biologìa
IndiceDescrizione generale
sf. [bio-+-logia]. L'insieme delle scienze che studiano gli organismi viventi in tutte le loro manifestazioni e le leggi che li regolano. Le scienze biologiche si differenziano di conseguenza sia per l'oggetto sia per l'indirizzo e i metodi di studio; si suddividono in biologia generale, biologia speciale, biologia applicata. La biologia generale studia l'organismo in se stesso (citologia, istologia, embriologia, anatomia comparata, biofisica, biochimica, biometria, patologia generale) e l'organismo nei suoi rapporti con l'ambiente, con altri organismi (ecologia) e con la discendenza (genetica). Nell'ambito della biologia generale si può prendere in considerazione anche la biologia molecolare, che rappresenta un orientamento nuovo dello studio dei fenomeni che caratterizzano la vita. Essa analizza le proprietà degli esseri viventi in base alla struttura delle loro molecole, in particolare degli acidi nucleici e delle proteine. La biologia speciale considera separatamente i vari gruppi di viventi dividendoli in animali (zoologia) e vegetali (botanica) e, a loro volta, in tanti rami quanti sono i loro gruppi (elmintologia, ittiologia, batteriologia, micologia, ecc.). Vi rientrano anche la paleontologia e l'antropologia. La biologia applicata infine si interessa degli esseri viventi in rapporto alla medicina, all'agricoltura e alla pesca. Nel caso dell'uomo si tratta della patologia applicata, della terapia, della clinica, ecc.; nel caso degli altri viventi, a seconda se sono utili o dannosi, di varie scienze come la zoologia medica, la zoologia agraria, ecc.
Biologia. Lettura di vetrini istologici al microscopio ottico.
De Agostini Picture Library/G.Cigolini
Biologia . Disposizione delle foglie in diverse piante, da un'illustrazione del trattato Floire française attribuito a J. B. Lamarck e A.-P. de Candolle.
De Agostini Picture Library
Biologia. Ritratto di Gregor Mendel.
De Agostini Picture Library/G. Nimatallah
Storia: dalle origini al Medioevo
Lo studio dei viventi assume un carattere di sistematica trattazione scientifica nella cultura greca. Già dagli autori dei sec. VI e V a. C. gli organismi sono interpretati nei termini della filosofia naturale sulla base di quegli stessi principi con cui viene spiegato tutto il cosmo e senza ammettere una netta contrapposizione fra vivente e non vivente. Empedocle (sec. V a. C.) li fa sorgere per l'azione dell'amore e dell'odio dal mescolamento di acqua, aria, terra e fuoco; inizialmente come organi diversi e isolati che, associandosi casualmente, producono esseri mostruosi incapaci di vita od organismi finalisticamente adattati. Anche per il meccanicista Democrito (sec. V-IV a. C.) essi sorgono casualmente e gradualmente dal fortuito incontro degli atomi più fini della materia. A questo indirizzo di carattere speculativo-cosmologico si affianca nell'indagine sul vivente quello tecnico-pratico della medicina. In questo indirizzo, il cui maggior rappresentante è Ippocrate (sec. V-IV a. C.), le concezioni fisico-cosmologiche si concretano in dottrine di tipo fisiologico e patologico. I quattro elementi si trasformano nei quattro umori (sangue, flemma, bile gialla e nera) e gli stati di salute e di malattia vengono ricondotti al loro rapporto di equilibrio o di squilibrio nel corpo, mentre l'unità funzionale dell'organismo è dovuta all'azione dell'aria (pneuma), che è interno principio di vita e uno dei fattori che collegano strettamente l'organismo stesso alla natura circostante. Con Aristotele (sec. IV a. C.) si ha la più importante trattazione biologica dell'antichità. Egli respinge l'interpretazione meccanicistica di Democrito e pone una netta distinzione fra viventi e non viventi, secondo una concezione a cui si richiameranno successivamente molti sostenitori del vitalismo. Il principio dominante della natura è la forma, cioè l'idea compiuta di un oggetto naturale, e il vivente non può essere perciò spiegato partendo dal basso, cioè dai suoi costituenti materiali, ma da un'anima (entelechia). In essa si identificano le cause formale, finale ed efficiente, e tutti i processi fisiologici sono mossi finalisticamente da essa a realizzare la forma anatomica e ad attuarne le potenzialità funzionali. Strumento dell'anima è il calore, che è prodotto nel cuore e determina sia il movimento del sangue, portandolo all'ebollizione, sia quello respiratorio dei polmoni destinato a raffreddare il sangue. Il calore inoltre, con un processo di cottura, permette la digestione del cibo e, nel maschio, la trasformazione dell'eccesso di sangue in sperma; nella donna, a causa del suo inferiore calore vitale, il sangue in eccesso permane come sangue mestruale, cioè una sorta di seme che è meno “formato” e quindi è solo causa passiva, materiale della generazione, mentre il seme maschile, più “formato”, ne è la causa formale ed efficiente. Per Aristotele i viventi più semplici si generano formandosi dalla materia inerte e si dispongono in una scala di organizzazione crescente dalla pianta all'uomo attraverso un aumento di intensità del calore e un successivo determinarsi dell'anima in vegetativa, sensitiva e razionale. Lo studio accurato della struttura morfologica degli animali ha portato il grande filosofo greco a tracciarne un'anatomia comparata e una classificazione che ebbero importanza sino all'epoca moderna; egli trattò circa cinquecento specie di animali, molti dei quali marini, studiandone i costumi, i processi di riproduzione e anche lo sviluppo embrionale. Teofrasto (sec. IV-III a. C.) ampliò queste conoscenze nell'ambito della botanica, e a opera della scuola alessandrina si giunse, nel sec. III a. C., con Erofilo ed Erasistrato, a precisare, fra l'altro, l'intervento del cervello e dei nervi nei processi di sensazione e di movimento e a distinguere le vene portatrici di sangue dalle arterie in cui scorre il pneuma. Una sintesi importante e complessa delle conoscenze fisiologiche e mediche dell'antichità si ebbe nel sec. II d. C. con Galeno. Egli attribuisce, nell'organismo, un ruolo preminente al pneuma, già ritenuto dagli stoici, nella loro fisica, come il principio materiale di ordine e di movimento di tutto il cosmo. Il pneuma, o spirito, si trasforma nella gerarchia crescente delle funzioni che hanno sede nel fegato (digestione), nel cuore (movimento del sangue) e nel cervello (sensazione e movimento dei muscoli). Ogni processo vitale si compie attraverso di esso secondo un completo finalismo. Nel Medioevo lo studio dei viventi è limitato soprattutto ad alcuni sviluppi della medicina greca presso gli Arabi e i Bizantini, che ne conservano e ne traducono i testi. Interesse hanno anche, nel sec. XIII, gli studi di Alberto Magno sugli animali, ispirati ad Aristotele, e l'opera di Federico II di Svevia sull'arte del falconiere dove si tratta delle forme e delle abitudini degli uccelli.
Storia: dal XVI al XVIII secolo
Nel Rinascimento il fervido interesse per l'esplorazione e la descrizione della natura, insieme alla riscoperta dei testi dell'antichità, porta a ricche compilazioni enciclopediche di piante e animali, nuovi o già conosciuti. Ne sono autori fra gli altri K. von Gesner e U. Aldrovandi. Le meravigliose ricerche di Leonardo da Vinci sul corpo umano rimasero sconosciute, mentre le precise descrizioni anatomiche dell'olandese Vesalio iniziavano un rinnovamento della medicina scuotendo l'autorità di Galeno. Tuttavia gli importanti risultati conseguiti non portarono a un sensibile cambiamento nel modo di interpretare le funzioni dell'organismo: il punto di vista di Galeno poteva venire combattuto, ma in genere sulla base delle concezioni di Aristotele. Anche la grande scoperta della circolazione del sangue da parte di Harvey (1628) venne dallo stesso autore inquadrata in concetti aristotelici. Questa scoperta, ottenuta con la sperimentazione ripetuta sugli animali e con esatte misurazioni, segnava comunque una rottura con il passato e rappresentava, inoltre, l'inserimento della medicina nella nuova interpretazione sperimentale e meccanica della natura che costituiva, nel sec. XVII, la grande rivoluzione scientifica e filosofica di Galilei e Cartesio. Sorse così nella medicina, con la cosiddetta iatromeccanica, la nuova biologia meccanicistica che si contrapponeva al vitalismo aristotelico e al finalismo galenico. Ne furono sostenitori fra gli altri A. G. Borelli e G. Baglivi che interpretarono la funzione degli organi con l'analogia con leve, molle, mantici, pompe, macine, filtri, ecc. Alla iatromeccanica si contrappose, sempre nel sec. XVII, un altro indirizzo, quello della iatrochimica, che tentava di spiegare le funzioni dell'organismo in base a principi chimici. Tale indirizzo ebbe però origine nel secolo precedente con il grande medico tedesco Paracelso, il quale sostenne che il corpo è costituito di tre principi (mercurio, zolfo e sale), soggetti a misteriose forze materiali e spirituali, espressione dell'anima divina che pervade il mondo. Con Sylvius e altri autori del Seicento la iatrochimica perse il suo alone mistico, e si videro nelle funzioni del corpo fermentazioni, acidità, effervescenze, combustioni, ecc. Nella seconda metà del sec. XVII si compì una grande svolta nella storia della biologia con l'uso del microscopio. L'olandese A. Leeuwenhoek scoprì nell'acqua minuscoli esseri viventi, nel sangue i globuli rossi e nel liquido seminale descrisse gli spermatozoi. Una fine architettura di prismi comparve nell'occhio della mosca e, studiando la struttura dei polmoni, si rivelò a M. Malpighi la rete di vasi capillari che congiunge, nella circolazione periferica del sangue, le vene e le arterie. Con nuove ricerche anatomiche si ritienne che esistessero uova anche nelle femmine dei mammiferi e si aprì così una lunga disputa fra ovisti e animalculisti per stabilire se il futuro animale fosse già contenuto nelle uova oppure negli spermatozoi. Le ricerche microscopiche rafforzarono infatti la concezione meccanicistica e, in particolare, l'idea che gli organismi fossero delle piccole macchine già perfette e destinate solo ad aumentare le loro dimensioni durante lo sviluppo embrionale. L'olandese J. Swammerdam sostenne che sin dall'inizio della creazione le piccole macchine furono incluse una dentro l'altra, come scatole cinesi, nelle ovaie di Eva, e che il genere umano si dovrebbe estinguere con lo sviluppo dell'ultimo uovo. Ciò spiegava anche come gli uomini fossero stati tutti coinvolti dal peccato originale. Alla concezione del vivente come macchina, sostenuta in particolare da Cartesio, si oppose, all'inizio del sec. XVIII, G. E. Stahl, sostenendo che l'anima era necessaria alla conservazione e al funzionamento finalistico dell'organismo. Anche l'idea della preformazione dei viventi, legata a quella che Dio aveva già creato perfetti tutti i grandi e piccoli meccanismi del mondo, venne poi messa in crisi verso la metà del Settecento dal naturalismo illuministico francese. P. M. Maupertuis e G. L. Buffon ritornarono alla teoria dell'epigenesi, secondo cui i viventi si sono formati per l'aggregazione di molecole organiche, cioè di particelle provenienti da tutti gli organi di ambedue i genitori e presenti in un liquido seminale anche femminile. Non occorreva più un atto iniziale di creazione per organizzare la materia, questa non era più estensione inerte, ma capace di autonomo movimento e di formare da sé la vita. Ciò sembrò essere confermato dalla “generazione spontanea” di infusori che l'inglese J. Needham ritienne di dimostrare al microscopio. La generazione spontanea per gli insetti, già confutata nel secolo precedente da F. Redi, contro il vitalismo aristotelico, e che sarebbe stato, più tardi, definitivamente respinta in base alle ricerche sperimentali di L. Spallanzani, risorse come teoria microscopica in difesa del nuovo vitalismo materialista (vedi anche origine della vita). La descrizione e classificazione dei viventi non si era nel frattempo arrestata. Con Linneo si pervenne a un'ordinata gerarchia di specie, generi, ordini e classi fondata, nelle piante, sulla struttura delle parti dei fiori. Altri come Ch. Bonnet preferirono vedere le forme naturali come esseri ordinati in una scala continua, ascendente dal minerale all'uomo, e realizzatasi non tutta all'inizio del mondo, ma nelle successive epoche geologiche.
Storia: il XIX e il XX secolo
Contro la concezione biblica che il mondo fosse stato creato circa quattromila anni prima di Cristo, fu maturata la convinzione, specialmente per opera di Buffon, che la Terra si fosse formata e trasformata attraverso epoche geologiche molto più estese nel tempo. L'idea che questa storia avesse coinvolto anche l'origine e la successiva trasformazione dei viventi venne sostenuta scientificamente, all'inizio del sec. XIX, da J. B. Lamarck. Una forza interna alla materia vivente produsse un continuo e progressivo differenziarsi della serie ordinata degli organismi. Le circostanze esterne spingono però questi a esercitare alcune funzioni più di altre e quindi a modificare i relativi organi. Le ricerche di anatomia comparata del contemporaneo E. Geoffroy Saint-Hilaire, sostenendo la teoria che un'unica struttura anatomica, un unico piano fondamentale sia comune alle pur diverse forme animali, vennero a confermare la filosofia evoluzionistica di Lamarck. Ma le ricerche più accurate di G. Cuvier sull'anatomia comparata e sui resti fossili degli animali imposero la teoria che questi dovessero essere classificati in quattro tipi completamente distinti, e che quindi non esisteva un piano fondamentale unico. Inoltre Cuvier sosteneva che si erano verificate violente catastrofi della crosta terrestre che avrebbero reso impossibile nel passato una graduale e continua trasformazione dei viventi. La morfologia si affermò anche in Germania in modo forse meno rigoroso, ma tuttavia fecondo specialmente in autori vicini alla concezione romantica della natura, come Goethe che si dedicò alla botanica, e K. E. von Baer che condusse importanti ricerche di embriologia. Più lento si era svolto nel frattempo il cammino della fisiologia. Abbandonati gli ingegnosi modelli meccanici della funzione degli organi, si erano studiate dalla metà del sec. XVIII soprattutto le proprietà direttamente osservabili con la sperimentazione. L'irritabilità e la sensibilità dei tessuti furono il nuovo campo di indagine aperto da A. von Haller e sviluppatosi con le ricerche sull'elettricità animale inaugurate da L. Galvani. Staccandosi gradualmente dalla medicina, la fisiologia poteva ormai avvalersi dei risultati della nuova chimica, che con A. L. Lavoisier aveva stabilito che la respirazione animale è riducibile a un processo di combustione, cioè di ossidazione. Le nuove tecniche fisico-chimiche, sviluppatesi nei laboratori, portarono verso la metà del sec. XIX, specialmente in Germania, a studiare il vivente in base agli stessi criteri di analisi del mondo inorganico. Anche la scoperta del principio di conservazione dell'energia rendeva ormai indifendibile l'idea di una “forza vitale” sostenuta, negli anni precedenti, ancora dal fisiologo J. Müller e dal chimico J. von Liebig, che analizzò in particolare la composizione e la trasformazione degli alimenti. Dopo quello sorto nel Seicento, si affermava di nuovo un meccanicismo biologico che veniva condiviso anche dagli iniziatori della nuova teoria cellulare formulata in Germania verso il 1840 da Th. Schwann e M. Schleiden. Tale meccanicismo venne da molti interpretato in senso materialistico e antireligioso, e questa convinzione venne rafforzata dopo la pubblicazione, nel 1859, dell'opera di C. R. Darwin sull'origine delle specie. Darwin sostenne che in natura sorgono casualmente continue variazioni che possono essere utili o svantaggiose, e quindi soggette fatalmente a un processo di selezione naturale. Gli individui con variazioni vantaggiose potranno propagarsi producendo, per il sopraggiungere di altre variazioni, nuove specie e nuovi gruppi. Gli altri sono destinati a perire, come fu provato dai resti delle specie estinte. In Germania, E. Haeckel sviluppò la concezione di Darwin cercando di ricostruire gli alberi filogenetici delle forme estinte ed esaltando, nella nuova teoria evoluzionistica, la spiegazione scientifica dell'origine puramente naturale dei viventi e dell'uomo contro ogni superstizione religiosa. Ma già dagli anni Ottanta la teoria darwiniana era posta in crisi da gravi obiezioni. Oscura appariva l'origine delle variazioni, poco plausibile che il loro emergere in minimo grado potesse costituire un carattere selezionabile e stabile nella discendenza, troppo brevi apparivano inoltre i tempi geologici disponibili per una così lenta trasformazione. Sorsero così nuove teorie che si rifacevano a Lamarck, ammettendo fattori interni capaci di produrre in più individui contemporaneamente nuovi caratteri già armonicamente organizzati e trasmissibili ai discendenti. In tali trasformazioni alcuni riconoscevano l'intervento sui processi vitali di un fattore psicologico, aprendo così la strada a un nuovo vitalismo. Questa teoria trovò la sua più suggestiva elaborazione per opera del tedesco H. Driesch sulla base dei processi di regolazione dimostrati nelle sue ricerche di embriologia sperimentale. Il difensore più importante della concezione meccanicistica e darwiniana fu, negli ultimi anni del sec. XIX, A. Weismann, che negò recisamente l'eredità dei caratteri acquisiti, sostenendo che le nuove variazioni evolutive si producevano nella nascosta struttura organizzata dei cromosomi delle cellule riproduttive. Queste si separarono presto, nello sviluppo embrionale, dalle restanti cellule del corpo e non poterono esserne influenzate. Un appoggio, sia pure indiretto, al vitalismo, era venuto dalla definitiva confutazione, verso il 1860, della generazione spontanea dei microrganismi più piccoli, quali i batteri, da parte di L. Pasteur. Da lui venne un impulso decisivo alla microbiologia che permise di conoscere gli agenti delle malattie infettive e i processi immunitari di difesa. Questi risultati si dovevano all'uso di tecniche sperimentali e di sempre più precisi strumenti ampiamente adottati in fisiologia. Esemplari furono le sperimentazioni sul vivente di C. Bernard, a cui si dovette anche l'individuazione dei processi di stabilizzazione e regolazione che si realizzarono nel “mezzo interno”, cioè nei liquidi organici quali il sangue. Tali processi furono in seguito meglio precisati con lo studio degli ormoni e del sistema nervoso. Nel sec. XIX la neurofisiologia si era sviluppata con lo studio degli organi di senso, a cui si dedicò H. Helmholtz, con la definizione degli archi riflessi e le ricerche sulla localizzazione nel cervello di varie funzioni, specialmente sensoriali e motorie, trattate più recentemente da I. P. Pavlov e C. Sherrington. La scoperta anche nel sistema nervoso di delicati e complessi processi di regolazione portò alcuni a respingere l'interpretazione strettamente meccanicistica delle funzioni vitali. Nei primi decenni del sec. XX si era così proposta, per superare la contrapposizione fra meccanicismo e vitalismo, una diversa concezione, l'organicismo. Il punto debole, infatti, della teoria darwiniana, cioè il meccanismo di accumulo per trasmissione ereditaria, generò dei nuovi progressi: nacque, così, una nuova corrente di studiosi, i genetisti, che contrapponevano alla teoria evoluzionistica quella della speciazione per salti, basata su immodificabili caratteri ereditari. Col tempo si assistette infine ad una integrazione fra evoluzionisti e genetisti fino al raggiungimento del neodarwinismo, che associava la teoria delle mutazioni casuali con quella della pressione selettiva; a questa sintesi si giunse soprattutto grazie agli studi condotti da Morgan nei primi anni del 1900 e da Muller, insignito del premio Nobel nel 1946. Morgan utilizzava per le sue ricerche la Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta, come modello del comportamento dell'eredità valido per tutti gli esseri viventi: con questi organismi scopriva l'eredità legata ai cromosomi sessuali e che non tutti i caratteri segregano indipendentemente nella progenie, come sosteneva Mendel, ma che alcuni seguivano quasi sempre uno stesso destino; si separano solamente quando tra loro avviene un riassortimento, detto crossing-over, che prevedeva lo scambio di materiale genetico fra cromosomi omologhi. Muller in seguito dimostrava che le radiazioni artificiali aumentano la frequenza delle mutazioni, e che queste insorgono anche casualmente e spontaneamente all'interno di ogni specie, seppure con minor frequenza. Nel sec. XX si assisteva all'osservazione e alla caratterizzazione strutturale e funzionale delle particelle intracellulari, del nucleo e dei cromosomi. Nel 1902 il biologo americano W. S. Sutton formulava la teoria cromosomica dell'eredità: ogni cromosoma conteneva molti geni, ciascuno responsabile della determinazione di un carattere. In questo secolo, inoltre, si assisteva all'invenzione del microtomo, che permetteva di ottenere fette sottilissime del campione da analizzare, di tecniche per la fissazione e la colorazione delle cellule, e alla costruzione del microscopio a contrasto di fase. Nel 1931 veniva costruito il primo microscopio elettronico, ma risultati significativi grazie all'uso di questo strumento si ebbero solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando a questo venne affiancata la tecnica dell'ombreggiatura. Con questa tecnica è stato possibile osservare batteri e particelle virali con la massima precisione. La scoperta, operata nel 1944, da Avery e confermata da Hersey e Chase nel 1952, che il DNA sia il materiale genetico, quindi, responsabile della trasmissione dei caratteri, della sua struttura a doppia elica, dovuta a Crick e Watson, e la successiva comprensione della traduzione del codice genetico in prodotti proteici segnavano la nascita della biologia molecolare. All'inizio degli anni Settanta si affermava, poi, la biologia evoluzionistica che, partendo dal neodarwinismo, basa le sue ricerche sull'ipotesi che la selezione naturale poteva aver avuto un influsso diretto nella variazione dei singoli geni o dei corredi genetici. A partire dalla metà degli anni Ottanta, inoltre, la possibilità di ottenere grandi quantità di DNA a partire da poche molecole, grazie alla tecnica della PCR (Polymerase Chain Reaction), aprì nuovi orizzonti sia per la conoscenza e la caratterizzazione strutturale e funzionale di parti del patrimonio genetico, sia per l'analisi del DNA antico, estratto da organismi estinti. Isolare un gene e permetterne la trascrizione e la traduzione in condizioni sperimentali controllate offrì quindi la possibilità di produrre grandi quantità della proteina desiderata, mentre il sequenziamento del DNA, estratto da organismi estinti, consentì di acquisire un gran numero di nuove informazioni sulle specie, sulle relazioni filogenetiche che intercorrono fra loro e sulla loro storia evolutiva. Sempre utilizzando le tecniche e le informazioni ottenute dall'approccio molecolare, negli ultimi anni del Novecento la biologia indirizzò il suo campo d'indagine anche sui meccanismi che regolavano la comunicazione fra cellule diverse di uno stesso organismo, l'invecchiamento e la morte cellulare. In campo applicativo l'interesse fu indirizzato verso la sintesi di nuovi vaccini e verso una sua estensione nella terapia genica. Strettamente connesso alle problematiche biologiche fu, anche, il quesito legato al passaggio dal brodo primordiale alle prime molecole in grado di riprodursi, fino alla formazione delle prime cellule. Alla fine degli anni Novanta, a causa dei grandi disastri ambientali, dell'inquinamento, delle sostanziali variazioni climatiche ad esso collegate e del massiccio intervento di urbanizzazione, dalla biologia si sviluppò una nuova disciplina scientifica, la biodiversità, che mirava alla conservazione della natura nella sua totalità. Alla fine del sec. XX, infine, ultima tendenza della biologia fu quella legata alla costruzione delle motori molecolari, la cui fonte di energia e di informazioni era la luce.
Biologia molecolare
Il settore della biologia che più di recente ha acquisito una sua configurazione autonoma ed è stato soggetto a un rapido sviluppo è quello della biologia molecolare. Tale disciplina fa largo uso di tecniche analitiche assai sofisticate e di apparecchiature proprie dell'informatica e dell'elettronica: ciò ha permesso non solo un'indagine “visiva” delle strutture elementari della materia vivente ma anche di ipotizzare o precisare la dinamica di molti fenomeni vitali, spesso facendo ricorso a modelli teorici impostati sugli elaboratori. I risultati delle indagini sono stati di notevole importanza non solo per la biologia ma anche per l'eziopatogenesi di molte malattie e di varie alterazioni anatomico-funzionali ereditarie e per una più precisa puntualizzazione nell'impiego di farmaci, soprattutto per ciò che riguarda il fattore rischio a livello di alterazione del patrimonio genetico. In particolare, lo studio degli enzimi ha avuto un notevole impulso nella messa a punto di tecniche di purificazione a partire da batteri o da tessuti animali; di una parte degli enzimi noti, inoltre, è stata caratterizzata la sequenza degli amminoacidi che formano la cosiddetta struttura primaria. Mediante studi basati sul dicroismo circolare e sull'analisi al microscopio a scansione si è giunti a determinare con sufficiente approssimazione anche la loro struttura terziaria e quaternaria. Queste ricerche hanno permesso, per alcuni enzimi, di determinare il loro sito attivo e il meccanismo con il quale esercitano la loro azione catalitica. È stato così possibile sintetizzare in laboratorio, a partire dai singoli amminoacidi, vari enzimi e di riprodurre l'attività del prodotto naturale. Questi derivati vengono chiamati sinzimi, o enzimi sintetici. L'individuazione di nuovi enzimi è un campo ancora completamente aperto dato che si stima che soltanto la metà degli enzimi esistenti sono noti ai ricercatori.
Ingegneria genetica
Un campo di indagini di notevole interesse per la genetica è quello della dinamica dei fenomeni, a livello molecolare, che sono alla base della formazione del codice genetico: la miglior conoscenza di come opera tale codice e una più esatta localizzazione dei geni nelle catene di DNA, nonché l'identificazione per alcuni di essi della loro funzione specifica, hanno permesso di sviluppare la cosiddetta ingegneria genetica. Questa tecnica, utilizzando un particolare insieme di tecniche di laboratorio, studia come agire, sulle cellule e quindi sugli organismi, per modificarne il corredo cromosomico ereditario. Si prefigge, in pratica, di far assumere a un organismo funzioni che non sono proprie del suo corredo genico ma piuttosto di un altro: ciò si può ottenere integrando in una cellula molecole di DNA provenienti da cellule di specie diverse. Recentissime sono anche le ricerche sulla possibilità di correggere difetti genetici delle piante con l'impiego di DNA batterico: una pianta con deficienza genetica nella sintesi della tiamina è stata messa in condizione di produrre tale sostanza dopo trasferimento di adatto DNA batterico portatore di tale carattere (biotecnologia).
Bibliografia
Per la biologia generale
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Per lo sviluppo storico
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