fórma (filosofia)
Indicestruttura, modello, aspetto esteriore, in genere contrapposto a materia, forma è un concetto-chiave della problematica filosofica di ogni tempo e ha assunto varie accezioni nei diversi indirizzi speculativi elaborati dai principali filosofi. Anche le diverse formulazioni del termine nel pensiero moderno sono quasi tutte in relazione più o meno stretta con tali posizioni di fondo.
Antichità classica
In Platone, le forme sono le idee, sostanza vera al di là della mutevole e varia apparenza del mondo delle cose sensibili e di queste causa e fonte di realtà. Esse però sono collocate in un mondo a sé (l'iperuranio) e scisse dalla realtà concreta dell'universo sensibile, per cui non sono tali da rendere perfettamente comprensibile il rapporto che esse hanno con tale mondo, dando luogo a un dualismo irriducibile forma-materia, la cui soluzione fu tentata da Aristotele; questi considera la forma come immanente alla realtà, e non vivente di una vita autonoma in qualche luogo trascendente da essa separato. Ne consegue che forma non è, per Aristotele, una semplice unità astratta, ma ciò che c'è di più vero nell'essere individuale e concreto, la sua vera “essenza” o “sostanza”; come tale, la forma è “principio di intelligibilità” dell'essere individuale: non ne è separata, pur godendo, nei confronti della materia, di una priorità ontologica. La formulazione aristotelica rimase pressoché immutata attraverso tutto il Medioevo.
Medioevo ed età moderna
Fu San Tommaso ad apportare modifiche rilevanti alla concezione di forma elaborata da Aristotele. Per lui la forma non è tale solo nei confronti della materia, ma anche in sé, così l'anima è forma del corpo, ma ha anche esistenza autonoma, mentre al contrario non è data materia senza forma. Nel pensiero moderno questa impostazione del problema della forma è stata in gran parte abbandonata. Cartesioriticò il concetto della forma sostanziale e ammise la forma solo come “forma del pensiero”; Leibniz ritornò, con poche modificazioni, alla dottrina tradizionale. Il rovesciamento del problema venne compiuto nel modo più radicale da Kant, che mosse, nella Critica della ragion pura, da una distinzione preliminare fra materia e forma: materia è il dato dell'esperienza, mutevole, confuso e molteplice, puro oggetto di sensazione, mentre la forma è ciò che permette l'organizzazione ordinata di questo insieme di dati. Essa è a priori nello spirito, indipendente dalla sensazione, che è a posteriori; e la conoscenza è, per Kant, la sintesi di a priori e di a posteriori, di attività intellettuale e di sensazione. Le forme sono dunque per lui gli elementi a priori organizzanti il molteplice dato dalla sensazione: le intuizioni spazio-temporali e le categorie dell'intelletto. Hegel definì la forma pura il pensiero stesso che si esplica, volta a volta, nelle forme particolari assunte dall'attività e dal pensiero umani: forme diverse di esso sono, per esempio, l'arte o la religione, sinché nella filosofia (intesa nella prospettiva dell'idealismo assoluto) lo Spirito come forma pura è adeguato al suo contenuto. La via percorsa dallo Spirito, che è il puro pensiero, verso questa adeguazione è propriamente la sua articolazione dialettica. Con numerose differenze e modificazioni, l'impostazione hegeliana rimase poi costante in tutto il neoidealismo, italiano o anglo-americano.
E. I. Watkin, A Philosophy of Form, Londra, 1938; H. J. De Wleeschauwer, La déduction transcendentale dans l'œuvre de Kant, Anversa, 1939; C. D. Brood, Lettura di Kant, Bologna, 1988.