amplificatóre
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Agg. e sm. (f. -trice) [sec. XIV; da amplificare]. Che serve ad amplificare; chi amplifica. In particolare dispositivo capace di realizzare un'amplificazione, avente un organo d'entrata e un organo d'uscita, atti rispettivamente all'applicazione e all'estrazione di segnali; è caratterizzato dal fatto che i due segnali sono della stessa specie fisica e che il segnale d'uscita ha una forma d'onda simile a quella d'entrata o ne è una sua funzione determinata. In termini più rigorosi, l'amplificatore aumenta l'ampiezza o la potenza di un segnale d'ingresso per mezzo di energia prelevata da una sorgente esterna.
Elettronica: amplificatore elettronico
Circuito fondamentale e di uso estensivo nelle apparecchiature elettroniche, l'amplificatore elettronico può essere definito come il circuito che consente di ottenere, a una coppia di terminali d'uscita, una replica amplificata del segnale elettrico applicato alla coppia di terminali d'ingresso, conservandone l'informazione contenuta, per esempio la forma d'onda. Lo schema elettrico di un amplificatore può assumere in pratica forme molto differenti, sia per quanto riguarda la configurazione circuitale sia per i componenti utilizzati. In ogni caso gli elementi cui si deve la proprietà dell'amplificazione sono i cosiddetti componenti attivi dell' (elementi che ricevono energia da fonti esterne diverse dal segnale di ingresso): i tubi a vuoto (triodi, pentodi, tubi a fascio lineare ecc.) e i dispositivi a semiconduttore (transistori ecc.). Con l'evoluzione delle tecniche circuitali e dei semiconduttori questi ultimi dispositivi hanno in generale sostituito i tubi a vuoto, salvo in settori molto importanti ma specifici: è il caso dei trasmettitori per radiodiffusione che richiedono potenze elevate (superiori al kW) e delle applicazioni nel campo delle microonde per amplificare segnali ad altissima frequenza (dove, peraltro, si impiegano tubi particolari: klystron, tubi a onda progressiva ecc.). Versioni moderne degli amplificatori a tubi a vuoto (o soluzioni ibride) mantengono anche un ridotto mercato fra gli appassionati di riproduzione sonora, che ravvisano in questi apparecchi proprietà di naturalezza e fluidità che mancano agli amplificatori a semiconduttori. Gli amplificatori a semiconduttori, basati in una prima fase sui circuiti cablati, poi su circuiti integrati, sono realizzati con circuiti integrati monolitici. I vantaggi, fortemente crescenti con il grado di integrazione, riguardano la flessibilità di impiego, l'abbattimento dei costi, l'ingombro e il peso ridottissimi, la vita dei componenti, il consumo di energia particolarmente basso. Gli svantaggi – essenzialmente la limitata riproducibilità delle caratteristiche dei dispositivi di amplificazione tradizionali e l'elevata deriva termica – sono riducibili fortemente con le tecniche più moderne, mediante circuiti di stabilizzazione, di reazione e metodi di compensazione.
Elettronica: principi di funzionamento di un amplificatore elettronico
Tre sono i tipi di circuito elementare di amplificazione con dispositivo a semiconduttore ( "Per lo schema del transistore bipolare pnp vedi pg. 38 del 2° volume." "Per il transistore pnp vedi schemi al lemma del 2° volume." transistore bipolare di tipo pnp). Esaminando il caso a base comune polarizzato come indicato e con valori delle tensioni di polarizzazione tali da far funzionare il transistore nella regione attiva, una piccola variazione nella tensione di ingresso (fra base ed emettitore) comporta una variazione relativamente elevata della corrente di emettitore (dato che la barriera di tensione alla giunzione emettitore-base è ridotta dalla polarizzazione). Molto schematicamente una parte rilevante (90-95%) della corrente di emettitore viene raccolta dal collettore e attraversa la resistenza di uscita, inducendo una variazione di tensione proporzionale a quest'ultima. Diverse le amplificazioni in tensione e in corrente delle tre configurazioni: la configurazione a emettitore comune è l'unica che presenta amplificazioni superiori all'unità sia di corrente che di tensione e risulta la più versatile; la configurazione a base comune ha amplificazione di corrente inferiore all'unità, mentre l'amplificazione di tensione può assumere valori elevati, per cui si presta a poche applicazioni (amplificatore non invertitore, adattamento di generatori a impedenza interna molto bassa, generatori di corrente costante); la configurazione a collettore comune (inseguitore di emettitore) presenta amplificazioni di corrente e di tensione vicine all'unità e si presta a fare da cuscinetto fra un generatore ad alta impedenza e un carico a bassa impedenza "Per la tabella di configurazione di amplificatori a transistori vedi pg. 38 del 2° volume." . "Per la configurazione di amplificatori a transistori vedi tabella al lemma del 2° volume." Analoghe le configurazioni per i tubi a vuoto dove: a emettitore comune corrisponde il catodo comune; a base comune la griglia comune; a collettore comune l'anodo comune (l'inseguitore di emettitore corrisponde quindi al cathode follower, l'inseguitore catodico). In modo assolutamente generale e prescindendo dal tipo dei componenti attivi e passivi, gli amplificatori vengono classificati in quattro categorie, ciascuna caratterizzata dalla tipologia dei circuiti equivalenti di reti "Per il circuito equivalente di un amplificatore vedi schema al lemma del 2° volume." con una porta d'ingresso e una di uscita. L'a. di tensione è costituito da un generatore di tensione Vu=AVi, la cui tensione di uscita è proporzionale alla tensione del segnale d'ingresso, da una resistenza di ingresso Ri molto elevata, infinita nel caso ideale, e da una resistenza di uscita Ru molto bassa, idealmente nulla. Pertanto la corrente richiesta all'ingresso è modestissima (idealmente nulla) e così la caduta di tensione all'uscita. L'amplificatore di corrente ha come elemento essenziale un generatore di corrente proporzionale alla corrente di ingresso Iu=AIi. Gli amplificatori di transconduttanza (Iu=GmVi) e di transresistenza (Vu=RmIi) generano correnti e tensioni d'uscita proporzionali rispettivamente alle tensioni e correnti d'ingresso; essi assolvono quindi, oltre alla funzione di amplificazione, a quella di conversione di segnali di corrente in segnali di tensione e viceversa. Il comportamento di un amplificatore può essere descritto in due modi distinti: in regime sinusoidale e in regime impulsivo; le due descrizioni sono equivalenti e complete, nel senso di comprendere l'intera gamma di segnali d'ingresso ipotizzabili; esse sono ricollegabili tra loro tramite l'algoritmo della trasformata di Fourier. In regime sinusoidale, i segnali di ingresso e d'uscita sono rappresentabili mediante numeri complessi o equivalentemente mediante vettori di fase, cioè fasori. Il loro rapporto, l'amplificazione, è un numero complesso il cui modulo |A| fornisce il fattore per il quale l'ampiezza del segnale è amplificata, e la cui fase φA rappresenta l'angolo elettrico di sfasamento della sinusoide di uscita rispetto a quella d'ingresso "Per lo schema dell'ampiezza dei segnali di ingresso vedi pg. 38 del 2° volume." . "Per l'ampiezza dei segnali d'ingresso vedi schema al lemma del 2° volume." In connessione con questa descrizione, si parla spesso di guadagnoG dell'amplificatore come della quantità che misura il logaritmo del modulo dell'amplificazione in decibel:
per esempio, un'amplificazione (di tensione o di corrente) di uno, mille, un milione corrisponde a un guadagno di 0, 60, 120 dB; se l'amplificazione riduce di
il guadagno diminuisce di 3 dB. Con il termine risposta in frequenza di un amplificatore si intende il comportamento dell'amplificazione al variare della frequenza del segnale sinusoidale applicato all'ingresso. Sono individuabili "Per l'andamento dell'amplificazione vedi schema al lemma del 2° volume." "Per lo schema dell'andamento dell'amplificazione vedi pg. 38 del 2° volume." tre regioni per la risposta in frequenza di un amplificatore: il centro banda, dove l'amplificazione di un amplificatore progettato correttamente è massima e costante; le basse e le alte frequenze, alle quali entrano in gioco le reattanze dei condensatori di accoppiamento e delle capacità parassite, che introducono il taglio nell'amplificazione, cioè ne riducono gradualmente il valore fino ad annullarla. Mentre il taglio alle basse frequenze è relativamente controllabile e, dove occorra, addirittura eliminabile provvedendo a eseguire accoppiamenti diretti in corrente continua, alle alte frequenze il limite è intrinseco alla natura del componente attivo utilizzato. Per frequenza di taglio si intende la frequenza alla quale il modulo dell'amplificazione si è ridotto di un fattore
rispetto al valore di centro banda (ovvero il guadagno è diminuito di 3 dB). Il prodotto della frequenza di taglio alle alte frequenze e dell'amplificazione a centro banda è grosso modo costante e nei transistori a effetto di campo è dell'ordine di gigahertz (miliardi di cicli al secondo). In regime impulsivo il comportamento dell'amplificatore è caratterizzabile mediante la risposta ottenuta in uscita a un segnale di ingresso con forma d'onda a gradino (che presenta cioè una sola rapida commutazione nel tempo). Si definisce "Per il tempo di ritardo e di salita di un amplificatore vedi schema al lemma del 2° volume." "Per lo schema del tempo di ritardo e di salita di un amplificatore vedi pg. 38 del 2° volume." tempo di ritardo tr dell'amplificatore il tempo impiegato dal segnale in uscita a raggiungere il 50% del valore finale, rispetto all'istante di applicazione del segnale a gradino all'ingresso, mentre per tempo di salita ts si intende l'intervallo di tempo impiegato dal segnale in uscita per passare dal 10% al 90% del valore finale.
Elettronica: amplificatore mono o multistadio a cascata
Un amplificatore può essere costituito da un singolo stadio di amplificazione oppure, come frequentemente accade in pratica, da più stadi in cascata, ottenuti collegando i terminali di uscita di uno stadio a quelli di ingresso del successivo "Per lo schema di amplificatori a transistore vedi pg. 38 del 2° volume." . "Per gli amplificatori a transistore vedi schema al lemma del 2° volume." Poiché l'amplificazione complessiva di una cascata risulta determinata dal prodotto delle amplificazioni dei singoli stadi, in linea di principio si possono ottenere valori di amplificazione elevatissimi. Esistono tuttavia delle limitazioni nelle prestazioni di un amplificatore sia per l'amplificazione di segnali d'ingresso molto piccoli sia per l'erogazione di segnali d'uscita molto grandi. In regime di segnali di ampiezza elevata entrano in gioco le nonlinearità della caratteristica del componente attivo utilizzato, che provocano la distorsione della forma d'onda di segnale ponendo così un limite alla massima ampiezza erogabile dall'amplificatore con una buona fedeltà di riproduzione. Il limite all'amplificazione di segnali debolissimi è posto dal rumore elettrico che si somma al segnale utile. Se l'ampiezza del segnale è piccola rispetto a quella del rumore, cioè se si ha un basso rapporto segnale-rumore, il segnale risulta mascherato dal rumore a esso sovrapposto. Negli amplificatori il rumore può essere di origine interna, per le fluttuazioni casuali di tensione e corrente dovute alle caratteristiche specifiche a livello molecolare dei dispositivi circuitali. Tra i rumori di origine interna abbiamo: quello termico, dovuto al movimento casuale delle cariche nei conduttori resistivi; quello shot (impulsivo), dovuto al moto casuale degli elettroni attraverso una barriera di potenziale, quale la giunzione, negli elementi attivi; quello flicker (scintillazione) di natura composita e poco nota con dipendenza inversa dalla frequenza. Il rumore di origine esterna deriva da vibrazioni, accoppiamenti elettrostatici, magnetici ed elettromagnetici, radiazione ecc. L'abbattimento del rumore è uno dei maggiori problemi degli amplificatori: la miniaturizzazione è stato uno dei mezzi per la drastica riduzione del rumore interno e così lo sviluppo di nuovi materiali semiconduttori o non; la schermatura, le protezioni antishock e altri accorgimenti progettuali possono ridurre sostanzialmente i rumori di origine esterna. Inoltre, una tensione di alimentazione non adeguatamente filtrata può produrre all'ingresso un segnale spurio di ondulazione alla frequenza della rete (50-60 hertz, cicli al secondo). Infine, soprattutto negli amplificatori ad alto guadagno e molti stadi, possono verificarsi oscillazioni parassite dovute ad accoppiamenti indesiderati che riportano all'ingresso una pur piccolissima parte del segnale amplificato di uscita (effetto di rigenerazione). Una tecnica largamente usata negli amplificatori per migliorarne importanti caratteristiche di funzionamento è la controreazione (o reazione negativa), mediante la quale, a spese di una riduzione di guadagno dell'amplificatore, viene aumentata la precisione del valore dell'amplificazione, la sua stabilità contro le variazioni di temperatura e l'invecchiamento e viene eliminato l'effetto delle tolleranze sui valori nominali dei componenti; con questa tecnica risultano migliorate la linearità e la rapidità di risposta e, infine, possono essere variate entro vasti limiti, sia in aumento sia in diminuzione, le impedenze di ingresso e di uscita "Per la tabella dell'effetto della reazione negativa negli amplificatori vedi pg. 39 del 2° volume." .
Elettronica: classi di funzionamento di un amplificatore a cascata
In un amplificatore a cascata si distinguono, spesso anche fisicamente, una prima parte di stadi di preamplificazione, che richiedono cura particolare per il rumore, stadi di livello intermedio, e il complesso degli stadi finali. Questi ultimi formano l'amplificatore di potenza, che lavora in regime di grandi segnali sia di tensione sia di corrente; per l'amplificatore di potenza la potenza elettrica erogabile al carico è limitata dalla capacità di dissipazione del calore dei dispositivi attivi, eventualmente affiancati da sistemi di evacuazione del calore. Limiti di potenza e distorsione dipendono dalla classe di amplificazione. Si distinguono infatti tre principali classi di funzionamento per gli stadi di potenza: classe A "Per la classe A di funzionamento di un amplificatore di potenza vedi lo schema a pg. 39 del 2° volume." , "Per la classe A di funzionamento di un amplificatore di potenza vedi schema al lemma 19 del 2° volume." classe B "Per la classe B di funzionamento di un amplificatore di potenza vedi schema al lemma del 2° volume." "Per la classe B di funzionamento di un amplificatore di potenza vedi lo schema a pg. 39 del 2° volume." e classe C "Per la classe C di funzionamento di un amplificatore di potenza vedi lo schema a pg. 39 del 2° volume." "Per lo schema della caratteristica di un amplificatore a transistore vedi pg. 39 del 2° volume." ; "Per la classe C di funzionamento di un amplificatore di potenza vedi schema al lemma del 2° volume." un'importante classe intermedia è la AB. In classe A la tensione di polarizzazione e l'ampiezza del segnale di ingresso sono tali da produrre una corrente che circola durante tutto un ciclo del segnale, ovvero l'angolo di conduzione della corrente nei componenti attivi è di 360º. In questa classe la distorsione è piccola, ma la potenza erogabile è relativamente modesta. Si ha funzionamento in classe AB quando tensione di polarizzazione e segnale d'ingresso sono tali da interdire il componente attivo per meno di mezzo ciclo (cioè la corrente circola in esso per più di mezzo ciclo, ma per meno di un ciclo intero) ovvero l'angolo di conduzione della corrente di segnale nel componente attivo è minore di 360º, ma maggiore di 180º. Il funzionamento in classe B è caratterizzato dalla presenza in uscita di solo mezzo ciclo del segnale applicato all'elettrodo di controllo; si ha conduzione per semiperiodi, ovvero l'angolo di conduzione della corrente di segnale nel componente attivo è uguale a 180º. Alimentando due componenti attivi in classe B con segnali d'ingresso eguali e opposti è possibile ricostruire a posteriori l'intero segnale tramite la somma delle correnti di segnale fornite alternativamente dai due componenti attivi. Questo tipo, detto in controfase "Per le forme d'onde di tensione e correnti vedi schema al lemma del 2° volume." "Per lo schema di forme d'onde di tensione e correnti vedi pg. 40 del 2° volume." o, con terminologia inglese, push-pull, consente di erogare un'elevata potenza con bassa distorsione. Si ha funzionamento in classe C quando l'angolo di conduzione è inferiore a 180º. Utilizzano tale classe di funzionamento gli di potenza accordati, nei quali, nonostante la forte distorsione del segnale di corrente nel componente attivo, è possibile erogare potenza solo alla frequenza desiderata, eliminando tutte le altre per mezzo di filtraggio con circuiti risonanti. In classe C si ottengono rendimenti così elevati (90%) da consentire il funzionamento dei radiotrasmettitori a potenze di centinaia di chilowatt. Un'altra classificazione degli amplificatori può essere fatta dal punto di vista della risposta in frequenza. Si parla di ad audiofrequenza quando il centro banda si estende da qualche decina di hertz a una decina di kilohertz, di a videofrequenza se il centro banda si estende da pochi hertz a parecchi megahertz, di a corrente continua quando viene amplificata anche l'eventuale corrente continua del segnale e non ci sono tagli alle basse frequenze, di accordati quando il carico è un circuito risonante parallelo e la banda passante è generalmente stretta con frequenze centrali nel campo 1-100 MHz ( a radiofrequenza). Dal punto di vista della risposta impulsiva, si parla di rapidi di impulsi (controparte degli amplificatori a larga banda) quando il tempo di salita dell'amplificatore è nel campo 5-20 ns; sono usati anche speciali tipi di amplificatori per ridurre il tempo di recupero e di carica per integrare gli impulsi di corrente generalmente provenienti dai rivelatori di radiazione. Infine il tipo di accoppiamento tra gli stadi in cascata di un amplificatore consente una classificazione in: ad accoppiamento RC (carico resistivo e accoppiamento capacitivo); con accoppiamento a trasformatore o a filtro di banda (usati in radiofrequenza); ad accoppiamento diretto "Per lo schema di amplificatori multistadio a cascata vedi pg. 40 del 2° volume." . "Per l'accoppiamento tra stadi di amplificatori vedi schemi al lemma del 2° volume."
Elettronica: amplificatore integrato
I progressi della tecnologia elettronica hanno consentito la realizzazione di integrati con eccellenti prestazioni elettriche e un ingombro così ridotto da far ritenere l'amplificatore un componente piuttosto che un circuito. Gli amplificatori integrati possono essere amplificatori ad audiofrequenza o amplificatori a videofrequenza ed eventualmente amplificatori differenziali costituiti "Per l'amplificazione differenziale a transistori e l'amplificazione differenziale a tubi elettronici vedi schema al lemma del 2° volume." "Per lo schema di amplificazione differenziale a transistori e di amplificazione differenziale a tubi elettronici vedi pg. 40 del 2° volume." dall'insieme di due amplificatori, ai cui ingressi vengono applicati due segnali di cui il dispositivo amplifica la differenza. Detta differenza amplificata costituisce il segnale di uscita: l'amplificatore differenziale può venire considerato come un amplificatore operazionale di tipo particolare. Per il suo basso livello di rumore in uscita è utilizzato particolarmente negli oscilloscopi.
Elettronica: tipi speciali di amplificatori
Rientrano negli amplificatori alcuni tipi speciali che sono indicativi della varietà dei problemi e dei metodi incontrati nella tecnica degli amplificatori. § Negli a basso rumore si è interessati a ridurre il più possibile l'ampiezza del minimo segnale distinguibile dal rumore elettrico generato nel circuito. Normalmente è il componente attivo del primo stadio di amplificazione a fornire il maggior contributo al rumore ed esso è perciò scelto tra i componenti a bassa cifra di rumore, quali i transistori a effetto di campo. Il minimo segnale distinguibile dipende inoltre anche dalla banda passante richiesta all'amplificatore e dalla resistenza interna del generatore di segnale. § Per l'amplificazione a basso rumore di segnali sinusoidali a frequenza audio o video si ottengono elevate prestazioni con il principio della rivelazione sincrona, utilizzato negli ad agganciamento o lock-in, nei quali il segnale da amplificare viene modulato, amplificato e demodulato in fase con il generatore del segnale stesso. Al crescere del tempo di integrazione, l'inverso del quale è proporzionale alla larghezza di banda effettiva, si ha un forte aumento della sensibilità dell'amplificatore, che può permettere di effettuare misure di tensione a livelli di 10-9 V. § Per l'amplificazione a basso rumore di tensioni continue o lentamente variabili si impiegano gli a chopper, dove il segnale di ingresso è convertito per mezzo di un interruttore elettronico in un segnale a frequenza audio, che può essere successivamente amplificato in modo convenzionale. § Alle alte frequenze, uno schema di amplificatore talvolta impiegato con vantaggio è quella dell' distribuito "Per lo schema di amplificatori multistadio a cascata vedi pg. 40 del 2° volume." . Esso può essere costituito da una serie di transistori (FET o bipolari) i cui segnali di ingresso sono forniti da una serie di prese poste lungo una prima linea di ritardo mentre i segnali amplificati sono raccolti da altrettante prese in una seconda linea di ritardo. Nell'amplificatore distribuito l'amplificazione complessiva è la semisomma delle amplificazioni dei singoli stadi e si possono ottenere bande passanti considerevolmente più elevate di quelle ottenibili con gli stessi componenti nelle ordinarie configurazioni circuitali. Infine, per le microonde esistono tubi speciali, come il klystron e il tubo a onde viaggianti che consentono l'amplificazione a frequenze di parecchi gigahertz, anche a livelli di potenza notevolmente alti. § Sempre per le altissime frequenze, cioè per frequenze dell'ordine dei gigahertz, sono stati sviluppati parametrici a bassa temperatura di rumore, utili per le comunicazioni a grande distanza. Essi impiegano un diodo a semiconduttore speciale, il varactor, nel quale la capacità della giunzione pn varia sensibilmente con la tensione applicata. La nonlinearità della reattanza capacitiva consente di miscelare nel varactor il segnale da amplificare con una tensione di alimentazione di elevata ampiezza e frequenza opportuna. Il segnale di battimento che è generato nel varactor ha un'ampiezza più grande di quella del segnale d'ingresso, se la tensione d'alimentazione è sufficientemente alta, e la sua frequenza è trasposta, rispetto a quella del segnale di ingresso, di una quantità pari alla frequenza dell'alimentazione. La trasposizione viene successivamente eliminata mediante tecniche convenzionali. Con l'amplificatore parametrico a varactor si possono ottenere parecchi decibel di guadagno a frequenze intorno al gigahertz con cifre di rumore migliori di quelle dei circuiti con tubi a vuoto (frazioni di decibel). § Un altro tipo di amplificatore per alte frequenze è l' a resistenza (o a conduttanza) negativa, che utilizza il tratto di caratteristica tensione-corrente a resistenza (conduttanza) differenziale negativa presentata da alcuni componenti speciali quali per esempio il diodo tunnel, il diodo a valanga e il dispositivo a effetto Gunn. § L' dielettrico è un amplificatore di potenza il cui funzionamento è basato sulla variazione di capacità di un particolare tipo di condensatore, il cui dielettrico è un materiale ferroelettrico, per esempio titanato di bario. La variazione di capacità si ha quando a esso viene applicata una tensione continua di polarizzazione Vc. "Per l'amplificatore dielettrico vedi schema al lemma del 2° volume." "Per lo schema di amplificatore dielettrico vedi pg. 40 del 2° volume." che si sovrappone al segnale alternato in ingresso Vi. Detto condensatore Cv fa parte di un circuito comprendente un oscillatore ad alta frequenza O, un resistore R, un induttore L e un altro condensatore C. La variazione della capacità Cv modula, con una funzione modulatrice coincidente con il segnale di entrata Vi, il segnale ad alta frequenza (molto più alta di quella del segnale di entrata). Il segnale modulato Vu, raccolto ai capi del resistore, dopo demodulazione (non illustrata in figura) riproduce, amplificato, il segnale di entrata. L'induttore L impedisce che la corrente generata da O percorra il circuito di entrata. L'amplificatore dielettrico viene talvolta usato in apparecchi di misurazione e controllo. § L' magnetico è un particolare dispositivo elettromagnetico basato su induttori a nucleo ferromagnetico, o reattori saturabili, nei quali un segnale di controllo regola una potenza di uscita alla quale corrisponde una potenza assai più alta di quella del segnale stesso. L'amplificatore magnetico si basa sullo spostamento del punto di lavoro della caratteristica magnetica degli induttori effettuato dal segnale di controllo "Per lo schema di amplificatore magnetico a due reattori saturabili vedi pg. 40 del 2° volume." . "Per l'amplificatore magnetico a due reattori saturabili vedi schema al lemma del 2° volume." Se la tensione del segnale di controllo è tale da corrispondere alla parte lineare della caratteristica magnetica dei reattori, la corrente assorbita da questi sarà ancora sinusoidale; ma se invece viene applicata una tensione continua che sposta il tratto di lavoro in una parte non lineare della caratteristica, le correnti assorbite saranno fortemente distorte e di ampiezza assai maggiore. Generalmente la corrente viene raddrizzata da un ponte di raddrizzatori: si comprende come nel secondo caso (tratto non lineare) si determina un'amplificazione funzione del segnale di controllo. Spesso si fa uso di reazione positiva disponendo sui due induttori due avvolgimenti percorsi in senso opposto dalla corrente raddrizzata onde ottenere un aumento di amplificazione (per esempio nell'amplistat). Questi amplificatori non hanno parti mobili; hanno bassa impedenza di entrata e basso rumore di fondo; l'amplificazione di potenza è sui 100 (40 dB), ma può raggiungere 106 (120 dB). Gli aspetti negativi rispetto all'amplificatore elettronico sono costituiti dal valore troppo alto della costante di tempo, ca. 0,1 s, dalla scarsa linearità, dalle grandi dimensioni. § L' per microonde è un particolare tipo di amplificatore largamente impiegato per aumentare l'ampiezza di segnali a frequenze da uno ad alcune decine di gigahertz per una vasta gamma di applicazioni. Fondamentalmente vengono realizzati con parametrici o molecolari o maser, che utilizzano l'emissione di energia elettromagnetica da parte di atomi o sistemi molecolari che vengano opportunamente eccitati, o, ancora, elementi attivi tipo MESFET (Metal Semiconductor Field Effect Transistor) realizzati su substrati di arseniuro di gallio. Lo sviluppo di tali tecnologie ha permesso di realizzare nel campo delle microonde (fino a ca. 30 GHz) circuiti integrati analogici in precedenza ottenibili, su substrati di silicio, per frequenze inferiori al GHz. Su un singolo substrato di arseniuro di gallio è così possibile realizzare un intero amplificatore, costituito da uno o più elementi attivi e da reti passive di adattamento e connessione realizzate con elementi di linea a microstriscia. Il circuito complessivo è detto monolitico, in quanto realizzato su un unico chip. Le specifiche di progetto di tali dispositivi riguardano i seguenti parametri: la larghezza di banda (a seconda dei casi possono interessare amplificatori a banda stretta o a banda relativamente ampia); il guadagno fra ingresso e uscita dell'amplificatore; il fattore di rumore del dispositivo (che rappresenta una misura del rumore introdotto all'interno del dispositivo stesso). Particolarmente critica è l'ottimizzazione del fattore di rumore al variare delle altre due specifiche sopracitate. Per ottenere progetti ottimizzati, sono usate tecniche automatiche di progettazione, utilizzanti metodologie CAD. Gli amplificatori monolitici a MESFET sono ampiamente utilizzati nelle tecnologie per lo spazio (apparati elettronici a bordo di satelliti artificiali). § L' biologico è un tipo speciale di amplificatore usato in medicina e biologia la cui realizzazione è stata resa possibile dallo sviluppo della tecnica elettronica e dalla miniaturizzazione dei componenti allo stato solido. È un amplificatore per corrente continua in grado di amplificare tensioni che vanno da qualche microvolt, in un campo di frequenze da qualche decimo di hertz sino a qualche centinaio di hertz. Il segnale da amplificare, prelevato mediante speciali elementi sensori dagli organi o dalle cellule sotto controllo sperimentale, viene amplificato dall'amplificatore biologico e inviato agli strumenti di controllo e di registrazione, sia direttamente mediante conduttori elettrici, sia mediante onde elettromagnetiche emesse da minuscoli trasmettitori. § operazionale (AO), sviluppato come componente per l'esecuzione dei calcoli (somma, differenza, moltiplicazione, divisione, integrazione, differenziazione ecc.) nei calcolatori analogici, l'AO ha acquistato grandissima importanza quale blocco base dei circuiti elettronici sia lineari che non lineari. Fra le funzioni di elaborazione dei segnali spesso realizzate con AO, vi sono l'amplificazione, il filtraggio analogico, il buffering (funzione di collegamento sincrono o di cuscinetto fra due circuiti), il raddrizzamento, la rilevazione di soglia, l'interruzione digitale. L'AO è costituito da numerosi componenti elettronici (transistori, resistenze, capacità, generatori di corrente e tensione ecc.) contenuti nello stesso chip. Un'architettura molto generale di AO è costituita da due amplificatori differenziali in cascata, da un terzo stadio a emettitore comune di compensazione e amplificazione e da uno stadio di potenza “inseguitore di emettitore” a simmetria complementare (npn e pnp), quest'ultimo per fornire un elevato guadagno di corrente e bassa impedenza di uscita. L'AO, realizzato come un singolo circuito integrato, è costituito da due ingressi di tensione di segno opposto (V+, V‒) e un'uscita Vu=Av (V+–V‒), proporzionale alla differenza tra i due ingressi. Il guadagno differenziale Av è molto elevato (da diecimila a un milione), la resistenza interna di ingresso (fra V+ e V‒) può raggiungere il milione di ohm per i transistori bipolari, la resistenza di uscita è piccola (100 ohm o meno), la banda passante può essere estesa dalla continua a molti MHz sacrificando il guadagno mediante circuiti di controreazione. L'AO si satura molto facilmente dato che la tensione di uscita non può superare quella di polarizzazione e basta un piccolissimo squilibrio all'ingresso per pilotare la tensione di uscita ai limiti (positivo e negativo) dell'alimentazione. Dato il guadagno in gioco, le prestazioni dell'AO, associate a opportuni circuiti di reazione e alla miniaturizzazione (chip), permettono alta affidabilità, elevata compensazione di temperatura, bassa deriva di tensione e corrente, parametri principali legati a componenti circuitali semplici, in genere passivi, dotati di grande stabilità. È il caso, per esempio, dell'AO non invertente o di quello invertente che, nell'ipotesi che l'amplificazione dell'AO sia molto elevata, presenta, grazie alla reazione composta di elementi resistivi, un'amplificazione complessiva pari a rapporti fra resistenze le quali possono avere precisione e stabilità molto elevate. Dato il grandissimo guadagno dell'AO ad anello aperto, quando un ingresso è a terra, l'altro diventa una terra virtuale, una caratteristica molto utile in diverse applicazioni, quale la conversione analogico-digitale. Fra le più varie funzioni di trasferimento ottenibili con schemi AO con prestazioni elevate si citano nel campo dei circuiti lineari l'AO non invertente e invertente, l'inseguitore di tensione (che permette di disaccoppiare l'ingresso dall'uscita e che può erogare correnti elevate senza prelievo di corrente dall'ingresso), l'integratore, il derivatore; il sommatore analogico è un'estensione del non invertente (con tanti ingressi in parallelo con proprie resistenze Ri per realizzare una combinazione lineare in uscita). L'amplificatore di corrente, di transconduttanza e di transresistenza, i circuiti selettivi in frequenza richiesti in strumentazione, gli amplificatori differenziali sono altri esempi. Fra gli impieghi non lineari si citano il circuito bistabile, che serve da comparatore con una banda per la soppressione del rumore, il multivibratore, l'amplificatore logaritmico, i limitatori, i rivelatori di zero. Altre applicazioni riguardano infine i generatori di tensione di riferimento, gli oscillatori, i generatori di forma d'onda e i convertitori. La flessibilità dell'AO quale componente centrale di un circuito deve confrontarsi comunque con i limiti intrinseci, anche se molto ampi, derivanti dai componenti; oltre a quelli citati (guadagno differenziale, impedenza di ingresso e uscita, banda passante) sono particolarmente importanti: il guadagno in modo comune che dovrebbe essere nullo perché la tensione di uscita sia zero quando i segnali di ingresso sono uguali: la tensione residua (offset) in uscita a ingressi nulli: lo slew rate, la velocità limite di rampa della tensione di ingresso perché non vi sia distorsione (i migliori AO presentano slew rates di 100 V/s, quelli medi 1 V/s). Lo sviluppo tecnologico nel campo dei circuiti integrati continua comunque a spostare le frontiere delle prestazioni degli AO. Gli AO possono venire realizzati in versioni a bassissimo rumore, pur con prestazioni economiche sempre migliori (preamplificatori microfonici, amplificatori per strumentazione, amplificatori per sensori); un altro campo riguarda gli AO di potenza, versatili quando sono richieste alte correnti e alte tensioni per funzioni di pilotaggio: comandi di motori, circuiti deflettori di pannelli elettronici, funzioni di controllo per amplificatori audio di alta qualità; per esempio, un AO audio può fornire 150 W a un carico di 4 ohm con distorsione dell'uno per diecimila. Alla fine degli anni Ottanta del sec. XX sono apparsi AO integrati con conversione digitale nello stesso chip e i cosiddetti integrati intelligenti di potenza che combinano, nello stesso chip, funzioni analogiche, fornite dall'AO, e digitali. Gli AO più avanzati sono basati su processi bipolari complementari (tipici dei circuiti digitali) con precisione superiore a 1 mV, una banda passante che arriva a 200-400 MHz e consumi inferiori a 100 mW.
Tecnica: amplificatori di radiazione
Vasta classe di componenti e di sistemi che interagendo direttamente con il campo elettromagnetico ne forniscono una replica di più elevata intensità. A differenza di quanto è valido negli amplificatori di segnali elettrici, il termine “replica” è qui da intendersi in senso molto lato. Esempi di amplificatori di radiazione sono: gli intensificatori d'immagine, i pannelli elettroluminescenti, i sistemi televisivi a circuito chiuso (costituiti da un tubo da ripresa e da un cinescopio); tutti questi dispositivi, piuttosto che amplificare direttamente la radiazione, sono basati sull'impiego di opportuni trasduttori che trasformano la radiazione in una grandezza elettrica (vedi anche alle voci fotoelettricità e luminescenza) e viceversa. Al contrario, soltanto con il laser si realizza un'amplificazione diretta della radiazione.
Tecnica: amplificatore meccanico
È costituito semplicemente da una leva, o più in generale da un insieme di leve ( a leva), che amplificano il movimento dell'estremità della prima leva, come si verifica nei barometri metallici (in quanto basati sull'elasticità dei metalli), per esempio nel barometro di Bourdon.
Tecnica: amplificatore a fluido o pneumatico
Tipo particolare di valvola per fluidi, caratterizzata dal fatto che la direzione di una data corrente fluida, di energia elevata, è controllata da uno o due altri getti di energia assai inferiore. Si hanno a fluido analogici o proporzionali, in cui le portate del segnale d'entrata e del segnale d'uscita sono proporzionali, e digitali in cui il getto controllato ha due uscite. In questo secondo tipo il segnale di controllo ha la funzione di scambiare una uscita con l'altra, analogamente a quanto avviene per un multivibratore bistabile.
Tecnica: amplificatore ottico
Lo sviluppo delle tecnologie di telecomunicazioni su fibra ottica degli ultimi anni del sec. XX ha rivoluzionato i sistemi di trasmissione di segnali a distanza, permettendo la realizzazione di canali di comunicazione a grande capacità con costi relativamente contenuti. Il successo di tale tecnologia è legato, oltre che ai progressi nella realizzazione del mezzo di trasmissione (e cioè delle fibre stesse), anche allo sviluppo di particolari componenti che hanno permesso di ottenere migliori caratteristiche di funzionamento a livello di sistema (vedi fotonica). Uno dei processi chiave è costituito dall'amplificazione del segnale ottico, necessario per ripristinare il livello del segnale che tende ad attenuarsi lungo la linea. L'amplificazione necessaria per compensare le perdite era realizzata in precedenza mediante opportuni ripetitori: tali dispositivi contenevano un fotorivelatore, che operava la conversione del segnale ottico in segnale elettrico, e un complesso circuito elettronico per amplificare ed equalizzare il segnale, usato successivamente per modulare una sorgente laser la cui uscita era inviata nuovamente in linea, sulla tratta successiva. La nuova generazione di sistemi fotonici prevede invece l'uso di amplificatori direttamente a livello ottico, rendendo non necessario l'uso di un segnale elettronico intermedio. L'amplificatore ottico agisce sul segnale sulla base del fenomeno dell'emissione stimolata in un semiconduttore portato in condizione di inversione di popolazione. Tale amplificatore agisce indipendentemente dal tipo di modulazione, dalla capacità del canale, dalla lunghezza d'onda e dalla potenza del segnale. Esso pertanto permette di ripristinare il livello del segnale in modo “trasparente” e a costi molto inferiori a quelli di un rigeneratore. Un amplificatore ottico è caratterizzato dalla massima potenza in uscita (limitata dalla saturazione), dalla larghezza di banda e dal rumore aggiuntivo, caratteristico del dispositivo usato. Gli amplificatori ottici, oltre che al ripristino del livello del segnale fra due tratte contigue, sono usati in ingresso al sistema di trasmissione, per adeguare il livello di uscita del laser, oppure, appena prima del ricevitore, come preamplificatori di potenza. Vi sono due tipi fondamentali di amplificatori ottici. Il primo è detto SOA (Semiconductor Optical Amplifier), il secondo EDFA (Erbium Doped Fiber Amplifier). Negli amplificatori SOA è utilizzato un laser a semiconduttore a onda viaggiante (travelling wave), nel quale è presente una inversione di popolazione che provoca l'emissione stimolata in presenza di un campo ottico esterno. Il laser è pertanto mantenuto sotto soglia per impedire che si verifichi generazione spontanea di segnale. Gli amplificatori SOA, essendo costituiti da dispositivi laser, debbono essere accoppiati in modo molto accurato con i tratti di linea contigui, per evitare riflessioni indesiderate di segnale. Gli amplificatori EDFA utilizzano invece un elemento di fibra ottica monomodo, drogato con elementi chimici appartenenti al gruppo delle terre rare (erbio o praseodimio). Sulla fibra, oltre al segnale da amplificare (tipicamente con lunghezze d'onda fra 1525 e 1560 nanometri), viene lanciato un secondo segnale generato da un laser ausiliario (con lunghezze d'onda fra 980 e 1480 nanometri), per mezzo di un accoppiatore ottico. Gli EDFA, che hanno prestazioni superiori agli amplificatori SOA, sono usati soprattutto nei collegamenti a lunga distanza, in particolare quelli transoceanici. Entrambi i tipi di amplificatori ottici sono affetti da un particolare tipo di rumore, detto ASE (Amplified Spontaneous Emission), causato da emissione spontanea indesiderata generata internamente al dispositivo a semiconduttore. In presenza di più amplificatori in cascata, anche il rumore viene amplificato.
Fisica nucleare: amplificatore di energia
Nome di un progetto di reattore sperimentale a fissione presentato dal premio Nobel C. Rubbia nel 1993, ma non realizzato. Il progetto prevede un reattore subcritico, alimentato da un acceleratore di particelle che produce neutroni, nel quale si verifica la fissione del Th 232 e dell'U 233 a ciclo continuo.
J. Millman, C.C. Halkias, Electronic Devices and Circuits, New York, 1967; J.C. Craeme, G.E. Tobey, Operational Amplifier, New York, 1971; M. Berlin Howard, Conoscere gli amplificatori operazionali, Milano, 1986.