni, dello stesso tempo del Bodmer II. Questa mole di manoscritti comporta ca. 200.000 varianti, ma molto spesso riducibili a leggerissime variazioni. Anche nei passi più scabrosi la sostanza del pensiero evangelico non è mai intaccata.

Letteratura: il valore della Bibbia

La prosa dei libri narrativi si limita a constatare con scarna semplicità meraviglie e miracoli (Genesi 1, 7-8; Esodo 14, 13-31; 19-20); con uguale semplicità espressiva rende il dramma della disperazione (Genesi 3, 8-23; 22; 37, 32-35), l'urto dei sentimenti (Genesi 42-45; Giudici 11, 34-40; II Samuele 1), la mistica rivelazione della divinità (Esodo 3-4; 19; I Re 19, 9-14); enuncia norme legislative; assume infine carattere annalistico. I testi profetici hanno in comune l'ispirazione e la relazione mistica del profeta con la divinità. In prosa, le parti narrative; in poesia (elegia, inno, canto sacrificale, epitalamio, versi didattici), le parti ispirate. Lo stile concitato, appassionato, con immagini crude nella loro concretezza, diventa talvolta oscuro per metafore e simboli. Il messaggio profetico intreccia spesso il presente, il passato e il futuro formando un insieme ermetico e al tempo stesso impressionante e suggestivo. Nella letteratura sapienziale lo stile è caratteristicamente semitico: semplici distici di concetti contrastanti si allungano e si complicano a volte fino a formare carmi alfabetici (Proverbi); il dialogo, superata la semplicità dei poemi accadici, raggiunge accenti lirici ed epici, espressioni di complessità metafisica e filosofica (Giobbe), o si semplifica in riflessioni e sentenze (Ecclesiaste). Nei Salmi lo stile degli inni di lode si alterna con quello delle lamentazioni individuali e collettive, dei canti di ringraziamento e didattici, sviluppando una poesia profonda e austera in cui l'elemento religioso è dominante. Nel Cantico dei Cantici la poesia popolare d'amore si eleva in mistiche espressioni. I tre Vangeli sinottici, che scaturiscono da un elaborato processo formativo, hanno materiale in comune e affinità, anche se è possibile individuare in essi fonti indipendenti. La lingua risente delle forme aramaiche che furono all'origine di questi testi. Matteo ha uno stile curato, impersonale; Marco più arcaico, oratorio nella costruzione sintattica con espressioni di immediatezza drammatica; Luca ha maggiore purezza di lingua e forma più letteraria. Gli Atti degli Apostoli, per la loro uniformità di stile con il Vangelo di Luca, potrebbero esserne considerati la continuazione. Il Vangelo di Giovanni, di carattere differente, sapienziale e metafisico, deve forse riallacciarsi all'ambiente neoplatonico di Filone. Dello stesso autore sarebbero l'Epistola agli Ebrei e l'Apocalisse che, per vocabolario, espressioni, immagini improvvise e concetti, è considerato il libro più ebraico del Nuovo Testamento. Le Lettere di Paolo, in cui si trova forse il documento più antico del Nuovo Testamento (I Lettera ai Tessalonicesi, 51), non sono tutte attribuibili a Paolo. Alcune sono più ricche di temi e spunti dottrinali (Romani,I Corinzi), altre più polemiche, ironiche (II Corinzi,Galati), altre ancora appaiono piene di sentimento e passionalità (Filippesi) o hanno carattere personale (Filemone). Tra le altre lettere, Giacomo e Giuda hanno stile didattico, I Pietro pastorale-esortativo e I Giovanni teologico-filosofico.

Letteratura: le traduzioni della Bibbia

Importantissima per il testo ebraico che sottintende e per la sua antichità è la traduzione in greco dei Settanta, fatta ad Alessandria nei sec. III e II a. C. Caduta la leggenda di 70 traduttori che avrebbero fatto ognuno la propria versione all'insaputa degli altri e che alla fine avrebbero prodotto un testo uguale in tutto e per tutto, la traduzione è opera di diverse persone, che hanno lavorato in tempi diversi, con diversa perizia linguistica e filologica. Il raffronto con i testi di Qumran ha dimostrato che la traduzione dei Settanta rappresenta un testo critico di prim'ordine. Altre traduzioni di cui il critico si serve per la ricostruzione del testo originale sono: in greco, le versioni di Teodozione (ca. 180), di Simmaco (ca. 200), di Aquila (ca. 140); in aramaico, i Targûmín; in siriaco, la Peshitta (compilata dal sec. II al V); in copto; in latino, la Vetus Latina e la celebre Volgata (o Vulgata) di San Girolamo, che fu dichiarata “autentica” dal Concilio di Trento (1546) e che ebbe carattere ufficiale per tutta la Chiesa cattolica nell'edizione sisto-clementina (dal 1926 i monaci dell'abbazia di S. Girolamo in Roma hanno intrapreso un'edizione critica della Volgata). Traduzioni di minore importanza sono l'armena, la georgiana, la gotica e alcune arabe. In epoca moderna molto importante è la Bibbia di Lutero tradotta, tra il 1522 e il 1534, dall'originale ebraico in un tedesco che ha per base la lingua della cancelleria sassone, ma attinge largamente al linguaggio parlato dai diversi ceti e al patrimonio idiomatico popolare. La geniale opera di Lutero, quasi contemporanea all'invenzione della stampa, si diffuse, grazie a questa e per la forza della Riforma, in tutta la Germania protestante e, oltre ad avere contribuito in misura decisiva all'unificazione linguistica della Germania e alla formazione del Neuhochdeutsch (nuovo alto tedesco), è stata per la sua vitalità e bellezza presa a modello da innumerevoli poeti tedeschi, non ultimo Brecht. La Bibbia di Kralice (Kralická Bible) è una splendida traduzione edita in 6 parti a Kralice in Moravia nel 1579-93, a cura dell'Unione dei fratelli boemi. Risultato di un minuzioso esame filologico dei diversi testi biblici nuovamente editi e degli studi umanistici europei sulla Bibbia, questa edizione coronò la centenaria tradizione delle versioni bibliche ceche e costituì per le sue qualità artistiche e linguistiche il modello perfetto del ceco letterario e il testo ufficiale della Bibbia.

Letteratura: edizioni della Bibbia

La prima edizione a stampa della Bibbia fu iniziata da Gutenberg nel 1452 e compiuta da Peter Schöffer a Magonza nel 1456: la cosiddetta Bibbia “a 42 linee” (dal numero delle linee per pagina di stampa) o “Mazarina” (dall'esemplare conservato nella Bibliothèque Mazarine di Parigi). Il testo era quello della Volgata latina, la tiratura fu di ca. 150 copie su carta e 30 su pergamena, il carattere tipografico un gotico del tipo textura. Seguì l'edizione detta “a 36 linee”, stampata nella stessa Magonza da Gutenberg, in società con Conrad Humery, nel 1457-58. Successivamente si ebbe la prima Bibbia in tedesco, uscita dai torchi di Johann Mentelin a Strasburgo (1466). Delle edizioni che seguirono nel sec. XV (ca. 140), oltre 30 furono traduzioni in lingue moderne, di cui un terzo in italiano. La prima edizione greca fu invece stampata solo nel 1516 dal Froben a Basilea: il testo era stato curato da Erasmo. Fu seguita dalla bellissima edizione aldina del 1518. Anche sotto la spinta della Riforma, nel sec. XVI le edizioni della Bibbia, in ogni lingua, si moltiplicarono: della sola edizione della Bibbia poliglotta data dal Plantin nel 1568-73, in 8 volumi, a carissimo prezzo, furono stampate oltre 1200 copie, una tiratura che ben raramente in quel secolo fu raggiunta. Al principio del sec. XVII la sola Bible Society di Halle stampò e vendette in trent'anni oltre 800.000 copie della Bibbia; la Oxford University Press, nel maggio 1881, esaurì nel primo giorno di vendita una nuova edizione corretta del Nuovo Testamento, di un milione di copie. Si calcola che negli ultimi 150 anni si siano in tutto venduti almeno 600 milioni di Bibbia in edizioni e lingue diverse.

Iconografia

Nacque principalmente con scopi didattico-edificanti, ma in seguito assunse carattere autonomo in raffinate opere d'arte. I più antichi codici sono caratterizzati dalla bellezza della scrittura e dalla preziosità dei materiali delle coperture. La prima sembra essere la Bibbia di Queslinburg (Biblioteca di Berlino) realizzata alla fine del sec. IV e proveniente dall'Italia settentrionale. Ai sec. VII e VIII risalgono il celebre Pentateuco di Tours, il Sacramentario di Gellone (entrambi ora alla Biblioteca Nazionale di Parigi) e le Bibbie irlandesi (il Libro di Kells, Dublino, Trinity College, e l'Evangeliario di Lindisfarne, Londra, British Museum) con decorazioni zoomorfe. La Bibbia di Carlo il Calvo (Biblioteca Nazionale di Parigi) dell'840-850 rimane come sontuoso esempio del periodo della rinascita carolingia. Nel periodo romanico, le Bibbie acquistano spesso un grande formato, per cui vennero chiamate “atlantiche” (Bibbia del monastero di S. Valentino, Parma, Biblioteca). Nel Quattrocento vennero prodotte alcune Bibbie famose, come la Bibbia di Borso d'Este (miniata fra il 1455 e il 1462 da un gruppo di artisti emiliani seguaci del Pisanello e del Mantegna) e la Bibbia di Federico di Montefeltro (Roma, Biblioteca Vaticana). La Bibbia “a 42 linee” stampata da Gutenberg presenta, in alcune copie, miniature di Heinrich Cremer. In seguito le Bibbie furono stampate in gran quantità e dalle miniature si passò alle incisioni, talvolta colorate. Nel sec. XIX si è cercato di rinnovare l'iconografia biblica interpretando gli antichi testi con spirito moderno. Nel 1864 Gustave Doré pubblicò una notevole serie di incisioni di accento veristico per illustrare la Bibbia, ottenendo un ampio successo.

Bibliografia

Per la religione

L'edizione critica del testo ebraico dell'Antico Testamento è stata curata da R. Kittel (1905-1906, II ediz., 1928). Del Nuovo Testamento, le edizioni critiche principali sono quelle di C. Tischendorf (1869-1872), Westcott e Hort (1881); H. von Soden (1913), E. Nestle (1898); a cura di K. Aland, 1963 (XXV ediz.); A. Merk, 1964 (IX ediz.).

Fra i dizionari di rilievo: J. Hastings, A Dictionary of the Bible, 5 voll., 1898-1904; G. Kittel, Theologisches Wörterbuch zum Neuen Testament, iniziato nel 1933; G. Miegge, Dizionario biblico, Milano, 1968; W. Anderson, H. Cazelles, O. N. Freedman, S. Talmon, H. Ringgren, Theologisches Wörterbuch zum Alten Testament, Stoccarda-Kolhammer, 1970 e seguente; G. J. Botterweck, H. Riggren, Grande lessico dell'Antico Testamento, Brescia, 1988.

Fra le introduzioni: A. Robert, A. Feuillet, Introduction à la Bible, Parigi, 1959; G. M. Perrella, Prelezioni bibliche, Torino, 1962; O. Elissfeldt, Einleitung in das Alte Testament, Tubinga, 1964; J. A. Soggin, Introduzione all'Antico Testamento, Brescia, 1968-1969; G. Giavini, Verso la Bibbia, Milano, 1987.

Per il Pentateuco

Oltre alle notizie presenti nelle introduzioni, si veda R. J. Thompson, Moses and the Law in a Century of Criticism since Graf, Leida, 1970; N. Lohfink, Il Dio della Bibbia e la violenza. Studi sul Pentateuco, Brescia, 1985. Utile come guida bibliografica: J. A. Fitzmeyer, An Introductory Bibliography for the Study of Scripture, Roma, 1981.

Per l'esegesi

M. Gilbert, J. N. Aletti, La sapienza e Gesù Cristo, Torino, 1981; M. Cimosa, F. Mosetto, Un Dio che libera, Torino, 1983; F. Gils, Lo spirito di vita. Esegesi biblica e rinnovamento carismatico, Roma, 1987; P. C. Bori, L'interpretazione infinita, Bologna, 1987.

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