albigési
Indicesm. pl. Corrente ereticale medievale derivata dai catari. I primi gruppi di questi eretici provenivano dalla Penisola Balcanica e si fissarono nella Francia meridionale con centro nella regione di Albi (donde il nome), organizzandosi nelle diocesi di Lombers, Tolosa, Carcassonne, Val d'Aran, Agen, Razès, tra la fine del sec. XII e l'inizio del XIII. Fondamento della loro dottrina era un dualismo (Bene-Male) di tipo manicheo, dal quale però deducevano una forte tensione per la vita morale e spirituale. Si trovarono subito in netta opposizione con la corruzione e il male del mondo e in particolare del clero cattolico, alla mondanità del quale opponevano una vita austera ed esemplare, una predicazione che bollava ogni cedimento ai vizi e alle mollezze, una sfida aperta a ritornare allo spirito originario del Vangelo. Il disprezzo della materia, come naturale dimora del male, li portava a condannare tutto ciò che serviva al corpo, come il mangiare, il lavorare, lo sposarsi, ecc. Ai principi evangelici si accompagnavano quindi istanze pauperistiche, che suonavano poco ortodosse tanto al potere civile quanto a quello religioso. La Chiesa fece vari tentativi fra il 1170 e il 1208 per riportare gli albigesi nel suo seno con la predicazione di legati pontifici e di monaci cistercensi, ma la loro resistenza, appoggiata da Raimondo VI di Tolosa, e, da ultimo, l'assassinio del legato pontificio Pietro di Castelnau (gennaio 1208) indussero Innocenzo III a proclamare contro di loro la crociata, sotto la guida di Arnoldo, abate di Citeaux (marzo 1208). Filippo Augusto di Francia, adducendo a pretesto i suoi precari rapporti con l'Inghilterra e l'impero, non aderì, ma permise che v'intervenissero i suoi vassalli. Nel 1209 i crociati misero a ferro e a fuoco il meridione, espugnando Béziers, Carcassonne e Narbonne. Il comando venne allora affidato a Simon de Montfort, un feudatario dell'Île de France, che sconfisse nuovamente Raimondo VI a Muret (1213), diventando signore di Tolosa. La potenza militare di Raimondo VI non era stata però intaccata, anche se questi aveva dovuto sacrificare una parte delle sue terre, per cui Innocenzo III nel Concilio Lateranense IV (1215) cercò di accordare le esigenze di Simon de Montfort (a cui riconobbe il possesso delle terre occupate, previa investitura del re di Francia) e di Raimondo VI (riconoscendolo signore legittimo delle terre rimastegli). Nel 1218 Simon de Montfort morì all'assedio di Tolosa e Luigi VIII di Francia ne approfittò per occupare tutto il territorio degli Albigesi. Dopo la sua morte (1226) gli albigesi si ribellarono e tennero in scacco le truppe reali per due anni, ma nel 1229 Raimondo VII (figlio di Raimondo VI, al quale era succeduto nel 1223) venne a patti con il re di Francia Luigi IX e gli cedette la Bassa Linguadoca, cementando la pace con il matrimonio di sua figlia Giovanna con il principe reale Alfonso. Nonostante l'annientamento della loro forza militare e le persecuzioni dell'Inquisizione, gli albigesi tentarono ancora (nel 1240, nel 1242 e nel 1245) d'insorgere, ma furono presto domati e il movimento si andò così esaurendo.
Bibliografia
F. Niel, Albigeois et Cathares, Parigi, 1956; J. Madaude, Le drame albigeois et le destin français, Parigi, 1962; M. Lignières, L'hérésie albigeoise et la croisade, Parigi, 1964; Autori Vari, Saggi raccolti da O. Capitani, Bologna, 1971.