ùtero
sm. [sec. XVI; dal latino utĕrus]. Organo impari e mediano dell'apparato genitale dei Mammiferi che ospita l'embrione sino alla sua maturazione. Nella donna è situato nella piccola pelvi, tra la vescica, anteriormente, e il retto, posteriormente. È un organo cavo a forma di cono tronco sensibilmente appiattito in senso dorso-ventrale, del peso di 60 g ca. nella donna adulta; presenta una parte più grossa arrotondata, detta fondo, una parte centrale, ma meno appiattita, il corpo, e il tratto terminale, cilindrico, detto collo. L'utero è mantenuto nella sua sede dalla connessione con la vagina, dal legamento largo e da altre formazioni fibromuscolari dette legamenti uterini. Tutti i legamenti dell'utero sono distensibili e permettono facili spostamenti dell'organo nelle diverse condizioni fisiologiche. Le pareti dell'utero presentano dall'interno una tunica mucosa (o endometrio), formata da cellule epiteliali e ricca di ghiandole, e una tunica muscolare (o miometrio), composta da tre strati di fibre lisce, differentemente disposte. L'irrorazione sanguigna dell'organo è assicurata dalle arterie uterina e ovarica; il sangue refluo è raccolto dalle vene che portano gli stessi nomi. Un plesso nervoso, detto uterovaginale, che provvede con propri rami all'innervazione dell'utero, è alimentato da fibre simpatiche. In gravidanza l'utero aumenta di 30-40 volte rispetto all'utero normale; presenta pareti curvilinee, fondo assai ampio e manca una distinzione tra collo e corpo.