Calàbria
Indiceregione dell'Italia meridionale, 15.081 km², 2.007.707 ab. (stima 2007), 133 ab./km², capoluogo di regione: Catanzaro. Comuni: 409. Province: Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio di Calabria, Vibo Valentia. Confini: Basilicata (N), mar Ionio (E e S), mar Tirreno (W); complessivamente 715,7 km di costa.
Calabria. Cartina geografica.
Calabria. La costa tirrenica presso Capo Vaticano.
De Agostini Picture Library/M. Pedone
Calabria. Aranceto lungo la costa ionica.
De Agostini Picture Library/C. Baraggi
Calabria. Produzione del carbone di legna a Serra San Bruno, in provincia di Cosenza.
De Agostini Picture Library/A. Vergani
Calabria. L'unica colonna superstite del tempio dorico di Era Lacinia a Capo Colonna, nei pressi di Crotone.
De Agostini Picture Library/A. De Gregorio
Calabria. I bronzi di Riace, opere greche del sec. V a. C., rinvenuti nel 1972 nelle acque antistanti Riace Marina (Reggio Calabria, Museo Nazionale).
De Agostini Picture Library/G. Nimatallah
Calabria. Miniatura del Codex purpureus con la scelta degli Ebrei tra Cristo e Barabba (Rossano, Museo Diocesano).
De Agostini Picture Library
Calabria. La Cattolica di Stilo del sec. X.
De Agostini Picture Library/A. De Gregorio
Generalità
"Per la carta fisico-politica vedi vol. V, pag. 169" "Per le cartine geografiche vedi il lemma del 4° volume e dell’Aggiornamento 1995." "Per la divisione amministrativa vedi tabella vol. V., pag. 171" "Per la divisione amministrativa vedi tabella al lemma del 4° volume e dell’Aggiornamento 1995." Disposta prevalentemente in senso latitudinale, la Calabria presenta al centro i rilievi della catena appenninica che, giungendo quasi sulla costa, anche a causa della loro ripidità rendono difficili i collegamenti tra versante tirrenico e versante ionico, ma anche tra il Nord e il Sud della regione. La montagna caratterizza, e soprattutto caratterizzava, la vita della regione, storicamente più popolata all'interno e più dedita all'agricoltura, alla silvicoltura e alla pastorizia che non alle attività legate al mare. La difficoltà nelle comunicazioni, un'economia per secoli chiusa e votata alla sussistenza o volta all'esportazione dei prodotti agricoli del latifondo, e la scarsa polarizzazione verso un centro di interesse regionale o superregionale hanno giustificato, nonostante la vicinanza della parte più meridionale della regione alla Sicilia, la condizione di periferia isolata. A modificare questo assetto sono venute prima le strade carrozzabili e le ferrovie, poi le bonifiche delle pianure costiere. Il fenomeno turistico e i rientri, in termini di rimesse e in termini culturali, dei flussi migratori che si erano diretti verso il triangolo industriale (Torino-Milano-Genova) e verso il Centro Europa hanno ulteriormente contribuito al cambiamento. In età classica, quando la regione era denominata Brutium, il nome Calabria indicava il Salento o Penisola Salentina, cioè la parte sudorientale dell'attuale Puglia. Nel sec. VII, durante la dominazione bizantina, il termine Calabria fu trasferito dal Salento al Bruzio e designò dapprima l'intera penisola calabra a S del corso del fiume Sinni, poi il territorio a Mezzogiorno del massiccio montuoso del Pollino. In età medievale fu divisa amministrativamente in Calabria Citeriore e Ulteriore, a loro volta variamente suddivise nei diversi momenti storici. I termini Citeriore e Ulteriore restarono in uso fino agli inizi del sec. XX.
Territorio: morfologia
La struttura morfologica della Calabria è piuttosto complessa. I rilievi, che si presentano perlopiù sotto l'aspetto di massicci e gruppi isolati, separati da valloni o da selle, sono molto antichi, se si esclude il gruppo calcareo mesozoico del Pollino, e costituiti da formazioni rocciose in massima parte intrusive o sedimentarie, spesso metamorfosate. Il massiccio del Pollino si erge al confine con la Basilicata: culmina a 2267 m nella Serra Dolcedorme, spingendo a SW le sue propaggini fino all'insellatura del passo dello Scalone (740 m). Qui si chiude l'Appennino Lucano e ha inizio l'Appennino Calabro, con un allineamento di rilievi, la Catena Costiera (detta anche Paolana), che si allunga compatto verso SSE tra la stretta cimosa costiera tirrenica e il profondo Vallo del Crati fino al basso corso del Savuto. Questo vallone, che separa nettamente la Catena Costiera dall'altopiano della Sila, è una profonda fossa parallela all'asse appenninico che il fiume Crati percorre a valle di Cosenza, in direzione SN, prima di attraversare l'ampia e terrazzata piana di Sibari, che si apre tra il Pollino e la Sila. Quest'ultima è una vasta regione di alteterre dall'aspetto alpino, rivestite di fitti boschi di latifoglie e aghifoglie, che si estendono a S fino alla valle del Corace; l'altopiano, che si eleva in media tra i 1200 e i 1400 m, ma raggiunge nel monte Botte Donato i 1928 m, presenta pendii scoscesi ai margini e una superficie dolcemente ondulata, attraversata in direzione NW-SE da dorsali e groppe arrotondate. A S della Sila la Calabria si restringe, in corrispondenza dei golfi di Sant'Eufemia e di Squillace, nel basso “istmo di Catanzaro” o “di Squillace” (insellatura di Marcellinara, 251 m); al di là di esso hanno inizio le Serre, che si spingono a SW con un duplice allineamento montuoso fino a congiungersi direttamente con l'Aspromonte. Sul versante tirrenico, tra i golfi di Sant'Eufemia e di Gioia, si innalza isolato, appena a N della piana di Gioia Tauro, il gruppo granitico del monte Poro (710 m); a S di questa vasta conca, caratterizzata da ampi ripiani digradanti verso il Tirreno, si erge, infine, l'acrocoro dell'Aspromonte, che tocca i 1955 m nel Montalto, spingendo a raggiera i suoi boscosi contrafforti terrazzati. Le pianure sono molto limitate e coprono soltanto il 9% del territorio. Tra le più importanti ricordiamo la piana di Gioia Tauro, che è anche la più grande, quella di Sant'Eufemia e quella di Scalea lungo il versante tirrenico; sul mar Ionio troviamo, partendo da N, quelle di Sibari, di Crotone e, infine, quella di Locri. Per il resto una stretta fascia pianeggiante segue quasi sempre la forma delle coste. Queste si presentano basse e sabbiose sul versante ionico fino a Reggio di Calabria, mentre sul Tirreno quelle ripide e scoscese si alternano a quelle sabbiose e basse in prossimità delle pianure. Per la forma allungata della penisola e la disposizione dei rilievi, i fiumi non hanno generalmente un significativo sviluppo, se si eccettuano il Crati e il Neto, che sfociano nel mar Ionio. Tributano pure allo Ionio, ma hanno un corso molto più breve, il Trionto, il Tacina e il Corace, che, come il Neto, scendono dalla Sila; da questo altopiano hanno origine anche il Savuto e il Lamato, i maggiori fiumi del versante tirrenico. Gli altri corsi d'acqua sono ancora più brevi, hanno regime torrentizio e scorrono entro ampi alvei ciottolosi, per gran parte dell'anno asciutti, ma che possono repentinamente riempirsi in occasione di piogge violente: si tratta delle tipiche fiumare dell'Italia meridionale. I laghi principali sono quelli di sbarramento artificiale di Cecita, Arvo, Ariamacina e Ampollino, sull'altopiano della Sila.
Territorio: clima
Il clima è mediterraneo nelle fasce costiere, con inverni miti e piovosi ed estati calde e asciutte; procedendo verso l'interno si accentuano progressivamente la piovosità e diminuiscono le temperature sia medie sia minime, specialmente sui rilievi più elevati, dove comunque a inverni assai freddi si alternano estati piuttosto fresche. "Per le precipitazioni vedi cartina al lemma del 4° volume." "Vedi cartina delle precipitazioni vol. V, pag. 170" Le precipitazioni, prevalentemente concentrate nei mesi invernali, sono abbondanti nelle aree più elevate, soprattutto in quelle del versante tirrenico, più esposto ai venti occidentali, ma si riducono sensibilmente, fino a raggiungere valori modesti, nelle pianure e nelle cimose costiere.
Territorio: demografia
"Per la demografia vedi cartine e grafici al lemma del 4° volume e cartina a pag. 130 dell'Aggiornamento 1990." "Vedi cartina della densità di popolazione vol. V, pag.170" La popolazione della Calabria non è distribuita uniformemente sul territorio; infatti, vive in prevalenza accentrata nella zona pianeggiante e in quella di mezza montagna, dove le condizioni di vita sono più favorevoli: specialmente sul versante tirrenico della Catena Costiera, nel Vallo del Crati, nella piana di Gioia Tauro, nell'istmo di Catanzaro, sulla cimosa costiera dello stretto di Messina e ai margini del Poro e delle Serre. La popolazione ebbe una crescita fino al 1951; successivamente, a causa di una migrazione che interessò 700.000 persone che si trasferirono soprattutto nell'Italia settentrionale in via di industrializzazione (ma anche in Svizzera e in Germania), diminuì. Dagli anni Settanta circa la popolazione riprese a crescere, con una pausa nel periodo 1991-99 dovuta ancora al persistere di un certo flusso migratorio verso altre regioni italiane. Risulta, invece, in aumento il numero di stranieri con regolare permesso di soggiorno, anche se per essi la regione è più area di passaggio che meta d'insediamento. Va ricordato che la Calabria può vantare la popolazione più giovane d'Italia, dopo la Campania.Sono presenti in Calabria, soprattutto in provincia di Cosenza, numerosi comuni abitati da popolazioni di origine albanese, qui immigrate nei sec. XV-XVI, che conservano tuttora la parlata originaria e, in qualche caso, anche il rito religioso greco. Molto più ridotta è invece la colonia greca della provincia di Reggio di Calabria, dove nei comuni di Bova, Roghudi, Condofuri e Roccaforte del Greco una minoranza degli abitanti parla ancora un dialetto greco, sulla cui origine (se di età classica o bizantina) gli studiosi non sono concordi. A Guardia Piemontese, in provincia di Cosenza, infine, si parla un dialetto provenzale, eredità di un'immigrazione di valdesi qui giunti fra il sec. XIII e il sec. XIV.
Territorio: struttura urbana e vie di comunicazione
Il secolare isolamento della Calabria – in età preunitaria comunicante con il resto d'Italia solo attraverso la lunga “strada delle Calabrie”, percorso interno fra i monti reso pericoloso dalle nevi e dal banditismo – venne spezzato solo nella seconda metà dell'Ottocento dalla costruzione delle ferrovie costiere, e poi, un secolo dopo, dall'autostrada Napoli-Reggio di Calabria (A3). Ancora oggi, tuttavia, la Calabria soffre della sua perifericità geografica, anche se la principale linea ferroviaria, la Salerno-Reggio di Calabria, è stata rettificata e raddoppiata, nonché unita a Cosenza da una galleria che ha sostituito la vecchia ferrovia di valico. È soprattutto la A3 ad apparire ancora inadeguata, anche per l'insufficiente manutenzione. È entrato in funzione, alla fine del 1996, il porto di Gioia Tauro, attrezzato per diventare il principale centro del Mediterraneo per il trasbordo di merci attraverso container, sulla rotta fra l'Estremo Oriente, l'Europa settentrionale e il Nordamerica; lo scalo presenta una tendenza alla crescita sia per la movimentazione di container, sia per il totale di merci imbarcate e sbarcate, sia, infine, per il numero di navi transitate. Altrettanto importante è il porto di Reggio di Calabria, soprattutto per il movimento passeggeri verso la Sicilia. Il traffico aeroportuale della Calabria mostra progressivi aumenti del numero dei passeggeri, il più elevato dei quali interessa l'aeroporto di Lamezia Terme. L'aeroporto di Reggio di Calabria accoglie gran parte del traffico passeggeri diretto a Messina; le due città, infatti, sono collegate da un servizio rapido di traghetti e aliscafi, e grazie anche ad altre sinergie è in via di formazione una e vera e propria “conurbazione” dello stretto.
Territorio: ambiente
Un territorio montuoso quasi completamente circondato dalle acque, interessato da una forte attività sismica, dove in brevissimo tempo si può passare da ambienti tipicamente marini e di macchia mediterranea a fitti boschi di alta montagna, dove fiumi impetuosi scavano gole profonde fra alte pareti di roccia: così si presenta la Calabria, una regione fra le più ricche di ambienti naturali diversi e di presenze faunistiche interessanti, con un'area protetta fra le più vaste d'Italia (13,4% della superficie regionale); con il Parco Nazionale del Pollino, che si estende nella vicina Basilicata, il Parco Nazionale della Sila, il Parco Nazionale dell'Aspromonte, numerose riserve naturali statali e l'Area Marina Protetta Capo Rizzuto. Quest'ultima, in un susseguirsi di tratti sabbiosi e rocciosi, comprende otto promontori fra fondali ricchi di specie vegetali e animali sottomarine, e un entroterra dominato dalla pineta con esemplari di lentischi, mirti, capperi, tamerici, ginestre e ginepri. Non sempre la costa riesce a conservare la sua originale bellezza, spesso rovinata da un'eccessiva espansione edilizia.Fra le numerose comunità montane della regione, molto attive nel promuovere lo sviluppo locale, soprattutto nel settore agricolo e agroalimentare, si segnala quella del Pollino, caratterizzata dalla presenza di diversi comuni costituiti da minoranze albanesi, di cui conserva le tradizioni, gli usi e i costumi; assume, infatti, la denominazione di Comunità Montana italo-arbëreshe del Pollino. A Lungro, il più importante dei comuni albanofoni che la compongono, ha sede l'Istituto per lo studio, la conservazione e la divulgazione del patrimonio etnomusicologico albanese. Iniziative per la difesa e valorizzazione delle minoranze (grecanica sul versante meridionale dell'Aspromonte e occitana a Guardia Piemontese) sono proprie anche di altre comunità montane. Alla Comunità Montana del Savuto si deve un vasto impegno relativo alla produzione dell'omonimo vino DOC; e da segnalare è anche la creazione da parte della Comunità Montana del Versante Tirrenico Meridionale di un centro fieristico per la commercializzazione di prodotti locali.
Economia: generalità
"Per l'economia vedi cartine, tabelle e istogrammi al lemma del 4° volume e istogrammi al lemma degli Aggiornamenti 1990 e 1995." "Per l'economia vedi cartine, tabelle ed istogrammi vol. V, pagg. 170 e 171" Isolata per la difficoltà delle comunicazioni, priva di rilevanti centri urbani e quindi gravitante verso Napoli e la Sicilia, oppressa da una feudalità non interessata a potenziare l'economia, la Calabria ha conosciuto dal Medioevo in poi un destino di povertà, da cui non si è ancora risollevata, malgrado i notevoli miglioramenti del tenore di vita verificatisi nella seconda metà del sec. XX. "Per l'istruzione vedi tabella vol. V, pag. 171" "Per l'istruzione vedi tabella al lemma del 4° volume." Alla fine del Novecento la regione presenta il più basso reddito pro capite d'Italia, e il valore delle sue esportazioni – costituite ancora in gran parte da prodotti agricoli – è anch'esso all'ultimo posto, essendo pari a poco più dello 0,1% delle esportazioni totali nazionali. La riforma agraria del secondo dopoguerra, l'intervento dello Stato attraverso la Cassa per il Mezzogiorno, la massiccia emigrazione verso il Norditalia e la Germania degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, e la costruzione della A3 Napoli-Reggio di Calabria hanno alleggerito le condizioni di arretratezza della regione, ma l'economia stenta comunque a decollare.
Economia: agricoltura, allevamento e pesca
Nel quadro dell'economia calabra l'agricoltura, favorita negli ultimi decenni del sec. XX dall'introduzione di colture più redditizie e dall'impiego sempre maggiore di macchine e di fertilizzanti chimici, ha un ruolo abbastanza importante, anche se un più efficiente impiego delle risorse comunitarie ha portato al ridimensionamento del numero degli addetti al settore (che costituiscono comunque ancora il 12% degli occupati, la percentuale più alta d'Italia) ed è diminuita la produzione lorda vendibile, per effetto sia della flessione delle quantità, sia del calo dei prezzi di alcune colture. Si producono in prevalenza cereali, ortaggi, uva da vino, olive, agrumi (oltre ad aranci e limoni, anche colture altamente specializzate come il bergamotto, la limetta e il cedro, quest'ultimo specifico di una ristretta zona del litorale tirrenico cosentino), patate e barbabietole da zucchero. Risultati positivi sono stati conseguiti nel comparto vinicolo: la migliore qualità delle uve e la crescente diffusione delle produzioni DOC nelle aree del Crotonese hanno consentito una commercializzazione dei vini a prezzi più elevati, nonostante le forti pressioni concorrenziali da parte di paesi extraeuropei. Un certo interesse ha lo sfruttamento boschivo, mentre la pesca e l'allevamento del bestiame rivestono un ruolo secondario.
Economia: industria
L'industria costituisce un settore di particolare debolezza, testimoniata dalla bassa quota di forza lavoro che assorbe (20% degli occupati) e dalla mancanza di veri e propri distretti industriali: la riconversione attuata nelle poche aziende presenti ha prodotto, inoltre, un notevole calo dell'occupazione, senza che si siano verificati nuovi insediamenti di qualche rilievo, mentre alcune iniziative avviate nell'ambito della politica di sostegno alle regioni del Mezzogiorno si sono rivelate estremamente fragili e non in grado di promuovere un decollo economico. Così pure il progetto di un grande impianto siderurgico nella piana di Gioia Tauro, iniziato e mai portato a termine, è stato dapprima riconvertito a centrale termoelettrica, quindi ridotto ancora a porto container. Le industrie tessili e le officine meccaniche di Reggio di Calabria, insieme alla piccola industria dispersa nella regione, non riescono da sole a fornire un adeguato supporto economico alla Calabria.
Economia: servizi
Il settore terziario (68% degli occupati) contribuisce più di ogni altro alla formazione del reddito regionale; dominanti risultano, però, la pubblica amministrazione e il piccolo commercio, protagonisti della distorta crescita occupazionale degli ultimi decenni. Carente rimane il ramo finanziario; il turismo sta segnando, invece, ogni anno di più risultati positivi, contribuendo alla sostanziale tenuta del settore terziario: i flussi turistici crescono sia in termini di presenze sia di arrivi. L'intensa attività promozionale svolta dagli operatori regionali ha favorito l'intensificazione dei rapporti tra tour operator stranieri (soprattutto tedeschi e canadesi) e italiani, determinando un notevole incremento dei voli charter da e per la Calabria. I flussi turistici, che nella grande varietà di ambienti, nelle risorse paesaggistiche dell'entroterra e nel patrimonio storico-culturale potrebbero trovare motivi diversificati di stimolo, tendono però a concentrarsi nelle località costiere, provocando fenomeni di abusivismo e di incontrollata proliferazione edilizia, che minacciano l'integrità dell'ambiente naturale.
Preistoria
Le più antiche testimonianze della presenza dell'uomo in Calabria sono state rinvenute nel giacimento di Casella di Maida (Catanzaro), con industria preacheuleana databile tra 700.000 e 500.000 anni fa. Un importante giacimento di superficie dell'Acheuleano finale, con bifacciali, hachereaux e strumenti su ciottolo e scheggia (questi ultimi anche di tecnica levalloisiana), è stato individuato in località Rosaneto, nei pressi della foce della fiumara Noce-Castrocucco. Non lontano, livelli musteriani sono presenti nella grotta di Torre Nave (Praia a Mare), con fauna a cervidi e altre specie di ambiente montano, e nella grotta di Torre Talao (Scalea). Una mandibola di bambino neandertaliano è stata rinvenuta ad Archi (Reggio di Calabria); un parietale neandertaliano proviene da Nicotera. Una tra le più importanti sequenze preistoriche italiane è stata identificata nella grotta del Santuario della Madonna, a Praia a Mare, con, dal basso verso l'alto: livelli della fine del Paleolitico superiore (Tardigravettiano), datati a ca. 12.000 anni a. C.; del Mesolitico; di diverse facies del Neolitico medio e superiore; dell'Eneolitico, con ceramica stile Piano Conte; del Bronzo (Protoappenninico e Appenninico); e, infine, di epoca tardoromana (sec. III). Di notevole interesse sono il riparo e la grotta del Romito (Papasidero), con livelli che vanno dal Gravettiano all'Epigravettiano (con datazione a ca. 18.700 a. C.), al Romanelliano (ca. 10.960 a. C.) e al Neolitico. Quattro sepolture sono state rinvenute nei livelli romanelliani; due degli inumati erano affetti da nanismo. Un grande bovide e due animali più piccoli della stessa specie sono stati incisi, in epoca probabilmente corrispondente alle sepolture, su un grosso masso presente nel riparo. L'Età del Bronzo vede la fioritura di alcuni importanti centri, come Torre del Mordillo e Broglio di Trebisacce. All'Età del Ferro sono databili le necropoli a fossa o a grotticella artificiale di Torre Galli, Canale Janchina e Francavilla Marittima.
Storia
La regione fu raggiunta da genti micenee già dal sec. XV a. C. Nei sec. VIII-VII a. C. comparvero le prime colonie greche (Reggio, Sibari, Crotone), che si inserirono nell'assetto indigeno protourbano, modificandolo. Nel sec. VI si ebbe una seconda fase coloniale, funzionale all'espansione dell'area d'influenza greca. Nel sec. V a. C., la vittoria di Sparta su Atene ebbe ampie ripercussioni sul mondo greco occidentale, sottoposto alla pressione dei popoli italici. Mentre le città greche si dotarono di possenti fortificazioni, a partire dal sec. IV a. C. si insediarono stabilmente in Calabria gli Enotri, gli Ausoni e i Siculi, rispettivamente a N, sulla costa tirrenica e all'estremità meridionale della penisola. All'inizio del sec. III a. C., chiamati in aiuto dalle colonie greche, nelle vicende dell'Italia meridionale irruppero i Romani. Il successivo scontro con Cartagine, nella seconda guerra punica, modificò nuovamente gli equilibri politici dell'area, che vide il declino del mondo greco e l'affermarsi del dominio di Roma. Presidiata da colonie romane (Crotone e Tempsa, 194 a. C.; Ipporno, 192 a. C.) e collegata alla capitale dalla strada Capua-Reggio, la regione fu teatro delle guerre servili; fu poi compresa, con la ristrutturazione amministrativa augustea, nella III regione (Lucania et Brutium), diventando una marginale provincia italiana. Pochi esiti ebbero i tentativi di arginarne la decadenza; la crisi dell'Impero d'Occidente e le invasioni barbariche non fecero che accelerare un processo già in atto in tutta la regione almeno dal sec. II. Una timida ripresa si ebbe, grazie alla riapertura dei traffici marittimi (seconda metà sec. VI), con lo stabilizzarsi della dominazione bizantina, che lasciò un'impronta duratura soprattutto nel campo culturale e religioso attraverso l'opera dei monaci basiliani. Parzialmente occupata dai Longobardi (Gastaldato di Cosenza, sec. VIII-IX), ritornò in mano ai Bizantini; questi scacciarono dalla regione anche i Saraceni, che a partire dall'840 avevano stabilito numerose basi lungo la costa (Siberene, l'odierna Santa Severina, Tropea, Amantea ecc.). Succeduti ai Bizantini nel sec. XI, i Normanni introdussero in Calabria il sistema feudale, imperniandolo sui due giustizierati di Val di Crati e di Calabria. La riapertura dei traffici marittimi e terrestri e lo sviluppo del monachesimo benedettino favorirono una notevole ripresa della regione, che continuò nel sec. XIII sotto gli Svevi, quando le lotte tra papato e impero causarono, soprattutto dopo la morte di Federico II, uno scollamento tra la monarchia e il baronato che nemmeno gli Angioini riuscirono a ricomporre. La guerra del Vespro (1282-1302) vide quindi buona parte della nobiltà calabrese parteggiare per gli Aragonesi e presentarsi al termine del conflitto come forza politica semiautonoma, proprietaria di feudi estesissimi e detentrice di poteri giurisdizionali che le assicuravano un dominio pressoché incontrollato sul territorio.Per indebolire le grandi concentrazioni feudali, la monarchia aragonese cercò di ricostruire il demanio regio e sostenne il ceto mercantile e artigiano delle città non infeudate, immettendo anche nel rango baronale famiglie fedeli alla corona. La strategia aragonese non fu ovunque efficace, ma conseguì qualche successo, soprattutto in occasione delle due grandi congiure baronali (1461 e 1485), che ebbero proprio in Calabria uno dei centri più attivi. Queste linee di tendenza, offuscate durante il conflitto franco-spagnolo, riemersero nei primi decenni della dominazione spagnola. Infatti, pur conservando pressoché intatta la sua forza, il baronaggio meridionale abbandonò le velleità di contrapposizione frontale alla monarchia, inviando a corte i suoi più autorevoli esponenti. In Calabria, la conseguenza più importante di questo fenomeno fu l'accentuarsi della vendita, da parte baronale, delle cariche amministrative e fiscali ad agenti locali di scarsa cultura e di dubbia moralità, avvezzi alla prevaricazione e alla violenza; il malcontento della popolazione sfociò in numerose manifestazioni di brigantaggio e di rivolta, ma anche in fughe nei territori controllati dai Turchi. Tra i sec. XV e XVI godettero di un certo sviluppo, soprattutto nel settore tessile (seta e lana), Reggio e Catanzaro, tra i pochi centri liberi da servitù feudali, grazie anche all'apporto finanziario e tecnico delle comunità israelitiche riparate in Calabria in seguito all'Inquisizione spagnola. La grande crisi del Seicento colpì con estrema virulenza la regione, a causa dell'arretratezza delle sue strutture produttive e della modesta estensione dei suoi traffici, peraltro controllati da mercanti liguri e toscani. Il fiscalismo spagnolo non fece che peggiorare le condizioni della popolazione, che in un secolo si dimezzò, passando da 800.000 a 400.000 unità. Coinvolto in una crisi finanziaria di enormi proporzioni fu lo stesso ceto baronale che ricorse a sua volta a un'esasperata leva fiscale e alla violazione dei demani e dei diritti comunitari. La storia calabrese del Seicento e di parte del Settecento è quella di una regione ai margini degli avvenimenti sociali e politici del Meridione, profondamente segnata dal conflitto tra baroni, monarchia e comunità. L'ascesa, dopo la parentesi austriaca, dei Borbone nel 1734 ebbe effetti meno sensibili che nelle altre regioni meridionali; tuttavia, nella seconda metà del secolo, nella struttura sociale calabrese si delinearono degli importanti cambiamenti, con il rafforzarsi della borghesia urbana e la comparsa di quella rurale, proveniente prevalentemente dalle file degli amministratori dei baroni e desiderosa di sostituirvisi. Anche l'economia registrò dei lievi miglioramenti, grazie a una ripresa delle manifatture tessili e delle esportazioni, soprattutto di olio e legname. Dopo l'avvento della Repubblica Napoletana (1799), nella regione trovò terreno fertile l'offensiva sanfedista, anche come reazione dei contadini contro gli avversati “galantuomini”, cioè i borghesi, succeduti ai baroni al comando dei fondi agricoli e delle amministrazioni comunali. La condizione dei contadini migliorò poco anche dopo l'abolizione del regime feudale (1806), tra le prime misure adottate dai francesi dopo il loro ritorno nel 1805; in capo a pochi anni, a causa della carenza di infrastrutture e di capitali, le proprietà medio-piccole furono, infatti, riassorbite nei latifondi. Dopo i moti del 1820-21, severamente puniti a Catanzaro nel 1823, la regione rimase sostanzialmente estranea al movimento risorgimentale e unitario; emblematici a tale proposito sono gli esiti del tentativo rivoluzionario dei fratelli Bandiera (1844), ma anche i violenti rigurgiti del brigantaggio dopo l'Unità d'Italia, che fu più subita che voluta. La crescita della produzione agricola del primo periodo postunitario non fu sufficiente per fronteggiare la crescita demografica, che tra il 1815 e il 1861 vide passare la popolazione calabrese da 800.000 a più di 1.100.000 abitanti; nel 1875 si inaugurò così la stagione degli espatri, che si prolungò fino al 1928 (con la sola pausa della prima guerra mondiale), quando il regime fascista ostacolò drasticamente l'emigrazione. Sostanzialmente risparmiata dai combattimenti della seconda guerra mondiale, la Calabria vide ripartire il conflitto per la terra già dal 1943, con occupazioni di latifondi nel Crotonese. Dal 1950 la realtà calabrese fu profondamente trasformata dagli interventi della Cassa per il Mezzogiorno, soprattutto nel settore agricolo; la creazione di infrastrutture stradali e portuali (Vibo Valentia, Crotone, Reggio) consentì, in seguito, anche un certo sviluppo turistico e industriale. Tra il 1970 e il 1972 la regione fu teatro della contesa per il capoluogo tra Catanzaro e Reggio, dove esplosero violenti disordini.
Arte
Molti sono i luoghi che conservano testimonianze architettoniche e artistiche della colonizzazione greca: Sibari (dove si trovano anche resti della città di età romana), Crotone, Locri, Vibo Valentia, Nicotera e altri. Dalle antiche città greche proviene un'abbondante documentazione della coroplastica e della scultura magnogreche, di cui simboli di fama internazionale sono i “bronzi di Riace” (sec. V a. C.), custoditi nel Museo Nazionale di Reggio. Tra le testimonianze di età romana spiccano le rovine della città di Scolacium; molti sono i resti di ville-fattorie: a Casignana, a Gioiosa Ionica e a Roggiano Gravina. Della Reggio romana restano solo tratti di mura e resti di terme. Massimo documento della cultura paleocristiana è il Codex purpureus rossanensis (sec. V-VI), conservato presso il Museo Diocesano d'Arte Sacra di Rossano. Durante la dominazione bizantina si diffusero gli eremitaggi (laure) e i monasteri basiliani. Si costruirono chiesette a una navata, con una o tre absidi, chiese a pianta basilicale (cattedrale di Gerace, consacrata nel 1045) e a croce libera e, soprattutto, piccole chiese in mattoni, tipiche dell'architettura bizantina del periodo macedone, con pianta quadrata, tre absidi e cinque cupolette, di cui la centrale sorretta da quattro colonne o pilastri (chiese di San Marco, a Rossano; di San Giorgio, nel comune di San Luca; e la “Cattolica”, a Stilo). Dopo la metà del sec. XI, gli invasori normanni eressero imponenti torri cilindriche isolate (come quella di San Marco Argentano) e diffusero forme dell'architettura romanica cluniacense in chiese basilicali a una o tre navate con transetti absidati e molto sporgenti e presbiterio concluso da un'abside semicircolare (parte absidale della cattedrale di Gerace; chiesa di Santa Maria della Roccella, a Borgia; di San Giovanni Vecchio, a Stilo; monastero di Fonte Laurato o abbazia di Santa Domenica, a Fiumefreddo Bruzio, tutte a una navata e tre absidi e pianta a T). Ma anche in epoca normanna si continuarono a erigere chiese di impianto bizantino (come quella di Santa Filomena, nel comune di Santa Severina, di forma semicircolare e due piccole absidi ricavate nel muro). Esternamente è frequente la decorazione arabo-normanna a stelle entro cerchi, archi intrecciati ecc. (chiesa e monastero di Santa Maria del Patire o Pathirion, presso Rossano; chiesa di Santa Maria di Tridetti o Tridenti, nei pressi di Staiti) e non mancano influssi pugliesi nei portali e nelle finestre. L'influenza bizantina, sempre dominante in pittura, è evidente anche in alcune belle decorazioni pavimentali a opus sectile, raffiguranti animali reali o fantastici, come nelle chiese di Sant'Adriano, a San Demetrio Corone (sec. XI-XII), e di Santa Maria del Patire (inizi sec. XII). Insieme si incontrano decorazioni a stucco di tipo arabo, come quelle conservate nel Museo Nazionale di Reggio e provenienti dall'abbazia di Santa Maria di Terreti, e rozzi rilievi romanici fortemente schiacciati, come i resti del protiro proveniente dalla chiesa di Sant'Adriano, a San Demetrio Corone, e custoditi sempre al museo di Reggio. Nel primo Duecento le forme dell'architettura gotica cistercense si diffusero attraverso le fondazioni abbaziali di quest'ordine, di cui la più antica è l'abbazia di Santa Maria della Sambucina, affiliata a Casamari (1196) e da cui a sua volta dipese, dal 1222, l'abbazia di Santa Maria della Matina, a San Marco Argentano. Nell'ambito dell'architettura cistercense rientrano anche l'abbazia di San Giovanni in Fiore, iniziata da Gioacchino da Fiore (fondatore della regola florense, derivata da quella cistercense) e costruzioni secolari, come il duomo di Cosenza (prima metà sec. XIII). Vi sono poi le fortezze federiciane, come quella di Rocca Imperiale. Con la dominazione angioina (1266) si diffuse in scultura e in architettura il gotico angioino, il cui maggiore esempio è la chiesa di Santa Maria della Consolazione, ad Altomonte (sec. XIV). Frequenti furono anche le opere scultoree dei seguaci di Tino da Camaino, mentre in pittura ai modi bizantini tradizionali si affiancarono opere alla maniera di S. Martini e di B. Daddi (Altomonte). Nel Quattrocento e nel Cinquecento l'architettura fu legata alla tradizione locale oppure al gotico durazzesco, mentre il Rinascimento comparve sporadicamente, come documentano qualche castello aragonese (Castrovillari, 1490), alcune torri costiere (Praia a Mare), rare chiese (San Michele, a Vibo Valentia, 1519) e palazzi (palazzo Spinelli, ad Aieta). Va ricordata, inoltre, l'esistenza di chiese di tipo tardobizantino, derivate dall'architettura del monte Áthos, nelle colonie albanesi fondate nel periodo aragonese (1442-1505), come la chiesetta di San Pietro, a Frascineto, con absidi a trifoglio e cupola (tardo Cinquecento). Più vario e interessante si presenta il panorama della pittura nel corso del Cinquecento per la presenza di opere di Antonello da Messina (conservate al Museo Nazionale di Reggio), del figlio Jacobello e del nipote Antonello da Saliba, di dipinti veneziani o di area veneta (polittici di B. Vivarini nella collegiata della Maddalena, a Morano Calabro, e nella parrocchiale di San Giorgio, a Zumpano), toscani, napoletani e catalani, e di icone bizantine prodotte nel Mediterraneo orientale. Ai limitati avvenimenti autoctoni (il tenue filone di affreschi della zona tirrenica tra Verbicaro, Orsomarso, Papasidero, Cirella, Paola; alcuni antifonari miniati conservati alla Biblioteca Civica di Cosenza e ad Altomonte; le prove offerte dagli artigiani del legno e della pietra) si contrappose l'arrivo di oggetti d'arte da Messina e da Napoli. Nell'ambito pittorico prevalse l'apporto siciliano attraverso l'attività dei Gagini e della loro scuola, operosa fino al Cinquecento inoltrato, mentre nella seconda metà del secolo gli eventi più di rilievo furono dapprima l'arrivo, nel 1555, della Madonna del popolo di Giovanni Angelo da Montorsoli nella cattedrale di Tropea, poi di numerose opere di suoi seguaci. Importante per le vicende della scultura in Calabria nel sec. XVI fu la presenza del gruppo di opere giovanili di P. Bernini: le sculture di Morano Calabro (Santa Caterina, Santa Lucia e il ciborio ora nella chiesa della Maddalena), commissionate nel 1591 a Napoli, e la Santa Lucia della chiesa dell'Immacolata a Polistena. La cultura artistica del sec. XVII, dominata dalla forte incidenza della Controriforma cattolica e dalla diffusione degli ordini religiosi, vide delinearsi proprio nei conventi (da Belvedere Marittimo a Corigliano Calabro, da Bisignano a Vibo Valentia, a Catanzaro) una vivace attività autoctona di monaci scultori e intagliatori, che realizzarono statue, cori, altari, cibori e arredi vari ancora custoditi nelle chiese conventuali. Interessante è il filone di scultura lignea affermatosi sulla scia di fra' Umile da Petralia con le notevoli personalità di fra' Diego da Careri, fra' Angelo da Pietrafitta e fra' Giovanni da Reggio. La produzione monastica, tuttavia, non fu esclusiva, poiché nel sec. XVII si distinsero varie botteghe di scalpellini e intagliatori che ebbero grande vitalità nel sec. XVIII. L'influenza napoletana nel Seicento divenne dominante in tutta la produzione artistica, sia locale sia di importazione, come dimostrano le committenze a C. Fanzago (Sant’Ignazio, 1615-16, conservato nella cappella Marincola al cimitero di Catanzaro) e al Battistello (Madonna in gloria del Museo Provinciale di Catanzaro, la tela di Ognissanti a Stilo, l'Ecce Homo del santuario di Paola). Alla Scuola napoletana appartenne il noto pittore calabrese del Seicento M. Preti, che inviò a più riprese varie tele alle chiese del paese natale, Taverna. Queste, riunite nelle chiese di Santa Barbara e di San Domenico, documentano lo svolgimento delle varie fasi dell'opera dell'artista: da quella giovanile (Madonna della Provvidenza e Madonna della Purità) a quella napoletana (Trinità, Battesimo e Presentazione al Tempio), a quella tarda di Malta attestata da vari dipinti, fra cui il Cristo fulminante a San Domenico e il Patrocinio di Santa Barbara nella chiesa omonima. Con l'importante San Nicola che salva il fanciullo coppiere di F. Solimena, nella chiesa di Santa Chiara a Fiumefreddo Bruzio, ebbe inizio l'influsso della cultura barocca (proveniente da Roma, da Napoli e a volte dalla Sicilia), che interessò l'architettura e la scultura, ma soprattutto la pittura. L'impronta più consistente derivò soprattutto dall'ambiente del Solimena, che influenzò la cultura della regione per tutto il sec. XVIII insieme al ritorno al barocco di L. Giordano. Il fatto più interessante che caratterizzò il sec. XVIII fu il delinearsi di una componente culturale autoctona che, soprattutto in ambito architettonico, fiancheggiò l'operosità di architetti e maestranze napoletani, sia nella progettazione e costruzione, sia nella decorazione delle facciate e degli interni, dove, oltre agli stucchi e alle opere in marmo, anche gli arredi lignei contribuivano a creare quegli originali effetti scenografici che costituiscono ancora oggi uno degli aspetti tipici dell'arte della regione. La più originale testimonianza in tal senso è data dalla chiesa di Santa Maria della Serra a Montalto Uffugo, la cui facciata, caratterizzata da un'esuberante decorazione in pietra, con volute, fiori e conchiglie, si leva al termine di un'ampia gradinata. L'opera, forse progettata da G. Calieri (o Calì), fu realizzata dal maestro roglianese N. Ricciulli, operante anche nella chiesa di Montevergine a Paola, dove ripropose, in scala minore, lo stesso tipo di facciata al sommo di una gradinata. Fin dagli inizi del sec. XIX il fervore della ricostruzione seguito al terremoto del 1783 coincise con l'affermazione in tutta la Calabria, ma in special modo nei centri maggiori come Cosenza e Vibo Valentia, della cultura neoclassica, soprattutto nei settori dell'urbanistica e dell'architettura. Nella metà del secolo e nei decenni successivi la regione appare abbastanza inserita nel panorama artistico nazionale: a Catanzaro vennero realizzate importanti costruzioni, fra cui il palazzo Fazzari, dei fratelli E. e F. Andreotti, vero trapianto di cultura rinascimentale fiorentina nel cuore della città; figura di primo piano nell'ambito della pittura napoletana della seconda metà del secolo, al fianco dei Palizzi, di D. Morelli, F. S. Altamura e B. Celentano, fu il calabrese A. Cefaly. In seguito al terremoto del 1908 si determinò un rinnovamento culturale e artistico soprattutto a Reggio di Calabria, dove si annoverano interventi significativi nell'edilizia sia privata (specie in stile liberty) sia pubblica, come i palazzi del Governo e della Provincia. Dopo alcuni esempi di edilizia razionalista durante il ventennio fascista, fra cui il palazzo del Museo Nazionale (1932) a Reggio di Calabria, opera di M. Piacentini, non mancarono nei decenni successivi opere di impegno, come la ricostruzione negli anni Sessanta del Teatro Rendano, a Cosenza, e l'avvio della costruzione dell'Università della Calabria, su progetto del gruppo facente capo a V. Gregotti. Sulla scia del conterraneo U. Boccioni operarono i nuovi futuristi E. Benedetto e A. Marascosi; inoltre si distinse la personalità di M. Rotella che, insieme a Boccioni, contribuì a inserire la Calabria nel circuito dell'arte nazionale e internazionale. Nell'ultimo ventennio del sec. XX i cambiamenti del linguaggio architettonico si rivelarono nei progetti di alcuni edifici pubblici, come il Teatro Nuovo Politeama (1988-2002) di Catanzaro, opera dell'architetto P. Portoghesi: la costruzione richiama nei volumi la forma di uno strumento musicale a corde, come la lira, mentre all'interno la platea a ferro di cavallo rende omaggio all'antico teatro comunale San Carlino, radicando così il nuovo edificio nella tradizione storica locale.
Cultura: generalità
La convivenza fra modernità e tradizione è uno dei tratti caratteristici della Calabria e segna anche la sua vita culturale, che vanta origini molto antiche. Le università di Cosenza, Catanzaro e Reggio di Calabria sono la più aggiornata espressione della valenza culturale della regione, che nel passato accolse grandi pensatori e filosofi. A Crotone fu fondata dal matematico e filosofo greco Pitagora una delle scuole iniziatiche più famose dell'antichità; Serra San Bruno fu così chiamata in memoria del santo che qui morì nel 1101, dopo avervi fondato una certosa e l'ordine dei certosini, mentre San Giovanni in Fiore ospita l'eremo di Gioacchino da Fiore, teologo e filosofo, che sempre in quegli anni del Medioevo di grande fermento spirituale fondò l'ordine florense. Terra di fortissima religiosità dunque e di pensiero intraprendente, spesso in contrasto con i canoni istituzionali, che ha dato i natali a uno dei santi più famosi d'Italia, san Francesco di Paola, anch'egli eremita e taumaturgo di vasto seguito, contraddistinto da un forte impegno sociale in difesa dei poveri. Ma la Calabria vanta anche rappresentanti eminenti della complessità d'interessi propria del pensiero del Rinascimento: B. Telesio, naturalista e filosofo, e T. Campanella che, oltre ai problemi del naturalismo, approfondisce questioni sociali e politiche tracciando nella Città del Sole il piano dello Stato ideale. Oggi la Calabria è ancora emergente in diversi campi: da quello artistico (calabro è M. Rotella, tra i massimi esponenti dell'arte contemporanea, le cui opere sono considerate tra le più innovative del Novecento) a quello cinematografico (di queste terre è G. Amelio) e letterario, dove spicca il nome di C. Alvaro, uno dei più significativi scrittori della prima metà del Novecento.
Cultura: tradizioni
Il patrimonio folcloristico della Calabria trae le sue origini dall'intreccio delle manifestazioni magico-religiose delle antiche culture dei popoli che qui hanno abitato, della Magna Grecia e della cristianità che a queste si è sovrapposta. Ricchissimo è il numero delle feste religiose, fra cui eccellono quelle dedicate all'Assunta o più in generale collegate al culto della Madonna e celebrate, specie in maggio, agosto e settembre, in molti santuari (in particolare si ricordano quella della Madonna della Montagna di Polsi presso San Luca che richiama pellegrini da tutta la regione, quella della Madonna del Mare a Marina di Gioiosa Ionica e quella della Madonna di Portosalvo a Melito di Portosalvo legate alla cultura marinara); quelle dedicate al Crocifisso e quelle patronali che onorano in particolare san Francesco di Paola, san Rocco e i santi Cosma e Damiano (Serra San Bruno festeggia il suo santo, taumaturgo e patrono degli ossessi, con la traslazione delle sue reliquie). Il repertorio dei festeggiamenti comprende l'immancabile concerto della banda musicale e gli spettacoli di fuochi artificiali, spesso grandiosi, ma è qualificato talvolta da manifestazioni singolari, come le danze di coloratissimi “giganti” di cartapesta raffiguranti personaggi mitici alla sfilata dei giganti di Palmi; la danza dei ceri in onore della Madonna del Monte di Plataci, eseguita portando sul capo ceste (cinte) sormontate da una corona di candele; la processione della Varia (macchina scenica mobile che rievoca l'Assunzione di Maria) a Palmi corrispondente alla medesima festa di Messina dedicata alla Madonna della Sacra Lettera (patrona di entrambe le città). Molto sentiti sono i riti della Settimana Santa, con sacre rappresentazioni e processioni: fra queste si distingue quella di Nocera Terinese dove il rito dei vattienti vede i fedeli, coronati di spine, battersi a sangue polpacci e cosce con punte di vetro infisse in un pezzo di sughero alla maniera dei flagellanti medievali; mentre nella Calabria meridionale l'Affrontata è la rappresentazione fortemente drammatica dell'incontro fra la Madonna Addolorata, san Giovanni e Cristo Risorto. Anche il Carnevale vive la sua rituale kermesse a San Sosti con la simbolica rappresentazione in costume dei mesi e del Capodanno e a Castrovillari dove il Carnevale del Pollino ha acquistato notorietà soprattutto da un punto di vista folcloristico. Le lamentazioni delle prefiche, al cospetto dei morti, è un'usanza che appartiene ormai al passato, sebbene in alcune località dell'entroterra calabro, in rarissime occasioni, si possa udire il loro pianto (rèpitu). Resistono invece leggende e miti, collegati a eventi altrimenti inspiegabili, che aleggiano attorno a luoghi o borghi abbandonati; basti ricordare i mostri Scilla e Cariddi, che presidiano lo stretto di Messina, e, legato allo stesso braccio di mare, il fenomeno della “morgana” (effetto ottico creato dal caldo e assimilabile a una visione). In alcuni centri, come Scilla o Bagnara, è ancora diffusa la pesca al pesce spada, che si pratica utilizzando sia imbarcazioni moderne, caratterizzate da materiali resistenti, sia le tradizionali feluche. L'artigianato presenta tuttora aspetti di vivo interesse folcloristico ed è ampiamente documentato nel Museo Calabrese di Etnografia e Folclore “Raffaele Corso” di Palmi. Famosi i tappeti di San Giovanni in Fiore e di Longobucco, i tessuti di lana e di seta (come le pezzare del Cosentino e il vancale, o scialle, di Tiriolo) e le ceramiche (anfore, orcioli, piatti ecc., specie nella zona di Seminara, ma anche oggetti ispirati all'arte della Magna Grecia in diversi centri come Locri, Bagnara Calabra, Gerace, Sibari e Squillace). Conocchie intagliate secondo forme di antica ascendenza mediterranea, posate e altri utensili di legno sono i prodotti di un'ormai pressoché scomparsa arte dei pastori, ma di cui ancora si trovano sopravvivenze nelle Serre e sulla Sila Greca. Tuttora identici ai modelli importati dai paesi d'origine sono i costumi in uso nei centri fondati o ripopolati fra il Quattrocento e il Cinquecento da colonie di profughi albanesi (Spezzano Albanese, San Martino di Finita, Lungro ecc.), dove sopravvivono anche canti, danze e altri usi originari, e i costumi, soprattutto femminili, dell'isola etnico-linguistica valdese di Guardia Piemontese, dove sussistono, portati dagli antichi profughi piemontesi, il dialetto provenzale e varie manifestazioni di poesia popolare.
Cultura: enogastronomia
I tanti popoli e dominazioni che hanno caratterizzato nel tempo la Calabria hanno lasciato tracce anche nella cucina, semplice come tutta quella del Meridione d'Italia e forte di ingredienti genuini e freschi. Pane, pasta, maiale, agnello, capretto e verdura rappresentano i principali ingredienti dei piatti regionali. Tra le specialità ricordiamo le frise (panelle di grano cotte al forno e da condire con pomodoro fresco e olio), la pitta o pizza ripiena, la minestra di fave detta fave a macco, la ’nduja (insaccato di maiale conservato e aromatizzato in modo molto piccante), la soppressata (un altro saporitissimo insaccato), le stigghiole (interiora di capretto o agnello), la parmigiana di melanzane, il pesce spada e il tonno, i butirri (caciocavalli di piccole dimensioni con un cuore di burro) e il peperoncino. Svariati sono poi i dolci, tra i quali citiamo i fichi a crucetta (farciti con noci, mandorle o scorze di cedro), i mostaccioli di Soriano Calabro, le zeppole, le susumelle, lescalille o scaledde, la cuddura, che sono spesso legati a particolari ricorrenze. I vini non sono molti, ma hanno hanno una loro tradizione: il cirò rosso ha la dicitura DOC dal 1969 e il savuto rosso dal 1975; a essi si affiancano, fra gli altri, il lamezia, il pollino e il sant'anna di Isola di Capo Rizzuto. A concludere il pasto è spesso il liquoroso zibibbo, ottenuto da uve passite bianche. Prodotti a marchio DOP sono: il formaggio caciocavallo silano; i salumi capocollo, pancetta, salsiccia e soppressata di Calabria; gli oli d'oliva Bruzio e Lametia; il bergamotto di Reggio di Calabria, mentre alla clementina di Calabria è stato riconosciuto il marchio IGP.
Per la geografia
F. Ippolito, Geologia dei dissesti calabresi, Napoli, 1955; M. Brandon Albini, Calabre, Grenoble, 1957; A. De Philippis, Il clima dell'Italia meridionale nei suoi rapporti con la vegetazione, Bari, 1957; F. Ippolito, Calabria, Napoli, 1959; G. Greco-Naccarato, Calabria oggi, Milano, 1962; L. Gambi, Calabria, Torino, 1965; S. Caldaretti, G. Imbesi, Elementi di definizione di una struttura urbana, Roma, 1980.
Per la preistoria
D. Topa, Le grotte ossifere di Cirella e di Scalea e il Paleolitico in provincia di Cosenza, Palmi, 1933; L. Cardini, A. C. Blanc, Prospezioni nei dintorni di Praia a Mare ed a Scalea, Roma, 1962; B. D'Agostino, La civiltà del Ferro nell'Italia meridionale e in Sicilia, in Popoli e Civiltà dell'Italia Antica, vol. II, Roma, 1976; S. Settis (a cura di), Storia della Calabria antica, Reggio di Calabria, 1987.
Per la storia
Autori Vari, Atti del I congresso storico calabrese, Roma, 1956; G. Cingari, Per una storia della società calabrese nel secolo XVI, Cosenza, 1957; U. Caldora, Calabria napoleonica (1806-1815), Napoli, 1960; Autori Vari, Atti del II congresso storico calabrese, Napoli, 1962; U. Bosco, A. De Franciscis, G. Isnardi, Calabria, Roma, 1962; G. Tursi, La Calabria nel risorgimento nazionale, Cosenza, 1967; C. A. Willemsen, D. Odenthal, Calabria, Bari, 1967; V. Baresi, La scomparsa del latifondo, Cosenza, 1981.
Per l'arte
V. Zanotti-Bianco, Archivio storico per la Calabria e la Lucania, XXIV, 1955; G. Martelli, Chiese monastiche calabresi del secolo XV, Palladio, VI, 1956; A. Frangipane, Calabria ignota, Messina, 1957; G. Barrio, Antichità e luoghi di Calabria, Cosenza, 1978.
Per il folclore
E. Calderini, Il costume popolare in Calabria, Milano, 1934; Roussel de Fontanès, Il costume femminile in Calabria, Palmi, 1961; R. Lombardi Satriani, Racconti popolari calabresi, Cosenza, 1963; F. Alfano, Calabria-Inchiesta, Bari, 1972; E. Alvaro, Il carnevale in Calabria, Cosenza, 1980.