Lessico

sf. [sec. XVIII; da botanico]. Scienza che studia gli organismi vegetali in tutti i loro aspetti: professore di botanica; manuale di botanica per scuole medie.

Descrizione generale

La botanica si suddivide in varie branche. La prima suddivisione è quella che distingue una botanica generale e una botanica speciale: la prima si occupa dei caratteri generali delle piante, astraendo in un certo senso dalle entità specifiche; ne descrive la struttura in quanto a organi e forma esterna (botanica morfologica o morfologia vegetale), attraverso le sue branche più specializzate quali la citologia, istologia, anatomia, embriologia e genetica; cerca di spiegare i vari fenomeni vitali che avvengono nel corso del loro sviluppo e che vi presiedono (botanica fisiologica o fisiologia vegetale); s'interessa ai rapporti fra le varie piante e di queste con l'ambiente (botanica ecologica o ecologia vegetale); studia le alterazioni di forma e le loro cause (botanica patologica o patologia vegetale), pur estendendo in questo caso anche i propri interessi alla botanica speciale. Quest'ultima, che è lo studio analitico dei singoli organismi vegetali, li denomina e ne fissa i caratteri distintivi, riunendoli poi secondo affinità specifiche, generiche e così via, cioè secondo entità tassonomiche di vari livelli (botanica sistematica o tassonomia), altrettante parti della sistematica che il più delle volte assurgono a vere e proprie discipline autonome (microbiologia, algologia, micologia, briologia, ecc.). Ma la botanica, in quanto studio delle piante, non può non tener conto dell'eventuale loro utilizzazione, per cui si hanno scienze applicate quali la botanica agraria, orticola, medica, farmaceutica, commerciale, industriale. Inoltre lo studio delle piante non deve fermarsi agli organismi attuali come fenomeno a sé stante, bensì volgere lo sguardo anche ai tipi del passato (botanica paleontologica o paleobotanica). La geografia botanica o geobotanica o fitogeografia studia invece i rapporti tra le piante e il globo terrestre in quanto a distribuzione e diffusione su di esso, tenendo conto dell'aspetto dinamico nonché delle caratteristiche ecologiche e strutturali dei diversi complessi vegetali, in taluni casi anche specializzandosi in ricerche di dettaglio delle comunità vegetali (fitosociologia).

Cenni storici

L'interesse per le piante utili all'uomo è provato presso i popoli più antichi dalle ricerche archeologiche e dai documenti storici. Negli scritti dei primi filosofi greci della natura non si pone una netta distinzione fra piante e animali. Lo stesso Aristotele pensava che le piante fossero derivate da animali a molte zampe in cui la testa si era trasformata in radice e in cui si era persa ogni capacità sensoriale e motoria: alle piante rimaneva così soltanto l'anima vegetativa. A Teofrasto (sec. IV-III a.C.), allievo di Aristotele, risale la prima opera scientifica nel campo della botanica dove vengono analizzati gli organi preposti alla nutrizione e alla riproduzione (radici e semi) e compare la prima classificazione delle piante in alberi, cespugli ed erbe. I modi di vita delle piante e le loro esigenze colturali sono trattati anche da numerosi scrittori romani quali M. Terenzio Varrone, Columella e Plinio il Vecchio. Al sec. I a.C. risale l'opera del greco Dioscoride in cui vengono descritte ca. 600 piante soprattutto di interesse medico. Nel Medioevo poco aggiungono a queste trattazioni gli scrittori arabi o le osservazioni, sia pure originali, di Alberto Magno. L'inizio del sec. XVI segnò invece un risveglio per gli studi di botanica, con la stampa di opere chiamate erbari dove si descrivono, anche con l'ausilio di incisioni, piante non sempre note agli antichi, oltre quelle del Nuovo Mondo. Sono opere enciclopediche in cui si elencano di ogni vegetale nomi, forma, giudizi degli antichi, virtù terapeutiche, abitudini, ecc. Fra gli autori più noti vi sono O. Braunfels e L. Fuchs in Germania, M. de L'Obel in Inghilterra, P. Mattioli in Italia (qui sorsero verso la metà del secolo e si diffusero in Europa i primi orti botanici, inizialmente legati alle facoltà di medicina). Un nuovo impegno scientifico si riscontra nell'opera di A. Cesalpino, che, ispirandosi ad Aristotele, confronta organi e funzione degli animali con quelli delle piante. Per Cesalpino il midollo delle piante corrisponde all'intestino degli animali e da esso deriva il seme. L'involucro esterno del seme deriva dal legno e il frutto dalla corteccia. Il fiore non è che un organo protettivo del seme e nelle piante non esiste una distinzione dei sessi. In base ai caratteri dei frutti e dei semi, Cesalpino propose un ordinamento delle piante introducendo un sistema di classificazione artificiale a cui si contrapposero successivi tentativi di classificazione naturale, fondata sulla somiglianza di tutti gli organi importanti della pianta. Nel sec. XVII si posero per questa via C. Bauhin, che descrisse ca. 6000 piante adottando la designazione binomia di genere e specie; J. Jung, che in base all'analisi delle inflorescenze individuò alcune classi importanti (Composite, Labiate e Leguminose); e infine J. Ray, che considerò le foglie importanti per la classificazione quanto fiori e frutti. Nella seconda metà del sec. XVII le ricerche microscopiche illustrarono la fine anatomia delle piante specialmente a opera di N. Grew e M. Malpighi che ne precisarono anche lo sviluppo embrionale. Con indagini anatomiche e sperimentali si giunse da parte di R. Camerarius alla fine del secolo a individuare la sessualità delle piante, argomento che è stato poi affrontato anche da J. G. Kölreuter e C. Sprengel. La distinzione di elementi maschili (polline) e femminili (ovari) nelle piante e l'interesse per la generazione tesero a privilegiare gli organi riproduttivi come criterio di classificazione. Importante fu quella proposta da J. P. Tournefort in base alla diversità della corolla dei fiori e che fu soppiantata verso la metà del sec. XVIII solo da quella più elaborata di Linneo. Il grande botanico svedese distinse 24 classi in base al numero degli stami e queste suddivise in ordini in base al numero dei pistilli. L'adozione della nomenclatura binomia e la precisione delle sue descrizioni imposero così il suo programma di classificazione come un ideale scientifico a diverse generazioni di naturalisti. Per molti studiosi suoi contemporanei questa conoscenza doveva ripercorrere quella scala naturale che si estendeva in modo continuo dai minerali all'uomo, secondo il disegno divino della creazione. Sempre nel sec. XVIII presero avvio importanti ricerche di fisiologia vegetale, dagli esperimenti di S. Hales sul movimento della linfa e la traspirazione, sino a quelle di J. Priestley da cui risultava che le piante producono ossigeno. Dopo le indagini chimiche e fisiologiche di Lavoisier, J. Ingenhousz poté precisare che l'assorbimento di anidride carbonica costituisce per le piante un processo di nutrizione. Mondo animale e mondo vegetale apparivano così legati da un rapporto di mutua dipendenza che nella prima metà del secolo successivo le ricerche biochimiche di J. Senebier, T. de Saussure e J. Liebig precisarono meglio anche per altre sostanze. Si proclamava l'idea della circolazione della vita per cui le piante ricompongono le sostanze residue degli animali, ricostituendo per essi sempre nuovo nutrimento. Come nella zoologia così anche nella botanica si cercò in questo periodo di trovare con lo studio dell'anatomia comparata o morfologia i criteri per una nuova classificazione naturale. Fra i molti autori i principali furono A. L. de Jussieu e soprattutto A. P. de Candolle, che si propose il compito di ordinare circa 100.000 piante. Molte di queste, e precisamente le Crittogame, sfuggivano però ai tradizionali criteri di classificazione e poterono essere studiate solo con le nuove tecniche microscopiche perfezionate nel sec. XIX. È a queste tecniche che si deve, anche per opera di M. J. Schleiden, il sorgere della nuova teoria cellulare che accomunava botanica e zoologia in unica scienza biologica. A ciò contribuì ancor più la teoria dell'evoluzione impostasi con l'opera di Darwin e in base alla quale si poté finalmente impostare il programma di una classificazione naturale di tutte le forme vegetali in base alla comune discendenza (A. Engler, K. Goebel, K. Prantl). Nella seconda metà del sec. XIX lo studio microscopico della struttura cellulare, in particolare del comportamento dei cromosomi del nucleo a opera sia di zoologi sia di botanici (H. Mohl, E. Straburger), così come le ricerche nel campo dell'evoluzione (C. Nägeli, H. de Vries), aprirono la via al grande campo unitario di ricerca della biologia del Novecento, la genetica, i cui principi erano già stati formulati intorno al 1860 da G. Mendel. Malgrado il continuo e necessario moltiplicarsi delle specializzazioni e degli indirizzi di ricerca nella botanica, la genetica, così come la biologia molecolare, indica sempre più chiaramente l'esistenza di processi elementari comuni agli animali e alle piante e l'importanza di uno studio interdisciplinare nella ricerca sugli organismi viventi.

Bibliografia

Per la scienza botanica

C. Cappelletti, Trattato di botanica, 2 voll., Torino, 1959; G. Zanoni, Problemi e metodi della botanica sistematica, Milano, 1965; Autori Vari, Enciclopedia Italiana delle Scienze, Scienze Naturali, “I Vegetali”, 2 voll., Novara, 1968; E. Baroni, Guida botanica d'Italia, Bologna, 1984.

Per la storia della botanica

E. H. Meyer, Geschichte der Botanik, Königsberg, 4 voll., 1854-57; M. Möbius, Geschichte der Botanik, Jena, 1937; H. S. Reed, A Short History of Plant Sciences, New York, 1942; A. Arber, The Natural Philosophy of Plant Form, Cambridge, 1950; W. T. Bynum, J. Browne, R. Porter, Dizionario di storia della scienza, Roma, 1988.

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