fréno o frèno

Indice

Lessico

sm. [sec. XIII; latino frenum].

1) Il morso che si pone in bocca al cavallo, al mulo e simili e a cui sono attaccate le redini.

2) Dispositivo usato per rallentare o arrestare il moto di un corpo o per mantenerne a regime la velocità o, nel caso che il corpo sia fermo, per mantenerlo in stato di quiete; nel linguaggio comune, l'intero sistema di frenatura di cui l'organo fa parte. Nei mezzi di trasporto, il freno è un organo fondamentale dal quale può dipendere la salvaguardia dell'incolumità degli occupanti del veicolo e di chi si trova nelle sue vicinanze.

3) Fig., ogni forza, morale o spirituale, che serva a contenere, moderare, disciplinare le inclinazioni e le azioni degli uomini: il freno della legge, della religione; porre un freno agli abusi, alle ingiustizie, cercare di arginarli, di arrestarli; stringere, allentare i freni, irrigidire o allentare la disciplina, concedere minore o maggiore libertà; tenere a freno i propri impulsi, i desideri, contenerli, dominarli; tenere a freno i ragazzi, tenerli a bada; mordere il freno, mal sopportare di essere sottoposto all'autorità altrui, essere impaziente; senza freno, senza ritegno; gioventù senza freno, sfrenata, troppo libera.

Artiglieria

Freno di sparo, dispositivo atto a frenare il rinculo della bocca da fuoco. È costituito da un cilindro pieno di un olio minerale nel quale scorre un pistone collegato con la massa rinculante. Durante il rinculo il pistone spinge il fluido costringendolo a passare in un secondo cilindro attraverso uno stretto orifizio. Ultimata la corsa di rinculo, un ricuperatore (a molla, pneumatico o idropneumatico) riporta la bocca da fuoco in batteria. Freno di ritorno in batteria, dispositivo atto a rallentare l'azione del ricuperatore e quindi il ritorno in batteria della bocca da fuoco, costituito da un sistema pneumatico o idropneumatico a funzione ammortizzatrice. Nelle moderne artiglierie le azioni di freno di sparo, di ricuperatore e di freno di ritorno sono assicurate da un organo unico. Freno di bocca, investito sulla volata, utilizza l'energia dei gas della carica di lancio che fuoriescono quando il proietto abbandona la bocca da fuoco, allo scopo di ridurre la corsa di rinculo. Ciò in particolare nei cannoni installati in torretta (casamatta, carro armato). Il freno di bocca ha spesso anche la funzione di deflettore di vampa.

Tecnica: generalità

In relazione alla natura delle forze esercitate nell'azione di frenatura, i freni si distinguono in meccanici, elettromagnetici e a fluido. Nei freni meccanici l'azione frenante è esercitata da organi meccanici (ceppi, ganasce, ecc.) che agiscono per contatto sull'elemento da frenare; questo tipo di freno è quello comunemente adottato nell'impianto frenante degli autoveicoli. Il funzionamento dei freni elettromagnetici è basato sul principio dell'induzione elettromagnetica: è noto che, se un conduttore chiuso si muove entro un campo magnetico, diventa sede di corrente indotta e che su un conduttore percorso da corrente I immerso in un campo magnetico di induzione B agisce una forza proporzionale al prodotto BI. Inoltre, per la legge di Lenz, corrente è quella generata per induzione dal movimento del conduttore nel campo magnetico, la forza che nasce su di esso ha senso tale da frenare il movimento. Evidentemente l'azione frenante si esercita soltanto quando l'organo da frenare è in moto e perde efficacia alle basse velocità. I freni a fluido hanno un funzionamento basato sulla resistenza viscosa (anch'essa dipendente dalla velocità) esercitata da un fluido su organi in moto entro di esso. Da quanto detto segue che solo i freni meccanici possono provocare l'arresto di un sistema o impedire che questo si muova quando è fermo; i freni elettromagnetici e idraulici si usano soprattutto quando occorra mantenere a regime una velocità e come freni dinamometrici.

Tecnica: freni meccanici

Sono costituiti da una superficie rotante con la parte in moto del veicolo (assi, tamburo, ruota, mozzo) e da un'altra superficie solidale con la struttura fissa; quando è necessario esercitare l'azione frenante queste due superfici, di cui una è di norma ricoperta da materiale ad alto coefficiente di attrito, vengono portate a contatto da un comando di tipo idraulico, pneumatico o meccanico e l'azione di attrito che ne consegue sviluppa una forza di notevole entità che si oppone al moto. I freni possono essere di tipo a corda, a nastro, a ceppi, a tamburo, a disco. I freni a corda, usati soprattutto nei piccoli impianti di sollevamento,sono composti da una corda, avvolta per un giro o due sul mozzo di una ruota, che è comandata da un pedale a leva; azionando il pedale la corda si serra attorno al mozzo bloccando la ruota. Sono stati sostituiti dai freni a nastro, costituiti da un nastro d'acciaio flessibile, ricoperto da materiale d'attrito, che viene stretto per mezzo di una leva attorno a un tamburo, solidale all'albero da frenare; tale freno funziona in entrambi i sensi di marcia e il nastro può compiere più giri sul tamburo; vengono utilizzati sui carri e sugli argani motore di ascensori e di impianti funicolari terrestri o aerei essenzialmente quali freni d'emergenza. I freni a ceppisono costituiti da elementi parallelepipedi curvilinei, di vari spessori e dimensioni, una cui faccia lunga viene portata a contatto con il cerchione di una ruota o con la superficie di un grosso albero; l'attrito esercitato fra i due elementi provoca il rallentamento e l'arresto di quello in moto. Tradizionalmente in legno, usati su carri e carrozze e azionati con comando manuale tramite un sistema di leve e poi di ingranaggi, sono stati anche realizzati in ghisa e sono stati a lungo i soli impiegati nelle carrozze ferroviarie.

Tecnica: freni meccanici a tamburo

Nei motoveicoli e negli autoveicoli sono di norma usati freni a tamburo e freni a disco. Il freno a tamburoè costituito da un cilindro metallico cavo (tamburo) chiuso su una faccia e solidale con il mozzo della ruota e che quindi gira con questa; nel suo interno sono alloggiati due o più elementi curvilinei (ceppi o ganasce) che sono collegati direttamente al telaio del veicolo tramite una piastra portaceppi e sono ricoperti di materiale ad alto coefficiente di attrito (ferodo). Nei tipi più semplici (sistema simplex) i ceppi sono incernierati a una estremità e possono essere spinti in senso radiale mediante un pistoncino o una camma a forma di oliva interposti tra essi all'altra estremità; una grossa molla di richiamo provvede a riportarli in posizione di riposo quando termina l'azione frenante; i ferodi, portati a contatto con la superficie interna del tamburo, generano l'attrito che frena il moto della ruota; una variante che consente una maggiore azione frenante (sistema duplex) prevede due pistoncini contenuti in cilindretti posti in posizione diametralmente opposta, che fanno accostare tutta la superficie di attrito al tamburo; sono usati anche freni a tamburo azionati da un unico pistoncino (sistema servo) che agisce su un solo ceppo mentre l'altro, che appoggia contro il cilindretto, si sposta per reazione e quindi esercita una forza superiore al primo; in alcune soluzioni i ceppi non sono fissi a cerniera ma flottanti, capaci di mantenersi sempre paralleli al tamburo. In questo tipo di freno la forza frenante si esercita in senso perpendicolare all'asse di rotazione dei semialberi; le caratteristiche essenziali che devono soddisfare sono leggerezza, resistenza all'abrasione, buona conducibilità termica; pertanto i tamburi vengono realizzati generalmente in alluminio e presentano spesso delle nervature esterne che agevolano lo smaltimento del calore, mentre le guarnizioni frenanti hanno elevata resistenza al calore, alto coefficiente di attrito e notevole resistenza all'usura.

Tecnica: freni meccanici a disco

Sono costituiti da un disco metallico rigidamente collegato al mozzo della ruota o ai semiassi che si vuol frenare e da una pinza (caliper), posta a tenaglia su un settore del disco, la quale è solidale al telaio della macchina ; le superfici interne di questa supportano il materiale d'attrito (pastiglie); una o due coppie di pistoncini a funzionamento elastico, contenuti entro cilindretti, agiscono sulle ganasce della pinza e ne provocano la chiusura, per cui il disco stretto tra le pastiglie viene frenato. La forza frenante in questo caso si esercita in senso assiale fra due superfici parallele di cui una è fissa e l'altra mobile. Il materiale costituente il disco è sempre ghisa speciale al cromo e molibdeno, che garantisce una elevata resistenza all'usura e un buon valore di conducibilità termica, mentre i materiali d'attrito delle pastiglie sono analoghi a quelli usati nei freni a tamburo; la pinza, infine, viene montata generalmente anteriormente o posteriormente rispetto all'asse di rotazione del disco. Anche per questo freno esistono varie soluzioni costruttive ma i tipi fondamentali sono tre: a pinza e disco fissi, in cui il comando del guidatore agisce su entrambe le ganasce mobili della pinza che premono i ferodi sul disco; a pinza flottante e disco fisso, in cui una delle ganasce è fissa ed esercita subito la sua pressione mentre l'altra è mobile per cui, potendo la pinza compiere piccoli spostamenti assiali, questa seconda entra progressivamente in azione in funzione dello sforzo esercitato; a pinza fissa e disco scorrevole, in cui il disco, sotto la spinta di una delle ganasce che è mobile, si sposta gradualmente fino a bloccarsi sull'altra ganascia che è fissa; i primi due tipi sono quelli maggiormente usati perché più economici. Le sempre crescenti velocità e prestazioni degli autoveicoli hanno diffuso l'uso dei freni a disco che risultano più potenti e precisi e risentono meno del fenomeno di fading, cioè dell'affaticamento del dispositivo a causa delle temperature elevate. Sulle vetture di tipo sportivo e sui veicoli pesanti si usano anche freni a disco “autoventilanti” che sono capaci di smaltire maggiori quantità di calore rispetto ai freni a disco normali; in questi i dischi presentano delle canalizzazioni interne che favoriscono l'instaurarsi di una circolazione d'aria che, aspirata al centro del disco ed espulsa alla periferia, smaltisce più rapidamente il calore generato durante la frenata. Questa soluzione, oltre a garantire un regolare funzionamento dei freni, anche a elevate prestazioni e con veicoli di notevoli masse, permette una maggiore durata delle pastiglie e un maggior alleggerimento a parità di dimensioni dei dischi.

Tecnica: freni meccanici ad arpione

Un particolare tipo di freno meccanico è infine rappresentato dai freni ad arpione che possono essere di arresto o di ritegno; nel primo caso servono come freni di stazionamento e sono costituiti da una ruota dentata con dente di arresto presente su una leva fissa; nel secondo servono come freni di sicurezza impedendo la rotazione di un albero in un solo senso, in questi i denti della ruota hanno il profilo a cremagliera e il dente di arresto è mantenuto a contatto da una molla (vedi anche arpionismo).

Tecnica: freni dinamometrici

Sono dispositivi utilizzati per rilevare misure della potenza sviluppata da un motore. Tali freni sono capaci di fornire una coppia resistente, il più delle volte variabile a piacere e misurabile; dal computo di tale coppia è facile determinare la coppia motrice e quindi la potenza del motore in esame. I freni dinamometrici possono essere meccanici, aerodinamici, idraulici, elettrici ed elettromagnetici. Nei freni dinamometrici meccanici (freno Prony), un albero solidale con l'albero del motore viene serrato tra due ganasce, che ruoterebbero con l'albero se non vi si opponesse un fermo costituito da un dinamometro o dal braccio di una bilancia. Il prodotto della forza frenante per il suo braccio rispetto all'asse dell'albero fornisce il valore della coppia resistente che, in condizioni di equilibrio, è uguale alla coppia motrice. I freni dinamometrici aerodinamici vengono chiamati anche freni a mulinello e consistono in una grossa elica di cui si conosce a priori la potenza che dissipa alle varie velocità. Accoppiandola al motore si può così conoscere la potenza fornita al regime di equilibrio. L'elica talvolta viene sostituita da una ruota a pale rettangolari con fori: la resistenza al moto, e quindi la potenza assorbita, è funzione del numero dei fori lasciati aperti oltre che, come nel caso precedente, della velocità di rotazione. Conoscendo questi parametri si risale alla potenza fornita dal motore. Per la misura della potenza fornita da un motore d'aviazione in volo il mulinello è l'elica stessa, mentre il basamento è montato su una culla oscillante e tenuto in equilibrio da un dinamometro fissato al castello motore. La misurazione della coppia avviene come nel freno Prony. I freni dinamometrici idraulici, in cui il fluido è generalmente acqua, possono essere a moto laminare o moto vorticoso. Nei primi il motore trascina un albero che porta uno o due dischi forati, tra i quali sono interposti dei diaframmi solidali alla carcassa esterna oscillante. La dissipazione di energia è funzione della velocità e della superficie lambita dall'anello di acqua periferico che si forma per centrifugazione. Regolando l'afflusso si regola tale superficie e quindi la coppia frenante. In quelli a moto vorticoso la girante, collegata al motore, e lo statore, collegato alla carcassa oscillante, si affacciano con due superfici nelle quali sono ricavate nicchie, dette anche cuffie, atte a generare vortici. Regolando la distanza tra le cuffie e l'afflusso d'acqua si varia la coppia frenante. Nei freni dinamometrici elettrici ed elettromagnetici si sfruttano le azioni elettrodinamiche tra campo magnetico e conduttori percorsi da corrente: il freno Pasqualini è costituito da un disco di rame o di alluminio trascinato dal motore e affacciato alle espansioni polari di un elettromagnete portato da una carcassa oscillante. L'interazione tra il campo magnetico creato dall'elettromagnete e le correnti di Foucault che si generano nel disco provocano la rotazione della carcassa, che viene riportata in equilibrio spostando un contrappeso lungo un braccio. Il valore della coppia viene determinato come nel freno Prony. In questo freno tutta la potenza fornita dal motore viene dissipata in calore nel disco, quindi il dispositivo non è adatto a prove di motori con potenza rilevante. Funzionamento analogo ha la dinamo freno, nella quale l'indotto è trascinato dal motore, mentre la carcassa è oscillante. Questi ultimi freni, sfruttando la reversibilità tipica delle dinamo, possono essere anche fatti funzionare come motori elettrici e misurare quindi la coppia assorbita da una macchina operatrice. Le dinamo freno e gli alternatori freno, il cui funzionamento è analogo, permettono di eseguire prove su motori di potenza elevata, dato che tale potenza può essere fornita a un carico esterno. Talvolta la corrente prodotta può anche essere raccolta e riversata sulla linea di alimentazione: per questo motivo tali freni vengono detti anche freni a recupero. La coppia assorbita o fornita dai freni di questo tipo varia al variare della corrente di eccitazione. I freni dinamometrici, che spesso sono pilotati automaticamente da calcolatori, servono anche per prove di durata al banco dei motori, per la determinazione di altre caratteristiche dei veicoli (come vibrazioni, rumorosità, composizione dei gas di scarico, ecc.) e per la rilevazione di dati di omologazione dei motori e dei veicoli previsti dalla legge ed eseguiti in Italia dall'Ispettorato della Motorizzazione Civile.

Tecnica: sistemi di frenatura

L'impianto frenante (o sistema di frenatura) di un veicolo è l'insieme degli organi che provvedono al rallentamento e all'arresto delle ruote ed esercita la sua funzione solo dietro comando del guidatore tramite un pedale; per tale motivo si rende necessario il freno di stazionamento, azionato da apposita leva, quando con il veicolo fermo si vogliono mantenere bloccate le ruote. Negli autoveicoli l'elemento frenante (il freno in senso proprio) dei sistemi di frenatura è il freno meccanico (di un solo tipo o talvolta misto, per esempio a tamburo e a disco) per cui i sistemi di frenatura differiscono solo per il modo con cui l'azione esercitata dall'operatore viene trasmessa: si possono avere sistemi di frenatura (e comandi) meccanici, idraulici, pneumatici, pneumoidraulici e oleodinamici che sono sostanzialmente analoghi fra loro.

Tecnica: sistemi di frenatura meccanici

Nei sistemi meccanici l'azione frenante viene trasmessa al freno per mezzo di rinvii e sistemi di leve e cavi; è poco affidabile, soprattutto per veicoli veloci e pesanti, in quanto, a causa dei giochi e delle usure che si possono generare, l'azione frenante può risultare diversa su ciascuno degli elementi del freno per cui risulta compromesso l'equilibrio del mezzo utilizzatore; per tale motivo il solo sistema meccanico viene usato quando vi siano in causa basse resistenze (per esempio nelle biciclette) e per il comando del freno di stazionamento che agisce solo su due ruote del veicolo fermo.

Tecnica: sistemi di frenatura idraulici

Il sistema idraulico si basa sul principio dell'incompressibilità dei fluidi; esso comprende, in genere, un serbatoio di alimentazione contenente un liquido speciale (per esempio olio di ricino e alcol diacetonico); una pompa idraulica alimentata dal suddetto serbatoio; un pedale che comanda lo stantuffo della pompa; tanti cilindretti (pompette) di comando quanti sono gli elementi (le ruote) da frenare, oltre, naturalmente, gli organi frenanti necessari. Quando si agisce sull'organo di comando, lo stantuffo si sposta in avanti mettendo in pressione il liquido che trasmette lo sforzo ai pistoncini dei cilindretti i quali lo trasmettono alle ganasce che portano a contatto le pastiglie (o i ferodi) con il disco (o il tamburo).

Tecnica: sistemi di frenatura ad aria compressa

Nei freni ad aria compressa o a comando pneumatico, l'azione degli elementi frenanti è ottenuta per mezzo di una camma la cui leva di comando è collegata a uno stantuffo sul quale agisce, invece di un liquido, l'aria compressa. L'impianto completo comprende un compressore, un gruppo di regolazione, un serbatoio di riserva, un distributore o valvola di comando, i cilindri di comando delle camme, un manometro. Il compressore è collegato al motore e funziona sempre quando esso è in moto. L'aria compressa viene accumulata nel serbatoio e quando raggiunge la pressione massima una valvola di scarico permette che l'aria in eccesso venga scaricata all'esterno e che il compressore lavori temporaneamente a vuoto. Azionando l'organo di comando si provoca l'apertura del distributore e l'aria compressa raggiunge i cilindri collegati alle camme, provocando la frenatura.

Tecnica: sistemi di frenatura oleodinamici o pneumoidraulici

I sistemi oleodinamici e pneumoidraulici si basano sul principio adottato per gli ammortizzatori omonimi; rispetto ai precedenti sistemi assicurano maggiore flessibilità nella frenata. Il materiale di attrito tradizionale contiene un'elevata percentuale di fibre di amianto; la sua usura disperde tali fibre, altamente cancerogene, nell'atmosfera. Sono perciò in corso ricerche per realizzare materiali di attrito che non contengono amianto.

Tecnica: sistemi di frenatura per autoveicoli leggeri

Sugli autoveicoli i freni vengono genericamente chiamati freni a pedale e freni a mano in rapporto al comando su cui il guidatore agisce. A termine di legge gli autoveicoli devono essere muniti di un dispositivo di frenatura di servizio che agisca su tutte le ruote e garantisca l'arresto del veicolo in uno spazio S fissato in funzione della velocità V da apposite formule contenute nelle disposizioni di legge vigenti (per esempio per un'autovettura S≤V²/130 con S espresso in m e V in km/h ed esercitando sul pedale una forza non superiore a 60 kg). Inoltre devono avere un freno di soccorso che assicuri l'arresto del veicolo anche nel caso di inefficienza di quello di servizio, in uno spazio non superiore al doppio di quello previsto per il freno di servizio. Tale freno può agire anche solo sulle ruote di un asse. Infine deve essere presente un freno di stazionamento che deve mantenere fermo il veicolo a pieno carico su una strada con pendenza almeno pari al 16%. Negli autoveicoli il freno di servizio è un freno con comando a pedale e trasmissione idraulica; il freno di stazionamento è un freno con comando manuale a leva (raramente a maniglia) e trasmissione meccanica che viene bloccato a fine corsa da opportuni arpionismi realizzando così la frenatura delle ruote in assenza di azione continua sul comando. Il freno di soccorso è di solito conglobato con il freno di servizio o con quello di stazionamento; nel primo caso la pompa azionata dal pedale presenta due camere di mandata separate disposte in serie che azionano ciascuna i freni di servizio della coppia di ruote di un asse (doppio circuito frenante). Nel secondo caso il freno di stazionamento viene potenziato, rendendo la sua azione graduale e proporzionale allo sforzo esercitato dal conducente. Per garantire una maggiore sicurezza, negli autoveicoli viene attuata sia la separazione dei circuiti idraulici così da assicurare, nel caso di rottura di uno dei tubi del circuito idraulico di comando, il corretto funzionamento dei freni almeno su di un asse o sulle ruote di una diagonale, sia la realizzazione di impianti frenanti con circuiti idraulici duplicati fino alle ruote che permettono di frenare sempre con quattro ruote anche in emergenza. Tra i dispositivi ausiliari di controllo dei freni (nelle vetture di prestigio, dotate di check control) vi sono i sensori che verificano che l'impianto abbia olio a sufficienza, che l'usura delle guarnizioni di attrito non abbia superato il limite, che la pressione dei pneumatici sia nella norma. Ciò è reso possibile da contatti elettrici posti opportunamente e connessi con la centralina di controllo. Per quanto riguarda il materiale degli elementi di attrito, sono sempre più utilizzati materiali alternativi all'amianto (fibre aramidiche, fibre di vetro, fibre di carbonio, ecc.) che nel contempo abbiano temperature critiche più alte così da realizzare freni che risentano molto meno della fatica di un utilizzo prolungato e che necessitino di minore ventilazione, con conseguente risparmio energetico e miglioramento di efficienza. Un altro problema legato alla sicurezza degli occupanti dell'autovettura è quello della costante efficacia e omogeneità dell'azione frenante esercitata dai freni. Nelle automobili di cilindrata superiore ai 1300 cm3 si è diffuso ampiamente il freno servoassistito, nel quale la potenza necessaria alla frenata viene fornita da un sistema a motopompa, mentre il guidatore si limita a controllare l'intensità della frenata. Per garantire poi che l'effetto della frenatura risulti superiore all'avantreno rispetto al retrotreno, onde contrastare in decelerazione l'appesantimento del primo a causa dello spostamento in avanti delle masse, si utilizzano freni a disco all'anteriore e a tamburo al posteriore, oppure freni a disco di dimensioni inferiori al retrotreno. Spesso si ricorre all'uso di limitatori di frenata al retrotreno, che regolano la pressione nel circuito idraulico dei freni posteriori in funzione del carico gravante sul retrotreno, impedendo così il superamento del limite di aderenza o il bloccaggio delle ruote. Molto diffusi, infine, sono i dispositivi meccanici ed elettronici di controllo della frenatura che impediscono il bloccaggio delle ruote in qualsiasi condizione di frenata (sistemi antibloccaggio e antipattinamento).

Tecnica: sistemi di frenatura per autoveicoli pesanti

Sugli autocarri, i camion e i veicoli pesanti, dato il maggior peso del mezzo, l'impianto frenante è maggiorato, spesso di tipo oleopneumatico, e i freni sono nella quasi totalità del tipo a tamburo; nei furgoni di piccole e medie dimensioni si usano circuiti frenanti idraulici e in alcuni casi freni a disco all'avantreno. Sui veicoli industriali medi e pesanti sono impiegati esclusivamente circuiti pneumatici: questi sono costituiti da un compressore, azionato dal motore del camion, che eroga aria compressa la quale è accumulata in un apposito serbatoio collegato tramite idonee tubazioni agli organi di comando (valvole) e agli utilizzatori (cilindri pneumatici) che azionano le ganasce dei freni. Sui veicoli industriali spesso viene collegato alla trasmissione un freno vorticellare ad acqua, funzionante come un freno dinamometrico idraulico, che viene azionato quando, per esempio nelle lunghe discese, non sia conveniente agire sul sistema di frenatura principale: tali freni si chiamano anche ritardatori; è inoltre spesso presente il freno motore.

Tecnica: sistemi di frenatura per biciclette e motoveicoli

Biciclette, ciclomotori e motoveicoli devono avere due freni indipendenti che agiscono l'uno sulla ruota anteriore, l'altro su quella posteriore, o sulla coppia di ruote posteriori nel caso di motocarri (per questi veicoli deve anche essere presente un freno di stazionamento). Tali dispositivi possono agire sulla ruota (pneumatico o cerchione), sul mozzo, sugli organi della trasmissione e il comando può essere a mano o a pedale, con trasmissione ad aste rigide o cavi flessibili (bowden), o con circuito idraulico. Sulle biciclette il freno più diffuso è quello a ganasce, formato da due aste ricurve d'acciaio o lega leggerastremità delle quali è posto un pattino frenante di materiale gommoso che va a premere sul cerchione quando si aziona la levetta sul manubrio; cessata l'azione frenante una molla di richiamo riporta le ganasce in posizione di riposo liberando la ruota. Si usa anche il freno a contropedale, in cui il dispositivo frenante è costituito da un freno a nastro che, rotando in senso opposto ai pedali, si avvolge sul mozzo della ruota posteriore bloccandola. Sui motocicli il freno anteriore viene comandato da una leva posta sull'estremità destra del manubrio, mentre quello posteriore viene attivato per mezzo di un pedale. I freni, di derivazione automobilistica, sono di tipo a tamburo per i ciclomotori e di tipo misto, a tamburo posteriore e disco anteriore, per le motociclette, sulle quali si adottano anche solo freni a disco; questi ultimi sono posti in corrispondenza del mozzo delle ruote per meglio equilibrare la frenatura e, grazie al fatto che i freni della ruota sono dotati di due punti di fissaggio, è possibile installare due freni a disco per ciascuna ruota come sempre più si usa fare per le grosse moto. I freni a disco vengono comandati idraulicamente con un circuito separato per ogni disco, mentre i freni a tamburo sono azionati per mezzo di cavi d'acciaio. Anche sulle motociclette vengono, infine, utilizzati sistemi di frenatura integrale e dispositivi antibloccaggio come per le autovetture.

Tecnica: sistemi di frenatura per veicoli a trazione animale

I veicoli a trazione animale con ruote gommate devono essere provvisti di freni a tamburo o a nastro; se le ruote hanno cerchioni metallici i freni devono essere a ceppi o a tamponi agenti sui cerchioni; il comando meccanico è di solito a leva o a volantino con vite senza fine e se il veicolo ha quattro ruote devono potersi frenare almeno quelle posteriori. Per le slitte i freni sono ad arpione collocati sui longheroni o su di un rullo posteriore trasversale.

Tecnica: sistemi di frenatura per veicoli ferroviari

Nei veicoli ferroviari si hanno freni con funzioni diverse, da quelli di semplice blocco del rotabile per impedire un suo movimento accidentale (freni di stazionamento), a quelli che consentono di mantenere la velocità entro determinati limiti, per esempio in discesa, generalmente di tipo elettrico (freni di tenuta), a quelli che provvedono all'arresto del mezzo. Questi ultimi vengono tarati in base alla forza frenante che devono esercitare, pari in grandezza al peso del rotabile a vuoto, nel caso di treni passeggeri (alcune decine di t), grandezza moltiplicata fino a quattro volte nel caso di treni merci; schematicamente sono costituiti da ceppi in ghisa, montati su portaceppi sorretti dalla cassa e azionati da cilindri ad aria compressa mediante un sistema di leveraggio (timoneria del freno) la cui funzione è quella di garantire il corretto spostamento dei ceppi che deve essere in ogni caso molto ridotto; la timoneria, inoltre, consente di ripartire le forze in modo uguale su tutti i ceppi di una vettura a seconda dello sforzo di frenata richiesto e permette di comandare manualmente i singoli freni in caso di emergenza. I ceppi possono agire direttamente sui cerchioni e su dischi solidali alle ruote (i due sistemi più usati) oppure su tamburi calettati sugli assi; quelli a disco sono necessari soprattutto quando le ruote sono del tipo a elementi ammortizzanti in gomma (ruote elastiche) e vengono di norma rivestiti con materiali ad alto coefficiente di attrito. Nei sistemi classici ad aria compressa i cilindri dei singoli freni dei rotabili di un convoglio sono tutti interconnessi con un impianto centralizzato (condotta principale) il cui comando è nella cabina di guida della motrice; l'aria compressa viene fornita da idonei compressori posti su questa o in unità ausiliarie (nei treni ad alta velocità). I sistemi d'impianto più diffusi (Westinghouse, Breda, Oerlikon) sono del tipo automatico, in cui l'azione della frenatura è provocata dalla depressione nella condotta principale dell'impianto in seguito al comando impartito dal conducente tramite una manetta; tale depressione provoca l'entrata in funzione dei singoli cilindri d'azionamento dei ceppi; lo sblocco del freno si ottiene con l'aumento della pressione; in caso di rottura della condotta principale o di un freno l'improvvisa caduta di pressione provoca automaticamente la frenatura. Un dispositivo particolare ad azione immediata, “la rapida”, stabilisce una comunicazione diretta fra cilindri dei freni e condotta principale sia in seguito a una violenta depressione, causata per esempio dal distacco improvviso fra vetture, sia per comando del conducente: questo consente di aumentare lo sforzo dei freni e quindi di ottenere una frenatura più rapida; sui treni veloci sono adottati sistemi (detti ad alta potenza) che stabiliscono due regimi diversi di pressione ai freni, più bassa per velocità fino a 60/80 km/h, più elevata per velocità superiori. Per garantire efficienza e rapidità d'intervento del sistema frenante, il comando, nei treni veloci a composizione bloccata, viene garantito da elettrovalvole (sistema elettropneumatico) che agiscono simultaneamente qualunque sia la lunghezza del convoglio; l'adozione di sistemi di aggancio automatico con due condotte d'aria e quattro circuiti elettrici consente l'impiego di tale sistema su ogni tipo di convoglio; adeguati dispositivi antislittamento, basati su sensori elettrici collegati a un calcolatore elettronico, intervengono sulle singole parti dell'impianto nel caso in cui uno o più assi tendano a bloccarsi durante la frenata. Largamente adottati sulle vetture metropolitane e tranviariefreni elettricomagnetici: essi schematicamente sono costituiti da elettromagneti a pattino posti sulla cassa che possono essere eccitati dalla cabina di guida e abbassati in modo da aderire alle rotaie contro le quali esercitano una notevole azione frenante per attrito; tale sistema compensa, inoltre, lo slittamento delle ruote ed è particolarmente vantaggioso quando si adotta la frenatura elettrica reostatica o a recupero. Sui rotabili per i servizi urbani infine, si stanno progressivamente eliminando i freni a ceppi di ghisa che non solo danneggiano i cerchioni delle ruote, a causa delle continue e ripetute frenate, ma comportano anche costi di manutenzione elevati; vengono sostituiti da freni a disco simili a quelli automobilistici montati sugli assali dei veicoli e azionati tramite impianti pneumatici. Nelle stazioni di smistamento, per la frenatura di vagoni lanciati durante la formazione dei convogli, si usano i freni di binario che possono essere ad azione elettromagnetica o meccanica: nei primi un elettromagnete posto sul binario blocca le ruote, nei secondi queste vengono serrate da una morsa costituita da due robusti pattini solidali alla rotaia.

Tecnica: sistemi di frenatura per aeroplani

Sugli aeroplani vengono impiegati particolari dispositivi, detti freni aerodinamici, o aerofreni, costituiti da superfici che accrescono la resistenza aerodinamica del velivolo, allo scopo di rendere più ripida la sua discesa, di impedirgli di raggiungere velocità eccessive in affondataconsentirgli energiche decelerazioni nel corso di evoluzioni o in combattimento. I freni aerodinamici possono venire applicati ai fianchi o al ventre della fusoliera, o all'estradosso alare, oppure fare parte del bordo d'uscita dell'ala o del cono terminale della fusoliera. Il loro azionamento è generalmente assicurato da martinetti idraulici, e in alcuni casi è stato reso automatico, al raggiungimento di una predeterminata velocità da parte del velivolo. L'installazione di freni aerodinamici è diffusa sugli aviogetti. Tra le forme di freno aerodinamico impiegate, da sole o con altre, per decelerare l'aereo nella corsa di atterraggio, è da segnalare il paracadute freno.

Tecnica: sistemi di frenatura per macchine utensili

Nelle macchine utensili i freni a nastro o a ceppi venivano utilizzati sugli alberi principali di trasmissione; oggi è ormai diffusa la tendenza all'impiego di motori elettrici autofrenanti e di innesti a frizione elettromagnetici che, opportunamente dimensionati, agiscono come freni. In alcune apparecchiature industriali (gru, laminatoi, cartiere, ecc.) si usano freni a ganasce che, per azione di un mollone che agisce su un cinematismo, serrano una puleggia, arrestando quanto a essa solidale (motore, argano di una gru, ecc.). In tali freni il comando viene dato da una bobina che, quando eccitata, esercita un'azione che vince quella della molla e allarga le ganasce, e quando è diseccitata fa scattare la molla; essi svolgono quindi anche un'azione di sicurezza, per esempio nel caso di gru con carichi sospesi, che potrebbero scendere per gravità quando, per qualche guasto, mancasse tensione all'impianto.

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