Lessico

sf. [sec. XIII; latino monēta, propr. “ammonitrice” (in origine epiteto della dea Giunone, presso il cui tempio si trovava la zecca dello Stato romano)].

1) Dischetto metallico coniato con titolo, peso e valore stabilito, per le esigenze degli scambi commerciali: moneta d'oro, di rame; lancio della moneta, per fare a testa o croce rimettendo una decisione alla sorte. Spesso con senso collettivo: batter moneta; buona moneta, il cui valore reale supera quello nominale. Fig.: prender per buona moneta, dar credito, prestar fede a quanto altri afferma.

2) Qualsiasi mezzo di pagamento negli scambi, che serve da misura comune dei prezzi; odiernamente, in particolare, ogni titolo di credito convenzionalmente riconosciuto: moneta cartacea, che consiste in biglietti di banca a corso legale; moneta nazionale, bancaria, corrente, ecc.

3) Familiare, danaro in genere: costa poca moneta;moneta sonante, contanti. Regionale, spiccioli: non ho moneta per darle il resto.

Cenni storici: le origini

Dal punto di vista numismatico s'intende quel pezzo di metallo di forma solitamente rotonda e appiattita che reca sulle due facce o su una soltanto una figurazione (tipo) e un'iscrizione (leggenda), o solo una delle due, e il cui peso e valore sono garantiti dallo Stato . Intesa in questo senso, la moneta nacque intorno alla metà del sec. VII a. C. in Asia Minore, nel regno di Lidia o nelle colonie greche della Ionia (il luogo preciso della sua origine è incerto), e si può considerare il risultato della lunga evoluzione del mezzo di scambio metallico. Pertanto l'Egitto faraonico, gli imperi assiro-babilonesi, gli Ittiti, Creta non conobbero la moneta, mentre altri popoli, come i Fenici e gli Ebrei, ebbero una moneta propria solo alcuni secoli dopo i Greci. Anche i Greci prima dell'introduzione della moneta si servirono per i loro commerci dello scambio in natura delle merci; una delle merci più frequentemente usate a questo fine fu il bestiame, non solo in Grecia ma anche a Roma e nel Lazio, come dimostrano le parole latine pecunia, peculatus e peculium, passate anche nella lingua italiana, derivate dal latino pecus (bestiame). Oltre al bestiame, i Greci si servirono anche del metallo, scambiato a peso o sotto forma di utensili vari: tripodi e asce di bronzo, spiedi di ferro, detti in greco obeloi. Per questi ultimi gli autori antichi ci hanno tramandato la storia di Fidone, re di Argo, che avrebbe introdotto la moneta d'argento in Egina dopo aver ritirato gli obeloi e averli depositati nel tempio di Era ad Argo. Negli scavi di questo tempio sono stati trovati gruppi di spiedi ma la tradizione non è per vari motivi attendibile. Anche i metalli preziosi (oro, argento, elettro) furono abbondantemente usati per lo scambio, sotto forma di globuli o come anelli, in tutto il Mediterraneo orientale e in Egitto, dove si ha per essi una preziosa documentazione cronologica: anelli d'oro sono raffigurati nelle pitture di una tomba presso Tebe dell'epoca del faraone Thutmose III, vissuto nel sec. XV a. C. In queste pitture, che riproducono scene di tributo, sono rappresentati anche pani di rame dalla caratteristica forma rettangolare a lati concavi, che sono stati rinvenuti in tutta l'area del Mediterraneo da Creta e Cipro fino in Sardegna. Le prime monete giunte fino a noi e coniate nella Lidia e nelle principali città greche dell'Asia Minore (Samo, Efeso, Mileto, Focea, Cizico) sono di elettro, cioè di una lega di oro e argento e presentano la forma di un tondello molto spesso, irregolare, non di rado ovoidale, che mostra al verso il cosiddetto “quadrato incuso”, caratteristico di quasi tutte le monete greche del periodo arcaico . Ben presto la moneta si diffuse in Grecia e nelle colonie greche d'Occidente. In Grecia Egina iniziò alla fine del sec. VII a. C. la coniazione degli stateri di argento con il tipo della tartaruga, che costituiscono la prima moneta d'argento greca . Probabilmente tra la fine del sec. VII e gli inizi del VI anche Corinto cominciò a coniare i suoi stateri d'argento che, nella fase più antica, recano al recto il tipo del Pegaso e al verso il caratteristico quadrato incuso a forma di svastica; poco più tardi iniziò la coniazione Atene, dapprima con tipi vari, poi, probabilmente all'epoca di Pisistrato, con la testa di Atena con elmo attico al recto e il tipo emblematico della civetta sul verso; sono questi i famosi tetradrammi ateniesi, che insieme agli stateri di Corinto costituirono le monete più note del mondo antico, largamente imitate, e rappresentarono una delle valute più pregiate per la regolarità del peso e la bontà della lega. Nella seconda metà del sec. VI a. C. aprirono la zecca le principali città della Magna Grecia, Sibari, Poseidonia, Caulonia, Metaponto, Taranto, Crotone, Reggio, le cui coniazioni sono contraddistinte, nel periodo più antico, dalla speciale tecnica comune del verso incuso. Nello stesso periodo o poco più tardi iniziarono a coniare anche le principali città greche della Sicilia , Imera, Nasso, Zancle (poi Messana), Siracusa, Gela, Agrigento, Catania, Selinunte. Le loro monete, specialmente quelle di Siracusa, Agrigento, Catania, Camarina, raggiunsero nel sec. V a. C. le più alte vette dell'arte monetaria a opera di incisori come Eveneto, Cimone, Euclida, Evarchida, ecc., che firmavano i coni da essi incisi. Nel Mediterraneo orientale, intorno alla metà del sec. VI a. C., si hanno i creseidi di Creso re di Lidia (560-546 a. C.), la prima moneta d'oro puro del mondo greco. Occupata la Lidia dai Persiani, Dario I (522-486 a. C.) iniziò la coniazione del darico, che divenne ben presto famoso in tutto il mondo greco e fu coniato ininterrottamente fino alla conquista della Persia da parte di Alessandro Magno. Alessando Magnocontinuò la coniazione d'oro iniziata dal padre Filippo II e i suoi stateri d'oro, emessi in grande quantità nell'impero, ebbero corso in tutto il mondo antico e sostituirono la moneta persiana come moneta aurea a carattere internazionale. Dopo la morte di Alessandro Magno, i sovrani dei regni ellenistici sorti dalla spartizione dell'impero macedone fecero coniare moneta a loro nome e con la loro effigie, un'innovazione, questa, della massima importanza nella tipologia monetaria, e che dalle monarchie ellenistiche passò, verso la fine della Repubblica, a Roma. Il periodo che inizia con Alessandro Magno è l'ultimo della storia della moneta greca. Ricco e vario nelle leggende e nei tipi, alla cui raffigurazione ben si prestava l'uso molto diffuso di tondelli larghi e sottili, esso ebbe termine con la conquista della Grecia da parte di Roma.

Cenni storici: la monetazione a Roma

Roma iniziò la sua monetazione ufficiale verso il 335 a. C., data che secondo alcune teorie dovrebbe essere abbassata di una settantina d'anni o anche di più. Precedentemente erano usati a Roma, e in genere nell'Italia centrale, il rame a peso detto aes rude e pani di rame con una rozza impronta detti aes signatum. La prima moneta romana fu di bronzo e fusa, basata su un'unità detta asse, del peso di una libra (peso medio 267,73 g). Queste emissioni furono chiamate aes grave ossia rame pesante. Caratteristica dell'asse e dei suoi multipli e sottomultipli è di avere sul verso il tipo della prua di nave. Al recto vi sono diverse effigi di divinità secondo i diversi nominali. Ogni moneta porta inoltre il segno del valore. Insieme all'aes grave, Roma coniò al suo nome varie emissioni d'argento in zecche della Campania, dette pertanto romano-campane, che mostrano quasi sempre tipi non romani e rivelano nello stile l'influenza della moneta campana o generalmente della Magna Grecia. Queste emissioni ebbero poi termine quando cominciò a circolare la moneta d'argento coniata da Roma nella sua zecca urbana con il suo nome e con tipi e stile romani. Questa moneta coniata per la prima volta, secondo la tradizione riferita soprattutto da Plinio il Vecchio, nel 269 a. C. è il denario, con i suoi sottomultipli quinario e sesterzio. Tipi caratteristici furono in principio la testa di Roma con elmo alato sul recto e i Dioscuri a galoppo sul verso. Ben presto però cominciarono ad apparire sulla moneta d'argento, oltre ai monogrammi e ai nomi dei magistrati monetari, nuovi tipi, come figure di divinità in biga o in quadriga, Diana, la Vittoria, Giove, la Libertà, Marte, poi tipi più vari che si riferivano alla storia di Roma o alla storia della famiglia dei magistrati che firmavano la moneta. La moneta romana repubblicana acquistò in tal modo un valore propagandistico che risulta del più alto interesse anche dal punto di vista storico. Comparvero sulla moneta tipi relativi ad avvenimenti bellici, religiosi o di carattere civile, monumenti o effigi di personaggi leggendari o storici (Quirino, Tiro, Tazio, Anco Marzio, Scipione detto l'Africano, Bruto l'antico, ecc.) . Con Cesare ebbe inizio per Roma un periodo molto tormentato di lotte civili, che si riflette anche sulla moneta. Coniarono a proprio nome, oltre a Cesare, i figli di Pompeo Magno, Cneo e Sesto Pompeo, Ottaviano, M. Antonio, Lepido, Bruto, Cassio, Domizio Enobarbo. Tutti questi personaggi posero sulla moneta, sull'esempio di Cesare, la propria effigie, cosicché si può dire che con Cesare ebbe inizio quella serie di ritratti monetali di incomparabile valore iconografico che continuò fino alla fine dell'Impero e che, attraverso la tradizione medievale, si trasmise al nostro Rinascimento e poi all'epoca moderna . Dopo la battaglia di Azio (31 a. C.), la moneta recò solo il nome e l'effigie dell'imperatore o di quei membri della sua famiglia, in particolare l'erede al trono, ai quali l'imperatore concedeva il diritto di effigie. I tipi raffigurati mirano principalmente a esaltare la figura dell'imperatore, le sue imprese, le vittorie, i trionfi o gli avvenimenti di carattere civile o religioso più salienti del regno. Sono ricordati la costruzione o il restauro dei monumenti, la distribuzione dei viveri ai cittadini, la remissione di tasse, la nascita dell'erede al trono o le sue nozze. La moneta offre pertanto un'illustrazione fedele dei fasti civili e militari dell'impero in relazione anche a quell'intento propagandistico che già si è visto nel periodo repubblicano. Sulla moneta appaiono numerose anche le divinità e le personificazioni, cioè la rappresentazione sotto forma umana di concetti astratti come la Pace, il Valore Militare, la Salute, la Sicurezza, la Fortuna, la Provvidenza, la stessa Moneta. Frequente è la figura di Roma, cui si unisce in epoca tarda quella di Costantinopoli. Nella seconda metà del sec. III d. C. si ebbe un'evoluzione nel succedersi dei tipi: alla ricchezza e varietà di figurazioni dei primi due secoli dell'impero succedette una maggiore monotonia e un fissarsi della figura dell'imperatore, delle divinità, delle personificazioni in tipi più semplici con lievi varianti. Tra le varie riforme volte a dare un nuovo aspetto amministrativo all'impero, Augusto attuò anche la riforma della monetazione. Introdusse in modo stabile la coniazione dell'oro nel sistema monetario romano, creò una nuova moneta di bronzo, il sesterzio, pose rapporti di valore precisi alle diverse monete, facendo l'aureo pari a 25 denari, stabilì infine una divisione di competenze sull'emissione della stessa, riservando all'imperatore la coniazione dell'oro e dell'argento e attribuendo al Senato la coniazione del bronzo. La riforma augustea rimase sostanzialmente invariata nelle sue linee principali, salvo alcune riforme parziali di Nerone e di Caracalla, fino ad Aureliano, che apportò al sistema monetario romano le prime sostanziali modifiche. Seguì una nuova riforma con Diocleziano, ma fu Costantino che diede alla moneta romana quei caratteri tipologici e ponderali nuovi, che passarono poi alla moneta degli Stati barbarici, sorti sulle rovine dello Stato romano, e a quella bizantina. Costantino nella sua riforma, iniziata nel 309 d. C. nelle zecche galliche, creò una nuova moneta d'oro, il solido, con i suoi sottomultipli, il semisse e il tremisse. Da Costantino stesso e dai suoi successori furono introdotte come moneta d'argento il miliarese e la siliqua. Con l'affermarsi del cristianesimo, anche i tipi monetali subirono profonde modificazioni: le divinità pagane diminuirono di numero sotto il regno di Costantino e dei suoi figli fino a scomparire del tutto, salvo una breve riapparizione con Giuliano l'Apostata (361-363). Scomparvero gradatamente anche le personificazioni: sopravvissero soltanto la figura di Roma, non più divinità pagana ma personificazione della città, e la nuova figura di Costantinopoli. Rimase inoltre la Vittoria, che però dall'età di Galla Placidia assunse come simbolo la lunga croce gemmata. Anche la figura dell'imperatore tese sempre più a schematizzarsi e venne limitata a pochi tipi. Con Costantino cominciarono inoltre ad apparire sulla moneta romana i primi simboli cristiani: la croce e il monogramma di Cristo.

Cenni storici: la riforma di Carlo Magno

Dopo la caduta dell'Impero romano (476) le popolazioni barbare stabilitesi in Italia (Eruli, Goti e poi Longobardi) seguirono nella monetazione, pur con una progressiva evoluzione tipologica e stilistica, la strada tracciata dalla riforma costantiniana. La moneta d'oro fu per un lungo periodo imitazione di quella bizantina. Solo col re longobardo Cuniperto apparvero anche sulla moneta d'oro (688-700) il nome e il busto del re, mentre il verso recava un nuovo tipo: l'arcangelo San Michele, stante con scudo e croce. Anche gli altri regni barbarici fuori d'Italia imitarono la moneta romana imperiale tarda, ma già nel sec. VI i loro re posero il nome e l'effigie sulla moneta d'oro, i Franchi con Teodoberto e i Visigoti in Spagna con Leovigildo. Travolto il regno longobardo dai Franchi, negli ultimi decenni del sec. VIII ebbe luogo la grande riforma monetaria di Carlo Magno. Con questa riforma, destinata a far sentire le sue conseguenze su tutta la moneta europea per molti secoli, Carlo Magno abolì la coniazione della moneta d'oro, introdusse un nuovo denaro d'argento più pesante e riformò infine il sistema monetario, che fu basato sul denaro: dodici denari formavano un soldo e venti soldi una lira. Solo il denaro venne coniato, lira e soldo rimasero semplici monete di conto. Nei tipi monetali predominarono le iscrizioni con assenza quasi completa, nel primo periodo, di tipi figurati. Nell'Italia settentrionale la monetazione seguì per alcuni secoli senza modifiche sostanziali i principi fissati dalla riforma carolingia. Nell'Italia meridionale invece rimase costante l'influsso bizantino. Anche in Francia continuò per vari secoli la coniazione di denari di tipo carolingio, con il nome del re e della zecca e la figura della croce. Accanto alla moneta regia circolavano quelle coniate da feudatari laici ed ecclesiastici, tra le quali ebbe particolare diffusione il denaro tornese, coniato dall'abbazia di St.-Martin a Tours, che recava il caratteristico tipo del castello. Nello stesso periodo, anche in Germania il gran numero di zecche feudali caratterizzò la monetazione. Particolare menzione meritano, per la speciale tecnica, per la varietà tipologica e l'alto livello artistico, i cosiddetti bratteati. L'Inghilterra per ragioni politiche fu meno influenzata dalla riforma carolingia e le sue monete, tra le quali vanno ricordate soprattutto quelle di Offa re di Mercia (757-796), recavano al recto il busto del sovrano ritratto di fronte o di profilo; al verso tipi vari, anche di imitazione di monete romane imperiali, tra i quali prevalse, a partire dal sec. X, la croce. In Spagna gli Arabi, abbattuto il regno visigotico, coniarono il dīnār d'oro, già in uso nelle regioni conquistate in Oriente, mentre nelle zecche della Catalogna si coniarono denari d'argento di tipo carolingio. La monetazione dei regni cristiani ebbe inizio soltanto nel sec. XI con le emissioni di Navarra, di Castiglia e León e di Aragona.

Cenni storici: il Medioevo

A partire dal sec. XII si ebbero nell'Italia settentrionale importanti mutamenti nella storia della moneta, alcuni dei quali destinati ad avere ripercussione anche fuori d'Italia. Con il sorgere e l'affermarsi dei Comuni si aprirono numerose zecche oltre quelle già in funzione nel periodo precedente. Sotto il doge Enrico Dandolo (1192-1205), Venezia coniò il primo grosso d'argento, detto anche matapan. L'esempio di Venezia venne presto seguito da tutte le principali città italiane. Cominciarono a diffondersi nuovi tipi, anche per il campo monetale più esteso: per la maggior parte erano santi protettori della città: Sant'Ambrogio a Milano, San Petronio a Bologna, San Ciriaco ad Ancona, San Gaudenzio a Rimini. Accanto ai santi protettori apparvero anche altri tipi come la Vergine con il Bambino a Pisa, il Volto Santo a Lucca, Virgilio a Mantova. L'Italia meridionale era sempre rimasta estranea alla riforma monetaria carolingia. Soggetta prima all'influenza bizantina, aveva poi avuto in Sicilia la monetazione araba basata sul tarì d'oro imitato anche sul continente. Aveva poi conosciuto i domini normanno e svevo con le relative monetazioni. Appartiene appunto a Federico II la moneta più interessante di tutto il Medioevo, l'augustale d'oro coniato nel 1231 nelle zecche di Brindisi e di Messina, di alto valore artistico, che nel rilievo e nell'effigie si ispira alle monete imperiali romane. Nel 1252 si ebbe un avvenimento di fondamentale importanza nella storia monetaria non solo italiana: la riapparizione della moneta d'oro in Occidente, con la coniazione a Genova e a Firenze, rispettivamente del genovino e del fiorino. Trentadue anni più tardi, nel 1284, Venezia coniò il suo ducato d'oro sull'esempio di Firenze. A queste prime coniazioni d'oro seguirono le monete d'oro degli altri principali Stati italiani e stranieri. In Francia, dove il re Luigi IX aveva coniato nel 1266 una nuova moneta grossa d'argento più pesante, il grosso tornese, a partire da Filippo IV (1285-1314) si affermarono sulla moneta di oro i tipi del re seduto in trono con scettro gigliato e dell'agnello. In Germania, la coniazione di monete d'oro fu iniziata nella prima metà del sec. XIV con tipi che imitavano quelli del fiorino (imitato anche in Francia, in Austria, in Boemia) e delle monete francesi. In Inghilterra la coniazione regolare della moneta d'oro cominciò col nobile di Edoardo III (1327-77), che fu l'unica moneta d'oro inglese fino all'emissione dell'angelo d'oro sotto Edoardo IV (1461-83).

Arte

Nel sec. XV anche la moneta partecipò al rinnovamento artistico alla pari delle arti maggiori. Ritornò sulla moneta il ritratto, sull'esempio della medaglia. I primi ritratti furono quelli di Francesco I Sforza (1450-66) sulle monete di Milano, di Borso d'Este (1450-71) su quelle di Ferrara, di Ludovico III Gonzaga (1444-78) su quelle di Mantova. Sul verso apparvero i tipi più vari: figurazioni mitologiche, come Ercole che atterra il toro a Ferrara, o ispirate alla Bibbia, come Sansone pure a Ferrara, o scene religiose, come Cristo che sorge dal sepolcro a Mantova o Cristo e il Fariseo a Ferrara. Il sovrano venne spesso rappresentato in piena armatura su cavallo al galoppo in un tipo ancora gotico oppure a cavallo al passo, ispirato a modelli rinascimentali. La creazione di nuovi tipi fu poi facilitata dal sorgere di monete come il doppio ducato d'oro o il testone d'argento, che offrivano un maggior campo per le raffigurazioni. Questa varietà tipologica continuò anche nel secolo successivo con l'introduzione delle grosse monete d'argento, quali il tallero, il ducatone, lo scudo. Essa si riscontrò in particolare sulle monete italiane e soprattutto sulle monete papali, sulle quali per tutto il sec. XVII e ancora nei primi decenni del secolo successivo si notano figurazioni allegoriche, religiose, tipi relativi a grandi avvenimenti contemporanei come gli anni Santi. Al recto apparve quasi sempre l'effigie del principe o del signore, talora però sostituito dallo stemma. Nel sec. XVIII e nel XIX, mentre decadeva il valore artistico della moneta, si ebbero quasi dappertutto una sempre maggiore schematizzazione e un impoverimento dei tipi, ormai ridotti a croci, stemmi o altre figure simboliche, accanto ai quali cominciarono ad apparire e spesso a prevalere le indicazioni del valore. Un rifiorire dell'arte monetaria si ebbe agli inizi dell'Ottocento con l'incisore romano Benedetto Pistrucci (1784-1855), creatore nella zecca di Londra del tipo della sterlina con San Giorgio che uccide il drago.

Economia: funzioni della moneta

Alla moneta sono tradizionalmente riconosciute tre funzioni principali, quella di mezzo di scambio, di unità di conto, e di mezzo della conservazione della ricchezza. Nelle moderne economie, gli scambi avvengono beni contro moneta, per cui, per acquisire beni, è necessario procurarsi moneta; inoltre essa ci permette di misurare valori che in termini fisici fanno riferimento a diverse unità di misura e infine costituisce uno dei possibili modi verso cui incanalare il risparmio, e quindi uno degli strumenti di portafoglio a disposizione degli individui. In tutti i Paesi, la banca centrale ha il monopolio sulla emissione di moneta.; sulla quantità di banconote e di moneta metallica emessa, tuttavia, si innesta il cosiddetto processo moltiplicativo dei mezzi monetari realizzato dal sistema bancario. Esso genera nell'economia un ammontare di mezzi monetari superiore a quello emesso dalla banca centrale. Viene creata, infatti, la cosiddetta moneta bancaria mediante l'emissione di assegni bancari e circolari. Tale processo di moltiplicazione della moneta si realizza perché il sistema bancario, una volta raccolti depositi, rilascia assegni per il valore depositato, e allo stesso tempo ne trattiene a riserva solo una parte, impiegando nuovamente la parte che ne rimane. La riserva obbligatoria, base monetaria che il sistema bancario deve necessariamente trattenere, è di fatto uno strumento che la banca centrale ha a disposizione per imporre un freno alla moltiplicazione della moneta. La moneta è detta legale quando deve essere accettata in pagamento di un debito per forza di legge; è detta forzosa quando la banca centrale non ha l'obbligo di convertirla in oro o in altra valuta. Secondo la legge italiana vigente, i debiti pecuniari si estinguono in moneta legale e il creditore non può rifiutarsi di riceverla. Se il pagamento è stato stabilito in moneta estera il debitore può pagare in moneta legale secondo il cambio risultante nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento. Vanno inoltre distinte le monete legali da quelle unità di conto (come era, per esempio l'ECU) che, pur essendo quotate sul mercato dei cambi, non sono state oggetto di emissione di circolante. Per valore della moneta si intende il suo potere di acquisto in termini di beni e servizi. Rilevante il dibattito tra gli economisti sul ruolo che la moneta svolge nell'economia, e in particolare sulla sua capacità di influenzare il livello di reddito. In termini più tecnici, ci si chiede se essa sia o meno neutrale; a tale dibattito è, come è ovvio, legata la questione dell'efficacia della politica monetaria. Mentre i monetaristi hanno sostenuto che la moneta è neutrale sulla produzione totale e che determina solo un effetto sul livello dei prezzi, Keynes ha sostenuto la tesi della non neutralità della moneta sul reddito. Solo nel caso di particolari situazioni dell'economia (per esempio nel caso della trappola della liquidità), essa risulta inefficace a produrre variazioni del reddito. Mentre infatti per i monetaristi, valendo la legge di Say, l'economia riesce spontaneamente a occupare interamente le risorse produttive, per cui un incremento unitario di moneta, riflettendosi sulla domanda di beni, non può che comportare un aumento dei prezzi (teoria quantitativa della moneta), per Keynes imercati dei beni mostrano delle rigidità sui prezzi tali da impedire la piena occupazione delle risorse. Un incremento unitario di moneta non si traduce in aumento della domanda di beni ma in un aumento dell'offerta di obbligazioni che porta a una riduzione del tasso d'interesse. È precisamente attraverso una riduzione del tasso d'interesse che la moneta produce effetti sul reddito nella visione keynesiana; infatti la riduzione del tasso spingerà le imprese ad investire di più e quindi innescherà il tipico processo di moltiplicazione del reddito descritto da Keynes.

Economia: i primi scambi

La moneta è sorta storicamente come merce, smaterializzandosi successivamente con lo sviluppo degli scambi e la maggiore complessità dei sistemi economici. Presso i popoli primitivi venivano (e vengono) usate come mezzo di scambio le merci più disparate (conchiglie, perle, denti di animale, pelli, stoffe, sale, tè, pietre tagliate, oggetti metallici), in genere stimate a peso al momento dello scambio. Con l'intensificarsi dei rapporti commerciali si manifestò però l'esigenza di possedere un bene in grado non solo di esprimere il valore di tutti gli altri beni ma altresì in possesso di alcuni requisiti particolari, come la facile trasferibilità, la divisibilità, l'omogeneità (che rende perfettamente fungibili le diverse unità del bene), l'inalterabilità e la conservabilità. I metalli, in particolare quelli preziosi, tipicamente in possesso di questi requisiti, dominarono quindi per lungo tempo nella sfera monetaria, dapprima scambiati in masse informi, a peso (aes rude) e quindi coniati. Argento e rame furono inizialmente e fino al sec. XVIII i materiali più usati essendo l'oro per la sua rarità e il suo pregio utilizzato solo negli scambi internazionali. L'argento prevalse per quasi tutto il sec. XIX; in seguito il mezzo monetario per eccellenza divenne l'oro e anche quando fu soppiantato nella circolazione interna dal biglietto di banca e dalla moneta bancaria o scritturale (depositi trasferibili mediante assegni, giroconti, ecc.) rimase la tipica moneta internazionale e di riserva. Lo sviluppo dell'economia degli scambi portò anche all'evoluzione delle sue forme e alla sua organizzazione in sistemi monetari, cioè a quell'insieme di norme che stabiliscono, per un dato ambito territoriale e in un dato tempo, quali sono i beni che devono essere utilizzati come moneta e ne regolano la coniazione e la circolazione.

Economia: monometallismo e bimetallismo

Il sistema monetario è metallico se l'unità monetaria (cioè la moneta legale assunta a base del sistema e di cui tutte le altre, le monete divisionarie a potere liberatorio limitato, sono multipli o sottomultipli) è di metallo o convertibile in metallo; cartaceo se l'unità monetaria è il biglietto di banca inconvertibile, a corso forzoso. I due tipici sistemi metallici, cioè il monometallismo (aureo o argenteo) e il bimetallismo, hanno alternativamente o congiuntamente (in concomitanza con il variare della produzione di oro e argento) dominato nel sec. XIX e fino alla vigilia della II guerra mondiale, quando ovunque sono stati sostituiti dal regime cartaceo. Il bimetallismo fu inizialmente adottato dagli Stati Uniti (1792) e dalla Francia (1803), in seguito imitati da Belgio, Svizzera, Italia e Grecia (che con la Francia cercarono di difenderlo costituendo l'Unione Monetaria Latina). Tipici Paesi a monometallismo argenteo furono la Russia (dal 1810) e l'India (dal 1835). Fino al 1870 l'unico Paese a monometallismo aureo fu l'Inghilterra (dal 1816). Attorno al 1870 la scoperta di nuovi giacimenti argentiferi causò il deprezzamento di tale metallo nei confronti dell'oro e il metallo divenuto commercialmente più pregiato sparì dalla circolazione. Questo costrinse le autorità monetarie dei Paesi interessati a impedire la libera coniazione dell'argento instaurando quindi o il bimetallismo zoppo (i Paesi dell'Unione Monetaria Latina) o il monometallismo aureo (Germania nel 1871, Russia nel 1896, Stati Uniti nel 1900 e in pratica anche l'India intorno alla fine del sec. XIX). Il gold standard classico, basato sull'effettiva circolazione delle monete d'oro e sulla libera convertibilità dei biglietti di banca, adottato dai principali Paesi industrializzati e favorito da un aumento della produzione del metallo, assicurò automaticamente, fino alla I guerra mondiale, una certa stabilità dei cambi e l'equilibrio del sistema internazionale dei pagamenti. Con il conflitto, la sospensione della convertibilità e del libero scambio minò gravemente le funzioni fino ad allora svolte dall'oro (tra l'altro tesaurizzato dai Paesi belligeranti) quale “moneta mondiale” e anche i successivi tentativi di ritornare al regime aureo, almeno nell'ambito internazionale, sotto forma di gold bullion standard o di gold exchange standard non sopravvissero alla grave crisi economica del 1929. Un sistema a cambi fissi quale era il gold standard venne dunque meno e lasciò posto alla libera fluttuazione dei cambi.

Economia: il Fondo Monetario Internazionale

La spinta protezionista manifestatasi in diversi Paesi occidentali nel corso degli anni Trenta e poi lo scoppio del secondo conflitto mondiale diedero luogo a una drastica riduzione degli scambi internazionali. Già nel 1943 tuttavia, a conflitto non ancora risolto, i due Paesi più forti economicamente, la Gran Bretagna e gli USA, sentirono l'esigenza di procedere a un riordino del sistema monetario internazionale ed elaborarono due diversi piani volti al raggiungimento di tale obiettivo: il piano White presentato dagli USA, il piano Keynes dalla Gran Bretagna. Del riordino del sistema monetario internazionale si discusse alla conferenza di Bretton Woods nel 1944, nella quale prevalse il piano americano, che di fatto prevedeva l'istituzione di un gold exchange standard. Si stabilì che l'unica moneta convertibile in oro fosse il dollaro, al tradizionale rapporto di 35 dollari l'oncia, e che gli altri Paesi che aderivano al sistema di Bretton Woods si impegnassero a mantenere entro una prefissata banda di oscillazione il valore della propria moneta rispetto al dollaro. Fu concessa la possibilità di richiedere la rivalutazione o la svalutazione della propria parità centrale; venne anche istituito un organismo sovranazionale, il Fondo Monetario Internazionale (FMI), con il compito di supervisione.

Economia: l'Unione Monetaria Europea

I Paesi della CEE., nell'ambito delle trattative per la creazione di un'Unione Monetaria Europea, decisero nell'aprile 1972 di contenere la banda di oscillazione dei cambi fra le proprie monete nei limiti del 2,25%. Né gli accordi internazionali né quelli ristretti al campo della CEE riuscirono tuttavia a difendere il sistema monetario esistente dalla crisi che ne provocò la disgregazione: nel giugno 1972 la Gran Bretagna decise di lasciare liberamente fluttuare la sterlina, seguita in questa via da altri Paesi, così che tra il 1973 e il 1974 si instaurò ovunque un regime di cambi fluttuanti. La possibilità di adottare tale regime fu, d'altra parte, riconosciuta ufficialmente ai Paesi membri dalle autorità direttive del Fondo in una riunione tenutasi a Kingston (Giamaica) il 7-8 gennaio 1976. L'accordo della Giamaica inoltre attribuiva ai DSP la funzione di principale strumento di riserva e riduceva l'importanza dell'oro abolendone il prezzo ufficiale, eliminando l'obbligo da parte dei Paesi membri di utilizzarlo per le transazioni con il FMI, sottraendogli la funzione di denominatore comune delle monete. Nel 1979 venne istituito il Sistema Monetario Europeo (SME), a cui più tardi aderì anche la Gran Bretagna; i Paesi europei si impegnarono a mantenere fissi i cambi tra le proprie monete, al fine di dare un quadro di certezza agli scambi commerciali. Lo SME veniva superato nel 1992 dalla firma a Maastricht del Trattato sull'Unione Europea, che prevedeva per i Paesi membri la possibilità di adottare nel 1999 una sola unità monetaria, l'euro, in base alla quale i cambi delle rispettive monete sarebbero stati mantenuti fissi, i tassi d'interesse ridotti e l'inflazione debole. La nuova area valutaria era d'altra parte influenzata dal persistere di profonde diversità soprattutto in termini di reddito pro capite, disoccupazione, sistemi di sicurezza sociale, livello delle imposte. Nel 1999 entrava in vigore il Sistema Monetario Europeo II, in base al quale venivano definiti i cambi e le bande di oscillazione rispetto all'euro delle valute degli Stati membri esclusi dall'Unione Economica e Monetaria.

Diritto

Il Codice Penale commina la pena alla detenzione da tre a dodici anni aggravata da multa a chi contraffà monete nazionali o estere; a chi altera, maggiorandolo, il loro valore reale; a chi le introduce nel territorio dello Stato o le mette comunque in circolazione; a chi le acquista al fine di metterle in circolazione. Chi invece mette in circolazione monete false ricevute in buona fede è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa. La diminuzione nel prezzo o del credito della valuta a causa di falsificazioni costituisce aggravante e comporta una maggiorazione della pena.

Per l'economia

R. Mossé, La monnai, Parigi, 1950; D. H. Robertson, Money, Londra, 1956; F. Vito, Economia politica. La moneta, il credito e i sistemi monetari attuali, Milano, 1957; B. Cutilli, Appunti di economia monetaria, Roma, 1963; G. Franco, Temi di teoria e politica monetaria, Padova, 1965; F. Hirsch, La moneta internazionale, Milano, 1969; G. Stammati, Il sistema monetario internazionale, Torino, 1973. C. Bianchi, Teorie della moneta, Torino, 1990.

Per la storia

M. Bloch, Esquisse d'une histoire monétaire de l'Europe, Parigi, 1954; C. M. Cipolla, Moneta e civiltà mediterranea, Venezia, 1957; idem, Le avventure della lira, Milano, 1958.

Per la numismatica

H. Mattingly, Roman Coins, Londra, 1960; L. Breglia, Numismatica antica. Storia e metodologia, Milano, 1964; V. Picozzi, La monetazione imperiale romana, Roma, 1966; F. Panvini Rosati, La moneta greca, Bologna, 1968; G. K. Jenkins, Monnaies grecques, Friburgo, 1972; P. D. Whitting, Monnaies byzantines, Friburgo, 1973; C. H. V. Sutherland, Monnaies romaines, Friburgo, 1974; R. Cappelli, Manuale di numismatica, Milano, 1990.

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