scòria

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sf. [sec. XIII; dal greco skōría, da skor, escremento, tramite il latino scoría]. Detrito risultante da un processo di combustione: le del forno; in particolare, radioattive, materiali radioattivi inutili, o rifiuti, prodotti nel funzionamento dei reattori nucleari. Fig., residuo di poco valore, inutile; la parte peggiore e superflua; rifiuto: le della società. In geologia: brandello grossolano di materiale piroclasticocon forma irregolare e aspetto spesso spugnoso. Le scorie laviche sono costituite da brandelli di dimensioni normalmente fino al decimetro, ed eccezionalmente anche fino a mezzo metro, che solidificano in volo, durante il lancio, in forma di masse nerastre costituite da vetro a struttura cellulare: all'urto col suolo spesso si frammentano. I brandelli di lava che riescono a toccare terra ancora allo stato fuso si distendono a focaccia e se vengono a contatto si saldano formando le cosiddette scorie saldate. In metallurgia: strato nel quale si addensano le impurezze presenti nei materiali di carica, o prodotte durante le varie operazioni di fabbricazione dei metalli per via termica. Spesso al materiale da fondere vengono aggiunte sostanze opportune allo scopo di realizzare una determinata composizione della scoria stessa. In particolare, la scoria dell'altoforno (denominata comunemente loppa), secondo il tipo di marcia e la ghisa prodotta, deve avere una ben determinata composizione per esplicare efficacemente la sua azione. I principali requisiti che devono avere le scorie sono: basso peso specifico ed elevata fluidità alla temperatura di fabbricazione del metallo, in modo da separarsi dal metallo completamente e in breve tempo; insolubilità della scoria nel metallo e viceversa, allo scopo di consentire una produzione di migliore qualità e una perdita minore del metallo; bassa temperatura di fusione ed elevata fluidità per meglio raccogliersi durante il movimento tra gli interstizi della carica; quantità minima in relazione alla quantità di metallo prodotto, anche per rendere minimo il consumo di combustibile; basso costo dei fondenti e dei fluidificanti. Le scorie sono in genere di composizione piuttosto complessa, costituite da calce, allumina, magnesia, silice, ossidi e inclusioni metalliche, zolfo, fosforo, arsenico e altre sostanze allo stato elementare o di composto. Molto importante è lo smaltimento delle scorie specie quando queste sono prodotte in grande quantità, come nel caso della siderurgia; spesso vengono utilizzate come materiale da costruzione e isolanti, per la fabbricazione di cementi, di fertilizzanti ecc.

Il problema dello smaltimento delle scorie nucleari è divenuto un argomento di primaria importanza per due motivi: la maggior parte degli impianti nucleari in funzione nel mondo si sta avvicinando alla fine della sua vita operativa e si pone la questione dello stoccaggio delle scorie; inoltre la fine della guerra fredda e il parziale disarmo nucleare in atto nel mondo pongono il quesito dello stoccaggio dei materiali nucleari ricavati dalle testate in disarmo. È sempre più avvertito, inoltre, il problema della sicurezza del plutonio da stoccare e della prevenzione del contrabbando internazionale di materiale fissile, poiché sono sufficienti 5 kg di plutonio per fabbricare una bomba. Nel 2010 vengono proposti principalmente due modi per depositare le scorie (preventivamente solidificate se liquide o gassose): per le scorie a basso livello di radioattività si ricorre al deposito superficiale, cioè il confinamento in aree terrene protette e contenute all'interno di barriere ingegneristiche; per le scorie a più alto livello di radioattività invece il deposito geologico, lo stoccaggio in bunker sotterranei profondi e schermati in modo da evitare la fuoriuscita di radioattività nell'ambiente esterno. § Stoccaggio delle scorie nucleari. Le scorie nucleari sono classificate generalmente come “a basso livello” o “ad alto livello”. La prima classificazione si riferisce a materiali utilizzati per la gestione delle parti più radioattive di un reattore nucleare (come le tubazioni di raffreddamento), rifiuti radioattivi di ospedali e di laboratori di ricerca medica. Gli isotopi radioattivi in questa categoria hanno un'emivita, o periodo di dimezzamento (vedi radioattività), tra i 10 e i 50 anni e il loro smaltimento non pone particolari problemi. I materiali “ad alto livello” comprendono quelli provenienti dai noccioli di reattori nucleari e dalle testate belliche, come uranio, plutonio, attinidi. In gran parte di tratta di isotopi a lunghissima emivita (in alcuni casi oltre i 100.000 anni). Si pone perciò il problema di realizzare aree di stoccaggio in grado di assicurare una tenuta per migliaia e migliaia di anni, vale a dire per tempi geologici; questi siti devono quindi risultare non soltanto a prova di incidente, di azioni terroristiche o di furto, ma anche a prova di mutazioni geologiche del territorio dovute, per esempio, a terremoti o movimenti tettonici. Inoltre tali siti non devono consentire la diffusione del materiale radioattivo nelle falde acquifere o la sua migrazione nel terreno circostante. In ultimo, la progettazione di un sito di stoccaggio del materiale nucleare deve anche tenere conto che tale installazione dovrà sopravvivere all'eventuale avvento di nuove civiltà sulla terra, visto che si tratta di periodi di decine e decine di migliaia di anni, molto più lunghi di quelli intercorsi tra l'inizio delle epoche storiche e oggi. Deve trattarsi quindi di siti in grado di non richiedere assistenza da parte dell'uomo. I siti di stoccaggio delle scorie nucleari possono essere di due tipi: sotto il fondo degli oceani o sotto la superficie terrestre. Le scorie nucleari devono innanzitutto essere condizionate in un modo adatto allo stoccaggio (vetrificazione) e inserite in contenitori a prova di corrosione. La scelta del sito deve tenere conto della stabilità geologica e della natura del terreno: per quanto riguarda i fondali marini la scelta è orientata su siti con profonde formazioni di sedimenti, molto omogenei e costituiti da particelle molto piccole, in grado di impedire i movimenti delle scorie in caso di corrosione o rottura del contenitore. I siti devono inoltre essere localizzati a grande distanza dai margini delle placche tettoniche, per evitare la distruzione del contenitore in seguito a eruzioni vulcaniche o a movimenti sismici. I fondali devono inoltre essere ad almeno 4000 m dalla superficie del mare e in aree isolate, lontane dalla presenza di insediamenti umani. Il materiale radioattivo deve essere inserito in gruppi di contenitori cilindrici immessi in profondità con perforazioni del fondale oceanico. Anche la progettazione dei contenitori deve seguire regole precise. L'involucro più interno, a contatto con le scorie, deve essere a prova di corrosione e di rottura e assicurare una tenuta di migliaia di anni. Per quanto riguarda i siti sotto la superficie terrestre, occorre scegliere in funzione della stabilità geologica, della lontananza da aree abitate, della composizione delle formazioni geologiche e dalla difficile accessibilità da parte di eventuali gruppi terroristici. § Riprocessamento del plutonio e dell’uranio altamente arricchito derivante dalle testate nucleari. Come alternativa allo stoccaggio, è possibile riprocessare questi materiali per trasformarli in combustibile adatto a essere utilizzato nelle centrali nucleari commerciali. L'uranio ricavato dalle testate nucleari è formato da U 235 per il 94%, mentre il combustibile per le centrali, molto meno arricchito, generalmente è formato da U 235 solo in percentuale compresa tra il 2 e il 6%. Occorre quindi “diluirlo”, attraverso processi non particolarmente complicati. È stato calcolato che 816 t di U 235 ricavate dallo smantellamento di testate statunitensi e russe potrebbero sostituire 166.000 t di U naturale come combustibile per le centrali; una quantità pari al fabbisogno di tre anni per gli impianti commerciali di tutto il mondo. Più complesso è il riprocessamento del plutonio, civile e nucleare, che complessivamente raggiunge nel mondo ca. 380 t. Il materiale può essere trasformato nei cosiddetti MOX (Mixed-oxide fuel, combustibile a ossidi misti), miscelandolo all'uranio non arricchito, dato che il Pu si comporta, come combustibile nucleare, in maniera analoga all'U. Tuttavia, anche calcolando un costo zero per il plutonio ricavato dalle armi nucleari, il costo di produzione dei MOX è superiore a quello del combustibile nucleare tradizionale. Inoltre, occorre modificare le centrali nucleari affinché possano utilizzare soltanto i MOX, mentre gli attuali impianti possono utilizzare al massimo una miscela composta da un terzo di MOX e due terzi di uranio. § Pericolosità delle scorie. La maggior parte dei 34 Paesi con impianti nucleari di potenza ha per ora adottato la soluzione del deposito delle scorie presso gli impianti stessi in attesa di soluzioni più durature. Alcuni Paesi hanno in costruzione depositi geologici sotterranei. Sono stati avviati nel 2004 a Olkiluoto, in Finlandia, gli scavi per la costruzione del primo deposito geologico per lo smaltimento definitivo di scorie radioattive. I lavori gestiti da Posiva Oy (compagnia specializzata nel trattamento delle scorie nucleari) proseguiranno fino al 2020 quando le gallerie scavate nello zoccolo di granito che sorregge la penisola scandinava accoglieranno 5531 tonnellate di scorie. Altri paesi hanno abbandonato i loro progetti: per esempio gli USA con il deposito Yucca Mountain in Nevada, che avrebbe dovuto essere gestito dal DOE (Department of Energy). § Legislazione. La tragedia di Černobyl nell'aprile del 1986 ha messo in allarme la Commissione Europea che, dal 1990, è impegnata in un vasto programma di intervento per rafforzare la sicurezza nucleare nei Paesi dell'Europa orientale. Tra il 1991 e il 1999 la UE ha investito oltre 900 milioni di euro e varie centinaia di milioni in euro saranno concessi ai Nuovi stati indipendenti (NSI, cioè i paesi dell'ex Unione Sovietica) e agli Stati candidati ad aderire alla Comunità per chiudere le centrali atomiche obsolete, assicurare una rete di controlli più efficienti, provvedere allo smaltimento delle scorie. Nel dicembre 2000 la centrale di Černobyl ha chiuso definitivamente, mentre entro il 2009 è prevista la chiusura di centrali obsolete in Lituania, Bulgaria e Slovacchia.