Lessico

Sm. [sec. XVIII; dal latino infartus, pp. di infarcīre, insaccare].

1) Necrosi di un tessuto per mancato o ridotto afflusso di sangue arterioso, dovuto a embolia, trombosi, graduale stenosi del lume da endoarterite obliterante del vaso decorrente. Se a valle del punto ostruito l'arteria possiede sufficienti anastomosi con i vasi arteriosi vicini, il blocco può non avere conseguenze; se invece le anastomosi mancano o sono insufficienti si ha l'infarto del tessuto.

2) Fig. scherzoso, colpo, accidente, di cosa che sorprende violentemente: vedendolo mi è venuto un infarto.

Medicina: le sedi dell'infarto

Ossa, cute, fegato, utero, muscolatura volontaria, tiroide sono raramente sede di infarto, mentre lo sono più di frequente milza, cuore, reni, cervello, retina,ipofisi, organi dotati di arterie terminali, provviste nel loro decorso di scarse anastomosi. Nella sede dell'infarto si nota un'attiva proliferazione di fibroblasti, una neoformazione di vasi capillari e un'imponente migrazione di elementi di reazione destinati a rimuovere il tessuto necrotico, sia direttamente, inglobando per fagocitosi i suoi frammenti, sia indirettamente, provocandone l'autolisi con l'apporto di fermenti proteolitici. Come fase ultima del processo di organizzazione, la zona dell'infarto viene trasformata in una cicatrice dura, compatta e retraente. In tutti gli infarti si notano istologicamente dei fenomeni emorragici, più o meno intensi secondo le condizioni in cui si trova il sistema venoso corrispondente alla zona; se i vasi venosi di deflusso sono privi di valvole e pervi e se in essi si ha una stasi di sangue per reflusso ematico nell'area dell'infarto, questa assumerà sempre più un distinto aspetto emorragico. Il territorio interessato dall'infarto presenta in genere una consistenza aumentata rispetto al tessuto normale; ciò è dovuto al processo di coagulazione cui vanno incontro le sostanze proteiche nel distretto necrotico. Dove l'organo è povero di tali sostanze, come a livello dell'asse cerebrospinale, l'infarto è invece molle e va rapidamente incontro a fluidificazione (rammollimento).

Medicina: l'infarto miocardico

L' miocardico è dovuto a occlusione improvvisa di un ramo principale delle arterie coronarie che irrorano il cuore e che, nella maggior parte dei casi, è determinata da un trombo formatosi acutamente, spesso associato alla rottura di una placca aterosclerotica nel vaso. In Italia, come in tutti i Paesi a economia avanzata, rappresenta di gran lunga la prima causa di morte. Le donne sono in genere meno esposte degli uomini al rischio di crisi cardiache a causa del ruolo protettivo svolto dagli estrogeni. Quando però sono colpite da un infarto, corrono un maggior pericolo di morte. Uno studio pubblicato sulla rivista Annals of Internal Medicine, svolto tra il 1975 e il 1995 negli ospedali di Worcester nel Massachusetts, su 6.800 pazienti affetti da crisi coronariche, ha dimostrato per la prima volta come nei due anni seguenti a un infarto le donne sotto i 60 anni soccombono più facilmente degli uomini. L'incidenza dei decessi nelle donne è infatti superiore di ca. il 50%. L'infarto è caratterizzato, nella forma tipica, da improvvisa insorgenza di dolore intenso, costrittivo o gravativo (senso di oppressione o di peso), prolungato, in pieno benessere o precorso da lievi disturbi a riposo oppure dopo pasti copiosi o dopo sforzi; il dolore tipico compare nella regione precordiale e sternale e può irraggiarsi alla mandibola, a uno (in genere il sinistro) o a entrambi gli arti superiori, al dorso, specie nella regione interscapolare, talora all'epigastrio; possono essere presenti astenia, agitazione, dispnea, disturbi gastrointestinali quali nausea evomito, pallore cutaneo, polso frequente e piccolo talora aritmico, alterazione dei valori pressori arteriosi. Frequenti sono le forme di infarto atipiche e incomplete in cui il dolore è modesto e atipico, talora passa addiritura inosservato (infarto silente) e così gli altri sintomi; spesso la sintomatologia è riferita all'epigastrio, e somiglia a quella di una crisi gastritica acuta o di perforazione di ulcera gastroduodenale o di colica epatica; talora il sintomo di esordio è una sincope. Nei casi più gravi, possono comparire ipotensione marcata fino allo shock, edema polmonare o aritmie gravi (per esempio fibrillazione ventricolare). Le indagini di laboratorio possono mostrare leucocitosi, aumento della velocità di eritrosedimentazione, della transaminasi e della glicemia, ma i parametri più tipici sono l'aumento della creatinchinasi di origine cardiaca (CK-MB), che si rileva in circolo entro 6 ore dalla necrosi miocardica, e delle troponine. L'indagine che di solito permette la diagnosi di infarto miocardico è l'elettrocardiogramma, che mostra tipiche alterazioni del tracciato. L'ecocardiogramma può essere utile, specie nei casi dubbi, per documentare alterazioni della cinesi cardiaca espressione del danno ischemico, o la presenza di trombi endocavitari, o ancora eventuali rotture del setto o dei muscoli papillari. Sempre più importanza viene data alla prevenzione. Da tempo è documentato che il rischio cardiovascolare dipende dalla somma e dall'interazione di tutti i principali fattori di rischio: familiarità, sesso maschile, età, diabete mellito, fumo di sigaretta, ipertensione arteriosa, dislipidemia, sovrappeso corporeo, sedentarietà. Le norme di prevenzione comprendono pertanto un'alimentazione povera di grassi soprattutto animali, la correzione del sovrappeso corporeo, l'abolizione del fumo di sigaretta, il controllo dei valori pressori e glicemici, un'attività fisica regolare. Diverse sono le complicanze dell'infarto miocardico, alcune delle quali potenzialmente mortali: aritmie (bradicardia, tachicardia, fibrillazione o flutter atriale, blocco atrioventricolare di vario grado, fibrillazione ventricolare), shock cardiogeno, insufficienza acuta del ventricolo sinistro, pericardite, embolie sistemiche o polmonari a partenza da trombi endocardiaci, rottura della parete cardiaca o del setto interventricolare, formazione di aneurismi ventricolari per indebolimento delle pareti cardiache. La quantità di muscolo cardiaco compromesso dal punto di vista contrattile può variare da un'area estesa, con marcata compromissione sulla funzione cardiaca globale, a un'area limitata e pressoché ininfluente sulla performance cardiaca. Fondamentale per limitare i danni è la tempestività dell'intervento, che si basa sull'esecuzione d'urgenza di un'angioplastica coronarica in sala emodinamica durante coronarografia, in grado di disostruire immediatamente il vaso coronarico, o sulla somministrazione di farmaci trombolitici. La terapia farmacologica d'urgenza si basa sulla somministrazione di nitroderivati, ossigenoterapia, morfina per il controllo del dolore, eventualmente farmaci antiaritmici, inotropi, diuretici in caso di complicanze. È necessario il riposo a letto con mobilizzazione graduale del paziente superata la fase acuta, da effettuare preferibilmente presso adeguate strutture per la riabilitazione cardiologica.

Medicina: l'infarto polmonare

L'infarto polmonare è dovuto a tromboembolia che origina da vene o varici degli arti inferiori (tromboflebiti) o da vene addominali (interventi laparatomici) o da cavità cardiache di destra (endocarditi) o per trombosi dei vasi polmonari (sclerosi vasale o stasi del piccolo circolo da insufficienza cardiaca). I sintomi sono: dolore toracico acuto improvviso, dispnea, tachicardia, cianosi, espettorato ematico, collasso; se l'infarto è superficiale si riscontrano ipofonesi, rantoli a piccole bolle, sfregamenti pleurici; se sono occlusi i rami maggiori si ha morte asfittica in pochi minuti; se si tratta di emboli settici o di infezione secondaria, all'iniziale apiressia seguono febbre e segni di flogosi polmonare acuta, talora anche ascessi polmonari ed empiemi pleurici. Un riflesso pneumo-coronaro-costrittore può portare alla sintomatologia della cardiopatia polmonare acuta con angina e segni elettrocardiografici di insufficienza coronarica acuta. La diagnosi si avvale dell'indagine clinica e di quella radiologica.

Medicina: l'infarto cerebrale

L'infarto cerebrale (o ictus ischemico) è considerato la terza causa di morte in Italia, dopo la cardiopatia ischemica e i tumori. Si manifesta di solito all'improvviso, senza segni premonitori, ed è determinato da spasmi vascolari, da restrizione del lume vasale per sclerosi, da trombosi, da embolia. Quasi sempre è tuttavia provocato o è in relazione con l'arteriosclerosi delle carotidi, cioè con la presenza di placche di grasso adese alle pareti delle arterie del collo che portano il sangue al cervello. Una condizione, questa, favorita dall'ipertensione arteriosa, dal diabete mellito, dall'elevata concentrazione di colesterolo nel sangue, dal fumo attivo e passivo, dall'obesità, dalle alterazioni della coagulazione del sangue, dalla sedentarietà e dalle cardiopatie. Probabilmente si eredita anche una certa predisposizione a essere colpiti da questo disturbo. Alcuni fattori di rischio, come per esempio l'ipertensione arteriosa, sono infatti spesso presenti nelle persone che appartengono a uno stesso gruppo familiare. La sintomatologia, di solito a esordio brusco con deficit neurologico e con decorso fatale o in altri casi tendente al miglioramento, varia secondo la regione colpita e spesso è simile a quella dell'ictus cerebrale emorragico. Una semplice ecografia al collo permette di formulare una diagnosi precoce e non invasiva e di individuare i soggetti a rischio da trattare con opportune terapie. La diagnosi si basa tuttavia anche sull'indagine clinica e su quella radiologica. La TAC è utile soprattutto per differenziare un infarto da un'emorragia o una neoplasia e per diagnosticare l'ictus in fase acuta. L'arteriografia è indicata nei casi dubbi o quando si sospetti un'ostruzione vascolare aggredibile chirurgicamente. Gli esami di laboratorio non sono specifici. L'esame del liquor può presentare un lieve e transitorio aumento dei leucociti, una riduzione del glucosio e un aumento delle proteine. Una volta superato l'episodio acuto è importante una pronta terapia riabilitativa psico-motoria.

Medicina: l'infarto intestinale

L'infarto intestinale, provocato dall'occlusione trombotica o embolica di un'arteria mesenterica, specie della mesenterica superiore, determina la gangrena delle anse interessate per invasione della flora intestinale ed evolve quindi verso la perforazione e la peritonite. La terapia è chirurgica d'urgenza.

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