Yahwèh
Iddio d'Israele. Vocalizzato Jehovà dai massoreti, i quali invece del nome leggevano il titolo 'adônāj (Signore), il suo nome è stato talvolta italianizzato in Geova. L'improprietà fonetica di tale vocalizzazione è oggi chiaramente stabilita da antiche trascrizioni greche che leggono Jabé o Jaué e anche dall'etimologia, che Esodo 3 mette chiaramente in relazione col verbo essere, in ebraico hājāh, arcaico hāwāh. Mentre lafonte “J” del Pentateuco fa iniziare l'adorazione di Yahweh alla fine dell'episodio di Caino e Abele, Genesi 4, le fonti “E” e “P”, Esodo 3 e 6, sono concordi nello stabilire la rivelazione del nome divino a Mosè, pur sottolineando anch'esse la continuità tra la religione dei patriarchi e quella mosaica. Al nome divino veniva già anticamente attribuita una particolare santità: il Decalogo vieta di pronunciarlo “invano” (il termine non è chiaro). Su questa base si giunse progressivamente al divieto di pronunciare il nome santo, divieto che alla fine del I millennio a. C. era praticamente assoluto, salvo per il sommo sacerdote nel tempio in determinate occasioni; con la distruzione del tempio la pronuncia del termine finì e venne sostituita da titoli come “il Signore” o “il Nome” o “Iddio”. La teologia del Deuteronomio si centra intorno al nome divino, il quale solo dimora nel tempio.