sàtira

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Lessico

sf. [sec. XIV; dal latino satíra, da satŭra lanx, propr., piatto contenente una specie di macedonia di verdura, legumi ecc.]. Componimento di varia estensione, in prosa o in versi, in cui vengono attaccati e ridicolizzati aspetti deteriori di una società, di un ambiente, di un singolo individuo al fine più o meno esplicito di correggerli. L'intento è quindi moralistico (castigat ridendo mores): le satire di Orazio. Se per satira si intende il riflesso letterario di un atteggiamento critico-parodistico nei confronti della realtà, che rappresenta una componente dello spirito umano, è evidente che essa è riconoscibile in manifestazioni artistiche tra loro diversissime come opere teatrali, cinematografiche, opere figurative, di narrativa, di poesia, di saggistica: il film è una feroce satira del militarismo; un giornale ricco di satira politica; mettere in satira, descrivere in modo caricaturale, canzonare, fare oggetto di satira. Anche l'insieme dei componimenti satirici di una letteratura, di un'età, di un poeta: la satira classica.

Letteratura

Come genere letterario iniziò a Roma in età arcaica. Il nome satura indicò dapprima componimenti misti di prosa e versi e, sulle scene, rappresentazioni composte di danze, canti e brevi atti, sviluppate a Roma nel sec. IV a. C. In Grecia si possono riscontrare affinità formali e di contenuto con le satire romane nelle diatribe dei filosofi stoici e cinici, in particolare di Menippo (sec. III a. C.) al quale si fa risalire quella singolare composizione mista di prosa e di versi che da lui prese il nome di satiramenippea e in certi aspetti della commedia ateniese antica. Ma la satira è genere letterario tipicamente romano: “satura quidem tota nostra est” come ebbe a dire Quintiliano. Primo autore di saturae letterarie fu Ennio (sec. III-II a. C.), ma il vero fondatore della satira quale componimento poetico, come poi si fissò definitivamente, fu Lucilio (sec. II a. C.) che ne fece uno strumento di critica delle vanità umane e dei vizi della società introducendo riferimenti personali; tipici divennero con lui anche il verso esametro e lo stile colloquiale, non privo di rudezza. Suo diretto continuatore fu Orazio (65-8 a. C.), che con le sue Satire si è confermato il massimo autore del genere a Roma: in due libri di satira, che chiamò Sermones, egli espresse il suo duro giudizio sulle follie degli uomini, osservate con ironico distacco. Nel sec. I dell'impero scrissero satire Persio e Giovenale: il primo, seguace dello stoicismo, in forma di astratto moralismo; il secondo, calandosi a fondo nella realtà del tempo, dipinse la Roma imperiale, corrotta e viziosa. Alla satira come componimento vario in prosa e versi si riallacciarono invece Varrone (sec. I a. C.) con le sue filosofiche e bizzarre Saturae Menippeae, di cui poco si conosce, e Petronio (sec. I d. C.) col Satyricon, parodia del romanzo greco e spietato ritratto della società del suo tempo. molte opere della tarda latinità e del Medioevo è possibile rinvenire un tono comico, ironico o sarcastico nelle descrizioni di personaggi e costumi del tempo, come nel caso dei fabliaux, della poesia goliardica e delle favole (con opere come Ysengrinus di Nivardo di Gand ,, e i ). Ma se è riconoscibile una vena satirica in autori diversissimi (da Iacopone da Todi a Guittone d'Arezzo, Cecco Angiolieri, D. Alighieri, F. Petrarca e G. Boccaccio), è solo col Rinascimento che si può nuovamente parlare di satira come genere autonomo. L'autore giustamente più famoso di satira in Italia è L. Ariosto, che nelle sue sette Satire, ricche di riferimenti autobiografici, raggiunge meglio di ogni altro il piacevole tono medio della satira oraziana. Felici cultori del genere sono anche P. Nelli, L. Alamanni e E. Bentivoglio che svolgono la satira in termini di bonaria e piacevole ironia. Toni più violentemente satirici, espressi nella forma dell'invettiva, si trovano invece nel genere delle pasquinate, nei sonetti di P. Aretino, nelle rime di F. Berni. In Francia la satira si esprime con straordinaria potenza fantastica ed espressiva nell'opera di F. Rabelais. Seicento il modello è ancora oraziano: scrive satira di tono moraleggiante in endecasillabi scioltiG. Chiabrera, mentre ancora fedele alla terzina è S. Rosa con le sue Satire fortemente polemiche nei confronti della cultura del suo tempo. A livello europeo il massimo autore di satira del secolo può essere considerato N. Boileau. Le sue Satire sono un pungente ritratto del costume contemporaneo e insieme un raffinato divertimento intellettuale. spirito illuminista favorisce il diffondersi di un gusto e di un umore satirico che si riconosce con varie sfumature in autori di tendenze diverse: J. Swift, J. Addison, R. Steele, A. Pope, R. Burns, H. Fielding, L. Sterne in Inghilterra; P. C. Marivaux, C. L. Montesquieu, Voltaire, D. Diderot in Francia; G. Gozzi, G. Parini, V. Alfieri in Italia; C. M. Wieland, G. Lessing in Germania; A. Kantemir in Russia. L'Ottocento italiano dà alla satira un carattere di realismo amaro, spesso violento e tragico che trova nel dialetto l'espressione più congeniale: G. Belli in romanesco, C. Porta in milanese, raccolgono nelle loro opere gli umori, le sofferenze, la ribellione degli sfruttati opposti all'arroganza, l'ipocrisia, la corruzione dei potenti. Accanto a loro va ricordato G. Giusti che dà vita a una satira a sfondo politico e patriottico. In Germania si sviluppa la satira letteraria (L. Tieck, C. Brentano, A. von Platen) insieme a quella politica (H. Heine); in Inghilterra un filone satirico con connotazioni umoristiche si può riconoscere nelle opere di C. Lamb, T. Peacock, C. Dickens, W. Thackeray; in Russia, infine, la vena satirica si esprime nella narrativa e nel teatro con N. Gogol e A. Griboedov.nel Novecento la satira come genere autonomo è praticamente scomparsa, è anche sempre più difficile rinvenire opere di scoperto ed esclusivo intento satirico. La satira si combina spesso con la parodia o con la farsa assumendo coloriture grottesche e paradossali e celandosi nella forma della metafora o dell'allusione metafisica. Intenti satirici muovono le opere di scrittori come S. Lewis, E. Waugh, A. Huxley, N. West e R. Ellison: obiettivi principali il conformismo borghese, la cecità della società di massa e l'ipocrisia della classe dirigente ma anche l'arroganza del mondo accademico (V. Nabokov) e la presunzione di quello dell'arte moderna (T. Wolfe). Una satira antimilitarista è alla base di alcuni romanzi di J. Hašek e J. Heller mentre una critica antisovietica è fiorita anche nella Russia comunista con le opere di A. Solženicyn e V. Tarsis. Fra gli scrittori italiani spiccano le figure di C. E. Gadda, V. Brancati e A. Moravia.il teatro si possono fare i nomi di V. Majakovskij, C. Zuckmayer, B. Brecht, G. B. Shaw, E. Ionesco, D. Fo. Un tentativo di ricollegarsi alla satira nel significato originale di miscellanea è quello fornito da E. Montale con la raccolta Satura.

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