Lessico

Sf. [sec. XIII; da crociato].

1) Ciascuna delle guerre combattute dai cristiani contro gli infedeli per liberare il sepolcro di Cristo e conquistare la Terra Santa: bandire una crociata; partire per la crociata. Per estens., ciascuna delle spedizioni militari indette contro gli eretici. Fig., nella loc. bandire, gridare la crociata addosso a uno, dirne male, provocare nei confronti di qualcuno biasimo o persecuzioni.

2) Fig., campagna pubblica, azione sociale intrapresa a difesa di determinati principi morali, culturali, ecc. o per il raggiungimento di scopi umanitari: crociata contro l'analfabetismo, la fame, le malattie.

Storia: generalità

Il termine compare nel latino medievale a metà del sec. XIII, deriva da “crucesignati” (croisés), combattenti sotto l'insegna della croce, e designa le imprese dirette a liberare il Santo Sepolcro dai musulmani indette e benedette dai papi. La crociata è in origine un pellegrinaggio armato, dominato dallo spirito religioso; ma nasce già, alla fine del sec. XI, da esigenze profane: sete di nuove terre per l'eccedenza demografica dei Paesi occidentali, spirito d'intraprendenza di mercanti e d'avventura di cavalieri e di plebei. La conquista araba del sec. VII non aveva ostacolato il flusso dei pellegrini in Terra Santa. Ma la distruzione del Santo Sepolcro a opera del califfo al-Ḥākim nel 1009 destò grande emozione nel mondo cristiano, che, avvicinandosi il millenario della Crocefissione, da un lato intensificò i pellegrinaggi e li segnò di un'impronta di ostilità, e d'altro lato inasprì quella controffensiva cristiana che, con alterni successi, e senza alcuna unità d'azione, era in corso su tutte le frontiere marittime e terrestri tra il mondo della Mezzaluna e il mondo della Croce. All'avanguardia, la Spagna libera, le Repubbliche marinare, i Normanni d'Italia e Bisanzio. Ma anche dall'altra parte, dopo una serie di crisi, gli infedeli ripresero vigore, quando, a partire dalla fine del sec. X, la bandiera dell'islamismo fu strappata agli Arabi dai Turchi Selgiuchidi, più primitivi, bellicosi e fanatici. Impostisi al Califfato di Baghdad, che avevano dapprima servito, nel sec. XI conquistarono il Khorāsān, la Persia, la Mesopotamia (Baghdad, 1055), l'Egitto, la Siria e infine Gerusalemme (1070). L'anno seguente l'imperatore bizantino Romano IV Diogene, che aveva cercato di contrastarli in Armenia e in Asia Minore, fu vinto e preso prigioniero a Manazkert (1071).

Storia: I crociata

"Per la prima, seconda, terza crociata e gli Stati cristiani di Siria vedi cartine al lemma del 7° volume." La lotta che i cristiani combattevano contro l'Islam "Le cartine storiche relative alla prima, seconda, terza crociata e agli stati cristiani di Siria (1098-1187) sono a pag. 438 del 7° volume." , senza unità (né concordia), era insufficiente a contenere la minaccia turca. A rendere più difficile un'intesa era inoltre intervenuta la separazione della Chiesa romana dalla Chiesa bizantina, provocata dal patriarca di Costantinopoli, Michele Cerulario, e sancita da Michele VI (Scisma d'Oriente, 1054). A papa Gregorio VII si era rivolto per aiuto l'imperatore d'Oriente Michele VII; ma Gregorio, pur avvertendo, come già prima di lui Silvestro II e Sergio IV, la necessità di una impresa comune contro i musulmani, impegnato nella lotta delle investiture, non poté prendere iniziative. Diversa situazione trovò la richiesta d'aiuto dell'imperatore Alessio I Comneno (1081-1118) al papa Urbano II: la Chiesa di Roma aveva rafforzato la sua autorità e tutta la cristianità era stata dolorosamente colpita dalla sconfitta di Zalaca in Spagna e dalla contemporanea caduta di Gerusalemme in mano ai Turchi (1086). La minaccia dell'Islam apparve tanto grave che il pontefice Urbano II (1088-99) credette giunto il momento di bandire la guerra santa, non solo per difendere i cristiani d'Oriente, ma anche per liberare Gerusalemme. Urbano II convocò un concilio a Piacenza (marzo 1095), dove lo raggiunse un'ambasceria bizantina per chiedere l'invio di guerrieri occidentali in difesa della Chiesa d'Oriente. Il papa parlò allora della necessità di aiutare i cristiani orientali, ma nel novembre dello stesso anno, in un secondo concilio, a Clermont, dopo aver ricordato le sofferenze dei cristiani d'Oriente, espose esplicitamente il programma della guerra santa, doverosa e meritoria per tutti i fedeli validi, per la liberazione di Gerusalemme, e terminò citando Matteo (16, 24): “Se qualcuno vuole seguirmi, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” . La folla, esaltata e commossa, al grido di “Deus lo vult!” (Dio lo vuole!), giurò di prendere la croce e, come segno visibile del loro voto, i volontari fregiarono i loro abiti con una croce di stoffa, simbolo non solo di fede ma anche di appartenenza a una nuova comunità di pellegrini armati, protetti da particolari privilegi spirituali e materiali. Capo della spedizione fu il legato pontificio Ademaro di Monteil, vescovo di Puy. Il papa si era rivolto soprattutto alla nobiltà francese del sud della Loira; ma al suo appello risposero anche Provenzali e Lorenesi, guidati questi da Goffredo di Buglione, duca della Bassa Lorena, con i fratelli Baldovino ed Eustachio, i cavalieri francesi di Ugo di Vermandois, fratello del re Filippo I, Roberto duca di Normandia, i conti di Champagne e di Fiandra, il conte Raimondo di Tolosa; a questi poi si aggiunsero i Normanni d'Italia guidati da Boemondo d'Altavilla, principe di Taranto, e da Tancredi suo nipote. Non solo grandi nobili si fecero crociati, ma anche cavalieri, cadetti di grandi famiglie con grandi ambizioni e magre risorse, e una gran massa di popolani, dai mercanti in cerca di guadagno ai servi in cerca di libertà, agli avventurieri che non avevano niente da perdere. La crociata dei signori fu anzi preceduta da quella cosiddetta dei pezzenti: popolani che, esaltati dalla predicazione di Pietro d'Amiens, detto l'Eremita, senza attendere la data prevista per l'inizio della spedizione vera e propria (15 agosto 1096), partirono, senza idea di ritorno, allo sbaraglio, molti portando seco moglie e figli; un'altra schiera parimenti disorganizzata e fanatica seguì un Gualtieri Senza Averi. Entrambe le schiere giunsero decimate a Costantinopoli; i superstiti, passato il Bosforo, furono annientati dai Turchi (ottobre 1096). Gualtieri perdette la vita; Pietro l'Eremita, salvato dai Bizantini, seguì poi la crociata dei signori, ben altrimenti preparata, che raggiunsero Costantinopoli in quattro distinti gruppi, per vie diverse: quelli della Francia settentrionale, con Ugo di Vermandois, per l'Italia e l'Epiro; quelli della Francia meridionale, con Raimondo di Tolosa, per l'Italia settentrionale, la Croazia e l'Epiro; i Lorenesi, con Goffredo di Buglione, per la Germania, la valle del Danubio, i Balcani; i Normanni d'Italia, con Boemondo e Tancredi d'Altavilla, per l'Adriatico e l'Epiro. Stando a una tradizione, che pecca certo per eccesso, 300.000 uomini, all'inizio del 1097, si congiunsero sotto Costantinopoli. A questo punto iniziarono le difficoltà: l'imperatore Alessio I Comneno non s'attendeva tanto; aveva contato solo su un buon contingente di mercenari. Si trovava invece di fronte a una milizia con una sua strategia di conquista, e con precedenti allarmanti di indisciplina, di prepotenza e di violenze (come quelle, nel corso del viaggio, a danno delle comunità ebraiche), e temeva che le terre, strappate dai crociati ai Turchi, non sarebbero state più restituite all'impero. Pose quindi, ai crociati, come condizione per trasportarli oltre il Bosforo, aiutarli e vettovagliarli, che essi giurassero di rendere le province riconquistate: richiesta che essi accettarono con grande riluttanza e dopo laboriose e aspre trattative. Passati in Asia, i crociati posero l'assedio a Nicea (maggio 1097), che, soccorsa invano da Kilidj-Arslan, sultano di Rum, si arrese in giugno e fu consegnata al rappresentante di Alessio. I crociati occuparono poi Dorileo e, varcato il Tauro, sopportando fame, sete e gravi perdite, raggiunsero la Siria e posero l'assedio ad Antiochia. Intanto Baldovino (poi, nel 1100, Baldovino I di Gerusalemme) si faceva signore di Edessa che, elevata a contea, fu il primo Stato fondato dai crociati (1098). La conquista di Antiochia, ritardata dall'intervento di forti soccorsi e dall'abbandono del campo da parte bizantina, fu compiuta grazie al valore e all'abilità di Boemondo d'Altavilla (giugno 1098), che si fece signore della città, dichiarandosi libero da ogni legame con l'imperatore bizantino; la crociata aveva così rotto con Bisanzio. Morto il legato pontificio Ademaro di Monteil vescovo di Le Puy, solo l'energica azione di Raimondo di Tolosa prima e di Goffredo di Buglione poi impedì il disgregarsi dei crociati. Il 7 giugno 1099, conquistata Betlemme, posero l'assedio a Gerusalemme, che nel frattempo era caduta in mano dei Fatimiti d'Egitto, e il 15 luglio, riforniti dai Genovesi, purificati da digiuni e preghiere, assalirono e conquistarono la città santa commettendo inauditi atti di violenza. In agosto, Goffredo di Buglione, riconosciuto capo militare della crociata, sconfisse ad Ascalona un esercito giunto dall'Egitto per soccorrere Gerusalemme.

Storia: la conquista di Gerusalemme

I Turchi erano stati privati dalla crociata della parte occidentale dell'Asia Minore, tornata bizantina, e della Siria e della Palestina, prese dai crociati. La Palestina e la Fenicia costituirono uno Stato, chiamato Regno di Gerusalemme, retto da Goffredo di Buglione col titolo di “Difensore del Santo Sepolcro” (Advocatus Sancti Sepulchri). Nel regno furono introdotte le istituzioni feudali (adattate in parte alla situazione locale), e ciò fu un elemento di debolezza per il nuovo Stato. Vassalli del regno gerosolimitano furono le contee di Edessa e di Tripoli, il marchesato di Tiro, le signorie di Galilea, Tiberiade e Giaffa: un complesso di territori senza alcuna organicità. L'annuncio della conquista di Gerusalemme spinse altri a seguire la via aperta dai crociati; ma ben quattro spedizioni degli inizi del sec. XII – dell'arcivescovo di Milano Anselmo IV, di Guglielmo II di Nevers, di Guglielmo IX d'Aquitania e di Guelfo (Welf) IV di Baviera – finirono disastrosamente. Cominciarono invece allora i crescenti successi delle Repubbliche marinare, che alimentarono di uomini e di mezzi la crociata altrimenti destinata a esaurirsi: Pisa anzitutto, il cui vescovo Daimberto, che aveva guidato 120 navi, si fece nominare patriarca di Gerusalemme con giurisdizione anche sul principato di Antiochia (1102). Anche Genova aveva inviato una flotta, comandata da Guglielmo Embriaco; e i veneziani avevano espugnato Smirne e ottenuto da Goffredo di Buglione notevoli privilegi mercantili. Morto Goffredo, gli succedette il fratello Baldovino I che, lasciata Edessa, prese per primo il titolo e la corona di re di Gerusalemme (Natale 1100). Sotto di lui e sotto il suo successore Baldovino II (1118-31) i confini del regno furono estesi verso il litorale grazie soprattutto alle flotte genovesi e veneziane . Il regno si consolidò alquanto sotto Folco d'Angiò (1131-43) e Baldovino III (1143-62) quando le disposizioni legislative emanate da Goffredo e dai suoi successori furono raccolte in un codice, le cosiddette Assise di Gerusalemme.

Storia: II e III crociata

L'intrinseca debolezza del regno si manifestò alla prima seria controffensiva musulmana, mentre l'atabeg di Mossul Zengi, con un colpo di mano, s'impadronì di Edessa (1144) assumendo nel mondo islamico ruolo e fama di “difensore della fede”. La caduta di Edessa e la richiesta di aiuti spinsero Luigi VII, re di Francia, a sollecitare dal papa Eugenio III il bando di una crociata (1145). La predicazione, affidata a S. Bernardo di Clairvaux, ebbe un grande successo e convinse Luigi VII di Francia e l'imperatore Corrado III a farsi crociati, ciascuno alla testa di ca. 70.000 uomini; attraverso i Balcani puntarono separatamente verso Costantinopoli. Sorsero però contrasti con l'imperatore bizantino Manuele I Comneno, contrasti di cui approfittò Ruggero II re di Sicilia per conquistare Corfù e Cefalonia. Manuele I si alleò allora con il sultano di Rum; Corrado III venne così sconfitto a Dorileo e Luigi VII fu costretto ad abbondonare parte dei crociati per imbarcarsi con la cavalleria per Antiochia. La diffidenza e la mancanza di collaborazione fra i crociati pregiudicarono in partenza l'impresa. Riuniti finalmente a Gerusalemme (giugno 1148) i due sovrani decisero di appoggiare il re Baldovino III in una spedizione contro Damasco, ma, all'avvicinarsi di Nūr ad-Dīnio di Zengi, alla testa di un esercito, abbandonarono il campo. La II crociata si ridusse così a un vano pellegrinaggio. Più tardi Nūr ad-Dīn e poi il suo successore Ṣalāḥ ad-Dīn (Saladino) approfittarono largamente dei disordini interni del regno e quando, dopo una contrastata lotta di successione, la corona passò a Guido di Lusignano, Ṣalāḥ ad-Dīn vinse quest'ultimo ad Hattin, presso il lago di Tiberiade (5 luglio 1187), lo catturò e il 2 ottobre successivo riconquistò Gerusalemme, rispettandone gli abitanti. Tiro, difesa da Corrado del Monferrato, riuscì a resistergli. Le notizie delle vittorie di Ṣalāḥ ad-Dīn spinsero il papa Clemente III a organizzare la III crociata, predicata dal legato Enrico d'Albano e dall'arcivescovo di Tiro. Al suo appello risposero Guglielmo II, re di Sicilia, Federico Barbarossa e i re di Francia e d'Inghilterra, Filippo II Augusto e Riccardo Cuor di Leone. Il primo a partire alla testa di 100.000 uomini e 20.000 cavalieri fu il Barbarossa che, conquistata Adrianopoli, impose all'imperatore bizantino, Isacco Angelo, che aveva ostacolato i crociati, di provvedere al trasporto in Asia dell'armata cristiana. Dopo una brillante vittoria a Iconio (maggio 1190), varcato il Tauro, Federico I morì annegato nel f. Salef in Cilicia e la sua armata si sciolse. Frattanto, dalla Sicilia, Filippo Augusto e Riccardo Cuor di Leone veleggiavano verso la Palestina; ma quest'ultimo, costretto a uno sbarco a Cipro (1190), prese possesso dell'isola appartenente all'Impero bizantino (1190) e ne divenne poi re (1192). Poco dopo, il 12 luglio 1191, i due sovrani conquistarono Acri. Ma, in seguito a insanabili discordie con Riccardo, Filippo Augusto tornò in Francia, lasciando Riccardo unico capo della crociata. Pur avendo sconfitto due volte Ṣalāḥ ad-Dīn ad Arsuf (settembre 1191) e a Giaffa (agosto 1192), il re d'Inghilterra non poté liberare Gerusalemme, ma concluse una tregua di tre anni, che prevedeva garanzie per i pellegrini (1192). Ebbe così fine la III crociata, che valse a impedire la caduta della Siria franca, contribuendo al sorgere del II regno di Gerusalemme (così chiamato anche se ridotto ad Acri), destinato a Corrado del Monferrato, e quindi alla creazione di uno status quo il quale, sotto gli Ayyubiti, successori di Ṣalāḥ ad-Dīn, durò circa un secolo.

Storia: IV crociata e nascita dell'Impero Latino d'Oriente

Dopo la riconquista di Gerusalemme a opera di Ṣalāḥ ad-Dīn le crociate persero l'originario carattere di imprese religiose e divennero operazioni militari con finalità politiche ed economiche, anche se coperte dal segno della Croce. Il primo e più notevole esempio di crociata di nome, ma non di spirito, fu la quarta. L'imperatore Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, progettò una spedizione in Oriente che avrebbe dovuto non solo liberare i Luoghi Santi, ma anche vendicare l'imperatore Isacco Angelo, deposto da Alessio III (1195-1203), ma la sua improvvisa morte (1197) annullò la spedizione. Poco dopo papa Innocenzo III bandì pure una crociata, nominando suo legato Pietro Capuano e affidandone la predicazione a Folco di Neully. Nessun re rispose all'appello; risposero molti signori francesi e italiani, che si unirono agli ordini di Baldovino IX di Fiandra, Teobaldo di Champagne e Bonifacio I del Monferrato; il doge di Venezia Enrico Dandolo, mancando ai crociati il danaro necessario per il viaggio, accettò di trasportarli, ma a patto che riconquistassero Zarasi era ribellata a Venezia. La deviazione della crociata e la conquista di questa città cristiana (1202) suscitarono contrasti fra i crociati e scandalo, e il papa scomunicò i Veneziani. Nell'inverno, a Zara, si presentò Alessio IV Angelo e propose ai crociati una nuova deviazione a Costantinopoli, per ristabilire sul trono il padre Isacco II, promettendo larghe concessioni e la riunione delle due Chiese. Pur fra molte esitazioni, la proposta fu accettata: i crociati investirono Costantinopoli, la cinsero d'assedio (in estate) e ne presero possesso: Isacco fu posto sul trono. Non essendo stati però mantenuti i patti, ed essendoci stata anche una sommossa contro Isacco e i crociati (per cui questi fu deposto e sostituito da un suo avversario, Alessio Marzuflo), questi ultimi, il 13 aprile 1204, rovesciarono fra stragi e saccheggi inauditi l'imperatore bizantino ed elevarono al trono Baldovino di Fiandra. Nacque così l'Impero latino di Costantinopoli (1204-61) e l'ex Impero bizantino fu diviso in feudi e Venezia, l'artefice della nuova situazione, occupò le posizioni costiere e insulari economicamente più importanti: il doge assunse il titolo di “Signore di una quarta parte e mezzo dell'impero greco”; Pisa e Genova, sacrificate, divennero irriducibili avversarie della trionfante Repubblica. I Greci tuttavia riconobbero come loro legittimo imperatore Teodoro Lascaris, che prese il titolo a Nicea e fomentò dall'Asia l'ostilità delle popolazioni greche (ortodosse) sottoposte ai latini (cattolici). L'Impero latino d'Oriente, indebolito dalle rivalità feudali, dall'opposizione nazionale greca e dalle insidie dell'impero di Nicea, e isolato dall'Occidente, fu rovesciato il 25 luglio 1261 da Michele VIII Paleologo, che da Nicea mosse alla riconquista di Costantinopoli aiutato dai Genovesi, insofferenti dell'onnipotenza di Venezia. Sopravvissero all'Impero latino alcune signorie feudali: il Ducato di Atene, il Principato di Acaia, le signorie di Corinto e di Tebe.

Storia: le ultime crociate

Essendo stata deviata la IV crociata, Innocenzo III ne bandì un'altra (1213), ma la morte (1216) gli impedì di vederla realizzata. La V crociata (1217-21), a differenza delle altre, vide la partecipazione di pochi francesi, perché impegnati in patria, sotto la guida di Simone di Montfort, nella cosiddetta crociata contro gli albigesi (1209-29), indetta da Innocenzo III. L'esercito, sotto la guida di Andrea II d'Ungheria e di Leopoldo VI d'Austria, ai quali si unì Giovanni di Brienne, re titolare di Gerusalemme, assalì, ma invano, la fortezza del monte Tabor. Allora una parte dei crociati si ritirò mentre un'altra, al comando di Giovanni di Brienne, passò in Egitto e conquistò Damietta (1219). Avanzarono poi nella valle del Nilo avendo come obiettivo Il Cairo; ma, mancando i rinforzi che l'imperatore Federico II avrebbe dovuto condurre, furono sconfitti e persero Damietta (1221). § La VI crociata (1228-29). Costretto da papa Gregorio IX, Federico II, che già nel 1215 aveva preso la croce, nel 1227 partì per la Siria, ma ritornò poco dopo l'imbarco col pretesto di una malattia. Scomunicato dal papa, ripartì l'anno seguente. Il suo, tuttavia, fu più un viaggio diplomatico che un'impresa militare: infatti l'imperatore, accordatosi con il sultano d'Egitto al-Kamil (Trattato di Giaffa, 1229) ottenne Gerusalemme, Betlemme, Nazaret e alcune località costiere fra San Giovanni d'Acri e Giaffa e tra Giaffa e Gerusalemme; e concluse anche una tregua decennale. Dopo di che Federico II cinse di propria mano la corona di re di Gerusalemme (su cui vantava dei diritti in quanto marito di Iolanda di Brienne), essendosi il patriarca rifiutato di incoronarlo perché scomunicato. La Chiesa non riconobbe tale crociata, come non aveva riconosciuto la IV. § La VII crociata (1248-54). Nel settembre 1244 i musulmani riconquistarono Gerusalemme; ma la cristianità, travagliata da lotte interne, non reagì. Nel Concilio di Lione (1245), tuttavia, papa Innocenzo IV bandì una crociata che trovò il suo capo in Luigi IX, re di Francia, il quale organizzò con le sole forze del suo regno la spedizione. I crociati, sbarcati in Egitto il 16 giugno 1249, occuparono Damietta, poi, rifiutando di trattare con il sultano, che si offriva di cedere Gerusalemme, Ascalona e la Galilea orientale, marciarono verso Il Cairo; ma furono sconfitti a El-Mansūra e il re stesso fu fatto prigioniero (6 aprile 1250). Il riscatto suo e dei crociati superstiti costò la restituzione di Damietta e un'enorme somma di danaro. Recatosi poi in Terra Santa, Luigi IX, dal 1250 al 1254, rafforzò le piazzeforti francesi di Acri, Cesarea, Giaffa, Sidone e pacificò il Principato di Antiochia, riconciliandolo con gli Armeni. Tornò in Francia alla notizia della morte della madre (1254). § L'VIII crociata fu intrapresa ancora da Luigi IX per soccorrere i resti dei domini cristiani in Siria, minacciati ora anche dall'avanzata dei Mongoli. Il re scelse come prima tappa oltremare Tunisi, dove morì di peste poco dopo l'arrivo (1270). L'esercito francese, decimato dalla peste, tornò in patria. Il fratello di Luigi IX, Carlo d'Angiò, re di Sicilia, che aveva seguito l'impresa, trattò la pace col bey di Tunisi. La crociata ebbe un seguito in Siria, di scarsa importanza, a opera di Edoardo I d'Inghilterra. § Dopo la caduta di Acri, l'ultimo baluardo dei cristiani in Terra Santa, per opera del sultano d'Egitto al-Asraf Khalil', che piegò la vigorosa resistenza opposta dai templari e da contingenti francesi e inglesi (18-28 maggio 1291), furono dette crociate alcune imprese più o meno rilevanti contro gli infedeli, tutte comunque non paragonabili alle precedenti, e specialmente alla prima, sia per lo spirito che le ispirò, sia per le forze che vi si impegnarono. Così furono dette crociate la conquista di Rodi (che era peraltro bizantina) da parte dei Cavalieri Ospitalieri (1308) e quella di Smirne, turca, da parte degli Ospitalieri stessi, insieme con Veneziani, Genovesi e Ciprioti (1344). Dalla seconda metà del sec. XIV, la progressiva avanzata dei Turchi Ottomani verso il cuore dell'Europa ridiede una certa attualità all'idea di crociata, intesa però in senso non di guerra santa per la riaffermazione del cristianesimo in Oriente, ma di guerra per la difesa dell'Occidente stesso dall'islamismo sulla via di sempre più ampie conquiste. A un appello di Urbano V, Amedeo VI di Savoia rispose con una crociata che riuscì brillante, ma senza conseguenze (Gallipoli, 1366). Ben più rilevante fu l'impresa promossa da Sigismondo d'Ungheria, col concorso di elementi francesi e tedeschi, per alleggerire la pressione ottomana sul Danubio e liberare la Penisola Balcanica; ma i crociati furono battuti dal sultano Bāyazīd I a Nicopoli (12 settembre 1396). Di nuovo gli Ungheresi, sotto Giovanni Unyadi, rispondendo all'appello dell'imperatore bizantino Giovanni VIII, e con l'incoraggiamento del papa Eugenio IV, affrontarono, con pochi alleati polacchi, serbi e valacchi, i Turchi nei Balcani; ma ancora, dopo alcuni successi, vennero sconfitti da Murād II a Varna (10 novembre 1444); soccorsi veneziani giunsero troppo tardi. Un tentativo di rivincita ebbe pure esito disastroso (Kossovo). Dopo la caduta di Costantinopoli (1453) e il crollo definitivo dell'Impero bizantino per opera di Maometto II, Pio II bandì una crociata in cui, nonostante molte promesse, nessuno osò avventurarsi. Il papa morì ad Ancona, in attesa dei crociati (1464). E crociata si chiamò ancora l'impresa, patrocinata da Pio V e a cui parteciparono forze spagnole, veneziane e in misura minore genovesi, toscane e sabaude, nonché i Cavalieri di Malta, sotto il comando di Don Giovanni d'Austria, che si concluse con una trionfale ma sterile vittoria sui Turchi nelle acque di Lepanto (7 ottobre 1571). Concludendo, dopo il grande successo della I crociata, le posizioni conquistate dai cristiani nel mondo musulmano regredirono sempre più: la caduta di Acri (1291), l'insediamento degli Ottomani in Europa (1354) e la loro progressiva conquista dell'intero Impero bizantino (completata pochi anni dopo la caduta di Costantinopoli), fino al Danubio e oltre, col relativo dominio dei mari, rappresentano i momenti più importanti del fallimento delle ultime crociate. Del resto, lo spirito di crociata, essenzialmente religioso, si era rapidamente esaurito; già affievolito nel sec. XIII, nel XIV era morto. La nuova società non lo comportava più.

Storia: conseguenze delle crociate

Le crociate fallirono il loro scopo originario, la liberazione dei Luoghi Santi dai musulmani. Restano tuttavia un fenomeno storico della massima rilevanza non solo religiosa, ma politica, economico-sociale, culturale. Politicamente, impegnarono i musulmani contenendone e ritardandone l'avanzata in Europa, e ciò permise lo sviluppo degli Stati centro-occidentali. L'Impero bizantino, a sua volta, pur avendo ostacolato, e non senza ragioni, le crociate, grazie a esse poté sopravvivere più a lungo, in quanto i Turchi erano il nemico comune suo e dei crociati. Dal punto di vista sociale, le crociate offrirono infinite occasioni di affermazione a una feudalità, specialmente minore, che in Occidente tendeva a esaurirsi in una vita angusta e rissosa, senza prospettive di migliori posizioni materiali e spirituali: la cavalleria trovò in Oriente il suo più severo e valido banco di prova. La borghesia, infine, e con essa i ceti più modesti, vide aprirsi dalle armi dei crociati gli orizzonti di un'attività commerciale e di un arricchimento senza precedenti, che costituirono le basi della sua potenza politica. La borghesia delle Repubbliche marinare italiane fu tra tutte la maggior beneficiaria delle crociate: Pisani, Genovesi, Veneziani si assicurarono basi commerciali, privilegi, monopoli e quartieri, logge e fondachi in tutto l'Oriente sempre meno controllato da Bisanzio; fieramente rivali tra loro, si divisero in certo modo le rispettive zone d'influenza: Genova, in Siria, sulle coste della Piccola Armenia, sugli Stretti e nel Mar Nero; Venezia, nell'Egeo, a Cipro, a Creta; Pisa, finché non fu abbattuta da Genova (1284), sulle coste dell'Africa settentrionale; ma non esitarono mai a violarle, in vista del predominio assoluto. Ai rapporti militari e commerciali si accompagnavano naturalmente i rapporti culturali in senso lato: con le merci (soprattutto merci pregiate: spezie, seterie, metalli preziosi, gemme) passarono dall'Oriente bizantino e musulmano all'Occidente anche codici di classici greci e testi arabi, sia originali, sia derivati da antichi testi greci che in Europa erano sconosciuti o erano andati perduti. Anche nel campo religioso, gli incontri tra fedi diverse contribuirono a un'apertura più larga e predisposero alla reciproca comprensione e alla tolleranza. E pure rilevanti furono l'allargamento delle conoscenze geografiche e l'ambizione di accrescerle, con nuove e imprevedibili esperienze. Per questi motivi fondamentali, e per molti altri ancora, le crociate, al di là delle intenzioni dei loro protagonisti, furono portatrici di stimoli fecondi allo sviluppo della civiltà europea nel suo complesso e costituiscono quindi una componente essenziale della sua storia.

A. S. Atiya, The Crusade, Historiography and Bibliography, Londra, 1962; H. E. Mayer, Geschichte der Kreuzzüge, Stoccarda, 1965; F. Cognasso, Storia delle Crociate, Milano, 1967; S. Runciman, Storia delle Crociate, Torino, 1967; C. Morrisson, Les Croisades, Parigi, 1969; A. Maalong, Le Crociate viste dagli arabi, Torino, 1989.

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