diabète
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Sm. [sec. XV; dal greco diabḗtēs, propr. sifone, da diabánein, passare attraverso]. Denominazione di diverse condizioni morbose con eziologia e patogenesi indipendenti.
Medicina: diabete mellito
Tra le varie forme di diabete, il cosiddetto diabete mellito è la più importante. È una sindrome dismetabolica che interessa il metabolismo glicidico, proteico, lipidico, nonché il ricambio idrico ed elettrolitico, ed è essenzialmente caratterizzata da una ridotta utilizzazione del glucosio a livello dei tessuti conseguente a una carenza assoluta o relativa dell'insulina, l'ormone secreto dalle cellule beta del pancreas endocrino (isole di Langherans). Sebbene l'ereditarietà abbia un peso non trascurabile sulla comparsa del diabete, al fattore genetico si associa l'intervento di vari fattori esogeni ed endogeni, la cui azione diabetogena si realizza con due fondamentali meccanismi: A) riducendo la produzione di insulina per azione diretta o indiretta sul pancreas endocrino, in genere attraverso il progressivo esaurimento funzionale delle cellule beta del pancreas; agiscono in tal senso l'obesità, i regimi dietetici squilibrati in senso iperglicidico, le terapie protratte con farmaci cortisonici, la pancreatite cronica, l'iperproduzione di ormoni ad attività iperglicemizzante e quindi anti-insulinica come i glicocorticoidi, la corticotropina, l'ormone somatotropo, l'adrenalina, il glucagone; B) impedendo l'azione fisiologica dell'insulina (insulino-resistenza) prodotta in quantità normali dal pancreas; ciò può essere provocato dalla presenza nel sangue di anticorpi anti-insulina, da alterazioni del metabolismo lipidico e proteico associate a disturbi vascolari degenerativi e a ipertensione, dall'aumento dei trigliceridi e delle β-lipoproteine sieriche, da anomalie dei meccanismi di trasporto dell'insulina nel sangue, dalla ridotta ricettività all'insulina delle cellule che sono ordinario bersaglio dell'azione di questa (il recettore dell'insulina è stato isolato nel 1971 da ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora), dall'inattività dell'ormone a opera di autoanticorpi o dell'insulinasi epatica. È dunque evidente che il diabete mellito non è sempre associato a una carenza di insulina, la quale può essere anzi normale o addirittura superiore alla norma. Il National Diabetes Data Group (NDDG) dei National Institutes of Health ha distinto il diabete nelle seguenti sottoclassi: diabete mellito insulino-dipendente (DID o tipo I), caratterizzato dalla totale o quasi totale carenza di insulina, che richiede fin dall'inizio una terapia insulinica sostitutiva e che interessa soprattutto i giovani prima del quarantesimo anno di età, con frequente comparsa di chetosi e di anticorpi anti-cellule insulari; diabete mellito non insulino-dipendente (DNID o tipo II), caratterizzato da una produzione incostante di insulina e da una sua ridotta azione a livello delle cellule, che interessa l'età adulta, non tendente alla chetosi, non secondario ad altre patologie; diabete associato ad altre condizioni e sintomi (malattie del pancreas, variazioni dei livelli circolanti di ormoni diversi dall'insulina, somministrazione di farmaci particolari, alterazioni del recettore dell'insulina); diabete in gravidanza (l'intolleranza al glucosio si manifesta durante la gestazione); ridotta tolleranza al glucosio (IGT) che si caratterizza per valori della glicemia intermedi tra quelli normali e quelli dei diabetici; una forma infantile, rara, che compare prima della pubertà ed è associata a iposurrenalismo o a iperattività dell'ipofisi e del timo. Per quanto riguarda la sintomatologia del diabete, si ha all'inizio una “fase latente” con quadro sintomatologico molto sfumato, che si può manifestare con vertigini, cefalea mattutina, sudorazione esagerata, elevata suscettibilità alle infezioni e alle malattie ricorrenti. Nella fase successiva compaiono le tipiche manifestazioni della malattia, espressione dell'aggravamento dei disturbi metabolici latenti: il glucosio, che non è più utilizzato a sufficienza dalle cellule, raggiunge concentrazioni elevate nel sangue (iperglicemia) e, una volta superata la concentrazione limite di 1,8 g per mille, passa nelle urine (glicosuria). Per via urinaria si possono perdere giornalmente fino a 200-300 g di glucosio, il che equivale a una perdita di 1000-2000 calorie al giorno. Il paziente è astenico, si affatica facilmente e ha spesso un appetito esagerato (polifagia). Un altro sintomo caratteristico è la sete intensa (polidipsia), dipendente dalla forte perdita urinaria di liquidi che il glucosio escreto trascina con sé, con conseguente diuresi abbondante (poliuria). Per far fronte alle richieste energetiche l'organismo, non potendo utilizzare il glucosio, ricorre all'ossidazione dei grassi e delle proteine. Viene alterato di conseguenza il rapporto beta/alfa lipoproteine e aumenta la produzione di corpi chetonici, con relativa alterazione dell'equilibrio acido-base, che è caratteristico della terza fase della malattia. Le complicanze del diabete possono avere carattere acuto (infezioni, stati febbrili, foruncolosi, cheratiti, coma diabetico) oppure cronico (neuropatia, nefropatia, complicazioni cardiovascolari, oculari, piorrea alveolare, prurito generalizzato). L'angiopatia diabetica colpisce di preferenza i vasi della retina, del rene e le coronarie e, associata all'arteriosclerosi, costituisce la principale causa di morte del diabetico. L'interessamento vascolare è pressoché generalizzato ed è responsabile di fenomeni ischemici acuti o cronici a carico di vari distretti corporei. A carico degli arti inferiori si possono avere torpore, formicolii, bruciori, sensazioni di freddo associati a claudicazione (dolore crampiforme a carico dei muscoli, soprattutto del polpaccio, che compare con la deambulazione) fino alla comparsa di gangrena secca che può diventare umida per infezioni secondarie. L'interessamento dei vasi retinici porta a una riduzione del visus che può evolvere fino alla cecità. L'angiopatia a carico dei vasi renali è responsabile dell'elevata frequenza dell'insufficienza renale che interessa il 50% dei soggetti con DID dopo 20-30 anni di malattia diabetica. Clinicamente la coronaropatia si manifesta con l'angina pectoris e l'infarto del miocardio. L'interessamento dei vasi che irrorano i nervi associato a disordini metabolici comporta la comparsa della neuropatia diabetica. Essa coinvolge soprattutto il sistema nervoso periferico e il sistema vegetativo. Possono comparire perdite della sensibilità variamente distribuite e dolori crampiformi, assieme a turbe neurovegetative (ipotensione ortostatica, atonia vescicale, impotenza, scialorrea, diarrea, ecc.). Anche la cute può essere interessata in corso di diabete con la comparsa in particolare di formazioni bilaterali nodulari, sopraelevate, rosse, confluenti a localizzazione pretibiale (necrobiosi lipoidea). La cute del soggetto diabetico è particolarmente suscettibile alle infezioni. Particolare attenzione deve essere riservata al diabete in gravidanza che complica ca. lo 0,1-0,3% delle gravidanze. Si tratta di situazioni particolarmente delicate se si considera la più elevata tendenza alla chetoacidosi che si ha in queste condizioni e che può essere responsabile di morte fetale. Per quanto riguarda la più temibile complicanza acuta del diabete, cioè il coma diabetico, se ne distinguono tre tipi:1) chetoacidosico, frequente nel DID, insorge soprattutto nei giovani ed è di solito scatenato da situazioni che richiedono un maggior apporto di insulina (stati febbrili, infezioni, abusi alimentari, ecc.). È caratterizzato dall'elevata produzione di corpi chetonici e dal tipico odore di frutta (odore di mele rancide) emanato dall'alito, dovuto all'eliminazione respiratoria di acetone; 2) coma iperosmolare non chetoacidosico, insorge nei soggetti più anziani nel diabete di media entità non necessariamente insulino-dipendente. È in genere scatenato da una disidratazione cui segue una grave iperglicemia. Manca l'alito acetonico. 3) Coma con acidosi lattica. Per quanto riguarda le modalità di insorgenza del diabete, essa tende a essere improvvisa nei soggetti più giovani e nei bambini (talora l'esordio è caratterizzato dal coma chetoacidosico) e insidiosa nell'anziano. Il decorso è molto variabile, in quanto molti pazienti vanno rapidamente incontro a complicanze vascolari o chetoacidosi, mentre altri presentano per anni lieve intolleranza glucidica e poche altre manifestazioni della sindrome. La diagnosi del diabete si poggia attualmente sui nuovi criteri, che la Società Italiana di Diabetologia ha recepito nel 2000 dall'American Diabetes Association (ADA) e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Un soggetto viene ritenuto diabetico se la glicemia valutata a digiuno, cioè almeno 8 otto ore dall'ultimo pasto, è uguale o superiore a 126 mg/dl. In un individuo con uno o più fattori di rischio cardiovascolare, quali per esempio età superiore a 45 anni, obesità, ipertensione, abitudine al fumo o dislipidemia, la classica curva da carico con prelievi effettuati ogni mezz'ora è sostituita da due soli controlli glicemici, eseguiti prima dell'assunzione orale della dose standard di glucosio (75 g) e a distanza di due ore. Se questo secondo valore risulta superiore a 126 mg/dl la diagnosi di diabete è confermata. Le nuove linee guida hanno tra l'altro valorizzato la glicemia postprandiale, un parametro ritenuto sempre più importante per formulare la diagnosi di diabete di tipo 2. Il suo dosaggio consente infatti di scoprire un'ampia quota di individui (1 o 2 soggetti su 100) nei quali la glicemia a digiuno è normale, mentre i valori glicemici dopo i pasti sono notevolmente alterati. Una condizione, questa, assimilabile al diabete classico, che negli anni conduce alle medesime conseguenze. Un valore elevato della glicemia postprandiale è inoltre strettamente correlato all'insorgenza di complicanze micro e macro-vascolari, oltre a essere considerato un fattore di rischio indipendente per le malattie cardiovascolari. I controlli dei livelli di glicemia nei pazienti con diabete di tipo 2 sono effettuati di solito con il test dell'emoglobina glicata (HbA1c), che fornisce una stima del compenso glucidico nel corso dei tre mesi prcedenti. Per avere un'immagine chiara di ciò che succede quando un diabetico mangia, si ricorre invece il test della glicemia da carico orale. La terapia del diabete mira a mantenere adeguati livelli di glicemia e a prevenire le complicanze sia con farmaci sia con un regime dietetico adeguato. I farmaci utilizzati per il controllo della glicemia sono l'insulina, con formulazione a diversa durata d'azione (per esempio rapida, lenta, intermedia), o i farmaci ipoglicemizzanti orali.
Medicina: diabete insipido
È una sindrome legata a lesioni del sistema sistema diencefaloipofisario, caratterizzata da una ridotta produzione di vasopressina od ormone antidiuretico. Si distinguono due forme di diabete insipido: 1) primario o idiopatico, in cui non si riconosce una causa responsabile della ridotta produzione di ormone antidiuretico; 2) secondario o acquisito, causato da varie lesioni patologiche. In questo caso l'eziologia è da riferirsi generalmente a tumori encefalici e ipofisari, meningite, tubercolosi, traumi della base cranica, lesioni vascolari. Non rare sono le forme iatrogene, derivanti da intervento di ipofisectomia. L'insorgenza della sintomatologia può essere insidiosa o improvvisa e può comparire a qualsiasi età. Mentre nella forma idiopatica i sintomi sono esclusivamente la poliuria e la polidipsia, nelle forme secondarie sono presenti anche i sintomi della patologia associata. A causa del mancato riassorbimento dell'acqua nel tratto distale dei tubuli renali, si ha l'emissione di forti quantità di urina altamente diluita (15-29 l al giorno), con conseguente disidratazione e sete intensa, insaziabile. La terapia, oltre al trattamento della causa responsabile della malattia, prevede la somministrazione di vasopressina o desmopressina (analogo sintetico). Nelle forme parziali per attenuare la poliuria possono essere inoltre utilizzati diuretici, specie tiazidici, e farmaci stimolanti il rilascio della vasopressina, come la clorpropamide e la carbamazepina.
Medicina: diabete renale e diabete bronzino
Il diabete renale, o diabete insipido nefrogeno, è una forma ereditaria dovuta alla resistenza dei tubuli renali all'azione della vasopressina. Ha la stessa sintomatologia del diabete insipido, ma non è sensibile alla terapia con vasopressina: sono efficaci alcuni diuretici, come i tiazidici, che provocano la deplezione di piccole quantità di sodio con il risultato di aumentare il riassorbimento dell'acqua nel segmento prossimale del tubulo renale. È fondamentale assicurare al paziente un'assunzione di acqua adeguata, in risposta alla sete. § Per il diabete bronzino, vedi emocromatosi.
Veterinaria
In veterinaria il diabete mellito si manifesta in molti animali domestici, maggiormente nei cani e nei gatti che sono animali a vita più lunga rispetto a bovini, ovini, suini, ecc. Nei cani il diabete mellito si manifesta con una frequenza dell'1% e colpisce quasi sempre animali di circa cinque anni. L'incidenza maggiore si osserva nelle femmine e le razze più piccole sono quelle più esposte alla malattia. Nei gatti invece il diabete si manifesta in animali di mezza età o negli anziani, aggirandosi l'età media sui 9 anni. I maschi sono quelli maggiormente colpiti.
Bibliografia
R. H. Williams, Diabetes, New York, 1960; T. R. Harrison, Principles of Internal Medicine, New York, 1970; R. H. Williams, Trattato di endocrinologia, Padova, 1970; M. Dérot, Diabète et maladie de la nutrition, Parigi, 1971; A. V. Greco, Il diabete mellito, Roma, 1988.