tromboflebìte
sf. [sec. XX; trombo+ flebite]. Infiammazione della parete di un vaso venoso, seguita dalla formazione di un trombo. Fattori eziologici e predisponenti possono essere costituiti da: aumento della coagulabilità del sangue o del numero delle piastrine; diminuzione della velocità di circolazione del sangue periferico; lesioni delle pareti venose; malattie infettive; gravidanza e parto; interventi chirurgici; traumi; stati tossici e cachettici. Le sedi più frequenti sono le vene degli arti inferiori, la vena cava inferiore, le vene pelviche, la vena porta, i seni della dura madre; spesso si osservano tromboflebiti migranti successivamente in vari distretti. La tromboflebite degli arti inferiori si manifesta con dolore, prima sordo, poi urente, febbricola, edema, aumento della temperatura e arrossamento della cute soprastante alla vena, che si palpa come un cordone duro, interessamento delle linfoghiandole regionali; sono frequenti le embolie polmonari; si cura con riposo a letto, farmaci anticoagulanti, antibiotici. La tromboflebite portale rappresenta una possibile complicazione di flogosi addominali (colecistiti, appendiciti, annessiti, ascesso epatico eccetera); si manifesta con febbre settica, dolori, vomito, diarrea, aumento di volume del fegato e della milza, ittero; la prognosi è grave; si cura con antibiotici. La tromboflebite dei seni endocranici (longitudinale superiore, cavernoso, laterale) può insorgere a seguito di processi settici auricolari e facciali o per via embolica da flebiti pelviche attraverso anastomosi con il sistema venoso vertebrale; si manifesta con febbre settica, cefalea, vomito, obnubilamento della coscienza, convulsioni, coma.