centrale
IndiceLessico
Agg. e sf. [sec. XIV; dal latino centrālis (agg.), da centrum, centro].
1) Agg., che occupa o costituisce il centro; relat. al centro in senso spaziale, temporale e fig.: posizione centrale ; il periodo centrale del Medioevo; il problema centrale della filosofia idealista. Per estensione: riscaldamento centrale , impianto unico che serve tutti gli appartamenti di uno stabile. Più in particolare: A) di luoghi ed edifici situati nel centro attivo di una città: zona, piazza, appartamento centrale. B) In geografia, riferito alla parte mediana di una data estensione territoriale o di un'entità morfologica, per lo più non corrispondente a una precisa delimitazione naturale: l'Europa, l'Africa centrale ; l'Appennino centrale. C) In fonetica, riferito a vocali articolate nella zona media della cavità orale. D) In musica, di note intermedie tra le gravi e le acute. E) In architettura: edificio a pianta centrale , tale che ciascun punto del perimetro è simmetrico di un altro rispetto al centro (per esempio, le piante quadrate, poligonali, circolari, a croce greca). F) In psicologia, riferito a quei processi che si svolgono a livello del sistema nervoso centrale, in contrapposizione a quelli che si svolgono nel sistema nervoso periferico.
2) In matematica e in fisica, relat. a un centro, cioè a un punto che goda di proprietà particolari, molto spesso collegate alla simmetria. In particolare: A) in geometria, simmetria centrale , la simmetria rispetto a un punto. B) In geometria descrittiva, proiezione centrale , l'operazione che associa a ogni punto P dello spazio un punto P´ di un piano π, detto quadro, proiettandolo da un punto fisso O, detto centro di proiezione, a distanza finita. P´ è l'intersezione della retta OP col piano π. C) In meccanica, ellissoide centrale di inerzia, l'ellissoide di inerzia di un solido relativo al suo baricentro; asse centrale di un sistema di vettori applicati paralleli è la retta di applicazione del risultante; moto centrale , il moto di un corpo soggetto a una forza centrale , cioè a una forza la cui retta d'applicazione passa sempre per un punto fisso. Un esempio di forza centrale è quella esercitata dal Sole sui suoi pianeti; essa è sempre diretta dal pianeta verso il Sole, che rappresenta il punto fisso. Un campo di forze centrali è detto campo centrale.
3) Di sede aziendale, amministrativa, politica, ecc. che abbia funzione principale rispetto agli uffici succursali o periferici che ne dipendono: banca centrale; governo centrale; sede centrale di un istituto.
4) Sf., sede principale degli organi direttivi di un ente politico, amministrativo, economico, ecc.: la centrale di un partito, di una società finanziaria.
5) Luogo in cui sono situati strumenti, attrezzature e apparecchi necessari per compiere certe operazioni tecniche o per soddisfare determinati servizi, detto specialmente di impianti industriali complessi: centrale elettrica, telefonica, ecc.; centrale del latte, complesso di impianti per la raccolta e il trattamento industriale e igienico del latte destinato al consumo quotidiano dei centri urbani. In particolare: A) in marina, locale di bordo, particolarmente attrezzato per determinati compiti, come: la centrale antisom (AS), in cui vengono trattati i problemi tattici relativi ai mezzi subacquei; la centrale operativa di combattimento (COC), che raccoglie ed elabora tutte le informazioni necessarie alla conduzione delle operazioni; la centrale del tiro (DT), che fornisce alle artiglierie i dati per il tiro; la centrale di propulsione (o centrale di controllo dell'apparato motore), dalla quale vengono controllati a distanza le macchine e gli apparati connessi; la centrale di sicurezza, cui è devoluto il controllo di tutti i sistemi di sicurezza di bordo (mezzi antincendio, paratie stagne, servizio di esaurimento, bilanciamento, ecc.). B) Nella tecnologia militare, centrale di tiro, organismo collegato al comando, avente lo scopo di calcolare i dati di tiro e le coordinate e comunicarli alle artiglierie. Ogni centrale di tiro comanda una o più batterie e può essere installata anche a una certa distanza da queste. Le moderne centrali di tiro, specialmente contraeree, sono equipaggiate con strumenti atti al rilevamento dei dati e calcolatori elettronici per l'elaborazione in tempo reale. C) Nelle stazioni per l'emissione di programmi televisivi o radiofonici, centrale o centro di ascolto, locale dal quale è possibile collegarsi alle linee provenienti dagli studi allo scopo di controllare la qualità delle trasmissioni. § Centrale di pompamento, apparecchiatura atta a pompare simultaneamente il petrolio da più pozzi. Consta di una ruota montata su una manovella, mossa da un motore, che comanda un bilanciere mediante tiranti collegati coi cavalletti di pompamento; ogni centrale può servire fino a 30 pozzi distanti non più di 400 m e profondi ca. 1000 m. § Centrale termica, impianto per la produzione e la distribuzione di energia termica sotto forma di acqua calda o vapore a scopo di riscaldamento di edifici industriali o civili. Consta di una o più caldaie e di una rete di condotti termicamente isolati per il trasporto del fluido caldo fino alle utenze. Nel caso di riscaldamento a vapore, la rete di distribuzione comprende una parte ad alta pressione, che può talvolta alimentare piccoli gruppi generatori di energia elettrica per i servizi ausiliari, turbopompe, ecc., e una parte a bassa pressione che alimenta gli apparecchi di riscaldamento. § Per la centrale di betonaggio, vedi betonaggio.
Centrale. Ciminiere di una centrale elettrica francese.
De Agostini Picture Library/C. Rives
Centrale. Laghi di sbarramento per la produzione di energia elettrica presso il passo di Grimsel in Svizzera.
De Agostini Picture Library/ 2 P
Centrale. Una centrale idroelettrica nella valle del Reno.
De Agostini Picture Library/G. Sioën
Centrale. Esempio di centrale termoelettrica.
De Agostini Picture Library/C. Sappa
Centrale. Le centrali nucleari (nella foto una francese) necessitano di un tempo rilevante per entrare in funzione.
De Agostini Picture Library/G. Sioën
Centrale. La centrale elettronucleare a fissione di Creys-Malville, in Francia.
De Agostini Picture Library
Centrale. La centrale solare a Odeillo, in Francia.
De Agostini Picture Library/M. Celoria
Centrale. La centrale solare Eurelios di Adrano, Catania.
De Agostini Picture Library/A. Vergani
Centrale. Pannelli solari della centrale di Adrano (Sicilia).
De Agostini Picture Library/A. Vergani
Centrale. La centrale termica di La Havre in Francia.
De Agostini Picture Library/B. Annebicque
Centrale. Le centrali nucleari (nella foto una francese) necessitano di un tempo rilevante per entrare in funzione.
De Agostini Picture Library/G. Sioën
Industria: centrale elettrica
Impianto per la produzione di energia elettrica mediante generatori elettromeccanici (solitamente alternatori) azionati da motori primi (per esempio turbine). L'energia che i gruppi motore primo-alternatore trasformano in energia elettrica può essere idraulica, termica o di altra natura: ciò caratterizza la centrale sul piano sistematico, costruttivo e dell'impiego. Una prima classificazione essenziale può essere fatta appunto in base alla fonte di energia utilizzata. Si distinguono perciò: centrali idroelettriche, che utilizzano acque fluenti o accumulate in bacini; centrali termoelettriche, che utilizzano l'energia fornita da combustibili convenzionali (carbone, idrocarburi liquidi o gassosi, lignite, torba, ecc.) e che comprendono anche le piccole centrali equipaggiate con motori Diesel o con turbine a gas; centrali elettronucleari, dette anche nucleari, che utilizzano combustibili nucleari, ovverossia materiali fissili che generano calore all'interno di un reattore nucleare; centrali geotermiche, che utilizzano vapore naturale che fuoriesce dal sottosuolo ad alta temperatura; centrali eoliche, che utilizzano l'energia del vento; centrali solari, che utilizzano l'energia solare concentrandola mediante specchi; centrali a flusso di marea o mareomotrici, che utilizzano il flusso della marea.
Industria: centrali idroelettriche
Tutte le centrali idroelettriche presentano un gruppo di elementi comuni . Infatti vi sono sempre una diga per creare un bacino d'accumulo o un salto d'acqua lungo un fiume e delle opere di presa per convogliare le acque dalla zona a monte della diga alla centrale; inoltre, dopo aver ceduto la loro energia ai motori primi (turbine o ruote idrauliche) della centrale le acque debbono essere “smaltite” e cioè fatte defluire a valle della centrale mediante opportune opere di scarico. Nelle centrali di grande potenza si hanno più gruppi turbina-alternatore (da due a oltre dieci), in quanto la costruzione di gruppi idroelettrici di dimensioni troppo grandi li rende antieconomici; inoltre la presenza di più gruppi facilita la marcia a diversi regimi. Tuttavia il progresso delle tecniche costruttive sposta sempre più la convenienza economica verso gruppi di maggior potenza unitaria. La potenza che le centrali idroelettriche sviluppano dipende dall'entità del salto (dislivello tra il pelo dell'acqua a monte della centrale e quello delle acque che ne defluiscono) e dalla portata d'acqua disponibile, cioè dalla situazione idrografica e orografica locale. Per la situazione italiana, potenze di alcune centinaia di migliaia di kW (come nelle centrali di Santa Massenza, 344.100; Cimego-Boazzo, 231.000; Soverzene 220.000) sono le massime raggiungibili. Nei Paesi percorsi da grandi fiumi, o dove esistono salti naturali imponenti (per esempio impianti del Dnepr o delle cascate del Niagara), una centrale può sviluppare una potenza di milioni di kW, distribuiti su più gruppi. Le centrali idroelettriche si classificano, anche se non in categorie rigidamente definite, in base al salto dell'acqua, che può essere di varie centinaia di metri (centrale ad alta caduta), di varie decine (centrale a media caduta) o di poche decine (centrale a bassa caduta), riducendosi talvolta anche a meno di 10 m. L'entità del salto e la portata disponibile determinano la struttura della centrale e dei suoi organi essenziali. Nelle centrali ad alta caduta l'acqua passa dal bacino d'accumulo alla centrale, sita a valle di questo (ma sovente in una diversa vallata), attraverso un canale di derivazione e una condotta forzata che la convoglia alle ruote di tipo Pelton. Queste possono essere ad asse orizzontale e la sala macchine della centrale risulta a un piano, oppure ad asse verticale: in tal caso la sala macchine è a due piani e quello superiore viene riservato all'alternatore e alla relativa dinamo. La regolazione della portata utilizzata dalle ruote Pelton viene effettuata per mezzo di un boccaglio la cui manovra deve essere lenta, per evitare il manifestarsi di colpi di ariete nella condotta forzata. In un certo numero di centrali, dette di riqualificazione o di pompaggio, esiste anche un gruppo capace di pompare acqua da un bacino situato al livello della centrale in uno che funge da serbatoio superiore; tale complesso viene fatto funzionare a centrale ferma, quando la richiesta da parte degli utenti è molto bassa (per esempio nelle ore notturne) ed è perciò disponibile sulla rete energia a basso prezzo prodotta da centrali che compiono servizio di base. Il primo impianto di questo tipo, realizzato in Italia, è quello di Roncovalgrande, presso Maccagno (Varese), con potenza installata di 1040 MW in generazione e 720 MW in pompaggio che utilizza come bacino superiore il lago Delio e come bacino inferiore il Lago Maggiore. Nelle centrali a media caduta i gruppi sono sempre verticali e si usano come motori primi turbine Francis. Tali turbine richiedono due organi tipici: un distributore, palettato internamente, che regola la portata e imprime all'acqua una velocità e una direzione tali da permettere alla turbina di funzionare con rendimento elevato a tutti i carichi, e un diffusore, nel quale l'acqua, che esce dalla turbina a pressione inferiore a quella atmosferica, viene riportata a pressione normale, indi scaricata. Le turbine Francis sono tipiche per salti dai 15-20 m fino ai 200 m e, con la necessità di distributore e diffusore, condizionano la struttura della centrale, che viene sistemata di solito subito a valle della diga. Nelle centrali a bassa caduta si usano turbine Kaplan (a elica a passo variabile) che possono utilizzare salti dai 15 ai 5 m ca.; spesso l'intero gruppo turbina-alternatore viene installato nel corpo stesso della diga. Le centrali a bassa caduta, tipicamente ad acqua fluente, si costruiscono lungo fiumi di grandissima portata, per cui, nonostante il salto sia basso, l'energia generata può essere enorme. Gli alternatori delle turbine a cadute più basse hanno un regime di rotazione basso, un elevato numero di poli e diametri interni sovente superiori ai 10 m. Si costruiscono turbine Kaplan con diametro superiore ai 15 m. Centraline ad avviamento automatico o telecomandato, di modesta potenza, munite di generatore asincrono (l'alternatore delle grandi centrali è invece una macchina sincrona) si costruiscono, per ragioni economiche, nelle zone ricche d'acqua, il più delle volte a spese di singole industrie utenti. È opportuno osservare che, quantunque in linea di principio le centrali ad alta caduta siano equipaggiate con ruote Pelton, quelle a media caduta con turbine Francis e quelle a bassa caduta con turbine Kaplan, vi sono zone di sovrapposizione, cioè valori dei salti per cui la convenienza di un determinato tipo di turbina è legata alla portata disponibile e ad altre considerazioni di carattere tecnico.
Industria: centrali termoelettriche
Si differenziano dalle precedenti perché il motore primo è una turbina a vapore. La centrale deve quindi comprendere, oltre ad adatti alternatori, una o più caldaie per la produzione di vapore con relativi sistemi di combustione, un condensatore di vapore, un sistema di afflusso e di deposito del combustibile. Se il combustibile è solido (carbon fossile) esso perviene attraverso un raccordo ferroviario a un deposito e successivamente viene ridotto in polverino per essere bruciato nella caldaia. In minor numero sono le centrali equipaggiate con caldaie a combustibile solido non polverizzato (lignite, torba, sottoprodotti diversi, persino rifiuti urbani). Se il combustibile è liquido, giunge mediante carri cisterna o navi o attraverso un oleodotto e viene accumulato in uno o più serbatoi. Se è gassoso (metano o altri idrocarburi) giunge attraverso un gasdotto ed è accumulato in uno o più serbatoi. Le caldaie delle centrali termoelettriche sono quasi sempre a tubi d'acqua e a sviluppo verticale, struttura che consente di ottenere un avviamento rapido e vapore surriscaldato a oltre 400 ºC: ciò è necessario perché il rendimento di una turbina è tanto più elevato quanto più alta è la differenza tra la temperatura del vapore entrante e quella del vapore uscente. Dopo avere azionato le turbine il vapore entra nel condensatore, dove viene raffreddato e ritrasformato in acqua, che viene ripompata in caldaia. Per la condensazione del vapore sono necessarie rilevanti quantità d'acqua e spesso grandi torri di raffreddamento. Negli impianti più grandi e moderni il ciclo del vapore è complesso, in quanto il vapore viene spillato una o più volte dalla turbina e rinviato in una sezione della caldaia, riscaldandosi nuovamente, allo scopo di ottenere migliori rendimenti. Le turbine sono molto complesse, a più stadi, con numerose giranti di diverso diametro e con palettature variamente dimensionate. Sono accoppiate ai relativi alternatori attraverso un riduttore a ingranaggi, poiché un alternatore, nella rete europea a 50 Hz, non può ruotare a oltre 3000 giri al minuto, mentre le turbine usate sono assai più veloci. I moderni gruppi turbina-alternatore sono caratterizzati da potenze molto elevate, spesso superiori a 500.000 kW. Gli alternatori sono di struttura particolare, totalmente chiusi e riempiti di idrogeno allo scopo di facilitare il raffreddamento del rotore; inoltre le perdite meccaniche dovute alla rotazione entro un mezzo gassoso più leggero dell'aria vengono ridotte. Lo statore è percorso da tubi, entro i quali viene pompata l'acqua di raffreddamento della macchina. Per l'eccitazione vengono generalmente usate eccitatrici statiche a tiristori. I gruppi turbina-alternatore sono orizzontali e hanno uno sviluppo in lunghezza spesso superiore a 10 m. In Italia numerose sono le centrali termoelettriche convenzionali: tra le più potenti, quelle di La Spezia (1.865.000 kW), Torvaldiga Nord (provincia di Roma; 1.320.000 kW), Turbigo Levante (1.217.000 kW).
Industria: centrali elettronucleari a fissione
Si differenziano dalle centrali termoelettriche per il fatto che, per produrre energia termica, fanno uso di combustibile nucleare . La fissione nucleare, che sta alla base di questo processo, viene prodotta in un reattore nucleare nel quale viene inserito il combustibile, generalmente in barre di ossido di uranio arricchito . Il calore prodotto nella fissione viene sottratto da un fluido di raffreddamento (generalmente acqua, ma possono anche essere sodio fuso, liquidi organici, ecc.) che circola in un circuito primario. Il calore viene ceduto in uno scambiatore di calore all'acqua di un circuito secondario che viene trasformata in vapore. Questo aziona le turbine delle centrali, condensa nuovamente e torna allo scambiatore di calore dove inizia un nuovo ciclo. Oltre a questo sistema a due circuiti, è diffuso nelle centrali oggi in funzione nel mondo un sistema a circuito unico. In esso l'acqua, circolando attorno al reattore, si riscalda e vaporizza; aziona quindi le turbine, condensa di nuovo e dà inizio a un nuovo ciclo. La produzione di calore (energia termica) nella reazione nucleare è sempre accompagnata da produzione di neutroni che devono essere in qualche modo assorbiti o utilizzati per impedire la cosiddetta reazione a catena. Essi vengono in parte prodotti durante la reazione nucleare di fissione e sono per una parte riutilizzati per alimentare la “combustione nucleare” dell'uranio o del plutonio (i neutroni lenti), mentre i rimanenti (i neutroni veloci) sono bloccati da opportune barriere costituite da materiali a bassa densità (grafite, sodio, acqua pesante e normale, carburo d'idrogeno ecc.). Queste barriere costituiscono quella parte del reattore nucleare chiamata “moderatore”. Le centrali elettronucleari a fissione possono essere suddivise secondo: il moderatore impiegato (acqua pesante e normale, grafite, carburo d'idrogeno e terphényl); il combustibile bruciato (uranio arricchito o naturale e plutonio); il fluido di raffreddamento usato (acqua pesante o normale sotto pressione o in forma di vapore, gas di carbonio, elio, sodio, terphényl, carburo d'idrogeno ecc.). Le centrali elettronucleari attualmente in funzione nel mondo hanno potenze dell'ordine del migliaio di megawatt elettrici. In Italia l'attività delle centrali elettronucleari è stata sospesa in seguito al referendum del 1987. In Francia circa il 75% dell'energia elettrica è di origine nucleare; tuttavia nel 1998 è stata avviata la chiusura del reattore sperimentale autofertilizzante a neutroni veloci Superphénix (potenza elettrica installata 1200 MW), entrato in funzione nel 1983, nel quale l'energia elettrica veniva prodotta “bruciando” uranio 238 che si trasforma in plutonio (uranio 239), il quale può essere usato come combustibile nelle centrali elettonucleari tradizionali (da qui il nome autofertilizzanti). L'importanza di questi reattori risiede nel fatto che utilizzando uranio 238 (molto abbondante in natura) anziché uranio 235 (il 7‰ di tutto l'uranio a disposizione), usato nelle centrali elettronucleari tradizionali, è consentito un più alto sfruttamento dell'energia prodotta durante la fissione nucleare.
Industria: centrali elettronucleari a fusione
Si tratta di centrali elettronucleari dove l'energia termica viene prodotta attraverso un processo di fusione nucleare tra atomi d'idrogeno, di deuterio e di trizio. Tale processo avviene a temperatura elevata e in particolari condizioni che rendono non economiche le applicazioni in centrali elettronucleari. Nel 1988 alcune ricerche svolte contemporaneamente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti avevano acceso la speranza di poter realizzare il processo di fusione a bassa temperatura per via elettrochimica. A un più attento e rigoroso controllo scientifico i risultati di tali ricerche, annunziati con grande clamore dalla stampa e da tutti i mass media, sono risultati di scarsa riproducibilità e quindi non sfruttabili, al momento, in centrali elettronucleari. Negli USA, le centrali a fusione più importanti sono il Lawrence Livermore Laboratory e il Tokamak Lab dell'Università di Princeton; nell'ex URSS il Tokamak JT 60 e in Europa il Tokamak JET Lab a Culham (Gran Bretagna) e il Tore Supra a Cadarache (Francia). Il grande vantaggio di queste centrali elettronucleari risiede nel fatto che eliminano qualsiasi tipo di rischio per l'ambiente causato da fughe di materiale radioattivo o dalla produzione di scorie radioattive. Per cui, una volta risolti tutti i problemi tecnologici legati al confinamento della reazione di fusione, si avrà il mezzo ideale per la produzione “pulita” di energia elettrica.
Industria: centrali geotermiche
Sfruttano il vapore ad alta temperatura che fuoriesce in corrispondenza dei campi geotermici, cioè di zone del sottosuolo in cui circola acqua caldissima. Normalmente la temperatura aumenta, scendendo sottoterra, di 1 ºC ogni 30 m; per raggiungere temperature elevate bisognerebbe quindi scendere a migliaia di metri. Nei campi geotermici, invece, si raggiungono alte temperature a profondità relativamente basse. La conversione dell'energia geotermica in elettrica è così competitiva che sono state realizzate numerose centrali in Paesi dove tale energia è facilmente disponibile (Stati Uniti, Nuova Zelanda, Islanda, Giappone, Filippine, Italia). Il fluido che si ottiene dai pozzi ha una composizione assai varia: vapore surriscaldato o umido, anidride carbonica, ecc. Le centrali in funzione impiegano vapore surriscaldato o poco umido che, in alcuni impianti, è utilizzato in scambiatori di calore per produrre vapore secondario inviato nelle turbine, mentre in altri è convogliato direttamente. Importante potrebbe risultare, a medio e lungo termine, la possibilità di estrarre l'energia termica dalle cosiddette rocce calde secche a profondità modeste (inferiori ai 6 km). In questo caso si può effettuare lo sfruttamento mediante fratturazione artificiale delle rocce e circolazione forzata di un fluido scambiatore di calore. L'Italia è stata il primo Paese a sfruttare i campi geotermici della zona di Larderello, costruendo le prime centrali geotermiche del mondo. Tali centrali, molto economiche, hanno le caratteristiche delle centrali termoelettriche tradizionali, ma sono prive di caldaie. L'unica differenza riguarda le turbine che devono resistere a composti chimici attivi, presenti nei soffioni boraciferi.
Industria: centrali eoliche
Utilizzano l'energia del vento nelle regioni in cui soffia con sufficiente regolarità . Per esempio, in Italia centrale e meridionale, gran parte delle giornate invernali è caratterizzata da venti con velocità superiori ai 3 m/s, ampiamente sufficienti per poter far funzionare un generatore eolico di moderna concezione. Un impianto è formato da un gruppo di aerogeneratori connessi fra loro elettricamente attraverso un cavidotto interrato. Le centrali eoliche possono essere divise in tre categorie: a) centrali di piccola potenza (in fase di commercializzazione), inferiore a 50 kW, sufficienti alle necessità di abitazioni isolate o piccole aziende agricole; b) centrali di media potenza (in fase di sperimentazione), di alcune centinaia di kW, adatte alla rete elettrica nazionale; c) centrali di elevata potenza (in fase di prototipo), dell'ordine del MW, anch'esse adeguate alla rete elettrica nazionale. I risultati migliori nello sfruttamento delle centrali eoliche si otterrebbero con la costruzione di centrali singole di bassa potenza collegate a catena in modo da formare centrali elettriche sino a qualche centinaio di megawatt. Il problema principale per lo sviluppo di questo tipo di centrali è quello dell'immagazzinaggio dell'energia: quando il vento è forte, l'energia in sovrappiù può essere utilizzata per pompare dell'acqua in bacini di una certa altezza; l'energia può essere quindi resa, in carenza di vento, in un tempo successivo. Il costo dell'energia prodotta dalle moderne centrali eoliche è il più basso tra quelli degli impianti di conversione da energie rinnovabili (se si esclude la maggior parte di quelli idroelettrici). La Germania ha il più alto numero di MW installati, con una potenza che sfiora i 4000 MW; seguono la Danimarca (1900 MW), la Spagna (1200 MW) e, in quinta posizione, l'Italia (280 MW nel 2000).
Industria: centrali solari
Utilizzano l'energia che il Sole irradia sulla Terra o su satelliti artificiali in orbita geostazionaria. Sono sostanzialmente di tre tipi, detti, rispettivamente, di prima, di seconda e di terza generazione. Ai primi appartengono le centrali solari a torre formate da un sistema di specchi che riflettono l'energia solare su una grande caldaia in cima a una torre contenente acqua o un altro fluido. Su questa caldaia risulta quindi concentrata una grande quantità di energia termica a temperature di 5000-6000 ºC. Il vapore prodotto dal riscaldamento viene convogliato su turbine a vapore di grande potenza, che azionano i generatori elettrici della centrale. La prima centrale a torre è stata progettata e costruita in Italia, a Sant'Ilario (Genova); nel 1980 è entrata in funzione ad Adrano (Catania) la centrale Eurelios, con potenza massima di 1 MWe, chiusa nel 1985 quando le prove sull'impianto furono completate. La più potente in funzione nel mondo è derivata dalla centrale di Sant'Ilario; si trova a Barstow (California), avviata nel 1982 e produce 10 MWe. Le centrali solari di seconda generazione sono basate sulla conversione diretta di energia solare in energia elettrica attraverso l'effetto fotovoltaico. Centrali solari di questo tipo sono usate comunemente per l'alimentazione dei satelliti artificiali, ma le prospettive di costruzione sulla Terra di centrali solari a conversione diretta sono legate alla possibilità di abbassare il costo della materia prima, il silicio, a valori tali da portare il costo di installazione competitivo con quello delle centrali tradizionali. Le centrali solari cosiddette di terza generazione sono centrali fotovoltaiche che verranno montate in orbita geostazionaria e trasmetteranno sulla Terra energia sotto forma di microonde, 24 ore su 24: i due grandi problemi inerenti questo tipo di centrali sono lo straordinario costo da sostenere per mettere in orbita le varie parti e la valutazione della pericolosità delle microonde che giungerebbero sulla Terra. L'Agenzia Spaziale Giapponese sta progettando una stazione solare orbitale che potrebbe entrare in funzione entro il 2040.
Industria: centrali mareomotrici
Utilizzano l'energia ottenibile dai mari e possono essere di tre tipi: centrali mareomotrici vere e proprie, che utilizzano le variazioni di livello dovuto alle maree; centrali cimoelettriche che sfruttano l'energia del moto ondoso (ne sono state realizzate dei prototipi di 500 kW); centrali oceanotermiche, basate sul ciclo termico ottenuto dalla differenza di temperatura tra le acque di superficie e le acque profonde (ancora in fase di studio per i costi elevati). Quelle mareomotrici sono generalmente costituite da una diga con incorporati gruppi turbina Kaplan più alternatore. Gli estuari dei fiumi sono le località più adatte a centrali di questo tipo; le più importanti del mondo sono quella sull'estuario della Rance (Francia), con una potenza di 350 megawatt, e quella sull'estuario del Severn (Gran Bretagna).
Ecologia
L'installazione e il funzionamento di una centrale elettrica può produrre effetti negativi sull'ecosistema locale e su quello globale. Tra questi, in primo luogo, vanno annoverate le conseguenze derivanti dal prelievo e dalla gestione di risorse naturali (estrazione, raffinazione e trasporto di carbone, petrolio, gas e materiali fissili) non rinnovabili con la stessa velocità con cui vengono consumate per produrre energia e non disponibili illimitatamente (si sono calcolati ca. 500 anni di vita per il carbone, 50 per il petrolio, 100 per il gas, 300 per i materiali fissili, qualora tutta l'energia elettrica venisse prodotta in futuro ai livelli attuali e soltanto da ognuna delle suddette risorse). In secondo luogo, le attività estrattive hanno effetti ambientali rilevanti nel caso del carbone e dell'uranio, specialmente se i giacimenti sono superficiali, con costi di risanamento ambientale molto onerosi una volta che l'estrazione sia cessata. Anche le fasi di trasporto, deposito e trattamento danno luogo a effetti negativi legati per lo più alla diffusione nell'ambiente di polvere di carbone, petrolio e gas. Di altro genere sono le conseguenze derivanti dall'installazione e dal funzionamento di una centrale elettrica: queste variano molto a seconda del tipo di impianto. Le centrali termoelettriche ed elettronucleari necessitano di spazi relativamente ridotti mentre le centrali idroelettriche a bacino richiedono l'occupazione di aree notevoli con l'esclusione di ogni altro uso possibile. Tale modifica ambientale comporta, oltre alla perdita di territorio e dei relativi ecosistemi, anche possibili alterazioni geologiche, idrogeologiche e del clima locale (erosione delle coste, alterazioni dell'ecosistema fluviale e marino, formazione di nebbie nei bacini). Aree territoriali di notevole estensione sono richieste anche per l'installazione di centrali eoliche (fattorie eoliche) e solari, con forti limitazioni per le altre utilizzazioni delle aree impegnate. Le centrali geotermiche in alcuni casi richiedono la captazione di pozzi distribuiti su larghe aree, ma in genere tali opere non costituiscono una limitazione ad altri usi del territorio. Si ritiene che le centrali eoliche, solari e mareomotrici abbiano influenza molto ridotta sull'ambiente, anche se la relativa scarsità di esperienza e di dati in merito suggerisce una certa cautela di valutazione. L'ampia esperienza disponibile per le centrali termoelettriche ed elettronucleari indica, invece, vari tipi di danni sull'ambiente. L'inquinamento termico, comune a entrambi i tipi di centrali, è dovuto al fatto che il 60-65% dell'energia primaria (combustibile) consumata per la produzione di elettricità viene restituita all'ambiente sotto forma di calore a bassa temperatura (non più utilizzabile per la produzione di elettricità). L'inquinamento atmosferico da ossidi di azoto, carbonio e zolfo, con effetti locali (piogge acide) e globali (effetto serra), caratterizza le centrali termoelettriche alimentate con combustibili fossili. La possibilità di fughe radioattive (come accaduto nell'incidente alla centrale elettronucleare di Černobyl in Ucraina il 26 aprile del 1986, alla centrale nucleare giapponese di Tokaimura, il 30 settembre 1999 e a quella di Fukushima del 2011) e lo smaltimento delle scorie radioattive del combustibile nucleare costituiscono i problemi principali connessi all'impiego delle centrali elettronucleari. La dispersione nell'ambiente di fluidi contenenti elementi tossici è inevitabile nel caso di centrali geotermoelettriche. Le notevoli dimensioni di questi problemi spingono sempre più urgentemente lo sviluppo tecnologico a realizzare soluzioni tese a: 1) recuperare per usi esclusivamente termici le enormi quantità di calore oggi disperse nell'ambiente (riscaldamento di centri urbani, di serre e laghi artificiali per allevamenti ittici, ecc.); 2) eliminare la diffusione nell'atmosfera degli ossidi di azoto, carbonio e zolfo attraverso sistemi di cattura che possano trasformare queste sostanze in materiali (per esempio gesso, solfato di ammonio, carbonato di calcio, ecc.) da utilizzare in sostituzione di altre materie prime; 3) migliorare la progettazione e la gestione delle centrali elettronucleari in modo da rendere impossibile il verificarsi di fughe di sostanze radioattive (reattori a sicurezza intrinseca) e sviluppare la possibilità di eliminazione delle scorie (per esempio “bruciandole” nel reattore stesso); 4) contenere i fluidi reflui geotermici dopo la produzione di energia per reiniettarli in profondità in modo che il loro potenziale inquinante e di tossicità non interessi gli ecosistemi terrestri. Nei primi anni del sec. XXI la maggior parte dei finanziamenti mondiali per le nuove fonti di energia si concentra sulla costruzione di centrali nucleari basate sulla fusione nucleare. Il progetto ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), approvato ufficialmente il 21 novembre 2006, si propone di realizzare un reattore a fusione nucleare in grado di produrre più energia di quanta ne consumi per l'innesco e il sostentamento della fusione. La sperimentazione dovrà dare informazioni sulla fisica del plasma che permettano di avere una reazione di fusione stabile. ITER non è progettato per produrre energia elettrica, un compito di cui si occuperà il progetto successivo DEMO, coordinato dall'EFDA (European Fusion Development Agreement); in questo progetto l'obiettivo è quello di trasformare l'energia disponibile dalla fusione nucleare in energia elettrica. Solo successivamente sarà possibile costruire centrali elettriche a fusione nucleare. Le prime centrali operative sono previste per il 2050. Queste produrranno, come tipologia principale di scoria, elio 4 che è un gas inerte e non radioattivo; non useranno sistemi a combustione e, quindi, non inquineranno l'atmosfera con gas clima alteranti e di fatto non libereranno emissioni di pericolosità rilevante. Dovrebbero essere in grado di ottenere grandi quantità di energia, superiori a quelle prodotte da centrali a fusione attuali.
Tecnologia: apparecchiature delle centrali
Oltre al macchinario per la generazione di energia elettrica, le centrali comprendono sistemi di regolazione dell'afflusso dell'acqua o del vapore a ogni gruppo, sistemi elettrici di regolazione della tensione generata dall'alternatore, dispositivi, quasi sempre automatici, per l'inserzione dei singoli gruppi sulla rete. Tali dispositivi comprendono il sistema di messa automatica in parallelo atto ad assicurare l'eguaglianza di frequenza e di fase tra la tensione della rete e quella generata da un alternatore che venga collegato a essa. Poiché, per ragioni economiche, non conviene costruire alternatori che generino tensioni superiori ai 20 kV, occorre elevare la tensione a valori convenienti per l'esercizio delle linee di trasmissione (220 o 400 kV, in Italia, fino a 800 kV negli USA). A questo scopo esiste sempre presso la centrale un piazzale dove vengono sistemati i trasformatori elevatori. Nel piazzale trovano posto anche i trasformatori di misura, gli interruttori, i sezionatori e una o più terne di sbarre per facilitare l'utilizzo dei gruppi e dei trasformatori, specie in caso di guasto, per esigenze di manutenzione, ecc. Importanza essenziale per il corretto funzionamento di una centrale hanno i servizi e gli impianti detti ausiliari, in quanto la loro funzione è collaterale a quella della produzione di energia elettrica, ma essenziale per il funzionamento della centrale stessa. Consistono in impianti per il filtraggio dell'olio dei trasformatori, sistemi, derivati dalle sbarre del piazzale, per l'alimentazione a tensione industriale (380-220 V) degli impianti di illuminazione e di riscaldamento e di tutte le altre utenze in bassa tensione della centrale. Inoltre esiste sempre un sistema d'emergenza a batteria per alimentare le utenze essenziali (luce, allarmi, azionamento di interruttori, controllo dell'afflusso dell'acqua) qualora la centrale non possa avvalersi di energia da essa prodotta o prelevata dalla linea. Nell'edificio della centrale si trova anche un'officina attrezzata per le riparazioni e manutenzioni di non grande entità; inoltre la sala macchine è equipaggiata con una potente gru a ponte, che si utilizza in fase di montaggio, di manutenzione e di riparazione delle macchine. I servizi ausiliari possono essere più o meno complessi in relazione alle dimensioni, al tipo, alla dislocazione, al livello di automatizzazione della centrale. In una centrale termoelettrica tali servizi sono più complessi che in una idroelettrica, dovendo comprendere tra l'altro il sistema a idrogeno, quello di raffreddamento ad acqua degli alternatori e dei condensatori, un impianto di addolcimento dell'acqua per le caldaie, il sistema di pompaggio in caldaia, di tiraggio forzato dei fumi, ecc. Più complesso è anche il sistema di regolazione (sovente asservito a un elaboratore elettronico) che deve controllare e regolare in modo coerente e armonico alcune centinaia di valori di grandezze fisiche di diversa natura (tensioni, correnti, temperature, pressioni, velocità di fluidi, ecc.). Tale sistema è ancora più complesso nelle centrali nucleotermoelettriche poiché la regolazione deve comprendere anche tutte le grandezze fisiche da cui dipende il funzionamento del reattore.
Tecnologia: installazione ed esercizio delle centrali elettriche
La costruzione di centrali procede e procederà intensamente in tutti i Paesi del mondo dato il fabbisogno sempre crescente di energia elettrica. La maggior parte delle centrali ha potenze elevate, ma non mancano centrali più piccole, idroelettriche o termoelettriche, costruite per motivi di convenienza economica. Sul piano costruttivo le piccole centrali a motore Diesel o a turbina a gas sono molto simili ai cosiddetti gruppi elettrogeni. Sul piano dell'impiego sussistono differenze: la centrale, grande o piccola, ha lo scopo di produrre energia elettrica a costi convenienti. Il gruppo elettrogeno ha un impiego locale (a bordo di una nave, in una sottostazione, in un grande edificio pubblico) dove funziona quando c'è richiesta di energia. I gruppi elettrogeni tipicamente ausiliari entrano in funzione, per esempio, quando manca tensione in rete, per alimentare i servizi elettrici di ospedali, edifici industriali, ecc. I costi di installazione e di esercizio di una centrale dipendono dalle dimensioni e dal tipo dell'impianto. Nelle centrali idroelettriche il costo d'impianto, che comprende sbarramenti, dighe, condotte forzate, canalizzazioni, ecc. è assai elevato, mentre il costo d'esercizio è basso, riducendosi alla conduzione dell'impianto, che impegna poche persone, e alle necessarie manutenzioni. Nelle centrali termoelettriche e nucleotermoelettriche il costo dell'impianto è inferiore, mentre superiore è il costo di esercizio, che comprende il costo del combustibile, convenzionale o nucleare, e una manutenzione più onerosa. Per quanto riguarda l'installazione, le centrali termoelettriche e nucleari possono essere poste in prossimità dei centri di maggiore utilizzazione, poiché (a parte considerazioni di carattere ecologico) sono vincolate soltanto alla disponibilità di acqua di raffreddamento e a un sistema efficiente di afflusso del combustibile, mentre le centrali idroelettriche sono strettamente vincolate a fiumi e bacini. Agli effetti dell'economia d'esercizio di una centrale hanno importanza il tempo necessario per farla entrare in funzione e i costi delle manovre che devono essere eseguite per metterla in servizio, per fermarla e per adeguare le potenze prodotte alle richieste dell'utenza. Tali manovre possono essere più o meno onerose a seconda del tipo di centrale e sono necessarie perché la produzione di energia deve adattarsi al diagramma di carico delle reti: la richiesta degli utenti varia infatti notevolmente lungo le 24 ore e lungo la settimana, dato che molte industrie funzionano per 8 ore sulle 24, i mezzi elettrici di trasporto urbano e suburbano assorbono potenze rilevanti nelle ore di punta, gli impianti di illuminazione stradale e domestica vengono messi in funzione a determinati orari, ecc. A tali effetti vengono definite centrali di punta quelle che possono entrare in funzione, variare il regime di funzionamento o essere tolte dal servizio in pochi minuti, e con una spesa modesta. Rientrano tra queste tutte le centrali idroelettriche alimentate da un bacino (centrali ad accumulo); sono dette centrali di base quelle che necessitano di un tempo rilevante (decine di minuti o anche oltre un'ora) per entrare in funzione, impiegano tempi rilevanti, anche se meno lunghi, per variare di regime e richiedono manovre complesse per essere disinserite dalla rete. Rientrano tra queste le centrali termoelettriche e nucleari, che richiedono infatti tempi lunghi per portare a regime le caldaie; inoltre, per disinserirle dalla rete, è necessario sfogare nell'aria vapore caldo e lasciar raffreddare le parti calde, che occorrerà poi riscaldare di nuovo in vista della rimessa in servizio. Oneri dovuti alle stesse cause, anche se minori, si hanno quando occorre far marciare una centrale termoelettrica modificando varie volte al giorno il suo regime di funzionamento. Di conseguenza, il miglior utilizzo economico delle centrali termoelettriche si ha facendole marciare a regime per quanto possibile costante. Le centrali idroelettriche ad acqua fluente, site lungo fiumi di grande portata, possono considerarsi di punta in quanto entrano in funzione in pochi minuti e, essendo quasi sempre costituite da più gruppi turbina-alternatore, possono mutare prontamente il valore della potenza erogata; tuttavia, quando funzionano a potenza ridotta, non utilizzano parte dell'acqua disponibile, che fluisce senza produrre energia. Al contrario, nelle centrali ad accumulo, l'acqua che non viene utilizzata rimane accumulata nel bacino. Per ragioni economiche ogni Paese cerca, per quanto possibile, di installare centrali di punta e centrali di base allacciate a un'unica rete nazionale di distribuzione. Importanti sono gli allacciamenti internazionali tra Paesi contigui, nei quali la disponibilità di acque fluenti presenta massimi e minimi in stagioni diverse; ciò consente scambi stagionali di energia, per cui i Paesi interessati possono far fronte al fabbisogno nazionale con un numero minore di centrali. Nei Paesi più estesi, distribuiti lungo più di un fuso orario (USA, Canada, Russia), l'allacciamento di tutte le centrali a un'unica rete di distribuzione consente grandi risparmi, in quanto le punte di carico si verificano a orari diversi nelle varie zone del Paese e le centrali site in un fuso possono quindi fornire energia agli utenti siti negli altri fusi orari.
Tecnologia: centrale telefonica, generalità
Impianto destinato alla ricezione e allo smistamento del traffico telefonico pubblico. La centrale viene generalmente dislocata nel punto (baricentro di interesse telefonico) più adatto a permettere la più agevole ed economica stesura delle linee bifilari d'utente che consentono il collegamento tra ogni telefono e gli organi di centrale. Le linee di utente vengono attestate in centrale a un permutatore tramite il quale possono venire smistate in modo semifisso verso i cavi che portano agli organi di centrale. Attraverso questi la comunicazione telefonica può venire instradata verso utenti della stessa centrale (collegamento nella rete locale), verso utenti di altre centrali della stessa località (collegamento in una rete policentrica), verso utenti di altre località nazionali (collegamento teleselettivo nazionale) o verso utenti di altre località extranazionali (collegamenti in teleselezione internazionale). Questi instradamenti telefonici possono venire realizzati in modo automatico (centrali automatiche) su diretto comando dell'utente chiamante che seleziona, mediante il disco combinatore o la tastiera del proprio telefono, il numero telefonico dell'utente con cui intende comunicare, oppure con comando manuale (centrali manuali) effettuato da operatori di centrali (centralinisti) che provvedono, in seguito a prenotazione, a instradare direttamente senza tempi di attesa (teleselezione di operatore), o con richiamata dell'utente, la comunicazione extraurbana. Le centrali manuali, ormai solo di interesse storico e sostituite da centrali di commutazione automatica, sono caratterizzate da una serie di tavoli di commutazione telefonica sui quali la caduta di un cartellino o l'accensione di una lampadina segnala la richiesta di comunicazione da parte di un utente. L'operatore inserisce allora una spina di un cordone nella presa dell'utente chiamante e tramite un microfono e una cuffia si mette in comunicazione con lui. Ricevuto verbalmente il numero dell'utente chiamato, l'operatore inserisce la spina all'altro capo del cordone nella presa corrispondente a tale utente e gli invia il segnale di chiamata. Quando l'utente chiamato risponde, l'operatore si esclude dall'ascolto, così che possa aver luogo la conversazione tra i due utenti. In genere ciascun tavolo di commutazione può servire da 100 a 200 utenti, ma ha a disposizione un numero inferiore di cordoni (da 10 a 20). Viene così effettuata una concentrazione delle linee telefoniche, in quanto le linee di utente dispongono in centrale di un numero limitato di organi comuni (cioè di cordoni) su cui possono essere inoltrate le comunicazioni: poiché le comunicazioni contemporanee non superano mai il 10% degli utenti totali, la concentrazione, pur realizzando una notevole semplificazione e riduzione di costi, permette di soddisfare praticamente tutte le richieste di collegamenti. Nelle centrali automatiche gli organi di centrale vengono realizzati in modo da garantire una notevole affidabilità: ciò comporta un costo elevato ma pure una lunga durata e un notevole periodo di ammortamento dell'impianto di centrale. Detti tempi di ammortamento hanno di fatto comportato la coesistenza di sistemi di commutazione telefonica automatica caratterizzati da differenze strutturali anche sensibili. In base al funzionamento si distinguono incentrali telefoniche a funzionamento elettromeccanico, semielettronico ed elettronico.
Tecnologia: centrale telefonica a funzionamento elettromeccanico
Centrale in cui l'instradamento delle comunicazioni telefoniche viene realizzato con organi nei quali la commutazione delle vie di connessione viene ottenuta con dispositivi elettromeccanici a comando elettromagnetico (relè, selettori, cercatori, registri). Tali tipi di centrali sono stati quasi ovunque sostituiti da centrali di tipo elettronico, nelle quali non sono presenti organi elettromeccanici in movimento. In tutte le centrali elettromeccaniche si adotta, come per le centrali manuali, la concentrazione delle linee così da utilizzare al meglio i selettori. La concentrazione avviene “in avanti” mediante dei preselettori, uno per ogni utente, le cui uscite sono multiplate (collegate tra loro) in modo da far capo a un numero minore di selettori, oppure “all'indietro” mediante dei cercatori che ricercano gli utenti chiamati e li collegano ai selettori (ciascun cercatore è collegato a un selettore e insieme costituiscono un circuito di cordone, così detto per la sua analogia con i cordoni delle centrali manuali). In una centrale per 1000 utenti (numeri da 000 a 999) si hanno tipicamente 1000 preselettori o 100 cercatori, 100 selettori di gruppo (SG), che prolungano la linea dell'utente chiamante in base alla prima cifra del numero dell'utente chiamato, e 100 selettori di linea (SL), che prolungano il collegamento fino all'utente chiamato in base alle due ultime cifre del suo numero. Per centrali da 10.000 utenti (numeri da 0000 a 9999) gli stadi di selezione sono tre: si hanno cioè dei primi selettori di gruppo (I SG) comandati dalla prima cifra del numero dell'utente chiamato, dei secondi selettori di gruppo (II SG) comandati dalla seconda cifra e dei selettori di linea comandati dalle ultime due cifre. In centrali di capacità ancora maggiore, a ogni ulteriore cifra nella numerazione degli utenti corrisponde uno stadio di numerazione in più. A seconda delle modalità di comando degli organi di commutazione si distinguono centrali a comando diretto (o passo-passo), a comando a director e a comando indiretto. Nelle prime, che usano generalmente i selettori, ogni cifra selezionata dall'utente chiamante provoca un corrispondente comando dei selettori e il complesso degli organi di comando rimane impegnato per tutta la durata della comunicazione. Nelle seconde le prime due o tre cifre selezionate permettono l'instradamento verso una delle centrali della rete policentrica, mentre le successive comandano direttamente la selezione delle vie di connessione telefonica. Nelle terze, che usano generalmente i cercatori, i comandi inviati dall'utente vengono affidati a un registro che provvede a registrarli e a tradurli in una numerazione interna di centrale (del tutto distinta da quella ufficiale dell'utenza telefonica). Successivamente il registro emette dei criteri (segnali) di impostazione che pervengono a dei marcatori i quali provvedono a polarizzare o a predisporre i selettori così che, una volta messisi in azione, si dispongano in modo da prolungare la linea telefonica dall'utente chiamante a quello chiamato. Il vantaggio del comando indiretto è che gli organi di comando (registri e marcatori) rimangono impegnati solo il tempo necessario alla formazione dei collegamenti e si liberano non appena questi sono stabiliti così da poter concorrere alla formazione dei nuovi collegamenti richiesti dagli utenti.
Tecnologia: centrale telefonica a funzionamento semielettronico
Centrale in cui gli organi di ricerca della linea chiamante e di instradamento verso la linea dell'utente chiamato sono realizzati con selettori del tipo a coordinate e funzionanti con comando elettromeccanico o elettromagnetico mentre gli organi di linea (cioè i circuiti di cordone), i registri e i traduttori vengono realizzati con componenti elettronici che comportano, oltre a una notevole compattezza degli apparati, un'altissima rapidità di funzionamento e una manutenzione meno onerosa di quella necessaria per gli organi elettromeccanici, oltre che prestazioni più estese e moderne (registrazione degli addebiti, registrazione del traffico, ecc.). Spesso agli organi di centrali viene collegato un calcolatore elettronico per l'autodiagnosi dei guasti e la loro individuazione.
Tecnologia: centrale telefonica a funzionamento elettronico
Lo sviluppo della tecnologia elettronica digitale ha permesso di realizzare centrali “a divisione di tempo” in cui su una sola linea comune (autostrada fonica) passano ciclicamente una dopo l'altra tutte le comunicazioni in corso mediante segnali impulsivi trasmessi con la tecnica della modulazione PCM. Tale tecnica consiste nella campionatura del segnale analogico telefonico 8000 volte al secondo (cioè una volta ogni 125 μs) e nel trasmettere in forma digitale i valori dei singoli campioni mediante impulsi codificati con un codice binario di 8 bit: la velocità di trasmissione risulta perciò di 8×8000= 64.000 impulsi/s o, in altre parole, di 64 kbit/s. Poiché la trasmissione degli 8 bit richiede un tempo di gran lunga inferiore a 125 μs, nell'intervallo che intercorre tra un campione e il successivo di una stessa comunicazione possono essere inseriti, in un ordine ciclico, i pacchetti di bit relativi ai campioni di altre comunicazioni in corso, realizzando così la divisione di tempo. Inizialmente sono stati realizzati sistemi telefonici PCM a 32 canali (cioè in grado di portare 32 comunicazioni) con una velocità di trasmissione di 32×64 kbit/s = 2,048 Mbit/s, ma successivamente si sono raggiunti la capacità di 120 canali a circa 8 Mbit/s e sistemi a 480 canali a circa 34 Mbit/s. Nelle centrali elettroniche PCM, i dati relativi ai numeri degli utenti chiamanti e di quelli chiamati vengono memorizzati in memorie cicliche che li ripresentano in uscita a intervalli regolari di 125 μs provocando così la chiusura di due interruttori elettronici che permettono lo stabilirsi del collegamento. In Italia la SIT Siemens ha realizzato il sistema di commutazione elettronica PCM Proteo che consente lo smistamento del traffico urbano internamente a ogni centrale e di quello teleselettivo ed è dotato di un elaboratore per l'autodiagnosi dei guasti. Nell'ambito del sistema Proteo è stata inoltre realizzata la Centrale Interurbana Manuale (con gestione) Automatizzata (CIMA) che può svolgere servizio interurbano e internazionale interamente automatico o anche per operatori: al posto dei tradizionali tavoli e cordoni delle centrali manuali gli operatori hanno a disposizione dei terminali video collegati all'elaboratore centralizzato che controlla la centrale. Le centrali elettroniche PCM hanno sostituito quasi ovunque le centrali di tipo elettromeccanico per il loro maggior numero di prestazioni e il loro miglior rendimento: permettono per esempio un agevole sistema di addebito delle comunicazioni e sono in grado di incorporare uno o più centralini destinati al traffico interno di grandi utenti privati (servizio centrex). L'introduzione di queste centrali e l'adattamento della rete telefonica alla trasmissione di segnali digitali hanno permesso di realizzare sistemi integrati nei quali è sostanzialmente scomparsa ogni distinzione tra traffico telefonico e quello relativo allo scambio di dati tra elaboratori. La tecnica PCM ha permesso inoltre di introdurre un sistema per sfruttare quel 60-70% del tempo in cui un senso di trasmissione in un canale telefonico rimane inattivo perché, per esempio, un utente non parla essendo in ascolto dell'altro. La SIT Siemens ha elaborato al proposito il sistema ATIC (Assegnazione nel Tempo per Interpolazione mediante Campionatura), che permette di trasmettere contemporaneamente un numero di conversazioni telefoniche circa doppio di quello dei canali disponibili, escludendo dalla trasmissione istante per istante le comunicazioni che diventano inattive e inserendo al loro posto quelle che diventano attive. Tra gli altri vantaggi delle centrali elettroniche vanno annoverate anche l'enorme riduzione degli ingombri, centinaia di volte inferiori a quelli delle precedenti centrali elettromeccaniche e la semplicità del montaggio, in quanto tutti i moduli di montaggio o di espansione delle centrali non necessitano di saldature e si connettono, già collaudati, con semplici cavi dalle caratteristiche standardizzate. La gestione delle centrali è poi affidata completamente a calcolatori elettronici che provvedono oltre che alla supervisione del funzionamento in ogni dettaglio anche a tutta una serie di nuovi servizi che tendono a trasformare la rete telefonica in una rete telematica alla quale fanno capo i servizi più svariati, quali la trasmissione ad alta velocità del suono, di immagini e di dati.
Tecnologia: centrale telefonica di amplificazione
Impianto destinato a compensare mediante amplificatori le inevitabili perdite di trasmissione introdotte dalle giunzioni della rete telefonica interurbana. Amplificando i segnali le centrali debbono spesso introdurre anche un'opportuna equalizzazione per correggere le differenze di attenuazione che si verificano in pratica nello spettro delle frequenze trasmesse dalle giunzioni telefoniche. Tali tipi di impianti sono utilizzati nei collegamenti su cavo coassiale, in gran parte ormai sostituiti da collegamenti satellitari o in fibra ottica.
Tecnologia: centrale telefonica multiplex
Impianto di tipo elettronico che consente di inserire in una banda di opportuna estensione o di estrarre da questa, a seconda delle esigenze del traffico di telecomunicazione, informazioni (per esempio canali musicali o video, canali telefonici per la teleselezione, canali telegrafici per il traffico telex): tale banda viene in seguito trasmessa a distanza mediante ponti radio, cavi coassiali, collegamenti via satellite, ecc.
Tecnologia: centrale telefonica di teleoperazione
Impianto, generalmente combinato con altre centrali (di amplificazione, multiplex, ecc.), che presiede all'indirizzo e allo scambio di teleoperazioni (telecomandi, telemisure, telecontrolli) destinate generalmente alla supervisione e alla gestione a distanza di impianti non presidiati e al loro funzionamento automatico o semiautomatico.
Tecnologia: centrale telegrafica
Impianto costituito da un complesso di apparecchiature mediante le quali viene effettuato lo scambio di messaggi entro una rete telegrafica. Le centrali telegrafiche per il servizio pubblico comprendono generalmente apparecchiature trasmittenti e riceventi a cui fanno capo linee di collegamento non commutabili; esistono inoltre centrali telegrafiche a commutazione automatica, con funzionamento analogo a quello delle centrali telefoniche. Queste centrali, oltre che per il servizio pubblico, vengono utilizzate per il collegamento diretto tra utenti privati (servizio telex). Sono equipaggiate con telescriventi le quali a tutti gli effetti (invio sia di informazioni sia di criteri di inoltro a destinazione del messaggio) si sostituiscono in pratica all'apparato telefonico d'abbonato. Data la specializzazione del servizio di queste centrali, esse risultano in pratica di potenzialità e ingombro notevolmente inferiori a quelli delle centrali telefoniche anche se le prestazioni fornite e la razionalizzazione della tecnica tendono a estenderne il servizio.