Sudafrica
Indice(Republic of South Africa; Republiek van Suid-Afrika). Stato dell'Africa meridionale (1.220.813 km²). Capitale: Pretoria (capitale amministrativa), Bloemfontein (capitale giudiziaria), Città del Capo (capitale legislativa). Divisione amministrativa: province (9). Popolazione: 51.770.560 ab. (2011), 54.002.000 ab. (stima 2014). Lingua: afrikaans, inglese, isiNdebele, isiXhosa, isiZulu, sePedi, seSotho, seTswana, siSwati, tshivenda, xitsonga. Religione: protestanti 26,1%, animisti/credenze tradizionali 8,9%, cattolici 6,7%, altri cristiani 37,1%, musulmani 2,5%, induisti 2,4%, non religiosi/atei 3%, altre religioni 13,3%. Unità monetaria: rand sudafricano (100 centesimi). Indice di sviluppo umano: 0,658 (118° posto). Confini: Botswana (N), Zimbabwe, Swaziland e Mozambico (NE), oceano Indiano (E e SE), oceano Atlantico (SW e W), Namibia (NW). Membro di: Commonwealth, ONU, SACU, SADC, UA e WTO, associato UE.
Repubblica Sudafricana. Cartina geografica.
Repubblica Sudafricana. Veduta della costa della penisola del Capo, tra Clifton e Hout Bay.
De Agostini Picture Library/L. Romano
Repubblica Sudafricana. Table Mountain vista dal promontorio di Città del Capo.
De Agostini Picture Library
Repubblica Sudafricana. Particolare di un mercato di Durban.
De Agostini Picture Library/L. Romano
Repubblica Sudafricana. Il porto di Durban, secondo del Paese.
De Agostini Picture Library/L. Romano
Repubblica Sudafricana. Coltivazione della canna da zucchero, al primo posto dell'agricoltura industriale di piantagione.
De Agostini Picture Library/L. Romano
Repubblica Sudafricana. Il Big Hole, la famosa miniera a cielo aperto presso Kimberley.
De Agostini Picture Library/2 P
Generalità
Stato dell'Africa australe, di cui occupa l'intera porzione meridionale, comprende, all'interno dei suoi confini, il Lesotho. Vasto, ricco di risorse preziose, con ambienti eccezionalmente ospitali, il Sudafrica ha attratto gli europei sin dal sec. XVII, quando cioè l'Europa cominciò a conoscere il disagio suscitato dalle prime pressioni demografiche. Essi trovarono una terra ideale da sfruttare e vi si insediarono, radicandovisi, nonostante la presenza di ben organizzate popolazioni africane, rispetto alle quali essi si comportarono con la presunzione della loro superiorità culturale e della legittimità delle proprie azioni. L'opera di colonizzazione e di sfruttamento, particolarmente dei boeri, di origine olandese, e dei loro discendenti, gli afrikaners, mossi dagli ideali produttivistici e di arricchimento, propri dell'etica europea (motivazioni ampiamente politiche ebbero invece i sopraggiunti inglesi, che riuscirono ad annettere il Paese alla Gran Bretagna ma non a sottrarre ai boeri le leve del potere economico), ha trasformato nel giro di appena due secoli l'intera geografia del Sudafrica. Sono sorte splendide città, sono state create piantagioni, aperte miniere ricchissime, avviate attività industriali. Tutto ciò è avvenuto secondo una politica che ha rigidamente escluso le masse africane da ogni partecipazione ai benefici derivati dalle nuove forme di economia; esse sono anzi state strumentalizzate proprio per realizzare quelle imprese che hanno fatto la ricchezza del Paese. La conquista del potere in Mozambico e in Angola da parte di movimenti progressisti (1975) ha per la prima volta creato problemi al regime politico del Sudafrica basato sullo “sviluppo separato delle comunità razziali”, ossia sull'apartheid, il principio di rigida separazione razziale in virtù del quale i bianchi, discendenti dai colonizzatori, benché in forte minoranza numerica, detenevano ogni potere. Dopo una fase (durata fino al 1987-88) in cui il governo sudafricano tentava di fronteggiare tali difficoltà rafforzando la propria presenza militare negli Stati confinanti, sottoponendo il Paese a uno sforzo particolarmente oneroso e aggravando la già pesante condizione di isolamento nel quadro internazionale, a partire dal 1989, con l'avvento di nuove personalità politiche, si verificava un deciso mutamento nei rapporti sia interni sia esterni. Le leggi razziste venivano progressivamente attenuate e si avviava un processo di riconciliazione che (pur non privo di incertezze e contraddizioni da parte sia dei gruppi dirigenti bianchi, sia dei movimenti presenti in seno alla popolazione di colore, a sua volta molto diversificata sotto il profilo etnico e culturale) ha aperto nuovi orizzonti di civile convivenza e di sviluppo portando, infine, al formale abbattimento dell'apartheid: punto di arrivo della lunga lotta per il superamento della segregazione razziale e, al tempo stesso, punto di partenza per raggiungere una reale integrazione razziale, economica e regionale. Agli inizi del XXI secolo il Sudafrica è il Paese più avanzato del continente, ha consolidato il suo ruolo di potenza regionale e di economia trainante. Il grande problema interno è costituito però dal dilagare dell'AIDS e dalla forte disoccupazione, che riguarda circa un quarto della popolazione. Sono stati svolti grandi lavori infrastrutturali in occasione dei campionati mondiali di calcio del 2010.
Lo Stato
Dalla Federazione delle ex Repubbliche Boere nacque, nel 1910, l'Unione Sudafricana, dominio autonomo della Corona britannica, pienamente indipendente dal 1931. Nel 1961, in seguito alla condanna internazionale dell'apartheid, e alla conseguente uscita del Paese dal Commonwealth, fu proclamata la Repubblica. Nell'ottobre del 1993, il Parlamento ha approvato la nascita di un Consiglio esecutivo transitorio, al quale partecipavano tutti i partiti politici (inclusi i rappresentanti dei neri). È stata questa una svolta importante dopo 350 anni di dominio assoluto dei bianchi che poi ha aperto la strada all'approvazione di una Costituzione provvisoria prima (novembre 1993) e della nuova Costituzione, poi (1997) che garantisce la convivenza multirazziale attraverso la piena tutela dei gruppi di minoranza. Il presidente della Repubblica è eletto dall'Assemblea nazionale ed esercita il potere esecutivo. Il Parlamento, bicamerale, è formato dall'Assemblea nazionale, i cui membri sono eletti per 5 anni col sistema proporzionale, e dal Consiglio Nazionale delle Province, i cui membri sono nominati dalle assemblee provinciali. I partiti che ottengono almeno il 20% dei voti nell'Assemblea nazionale possono nominare un vicepresidente. Il sistema giudiziario si fonda sulla Common Law britannica e sul diritto olandese. La giustizia è amministrata, nel suo massimo grado, dalla Suprema corte d'appello, competente in materia civile, penale e amministrativa; successivamente troviamo le Alte corti e le Corti di magistrati, uno per ciascun distretto giudiziario in cui è diviso il Sudafrica. La difesa del Paese è affidata alle forze armate del South African National Defense Force (SANDF), istituite nel 1994 e composte dalle ex forze armate sudafricane integrate da uomini dell'ala militare dell'African National Congress (ANC). Esiste inoltre una forza paramilitare di polizia che agisce per tutelare la sicurezza interna. Il sistema scolastico sudafricano ha rispecchiato il rigido segregazionismo su cui, fino alla fine degli anni Ottanta, era impostata tutta la vita del Paese. Dopo l'abbattimento delle barriere razziali si è resa necessaria una riorganizzazione globale del sistema scolastico. Dal 1991 è stato permesso a tutti i bambini di usufruire, indipendentemente dalla razza, delle scuole statali e nel 1996 è stato varato un piano decennale che sanciva l'obbligo scolastico dai 6 ai 16 anni di età. L'istruzione nel Paese è completamente gratuita. In base a recenti stime (2007) la percentuale di analfabeti è del 12%. Nel Paese sono presenti numerose università, tra le più importanti citiamo: Cape Town (1929), Rhodes (1904), Natal (1910), Witwatersrand (1922), Orange Free State (1855), South Africa (1873), Pretoria (1908), Fort Hare (1916), Stellenbosch (1918), Western Cape (1960), Zululand (1960), Durban-Westville (1960), Port Elizabeth (1964).
Territorio: morfologia
Il territorio sudafricano comprende tutta la porzione meridionale dell'Africa “alta”, a S della valle del Limpopo e della depressione del Kalahari. Esso poggia su un antichissimo zoccolo di rocce cristalline precambriane, venate da ricchi filoni auriferi e uraniferi nella regione del Witwatersrand (Transvaal); in gran parte però tale substrato è ricoperto da sedimenti della formazione detta del Karroo, diffusa in tutta l'Africa meridionale ma caratteristica soprattutto della regione del Capo. Di età da carbonifera (Paleozoico) a giurassica (Mesozoico), tali strati sono economicamente assai importanti per la presenza di vasti giacimenti carboniferi. Di struttura perciò essenzialmente tabulare, il territorio sudafricano si corruga solo nell'estrema sezione meridionale del Capo, dove si allinea, per effetto dell'orogenesi ercinica, una serie di catene, con andamento per lo più da E a W, separate da lunghe valli: nelle depressioni formate dal corrugamento capide si stendono appunto il Grande Karroo e il Piccolo Karroo. L'elemento morfologico prevalente è però l'orlo rialzato dell'altopiano; benché in più punti smembrato dall'erosione (il principale agente modellatore del territorio, che non fu più interessato da ingressioni marine dopo il Paleozoico, salvo lievi episodi marginali) in massicci isolati, come il Bontberg (1922 m) e il Kompasberg (2502 m), il ciglio continentale forma un'imponente muraglia a E, con i Monti dei Draghi, o Drakensberg, caratterizzati da potenti effusioni basaltiche e con varie cime superiori ai 3000 m (le massime quote si trovano però nel Lesotho). Verso W tale margine rialzato, il Great Escarpment o Grande Scarpata, si abbassa progressivamente fino ai ripiani terrazzati della costa occidentale, mentre verso S è fronteggiato dalle menzionate catene del Capo. Una stretta fascia alluvionale costiera orla quasi tutto il Paese; la costa è molto regolare e generalmente importuosa, salvo che nella zona meridionale, dove le catene del Capo si affacciano direttamente sul mare. Qui l'erosione marina ha intagliato in modo pittoresco i rilievi arenacei, originando una successione di promontori, con coste a falesia, e di brevi tratti di coste basse; il famoso Capo di Buona Speranza è però un antico isolotto roccioso saldatosi al continente. Piuttosto monotoni sono i tavolati dell'interno, di altezza media tra i 1200 e i 1800 m; si tratta di pianalti quasi perfettamente tabulari, intagliati dai corsi d'acqua e dominati da modesti rilievi conici, detti kopjes, che solo la presenza alla sommità di un cappello di roccia dura ha risparmiato da un completo spianamento. Vi si possono tuttavia distinguere alcune grandi regioni come l'altopiano del Transvaal, tra la valle del Limpopo e la dorsale del Witwatersrand, cui segue a S l'altopiano dell'Orange, chiuso dalla Grande Scarpata, e, verso NW, le propaggini del deserto sabbioso del Kalahari.
Territorio: idrografia
Idrograficamente il Paese, pur diviso tra diversi bacini, tributa essenzialmente all'oceano Atlantico, soprattutto tramite l'Orange (1860 km), il principale fiume del Sudafrica, che nasce nel Lesotho dai Monti Maluti e il cui vasto bacino (1.020.000 km²) corrisponde a buona parte degli altopiani; il corso del fiume è però accidentato da rapide e cascate che ne rendono difficile la navigazione, ostacolata inoltre dal regime assai irregolare. Tra i suoi affluenti una certa importanza hanno il Vaal (1200 km) e il Molopo (ca. 1000 km), che segna per lungo tratto il confine col Botswana, ma che è quasi sempre asciutto. Scende all'Atlantico anche l'Olifants, che sfocia nella baia di Sant'Elena dopo aver raccolto le acque del Grande Karroo. Tra i tributari all'Oceano Indiano il principale è il Limpopo (1600 km), che nasce dal Witwatersrand col nome di Krokodil e che drena la sezione settentrionale del Transvaal, interessando poi ampiamente il Mozambico; anche per il Limpopo l'irregolarità del profilo e del regime pregiudica la navigazione. Gli altri fiumi nascono quasi tutti sulla Grande Scarpata e presentano un andamento normale alla costa (tra i molti è celebre il Tugela che si origina ai confini col Lesotho e forma, con una serie di salti, le cascate omonime, seconde nel mondo per altezza, con ben 948 m) tranne quelli della zona del Capo, dove il rilievo li costringe a lunghi percorsi longitudinali prima di riuscire ad aprirsi dei passaggi trasversali (poorts), che hanno offerto agevoli vie alle comunicazioni stradali e ferroviarie. Aride e praticamente prive di corsi d'acqua a regime fluviale sono infine le zone nordoccidentali.
Territorio: clima
Il clima è notevolmente vario in rapporto sia alla grande estensione territoriale, sia all'altitudine, sia all'esposizione verso il mare. La latitudine subtropicale e il profondo influsso marittimo sono all'origine del clima mediterraneo che caratterizza l'apice meridionale del territorio sudafricano: qui le temperature sono miti (a Città del Capo oscillano tra i 22 ºC di gennaio e i 13 ºC di luglio) e le precipitazioni superano i 600 mm; le piogge sono legate all'avanzata di fronti freddi di origine antartica durante l'inverno, mentre quasi tutto il resto dell'Africa australe nello stesso periodo è sovrastato da un'area anticiclonica che impedisce l'afflusso di masse d'aria umida dagli oceani circostanti. Al contrario, d'estate, quando in ambito continentale si instaurano condizioni di bassa pressione, le masse d'aria umida provenienti dall'Oceano Indiano al seguito dell'aliseo di SE investono le coste orientali e la Grande Scarpata irrorandole di abbondanti precipitazioni (1000-1500 mm). In particolare il KwaZulu-Natal gode di un clima caldo e umido, che fa di questa provincia l'area più favorevole alla coltivazione di colture tropicali. Man mano che si procede verso l'interno le precipitazioni diminuiscono: sugli altopiani si aggirano sui 500-800 mm annui. In modo più netto si riducono procedendo verso W: così a Kimberley, all'incirca al centro del territorio sudafricano, le precipitazioni annue sono di poco superiori ai 400 mm; a Upington, sull'Orange, poco lontano dal confine con la Namibia, scendono a poco più di 150 mm e toccano appena i 60 mm a Port Nolloth, sull'Atlantico. Le escursioni termiche, sensibili sugli altopiani (a Johannesburg, che si trova a ca. 1750 m d'altezza, le medie oscillano tra i 20 ºC di gennaio e i 10 ºC di luglio), sono alquanto più contenute sulle coste; va tuttavia notata la sensibile influenza esercitata sulla temperatura della fascia costiera dalle correnti, quella calda del Mozambico lungo le coste che si affacciano sull'Oceano Indiano e quella fredda del Benguela lungo le coste atlantiche: così, mentre a Durban le temperature medie di gennaio e di luglio sono rispettivamente 24 ºC e 17 ºC, a Port Nolloth, lievemente più a N in latitudine, ma sull'Atlantico, esse sono di 15 ºC e 12 ºC. In generale, dunque, si possono registrare i seguenti tipi climatici: nella metà orientale dell'altopiano un clima subtropicale, asciutto d'inverno e discretamente piovoso d'estate, con caratteri di continentalità e notevoli escursioni termiche; nella metà occidentale dell'altopiano un clima semiarido, con una breve stagione piovosa estiva e un lungo periodo di siccità; lungo la fascia costiera occidentale un clima di tipo desertico, con scarsissime e sporadiche precipitazioni; nella fascia costiera sudoccidentale un clima subtropicale di tipo mediterraneo, con inverni piovosi ed estati calde e asciutte; lungo la fascia costiera sudorientale un clima caldo, con una lunga stagione piovosa estiva di tipo oceanico.
Territorio: geografia umana
La popolazione del Sudafrica è formata per il 79,8% da africani bantu, per l'8,7% da bianchi, per l'8,9% da coloureds e per il 2,6% da asiatici. Gli africani, in sensibile aumento rispetto ad altri gruppi etnici, appartengono a due grandi famiglie etnico-linguistiche: i Khoisan (boscimani, ottentotti, bergdamara) e i bantu. I primi sono gli eredi degli originari abitatori del Paese, cacciatori e raccoglitori nomadi, i quali sono stati progressivamente respinti verso le zone desertiche del Kalahari dapprima dai bantu, sopravvenuti in diverse ondate da N e da NE, quindi dai bianchi, la cui colonizzazione del Sudafrica ebbe inizio dalla baia della Tavola, dove fu fondata nel 1652 Città del Capo, e la cui conquista territoriale volse soprattutto verso N e verso E. I bantu sono a loro volta divisi in numerosi gruppi etnici, di cui i maggiori sono i nguli, i sotho e i tswana. Tra tutti gli zulu restano giustamente famosi per essere riusciti a organizzare nel sec. XIX un regno potente che non solo si impose su gran parte dell'Africa sudorientale, ma che combatté coraggiosamente contro i bianchi. I bianchi sono per la maggior parte i discendenti dei primi colonizzatori e immigrati dai Paesi Bassi (afrikaners) e inglesi, quindi di tedeschi e altri immigrati da vari Paesi europei. L'incremento della popolazione bianca, oggi quasi interamente dovuta alla naturale dinamica demografica, fu nel sec. XIX e nei primi decenni del sec. XX largamente determinato dall'immigrazione: nell'antica provincia del Transvaal nel periodo 1890-1911 il numero degli europei, qui attratti soprattutto dalla scoperta dei ricchi giacimenti di oro e diamanti, passò da 119.000 a 421.000 ab. Ormai l'immigrazione è cessata e il più elevato tasso d'incremento naturale dei bantu determina un progressivo aumento della popolazione africana rispetto a quella bianca. Un certo peso ha la percentuale dei coloureds, che sono stanziati soprattutto nella provincia del Capo Occidentale; costituiscono un gruppo razzialmente dei più eterogenei, nati per lo più da antichi incroci tra bianchi e schiave ottentotte; tra i meticci vengono compresi anche i cosiddetti malesi del Capo, discendenti da schiavi introdotti nel secolo scorso da svariate regioni asiatiche, ma che costituiscono un gruppo ben definito per religione, essendo tutti musulmani. I meticci vanno aumentando sensibilmente sia per incremento naturale sia per l'apporto continuo di altri elementi nati da nuovi matrimoni misti: erano ca. 770.000 nel 1936, superavano nel 1990 i 3 milioni. Anche gli asiatici sono relativamente numerosi: a parte piccoli gruppi di cinesi si tratta di discendenti degli indiani fatti affluire nel KwaZulu-Natal (dove sono tuttora concentrati) per essere adibiti ai lavori di piantagione della canna da zucchero. Quando nel 1913 ne fu vietata l'immigrazione, per evitare l'ulteriore aggravarsi del problema razziale, assommavano a ca. 143.000, sestuplicati in meno di ottant'anni. La dinamica demografica del Sudafrica è vivace; il tasso di mortalità è uno dei più bassi del mondo per quel che concerne la popolazione bianca, ma alquanto ridotto anche per gli africani e i coloureds. La popolazione presenta una densità media piuttosto bassa (43 ab./km²) e una distribuzione assai irregolare: è concentrata nelle regioni orientali che offrono più vantaggiose possibilità agricole e industriali, specie lungo le coste del KwaZulu-Natal, la provincia agricola più ricca. In passato, in questa zona gli africani si concentravano soprattutto nelle numerose riserve della regione; le riserve (dette Bantustans), che erano frammentate ai margini delle terre occupate dai bianchi (ovviamente le migliori), accoglievano ca. metà della popolazione africana, rispettando i legami etnici; i vari gruppi vi svolgevano le tradizionali attività agricole e di allevamento e abitavano in villaggi di capanne di forma circolare, sviluppate intorno al recinto per il bestiame, il kraal. Delle nove province attuali in cui è suddiviso il Paese, quella maggiormente abitata è il KwaZulu-Natal, seguita dal Gauteng e dal Capo Orientale; il Capo Settentrionale, invece, nonostante sia la provincia con la superficie territoriale più estesa, ha una popolazione che si aggira appena intorno a 1 milione di unità. Valori compresi tra gli oltre cinque milioni del Limpopo e i 2,9 milioni dello Stato libero si registrano, invece, nelle altre cinque province del Paese. Anche la composizione etnica della popolazione varia da provincia a provincia: i bianchi, per esempio, rappresentano il 30% degli abitanti del Gauteng e il 25% di quelli del Capo Occidentale, mentre costituiscono soltanto un'esigua minoranza nel Limpopo, in quella del Capo Orientale e nel KwaZulu-Natal. In quest'ultima provincia, pur predomimando gli zulu, sono d'altra parte concentrati quasi tutti i discendenti di quegli indiani qui richiamati nell'Ottocento dal lavoro nelle piantagioni di canna da zucchero. La popolazione urbana è percentualmente tra le più elevate dell'Africa: nel 2012 era ormai il 62,4%. Anche dopo l'abolizione del regime di apartheid e con oltre la metà della popolazione del Paese residente in città, comunque, sono prevalentemente i bianchi, gli asiatici e e i coloureds a risiedere nei centri urbani; i neri, quando non vivono nei villaggi rurali, lavorando nelle piantagioni, restano confinati nei quartieri-ghetto alle periferie delle città (si pensi al caso di Soweto, nei pressi di Johannesburg, più volte teatro di aspre manifestazioni di protesta). Città del Capo è sicuramente una delle città più ricche di tutto il continente. La sua posizione di porto di rifornimento sulle vie delle Indie le attribuì subito un ruolo prezioso, mantenuto anche successivamente; la presenza di varie industrie e di un apparato produttivo di prim'ordine, insieme alla sua importanza politica e culturale, ne hanno arricchito le funzioni. Una serie di opere urbanistiche di rilievo (tra queste la realizzazione di una rete autostradale cittadina) intraprese nel secondo dopoguerra ne hanno cambiato profondamente il tessuto urbano; il suo agglomerato supera infatti i 3 milioni di ab. Johannesburg, invece, è la capitale economica del Paese, sviluppatasi proprio in seguito alla scoperta di un giacimento aurifero e alla conseguente realizzazione delle infrastrutture per il suo sfruttamento. Capitale degli affari, sede di attività terziarie di livello elevato, sorge aòl centro di un'area intensamente urbanizzata, tanto da formare, insieme ai centri siderutgici di Vereeniging e Vanderbjil Park, a tutta una serie di città satellite e a Pretoria, la conurbazione nota come PWV (ovvero Pretoria-Witwatersrand-Vereeniging). Tanto a Città del Capo quanto a Johannesburg sono evidenti le tracce della politica di apartheid sulla struttura urbanistica: le zone residenziali, situate al centro della città e vicine alle sedi amministrative o a Johannesburg agli uffici delle compagnie minerarie), sono abitate dalla minoranza bianca; nei quartieri posti ai margini, invece, sono relegati i ghetti neri (townships), quartieri dormitorio occupati per lo più dagli operai che lavorano nelle industrie. Pretoria è la capitale amministrativa del paese, e quindi centro del terziario pubblico. Capoluogo di quella che era la ricca provincia del Transvaal, suddivisa tra le province del Limpopo, Gauteng, Mpumalanga e in parte del Nord-Ovest, ha un ruolo politico e culturale di primaria importanza. Durban e Port Elizabeth svolgono, invece, un ruolo fondamentale nei traffici portuali: si tratta, nel primo caso, del maggiore porto del Paese (e uno dei meglio attrezzati di tutto il mondo), quello cui fa capo il trasporto delle materie prime e attraverso cui passano gran parte delle merci dirette sia all'interno del Paese sia all'estero; nel secondo, di quello che, nel rispondere alle esigenze economiche del suo entroterra, ha visto svilupparsi soprattutto i traffici di frutta, lana e pelli. Bloemfontein, infine, moderno centro industriale e commerciale, è la capitale giudiziaria del Paese.
Territorio: ambiente
In relazione alle variazioni climatiche la copertura vegetale è alquanto differenziata; sugli altopiani predominano le praterie temperate, che trapassano in steppe cespugliose e xerofile verso le aree meridionali e occidentali meno piovose; sul versante orientale, principalmente nell'alto e nel medio Veld, si incontrano savane arbustive, spesso associate a piante d'alto fusto come l'acacia, l'euforbia e il baobab. Lungo la fascia costiera del Natal e della sezione orientale della provincia del Capo si estendono lembi di foresta subtropicale, che assumono il carattere di foresta a galleria lungo il corso di alcuni fiumi, per esempio il Tugela. La copertura vegetale tipica della fascia sudoccidentale del Paese, che gode di clima mediterraneo, è la macchia sempreverde, rappresentata da un'associazione mista, erbacea e arbustiva, con aspetti spesso accentuatamente xerofili. Dalla macchia si passa gradualmente alla steppa desertica caratterizzata da arbusti spinosi; più a W fino al mare la vegetazione s'impoverisce sempre più e il paesaggio assume l'aspetto tipico del deserto vero e proprio. La grande varietà di habitat naturali si riflette nella straordinaria diversità di specie che popolano queste terre: dai grandi predatori come leoni, leopardi e ghepardi, agli erbivori come elefanti, zebre, antilopi e giraffe. Numerosa è anche la varietà di uccelli che popolano il Sudafrica come struzzi, fenicotteri, otarde di kori ecc. La colonizzazione bianca ha però ridotto notevolmente il numero dei grandi carnivori e degli erbivori che un tempo popolavano queste terre: tra gli animali in via di estinzione va ricordato il rinoceronte bianco di cui sopravvivono pochi esemplari nelle riserve. La biodiversità della flora e della fauna è fortemente minacciata dall'attività dell'uomo che provoca l'alterazione degli ecosistemi, attraverso le opere di deforestazione e di bracconaggio. Inoltre l'eccessivo sfruttamento delle ridotte aree agricole causa l'aumento dell'erosione del suolo e della desertificazione. In Sudafrica il 6,6% del territorio è protetto; vi sono 21 parchi nazionali e otto siti dichiarati patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO: iSimangaliso Wetland Park (1999), Parco nazionale uKhahlamba-Drakensberge (2000), la flora della provincia del Capo (2004) e Vredefort Dome (2005).
Economia: generalità
Perpetuate in forma istituzionale dal sistema dell'apartheid, che è stato progressivamente abolito solo all'inizio degli anni Novanta del Novecento, le profonde ineguaglianze economico-sociali, non possono mettere in discussione il fatto che il Sudafrica abbia una solida e ben diversificata economia, nettamente la prima a livello continentale, grazie alle sue enormi risorse minerarie, a una fiorente agricoltura e zootecnia e a un'industria ormai affermata. Ma se lo Stato, considerato nel suo insieme, presenta una situazione innegabilmente felice, in realtà nel suo interno le contraddizioni sono numerose e sempre più marcate. L'apartheid, infatti, nato per difendere gli interessi dei bianchi in un'economia agricola e mineraria, ha rappresentato – al di là di ogni considerazione etica – un grave elemento frenante. La svolta negli orientamenti politici sulla questione razziale è del resto avvenuta soprattutto in conseguenza della pressione esercitata dalla comunità internazionale: determinanti sono stati infatti le sanzioni e l'embargo commerciale nei confronti del Sudafrica adottati nella seconda metà degli anni Ottanta del Novecento dal sistema finanziario e da organizzazioni internazionali (fra le quali soprattutto la Comunità Europea), ma anche da singoli Stati (primi fra tutti gli Stati Uniti), misure che hanno avuto come risultato processi di disinvestimento da parte di società straniere nonché l'avvio di politiche d'austerità e di privatizzazioni da parte del governo locale. Gli obiettivi prioritari in campo economico, dalla fine dell'apartheid, sono quelli di ridurre progressivamente le enormi sperequazioni economiche e sociali tra bianchi e neri, anche per rivitalizzare il mercato interno, attrarre nuovi capitali stranieri e dare nuovo impulso al commercio con l'estero. All'inizio del Duemila l'economia sudafricana offre un quadro assai ricco, anche se mal distribuito e affetto da una cronica disoccupazione (22,9% nel 2008) che colpisce pesantemente la popolazione nera. Il primato del Sudafrica nell'economia mondiale è palesato dal fatto che il Paese nel 2008 registrava il PIL pro capite più alto del continente (5.693 $ USA) e un PIL di 277.188 ml di $ USA. Risanato il bilancio pubblico con una rigorosa politica finanziaria e fiscale, il governo sudafricano è ora in grado di ridurre le imposte sui redditi e, contemporaneamente, di aumentare la spesa pubblica per investimenti in infrastrutture e servizi (soprattutto in vista dei mondiali di calcio del 2010). Solo il recente aumento dei tassi di interesse ha ridotto il ritmo di crescita dell'economia sudafricana; l'inflazione è in crescita (intorno al 11,5% nel 2008).
Economia: agricoltura, foreste allevamento e pesca
Il settore agricolo, in netta flessione, dà lavoro a meno del 8,8% della popolazione attiva, contribuendo solo per il 3,2% alla formazione del PIL: tale produzione è, peraltro, sufficiente alle esigenze del Sudafrica. Come in genere in tutti i settori produttivi del Paese, anche nell'ambito dell'agricoltura l'intervento del governo è stato decisivo; esso si è soprattutto esplicato nei provvedimenti intrapresi per combattere l'erosione del suolo (attuazione di adeguate tecniche colturali, vasti programmi di rimboschimento ecc.) e per assicurare un sufficiente approvvigionamento idrico in un territorio che perde, per evaporazione o per straripamento, la maggior parte delle acque convogliate dai fiumi. La Water Research è la commissione istituita appunto per coordinare e promuovere le più opportune ricerche e salvaguardie idrologiche. Non si dimentichi tuttavia che anche nel settore agricolo la maggior parte dei benefici viene goduta dagli agricoltori bianchi, che posseggono in assoluto le terre migliori. Abbastanza netta è di conseguenza, come in altri Stati africani, la demarcazione fra l'agricoltura di sussistenza e la ben più fiorente agricoltura industriale di piantagione. Il Paese produce, basandosi su un'agricoltura fortemente differenziata su base geografica, mais (il “triangolo del mais” si estende tra Mafikeng, il Lesotho e lo Swaziland), di cui il Sudafrica ne è di gran lunga il maggiore produttore del continente; la produzione, molto inferiore, del frumento è diffusa soprattutto nella provincia del Capo occidentale e nella parte orientale dello Stato libero; tra i cereali minori figurano il sorgo, l'orzo, l'avena, il miglio. Al mercato interno sono destinate le patate e varie colture orticole; nella fascia costiera del Kawazulu-Natal si colloca la canna da zucchero, il cotone è diffuso negli altopiani, in un ambiente caratterizzato dalla regolare alternanza della stagione asciutta e di quella piovosa e che ben si presta anche alla coltivazione di varie oleaginose, come le arachidi e il girasole, la soia e il ricino, nonché talune piante tessili (agave sisalana, kenaf, phormium). Importantissima è infine la frutticoltura (agrumi, mele, pesche, pere, prugne e albicocche), in buona parte destinata all'esportazione e che, grazie alla varietà delle condizioni climatiche del Paese, consente la crescita di specie sia proprie delle aree temperate sia tipiche di quelle tropicali (ananas, banane, manghi e papaie). La vite prospera nella provincia del Capo occidentale e dà elevati quantitativi di vini molto pregiati. § Ben sfruttate sono anche le non cospicue risorse forestali (foreste e boschi coprivano il 7,3% del territorio nazionale nel 2006), coprendo ca. il 90% del fabbisogno interno. Le foreste si estendono soprattutto lungo i versanti marittimi delle catene del Capo e sui Drakensberg; tra le essenze più diffuse si annoverano piante da concia, come il wattle, e da lavoro, come gli eucalipti, usati nelle miniere per le travature. § Nel complesso per le sue caratteristiche climatiche il Sudafrica si presta, ancor più che alla pur fiorente agricoltura, all'allevamento del bestiame: i pascoli occupano ca. il 69% del territorio, e ospitano bestiame di notevole qualità. La distribuzione del bestiame è condizionata dall'estensione e dalla natura dei pascoli; così i bovini sono concentrati nelle aree più umide dell'Est e del Nord, cioè nelle province Kawazulu-Natal, Gauteng, Limpopo e Mpumalanga, e nella provincia del Capo occidentale e nello Stato libero; più importante è però l'allevamento degli ovini. Il Sudafrica è un grande produttore di lana; ma gli ovini forniscono pure le pregiate pelli karakul. Fra i caprini sono di particolare rilievo le capre d'angora; l'allevamento di suini, cavalli e volatili da cortile ha una rilevanza modesta. § La pesca, essendo un settore modernamente attrezzato e organizzato, riveste notevole importanza; i prodotti più abbondanti (sardine, acciughe, sgombri, merluzzi) sono tratti dalle fredde acque atlantiche. Principali porti pescherecci, dotati di adeguate industrie conserviere, sono Port Nolloth, Lambert's Bay, Saldanha, Città del Capo e Hour Bay.
Economia: industria e risorse minerarie
Le attività industriali più sviluppate sono quelle legate all'attività estrattiva: dalle industrie che producono acido solforico a quelle che producono benzina sintetica, superfosfati, materie plastiche (Modderfontein, Coalbrook, Sasolburg, Kilipfontein e Città del Capo). Fiorente è l'industria siderurgica, che ha stabilimenti a Middelburg, Pretoria, Vereeniging, Newcastle, Witbank, Johannesburg. A fianco di essa operano complessi metallurgici diversi (del rame, dello stagno, dell'alluminio ecc.), che operano sia per le richieste interne sia per l'estero. Vasta è la gamma dei prodotti dell'industria meccanica, dalle macchine agricole alle attrezzature per l'attività mineraria, situate a Johannesbrug, Durban, Port Elisabeth e Città del capo. Nel settore automobilistico, in crescita, sono presenti anche alcune imprese straniere. Il comparto tessile si segnala per cotonifici e lanifici e per la collegata industria dell'abbigliamento, la cui sede principale è a Bloemfontein. Lavorano materie prime nazionali varie altre industrie, dall'alimentare (conservifici di carne, frutta e verdura, zuccherifici, birrifici, oleifici ecc.) alla calzaturiera e alla manifattura dei tabacchi. Il Sudafrica è infine un buon produttore di carta: quest'ultima industria, assorbe un numero considerevole di addetti. § Il Sudafrica è per tradizione il “Paese dei diamanti e dell'oro”; senza contare che le sue risorse minerarie sono molto più varie e in taluni casi grandiose. Benché sia ormai estratto a notevole profondità e quindi a costi crescenti, l'oro è uno sbalorditivo primato sudafricano; l'area d'estrazione più famosa è il Witwatersrand,o più semplicemente Rand; a essa si sono aggiunti numerosi altri giacimenti, come quelli di Odendaalsrus, di Elsburg, di West Driefontein, di Western Deep Levels, di East Daggafontein, di Vaal Reef, di Freegold ecc. I minerali auriferi contengono anche notevoli quantità di uranio, che viene lavorato in diversi impianti; estremamente rilevante è anche l'estrazione di argento. Quanto ai diamanti, il Sudafrica ha una colossale produzione (oltre 15 milioni di carati nel 2006 tra gemme vere e proprie e diamanti industriali); tale attività fa capo alla potentissima compagnia De Beers, che controlla gran parte del commercio mondiale delle pietre. Per i diamanti vanno soprattutto ricordate le miniere di Kimberley, la miniera Premier presso Pretoria, dove fu rinvenuto nel 1905 il più grande diamante del mondo, il Cullinan, del peso di ca. 1000 carati, infine i giacimenti di Jagersfontein e di Koffiefontein. Diamanti alluvionali si estraggono dal letto del Vaal a W di Kimberley e presso Port Nolloth, alla foce del fiume Orange; con imbarcazioni appositamente attrezzate vengono estratti diamanti anche dal fondo del mare. All'oro e ai diamanti si deve aggiungere il platino. Importantissimi sono anche i giacimenti di carbone, di cui anzi il Sudafrica è il primo produttore africano (245 milioni di t nel 2006), tra i massimi a livello internazionale; la più estesa area carbonifera si trova fra le province dello Stato libero, Mpumalanga e Kwazulu-Natal. I primi ritrovamenti di una certa entità di petrolio, ubicati nei fondali sottomarini al largo delle coste del Capo, sono del 1982, ma il petrolio rinvenuto non è sufficiente perché ne risulti economica l'estrazione. Anche per i minerali metalliferi il Sudafrica è dotatissimo, specie per quelli di ferro, ma ancor più lo è per la cromite, il manganese e l'antimonio; cospicua è anche la produzione di vanadio e di nichel. Sempre tra i minerali metalliferi si annoverano, ma a grande distanza, rame, stagno, tungsteno. Tra i minerali non metalliferi prevalgono l'amianto (il Sudafrica ne detiene il primato continentale), i fosfati naturali, la mica e lo zolfo. Grandiose saline si trovano a Port Elizabeth. Il potenziamento industriale ha avuto come logica premessa un'attenta politica economica di sviluppo del settore energetico; l'energia prodotta è d'origine quasi interamente termica; un complesso idroelettrico è in funzione sul fiume Orange e nei pressi di Koeberg si trova una centrale nucleare. Il settore petrolchimico è presente con varie raffinerie ubicate in prevalenza nei centri portuali (Città del Capo, Durban) nonché a Sasolburg.
Economia: commercio, comunicazioni e turismo
Gli scambi sono vivaci, sia quelli interni (molte produzioni sono legate a ben precise aree) sia quelli internazionali; nei centri urbani in particolare il livello dei consumi è assai elevato. Ciò vale sopratutto per quanto riguarda la comunità bianca, perché gli africani sono in genere troppo poveri per poter partecipare a un'economia di tipo occidentale). Quanto agli scambi internazionali, malgrado il notevole sviluppo raggiunto dalle sue industrie, il Sudafrica è tuttora un Paese eminentemente importatore di prodotti industriali (macchinari di vario tipo e mezzi di trasporto, manufatti di base, petrolio ecc.) ed esportatore di materie prime (oro innanzi tutto, che fornisce in certi anni il 50% del valore complessivo delle esportazioni, quindi diamanti e altri minerali, prodotti zootecnici e agricoli). La crescita della domanda interna negli ultimi anni ha spinto all'importazione di beni e servizi: la bilancia commerciale, anche per questo motivo, è in deficit (2006). Il Paese fa parte di un'unione doganale (SACU) con i vicini Botswana, Lesotho, Namibia e Swaziland ed è membro della SADC (Southern Africa Development Community). I principali partner commerciali del Sudafrica sono Giappone, Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Cina, intrattiene inoltre rapporti con alcuni Paesi dell'America meridionale. § Anche per quanto riguarda le vie di comunicazione il Sudafrica si colloca a un livello nettamente superiore a quello degli altri Stati del continente. La rete stradale è più che soddisfacente; si sviluppa per ca. 276.000 km (2002), dei quali ca. 58.000 asfaltati, collegando tutte le principali città del Paese; grandi nodi di comunicazione sono i centri portuali e, nell'interno, Johannesburg e Pretoria. Anche la rete ferroviaria, che si sviluppa complessivamente per ca. 20.000 km (2004) e che si avvale di materiale costantemente rinnovato, è efficiente; la linea principale è quella che da Città del Capo porta ai centri del Nord-Est del Paese; da Johannesburg un ventaglio di linee tocca tutte le maggiori città delle province centrali. Là dove non esistono le comunicazioni ferroviarie, quindi principalmente nelle aree rurali, esiste un servizio di autocorriere di linea. Non esistono vie navigabili interne; per contro i collegamenti marittimi con l'estero sono garantiti da un ben organizzato sistema di porti: i principali sono Città del Capo, in posizione però eccentrica rispetto alle grandi aree produttive del Paese, Durban, sbocco della ricca regione mineraria e industriale, Saldanha Bay, eminentemente adibito all'esportazione dei minerali di ferro, Richards Bay, che, entrato in funzione nel 1976 e operante soprattutto per l'esportazione del carbone, è collegato mediante ferrovia con i giacimenti carboniferi di Witbank, East London e Port Elizabeth, entrambi sbocchi marittimi dei prodotti della provincia del Capo orientale. Efficientissimi sono i servizi aerei, tanto internazionali quanto interni; principali aeroporti sono quelli internazionali di Johannesburg, Città del Capo, Durban ed East London. § Importanti sono inoltre i proventi del turismo. Il Sudafrica dispone di notevoli attrazioni naturali: le coste, il paesaggio, i numerosi e importanti parchi nazionali, il ricco patrimonio faunistico e le attrezzature di buon livello hanno attratto nel 2006 oltre 7.850.000 turisti.
Preistoria
Nota soprattutto per il contributo di dati relativi al problema dell'origine dell'Uomo, recuperati a iniziare dal 1924 in numerose cavità e brecce del Transvaal, tra le quali le più importanti sono Swartkrans, Taung, Makapansgat, Kromdraai e Sterkfontein da cui provengono numerosissimi resti di diverse specie di Australopitecine, il Sudafrica presenta una documentazione relativa anche alle successive fasi del Paleolitico. Numerosi sono i siti riferibili a diverse fasi dell'Acheuleano (Amanzi, Rooidam, Montagu Cave, Fauresmith ecc.) e che offrono lunghe sequenze comprendenti anche le successive fasi (Middle Stone Age, industrie tipo Howieson's Port, Late Stone Age, industrie microlitiche tipo Wilton ecc.), alcune delle quali ben inquadrate in termini di cronologia assoluta. Tale è, per esempio, la sequenza della grotta Apollo 11 in Namibia, con industrie del Late Stone Age inquadrabili intorno a 40.000 anni, con testimonianze di arte rupestre in livelli datati a circa 28.000 anni da oggi, e con materiali riferibili alla facies microlitica del Wiltoniano, dal giacimento di Wilton (Provincia del Capo), dove sono state rinvenute anche manifestazioni di arte di epoca olocenica. Altrettanto notevole è la sequenza messa in luce a Border Cave, al confine con lo Swaziland, che inizia con industrie del Middle Stone Age datate tra circa 200.000 e 50.000 anni, seguite da industrie microlitiche con datazioni intorno a 35.000 anni. Resti di arcaici Homo sapiens sapiens sono stati rinvenuti in diverse località sudafricane, talvolta in associazione con industrie del Middle Stone Age come per esempio a Boskop (Transvaal) e a Klasies River Mouth (Provincia del Capo). A tempi neolitici sono attribuibili il Wiltoniano e lo Smithfildiano, che vedono associate ai reperti litici la prima ceramica e scorie di ferro. Un posto ragguardevole è quello occupato dall'arte preistorica australe (probabilmente riferibile al Wiltoniano) con numerose incisioni e pitture rupestri. Nel corso dell'Età del Ferro, a partire dalla fine del II millennio a. C. si sviluppano in diversi siti comunità stanziali di agricoltori e allevatori, fino ad arrivare, nel sec. VIII a. C., alla costruzione di grandi centri, come Mapungubwe e Bambandyanalo, dove sono documentati materiali di pregio, tra cui le perle di vetro, comuni anche al contemporaneo regno di Zimbwe, e la formazione di un'organizzazione di tipo “proto-statale”.
Storia: dal XV secolo alla guerra anglo-boera
Quasi nulla è dato conoscere sulla storia della parte più meridionale dell'Africa prima dell'avvento dei portoghesi, nel sec. XV. A quell'epoca il territorio era già abitato da boscimani (san) e da ottentotti (khoi-khoin). Nel 1487 il portoghese B. Diaz raggiunse il Capo di Buona Speranza (allora Capo delle Tempeste) e da allora la baia della Tavola divenne uno degli ancoraggi più frequentati sulla via delle Indie, ma per lungo tempo nessuno Stato ne reclamò il possesso. Solo nel 1631 la Compagnia Olandese delle Indie Orientali vi fondò una stazione postale e vent'anni dopo (1652) J. Van Riebeeck vi organizzò per conto della Compagnia un emporio cui affluirono gruppi di agricoltori olandesi (boeri=contadini) e in seguito di ugonotti francesi, formando così la prima consistente colonia europea in Africa nei tempi moderni. La completarono estese fattorie e grandi allevamenti, ma la penetrazione all'interno fu lenta e solo un secolo dopo fu raggiunto il fiume Orange. Fin dai primi tempi i metodi fiscalisti e autoritari della Compagnia avevano suscitato reazioni anche violente dei boeri, gelosissimi della loro indipendenza, e fu col pretesto di reprimere una rivolta boera che gli inglesi (sotto la cui protezione si era messa la Compagnia durante l'invasione francese dell'Olanda) nel 1795 occuparono la Terra del Capo e vi instaurarono un regime coloniale, poi riconosciuto nel Congresso di Vienna del 1815, anche in quanto l'Olanda aveva intanto ceduto la colonia all'Inghilterra (con altri territori) per sei milioni di sterline. Non tardarono però a sorgere gravi attriti tra inglesi e boeri, soprattutto perché il liberalismo inglese verso gli africani contrastava col sistema economico e razzista dei boeri. L'abolizione della schiavitù, decretata dall'Inghilterra nel 1833, esasperò la situazione. Dopo vani tentativi di ribellione, i boeri decisero nel 1837 di emigrare in massa verso Nord per cercarsi una nuova patria. Nel corso di questo grande esodo (il “Grande Trek”) diecimila boeri si aprirono la strada combattendo contro i matabele e si stabilirono tra i fiumi Orange e Vaal, dove fondarono una repubblica con capitale Winburg. Un altro loro gruppo fondò sulla costa orientale una seconda repubblica (1840) chiamata Natal. I due Stati, uniti in confederazione sotto la presidenza di A. Pretorius, non furono riconosciuti dagli inglesi, che ritenevano i boeri loro sudditi. Truppe inglesi invasero il Natal (1842) e ne seguì un secondo esodo dei boeri oltre il fiume Vaal e la fondazione di vari altri insediamenti uniti con vincoli molto elastici alla Repubblica di Winburg. In cambio dell'alleanza contro i cafri (popolazioni bantu della regione), che si opponevano fieramente all'espansione dei bianchi, gli inglesi riconobbero la federazione del Transvaal (Convenzione di Sand River, 1852) e due anni dopo l'autonomia dei territori a S del Vaal, col nome di “Stato Libero dell'Orange” (Convenzione di Bloemfontein). Permanevano tuttavia i vecchi contrasti fra boeri e inglesi, acuiti anche da una corrente nazionalista e razzista intransigente, detta dei Dopper. Nel 1856 le repubbliche boere si unirono in uno Stato federale, il Sudafrica, con unica Costituzione, e tale atto venne considerato dagli inglesi come una violazione delle precedenti Convenzioni. Nel 1867 nella regione vennero scoperti enormi giacimenti di diamanti e di oro e si aprirono nuove prospettive economiche e politiche: la pressione degli inglesi ricominciò a farsi sentire sui boeri e sugli africani. L'Orange dovette cedere parte dei suoi territori, mentre i boeri si videro costretti a sgombrare le terre dei Basotho (Sotho) che avevano appena conquistato (1867). I sotho e gli swazi dovettero accettare il protettorato inglese. Seguì nel 1871 l'annessione del Griqualand. L'anno seguente la Colonia del Capo ottenne l'autonomia dal governo inglese. Cecil Rhodes bloccò i tentativi portoghesi di ricongiungere l'Angola al Mozambico e assicurò ai capitalisti inglesi il monopolio minerario sulle immense regioni che da lui vennero chiamate le Rhodesie (del Nord e del Sud). Nel 1877 fu proclamata l'annessione del Transvaal, col pretesto di difendere la regione dagli attacchi degli zulu. I boeri si ribellarono, guidati da S. J. P. Kruger e sconfissero gli inglesi, che dovettero riconoscere nuovamente l'indipendenza del Sudafrica, con qualche riserva formale (Convenzione di Pretoria, 1881). Intanto, tra il 1890 e il 1895 C. Rhodes assicurava all'Inghilterra il possesso delle Rhodesie. La scoperta di ricchissimi giacimenti di oro nel Witwatersrand riaccese la bramosia degli inglesi, che tentarono di organizzare (1895) nel Transvaal un colpo di stato in sincronia con un'invasione (Jameson Raid), entrambi stroncati dalle truppe boere. L'incidente fu appianato, ma consci ormai del ricorrente pericolo, i boeri del Nord e del Sud si unirono in alleanza militare (1897), mentre le due Rhodesie rimanevano in disparte, fedeli all'Inghilterra. Dopo quattro anni di ulteriori tensioni si venne a una seconda e più drammatica guerra anglo-boera (1899-1902). Nonostante i primi successi, i boeri guidati da Kruger dovettero cedere in campo aperto alla schiacciante superiorità numerica e tecnica degli inglesi, ma continuarono per altri due anni con brillanti azioni di guerriglia, portate fin nella stessa Colonia del Capo, sotto la guida di J. C. Smuts, C. De Wet e P. Botha.
Storia: dal trattato di Vereeniging ai giorni nostri
La pace fu conclusa col Trattato di Vereeniging (31 maggio 1902). Le due repubbliche boere divennero colonie britanniche, ma con la promessa di una prossima autonomia. Il 31 maggio 1910 le quattro colonie del Capo, del Natal, dell'Orange e del Transvaal vennero riunite per formare una grande federazione, detta Unione del Sudafrica, con carattere di dominion, e con tre capitali: una per l'attività legislativa (Città del Capo), una per l'esecutivo (Pretoria) e una per la Corte Suprema (Bloemfontein). Primo ministro fu il generale Botha, fautore con Smuts della riconciliazione anglo-boera e fondatore dell'African National Party, in seguito South African Party. Il Sudafrica partecipò alla prima guerra mondiale, occupando le colonie tedesche dell'Africa orientale e dell'Africa sudoccidentale, che nel 1919 fu dalla Società delle Nazioni assegnata in mandato all'Unione. Le elezioni del 1924 portarono al governo il Partito nazionalista guidato da J. Hertzog il quale però, di fronte alle difficoltà economiche create dalla crisi del 1929, si coalizzò con Smuts; questo provocava la scissione dell'ala più intransigente del Partito nazionalista, che si ergeva in movimento autonomo (Partito nazionalista unificato) guidato dal reverendo D. Malan. Nel 1931, con lo Statuto di Westminster, l'Unione fu riconosciuta Stato indipendente e membro del Commonwealth. Intanto andavano prendendo piede (anche per la presenza di una forte colonia tedesca) le ideologie naziste per cui Hertzog, nel 1939, tentò di far dichiarare la neutralità del Paese di fronte al conflitto mondiale. La proposta fu respinta e Smuts formò il nuovo governo (1939-48). Il Sudafrica si allineò alle potenze occidentali e il suo esercito si batté brillantemente soprattutto in Africa (Etiopia, Libia) e in Italia. Ma l'opposizione cresceva: essa propugnava la netta separazione razziale (apartheid) e l'esclusione dei non bianchi dai diritti politici, anche se i bianchi erano in assoluta minoranza (1/4 ca.) rispetto ai bantu, ai meticci, ai coloureds e agli asiatici, soprattutto indiani. In questa dottrina rientrava anche la creazione di Stati autonomi per i bantu (Bantustans). Nel 1948, in seguito alla vittoria elettorale del Fronte nazionale, la guida del governo passò a Malan, che diede rapida attuazione ai suoi principi e metodi, e un anno dopo, allorché l'ONU subentrò alla Società delle Nazioni, decise l'annessione dell'Africa sudoccidentale. Nel 1954 si ritirò anche Malan e la sua politica fu continuata da J. Strijdom (1954-58) e alla sua morte da H. F. Verwoerd (1958-66). Esponente del partito degli afrikaners, cioè dei discendenti dei boeri, che si ritenevano ormai un popolo a parte, non meno africano dei bantu, Verwoerd precisò ulteriormente la dottrina dell'apartheid e rafforzò la relativa legislazione e, di fronte all'opposizione del governo inglese a tali sistemi, decise l'uscita dell'Unione dal Commonwealth (1961). Il 31 marzo dello stesso anno, l'Unione si proclamava indipendente (850.000 voti favorevoli contro 775.000 contrari) costituendosi in Sudafrica, con una Costituzione che escludeva i non europei dai diritti politici. Da tempo tuttavia avevano cominciato a formarsi tra i bantu movimenti per il conseguimento dei pieni diritti civili e politici; fra questi si era affermato l'African National Congress (ANC; Congresso Nazionale Africano), fondato sul modello indiano nel 1913 e presieduto dal premio Nobel reverendo A. J. Luthuli. Ma dall'ANC si staccava, nel 1959, l'ala più progressista, sotto la guida di R. Sobukwe. Seguiva un periodo di tensione e di torbidi culminato con il “massacro di Sharpeville” (21 marzo 1960), in seguito al quale le associazioni bantu furono messe al bando. Nel 1966 Verwoerd fu ucciso in Parlamento da uno squilibrato e gli succedette J. Vorster, il quale assunse una linea politica più duttile, ma sempre rigidamente ispirata ai criteri dell'apartheid: proseguì pertanto nel programma di graduale avviamento dei Bantustans all'indipendenza e cercò una possibilità di convivenza con i vicini Stati africani, almeno in termini di rapporti commerciali. Il carattere strumentale di queste “aperture” non poté certo arginare la crescente opposizione interna dei gruppi di colore, cui il governo reagì con pesanti misure repressive. All'interno dell'ANC si sviluppava un movimento di guerriglia, che ben presto dilagava anche nell'abusivo possedimento sudafricano dell'Africa del Sud-Ovest (Namibia). Nel settembre 1978 Vorster rassegnò le dimissioni e fu sostituito dall'ex ministro della Difesa P. W. Botha. Il nuovo capo del governo, in carica fino al 1989, cercò di dare un'impronta più efficientistica alla sostanziale continuità della sua politica. Mentre ogni tentativo di rivolta intestina fu duramente soffocato, le forze armate contrastarono con estrema decisione le azioni dei guerriglieri, senza escludere frequenti e sanguinose puntate contro le supposte basi di appoggio nei Paesi confinanti. Alle iniziative militari si aggiunse il ricatto economico che, grazie alla sua posizione di egemonia, il governo di Pretoria poteva esercitare sulle altre nazioni dell'Africa australe. All'analogo intento di contenere il progressivo isolamento del regime bianco rispose la riforma costituzionale (approvata con referendum nel novembre 1983), che conferiva una rappresentanza parlamentare alle minoranze dei coloureds e degli asiatici, pur confermando per la popolazione nera la formula discriminatoria dei Bantustans. Il Sudafrica cambiò inoltre sistema di governo da parlamentare a presidenziale. Nel 1984 Botha, eletto presidente della Repubblica, concentrò nelle sue mani le cariche di capo dello Stato e del governo. Nel 1985 la situazione peggiorò nuovamente e ripresero con grave intensità le sommosse nelle townships africane che circondano le opulente città bianche. In conseguenza della violenta repressione del 1984-85 numerosi Stati applicarono sanzioni economiche al Sudafrica e Botha, avendo ormai contro tutto il Partito nazionalista, nel 1989 rassegnò le dimissioni. Un periodo di svolta si apriva nella politica interna sudafricana con la presidenza di F. W. De Klerk, già leader del Partito nazionalista: sotto la spinta della comunità internazionale e in concomitanza di un processo di pacificazione regionale che avrebbe portato all'indipendenza della Namibia (marzo 1990), egli infatti attuò un progressivo smantellamento del sistema dell'apartheid, dapprima soprattutto sul piano sociale, fino alla legalizzazione dell'ANC e alla liberazione del suo capo carismatico Nelson Mandela (in carcere dal 1964). Nonostante il manifestarsi di forti resistenze estremistiche, De Klerk proseguì nei suoi intenti abrogando le norme sulla segregazione razziale (1991) e attivando il processo di revisione costituzionale. Le complesse trattative, ostacolate anche da violenti scontri all'interno della comunità nera tra gli zulu organizzati nell'Inkhata e i militanti dell'ANC, portò all'approvazione di una Costituzione provvisoria, approvata da De Klerk, Mandela e altre forze politiche e successivamente anche dal Parlamento. Si aprì così la strada alle prime elezioni multirazziali nella storia del Paese (27 aprile 1994). Queste, nonostante i segnali negativi con la ripresa degli scontri tra ANC e zulu e nuove manifestazioni intimidatorie della destra bianca, si svolsero regolarmente assegnando la vittoria a Nelson Mandela che divenne capo dello Stato (9 maggio), mentre De Klerk assumeva la vicepresidenza. Nei primi mesi del 1995 si registrarono forti contrasti nella coalizione governativa, tra l'ANC e il Partito nazionalista, sulla proposta di istituire una commissione d'inchiesta sui crimini commessi dalla polizia nel periodo dell'apartheid e si inasprì la situazione nel Natal con duri scontri tra militanti dell'ANC e sostenitori del partito zulu Inkhata. Nel novembre 1995 le prime elezioni amministrative libere vennero nettamente vinte dall'ANC, nonostante le polemiche provocate dalle accuse di corruzione mosse alla moglie di Mandela, Winnie, costretta a dimettersi dalla carica di ministro della Cultura (ma rientrata quasi subito in politica, in virtù dell'elezione a presidente della Lega delle Donne dell'ANC). Nel maggio 1996 il Parlamento approvò con voto plebiscitario la nuova Costituzione, dando un assetto politico definitivo al Sudafrica del dopo-apartheid. Tale Costituzione, modificata in ottobre nella parte relativa ai poteri delle province, come disposto dalla Corte Costituzionale su ricorso del Partito nazionale (NP) e dell'Inkatha, entrò in vigore nel 1997. Nelle elezioni del 1998 Mandela, allo scadere del suo mandato, lasciò la vita politica e gli succedette il vicepresidente Thabo Mbeki (qualche mese prima anche l'ex presidente De Klerk si era ritirato dalla vita politica, abbandonando la guida del Partito nazionale). Jacob Zuma divenne vicepresidente (carica lasciata nel 2005). Alla fine del 1998 la Truth and Reconciliation Commission (Commissione per la verità e la riconciliazione), istituita nel 1996 nonostante i forti contrasti e presieduta da Desmond Tutu, alla conclusione dei lavori presentò un rapporto di netta condanna nei confronti non solo dell'ex presidente Botha, ma anche di Winnie Mandela, dello stesso ANC e della Chiesa. Nel luglio 2002 nasceva ufficialmente a Durban (dalla OUA) la nuova Unione Africana (UA) alla presenza di 52 capi di stato del continente. Le elezioni legislative dell'aprile 2004 facevano registrare la notevole affermazione dell'ANC, che si confermava il primo partito: Mbeki venne riconfermato alla presidenza. Restavano gravi i problemi legati alla diffusa povertà, che alimenta il degrado ambientale, la delinquenza e le malattie, in particolare la diffusione dell'AIDS: si stima che il Sudafrica abbia la percentuale di contagiati dal virus più alta del mondo. Nel 2003 il governo presentava un piano sanitario che prevedeva di mettere a disposizione della sanità pubblica i farmaci antiretrovirali, consentendo così ai malati di AIDS di essere curati gratuitamente. Nel settembre del 2008, in seguito alla sfiducia data nei suoi confronti dall'ANC, il presidente Mbeki annunciava le sue dimissioni e il parlamento eleggeva come successore provvisorio Kgalema Motlanthe. J. Zuma, leader dell'ANC dal 2007, si candidava alla presidenza e nel maggio del 2008, in seguito alle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea Nazionale, assumeva questa carica. Nel 2011 a Durban si svolgeva la 17° Conferenza delle Nazioni Unite dedicata al clima. Nel dicembre del 2013 moriva, dopo una lunga malattia, Nelson Mandela. Nel 2014 J. Zuma veniva riconfermato, nonostante la crescita del malcontento sociale.
Cultura: generalità
Nei primi anni del Duemila il Paese sta ancora cercando la propria strada; mentre le strade pulsano con la stessa determinazione e ottimismo che infiammarono la lotta per la lilberazione, la realtà appare dura e complessa. Le maggiori piaghe che tormentano il Paese sono la violenza, la disoccupazione e l'AIDS, e la popolazione ormai è divisa non più per il colore della pelle ma per classe sociale. I sudafricani amano molto lo sport; le discipline più popolari sono il calcio (il Sudafrica ospiterà i campionati del mondo nel 2010), il rugby e il cricket. Le manifestazioni organizzate nel Paese sono numerose e legate ai diversi gruppi etnici. In febbraio e in aprile, per esempio, si tiene il Kavadi Festival a Durban, importante festa indù in occasione della quale i devoti si infilzano la carne con degli spiedi in segno di devozione. Underberg ospita, in aprile, lo Splashy Fen Music Festival, con musica pop, rock e jazz. Nel mese di luglio, a Grahamstown, ha luogo il National Arts Festival, vetrina di tutte le manifestazioni artistiche sudafricane. In Sudafrica non si può parlare di una cucina tipica. Anche i coloni che vi sono giunti hanno portato sapori e ingredienti diversi: una farina di mais che è ingrediente base per gli africani, le salsicce speziate (boerewors) o la carne secca (biltong) degli afrikaners, il curry degli indiani. La birra è la bevanda nazionale, mentre molto noti e famosi stanno diventando i vini qui prodotti. Nel 2008 erano cinque i siti culturali designati patrimonio dell'umanità dall'UNESCO: le aree di Sterkfontein, Swartkrans e Kromdraai dove sono stati trovati resti fossili di ominidi (1999, 2005); Robben Island (1999), base militare e prigione tra il XVII e il XX secolo; l'uKhahlamba/Drakensberg Park (2000), sito misto sia naturale sia culturale, che ospita antiche pitture rupestri del popolo san; l'area di Mapungubwe (2003), caratterizzata dai resti dell'antico regno omonimo; il paesaggio e la regione del Richtersveld, dove trascorrono la loro vita pastorale e seminomade i gruppi nama.
Cultura: letteratura. Generalità
Il Sudafrica presenta un fenomeno di pluralismo linguistico e culturale che ha dato luogo a diverse letterature parallele. La politica è stata determinante nella scelta della lingua letteraria: la letteratura in afrikaans (risalente all'olandese e parlata dai boeri) deriva dal nazionalismo boero, quella in inglese è centrata sul problema razziale, mentre la politica dello sviluppo separato ha causato la morte di una promettente letteratura bantu.
Cultura: letteratura in afrikaans
La letteratura afrikaans iniziò nella prima metà del sec. XIX, dapprima con sporadici scritti di secondaria importanza, fra cui però si distinse la più antica opera teatrale: Il nuovo ordine dei cavalieri di Ch. E. Boniface. Dal 1875 si sviluppò, nella provincia del Capo, il movimento “Genootskap van Regte Afrikaners” (Associazione degli Afrikaners purosangue), che considerava l'afrikaans lingua nazionale e letteraria. A capo del movimento era il pastore S. J. du Toit (1847-1911), polemista, linguista e romanziere, che iniziò la traduzione della Bibbia. La guerra anglo-boera ispirò una poesia patriottica, che esaltava le sofferenze e l'eroismo della razza. Questi temi caratterizzarono la produzione di buon livello artistico del “Tweede Beweging” (secondo movimento per l'afrikaans), in cui si distinsero i poeti-pionieri C. L. Leipoldt (1880-1947), J. F. Celliers (1865-1940) e Totius (pseudonimo di D. J. du Toit, 1877-1953), cantori della lotta di liberazione dal giogo inglese. Frattanto, il poeta E. Marais (1871-1936) annunciava la generazione degli anni Venti, attenta ai nuovi problemi politici, economici e religiosi, che trovò nella poesia non-conformista di Toon van den Heever (1894-1956) la sua espressione più alta. La prosa, confinata in un realismo idealizzato, esprimeva l'elemento rurale, patriarcale, con gli scrittori C. M. van de Heever (1902-1957), D. F. Malherbe (1881-1969) che fu anche buon poeta, C. J. Langenhoven (1873-1932), J. van Bruggen (1881-1957), e i commediografi J. W. Grosskopf (1885-1948) e H. A. Fagan (1899-1963). Il movimento degli anni Trenta (“Beweging van Derting”) portò la poesia afrikaans alla sua maturità. Fu dominante la potente personalità di N. P. van Wyk Louw (1906-1970) con un'opera multiforme che raggiunse il suo apice con le poesie di Tristia e il dramma epico Raka (1941). Riallacciandosi a due precursori, lo stilista Sangiro (pseudonimo di A. A. Pienaar, 1894-1979) e il poeta A. G. Wisser (1876-1929), la generazione degli anni Trenta aggiunse, con U. Krige (1910-1987), Elisabeth Eybers (1915-2007) e I. D. du Plessis (1900-1981), una nuova prospettiva alla poesia afrikaans, superando regionalismo e nazionalismo in una visione universale. La forte coscienza sociale e l'acuto senso dell'attualità, tipici di Uys Krige, si riscontrano anche nella generazione degli anni Quaranta (S. J. Pretorius, 1917-1995, e soprattutto D. J. Opperman, 1914-1985). Negli anni Cinquanta apparvero nuovi scrittori con i quali l'interesse andò via via dilatandosi dal particolarismo a temi più universali. Si preparava così la strada agli autori degli anni Sessanta e Settanta, quali F. A. Venter (1916-1997). In queste più giovani generazioni la solidarietà con la tribù boera tende a dissolversi, per lasciare il campo al silenzio o alla critica più o meno esplicita. Fra gli scrittori più impegnati nell'opposizione all'ideologia dell'apartheid si segnalano il romanziere A. Brink (n. 1935) e il poeta B. Breytenbach (n. 1939), rimasto in carcere dal 1975 al 1982. Anche in teatro si affermano tendenze analoghe, con una problematica che (specie nelle opere di Krige) supera i limiti della pura documentazione storica. Dagli anni Settanta si assiste alla disolidarizzazione di molti scrittori dalla politica dell'apartheid. La letteratura critica una comunità soffocante perché chiusa in se stessa, caricandosi talvolta di disperata violenza. I poeti della giovane generazione, come W. Knobel, H. Rall, Fanie Oliver, preferiscono i ritmi sincopati, i simboli universali, e delineano, nei loro versi aggressivi e amari, la speranza di una liberazione dalla vergogna dell'apartheid. Fra gli autori teatrali segnaliamo P. D. Uys, J. Senekal, H. Grové. Fra i prosatori si distinguono D. Erlank, M. E. R. Kwartet, D. Jacobs, T. Du Toit e P. J. Schoeman. Negli anni Ottanta la letteratura appare sempre più contestataria, da Karel Schoeman a John Miles, o allegorica con Elsa Joubert. L'angoscia per una realtà che s'apre solo sulla lotta o sulla fuga traspare nelle novelle di A. Strachan e nelle opere in prosa e in versi di E. van Heerden. I romanzi simbolici di E. le Roux, quelli di A. Brink, Elsa Joubert e Chris Barnard si situano in una prospettiva militante e talvolta apocalittica.
Cultura: letteratura in inglese
La letteratura in inglese iniziò nel sec. XIX con Th. Pringle (1789-1834), poeta impegnato che si batté contro la schiavitù. Ebbe tuttavia una visione ancora “coloniale” del Sudafrica, condivisa da poeti come W. Scully (1855-1943) e A. S. Cripps (1869-1952). Di maggior valore sono i versi di F. Carey Slater (1876-1958), che, descrivendo i tratti più tipici della sua terra, fu all'origine di quella letteratura peculiarmente sudafricana che ha trovato un'espressione di rilievo nelle liriche delicate e nella vigorosa satira di R. Campbell (1901-1957), nei versi di R. N. Currey (1907-2001), F. T. Prince (1912-2003), A. Delius (1916-1989), Ch. Eglington (1918-1972), Guy Butler (1918-2001) e, fra i più moderni, Adèle Naudé (1910-1981), Ruth Miller (1919-1969), David Wright (1920-1994), S. C. Clouts (1926-1982), Perseus Adams (n. 1933). Ai suoi inizi, la narrativa aveva trattato romanticamente la grande avventura nazionale: il Grande Trek, la dura vita dei pionieri, le lotte con gli indigeni. Ma già la descrizione realistica di una società patriarcale e contadina era apparsa nel celebre romanzo di O. Schreiner (1855-1920), The Story of an African Farm (1883; Storia di una fattoria africana), e nei romanzi e novelle di Ethelreda Lewis (1875-1946), Pauline Smith (1884-1959), H. C. Bosman (1905-1951). Nel primo dopoguerra, Sarah Geltrude Millin (1892-1968) introdusse nella letteratura il tema dei rapporti razziali, con il romanzo God’s Step-children (1924; I figli abbandonati da Dio), che, nel secondo dopoguerra, fu tema dominante del celebre romanzo Cry the Beloved Country (1948; Piangi terra amata) dello scrittore liberale A. Paton (1903-1992). Quest'opera è all'origine di una letteratura di protesta contro l'apartheid, più umanitaria che politica, che alterna la collera o la pietà a un'obiettiva rappresentazione realistica. Molti di questi scrittori furono costretti all'esilio, o non ebbero la possibilità di pubblicare in patria le loro opere. Fra i più notevoli J. Cope (1913-1991), oltre alla grande narratrice N. Gordimer (n. 1923), il cui romanzo The Conservationist ottenne, nel 1974, il premio Brooker degli editori britannici. Un'appassionata opposizione alla politica dell'apartheid, insieme a un'analisi dei difficili rapporti interrazziali, hanno rappresentato una costante nella produzione della Gordimer, che dopo aver ricevuto il premio Nobel per la letteratura nel 1991 ha pubblicato una raccolta di racconti (Jump, 1991; Il salto) e un nuovo romanzo (None to Accompany Me, 1994; Nessuno al mio fianco). Altra voce levatasi a favore della liberazione del popolo nero è quella di J. M. Coetzee (n. 1940), di origine afrikaans, che ha però scelto l'inglese per scrivere, oltre a saggi di critica letteraria, romanzi di ottimo livello, come Age of Iron (1990), nel quale la malattia del protagonista diventa metafora della condizione del Paese, o Master of Petersburg (1994), incentrato sulla dialettica del potere. Il racconto delle tragiche conseguenze subite da chi aveva scelto di opporsi attivamente al regime ha dato vita a una vera e propria letteratura femminile “dal carcere”, di cui è esemplificativa l'antologia di scritti di donne sudafricane A Snake with Ice Water: Prison Writings by South African Women (1992). Ma vi sono anche romanzieri favorevoli all'apartheid, come S. Cloete (1897-1976), altri che non prendono posizione, come D. Rooke (1914-2009), o che si fanno paladini dei boscimani, come L. van der Post (1906-1996). Questa letteratura, in cui la prosa prende il sopravvento sulla poesia, è in fondo senza radici, orientata verso Londra e New York. Il simbolo che ricorre più spesso è quello dell'esiliato, del viandante, che attraversa strani Paesi e strani popoli. Di fronte al mondo africano, primitivo, sconcertante, incomprensibile, si aprono due alternative: la riaffermazione dei valori della patria d'origine, o la riscoperta della natura come pura innocenza, sensualità primordiale, realtà anteriore all'uomo. La letteratura degli anni Settanta è fortemente condizionata dal contesto politico. Prevale però la poesia, che tratta sovente temi tradizionali (P. Horn, B. Levinson, Chris Mann), o critica parodisticamente il sistema (Chris Hope), ma esprime anche un senso di rivolta e di estraneità (W. Jensma, M. Nicol). In campo poetico si segnalano inoltre D. Livingstone, D. Wright, A. Perseus, Geraldine Aron, S. Bryer, J. Davids, R. Dederick, D. Farrel, P. Haring, P. Strauss, M. Swift, L. J. Marois, M. Damian, H. Wigget, R. Beeton. Fra i più significativi autori teatrali citiamo F. Dike. È una letteratura di protesta, che rivela un'angoscia profonda e un conflitto interiore determinato dalla situazione socio-politica. Un ruolo importante nella promozione di tale letteratura spetta a due notevoli riviste: Classic e Staffrider, a importanti case editrici e alle università. Anche in campo teatrale si nota la sfida allo statu quo e l'ansia di rinnovamento. In genere, gli autori si ispirano all'opera, unica per valore e risonanza, di A. Fugard. Fra i più noti si distinguono P. Dirk-Uys, P. Slabolepszy, B. Simon.
Cultura: letteratura autoctona (zulu, xhosa, bantu)
Prima del contatto col mondo occidentale esisteva una letteratura orale. Quella zulu, espressione di una comunità guerriera, esaltò l'eroismo in canti epici antichissimi, che raggiunsero l'apogeo nella prima metà dell'Ottocento, contemporaneamente alle gesta del condottiero Chaka. Questi canti encomiastici, o izibongo, di cui il grande poeta Magolwane fu il creatore, divennero, dopo la fine della potenza zulu, canti di nostalgia per le glorie passate e perdurano ancora oggi. Il poeta Mazisi Kunene (1930-2006) ne ha fatto una raccolta e traduzione inglese (Zulu Poems, 1970). Nella prima metà del sec. XX le tre principali lingue parlate nel Sudafrica ebbero una grande fioritura letteraria, che raggiunse l'apice negli anni Trenta, e decadde quindi in seguito alla legge sull'educazione bantu (1955), che soppresse le scuole missionarie. Furono infatti i missionari a trascrivere in lettere latine tali lingue e a formare delle élites colte che fecero capo a tre centri spirituali, corrispondenti a missioni dotate di case editrici. La letteratura xhosa si sviluppò presso la missione scozzese di Lovedale e fu illustrata, fra l'altro, dai romanzieri G. B. Sinxo (1902-1962) e A. C. Jordan (n. 1906), dal poeta, romanziere e drammaturgo J. J. R. Jolobe (1902-1976) e dal poeta e romanziere S. E. K. Mqhayi (1875-1945). La letteratura zulu fiorì presso la missione cattolica di Mariannhill e contò fra i suoi maggiori esponenti i poeti B. W. Vilakazi (1906-1947) e H. J. E. Dhlomo (1905-1956) e il romanziere C. L. S. Nyembezi (1919-2001). Questi scrittori operarono una sintesi fra i valori e gli stili della propria civiltà e quelli della cultura europea. Se la prima generazione accettò in blocco la superiorità occidentale, già alcuni scrittori espressero, in inglese, la protesta per un'emancipazione troppo a lungo attesa e invano, come S. T. Plaatje (1877-1932), autore del romanzo Mhudi (1930), D. D. T. Javabu, H. J. E. Dhlomo, la novellista B. M. Malefo, W. Msomi e R. Mazisi Kunene. La rivolta sfociò quindi nella lotta politica, orientata verso la non-violenza in A. Luthuli (1898-1967), premio Nobel per la pace 1961, per il volume Let My People Go (1953; Libertà per il mio popolo), o verso un'amara testimonianza, spesso autobiografica, come nel notissimo romanziere P. Abrahams e in Alex La Guma (1925-1985), Richard Rive (1931-1989), W. B. Modisane (1923-1986), Alfred Hutchinson (1924-1972), E. Mphahlele e L. Nkosi (n. 1936), autori che, in genere, hanno dovuto scegliere l'esilio. Se, sino alla fine dell'apartheid, la letteratura in lingue bantu è costretta dalla legislazione razzista a vegetare in uno scialbo conformismo, la letteratura nero-africana in inglese si rivela invece viva e valida e rispecchia uno stato d'animo d'angoscia e di tensione violenta che l'apparenta a quella dei afroamericani. Questa esigenza trova espressione soprattutto in poesia, preferita in quanto strumento più universale e più adeguato a eludere i rigori della censura: rifacendosi a precursori come D. Brutus (n. 1924), A. Nortje (1943-1970), J. Matthews (n. 1929) e O. Mtshali (n. 1936), i più giovani eredi rimasti in patria affidano ai loro versi un disperato messaggio di rabbia e di rivolta. Il teatro è diventato, a partire dal 1976, un aspetto della resistenza culturale e un contributo alla lotta politica. Si propone di testimoniare, accusare, mobilitare e si indirizza a un proletariato nero, urbano, sradicato dall'antica civiltà tribale. I suoi migliori rappresentanti sono C. V. Mutwa, Nthuli Shezi, G. Kente, H. Dube e B. L. Leshoai. Uno dei rappresentanti della letteratura contemporanea sudafricana più interessanti è Z. Mada (n. 1948), il cui testo Ways of Dying (1995) segna il suo passaggio da poeta a romanziere; la sua opera recente The Whale Caller (2005) ci offre uno sguardo scettico sul dilagante ottimismo del nuovo Sudafrica.
Cultura: letteratura in indiano
La letteratura della comunità indiana esprime, attraverso le liriche di F. Asvat, P. Essop, P. S. Joshi, A. N. Suveh Singh e il teatro di R. Govender, la difficoltà di vivere in un Paese multirazziale.
Cultura: arte
Della produzione indigena contemporanea è da segnalare la decorazione murale con ocre a opera degli nguni e dei gruppi sotho, che usano ricoprire le pareti di capanne e cortili con disegni svariatissimi. I sotho, come i vicini venda, sono noti anche per la loro bella ceramica, decorata con motivi incisi e dipinti. La colonizzazione olandese ha dato un'impronta specifica all'urbanistica e all'architettura delle città, sorte nei sec. XVII e XVIII come luoghi di rifornimento per le navi della Compagnia olandese dell'India Orientale. I primi nuclei urbani si svilupparono intorno ai forti e ai presidi militari olandesi dal sec. XVII al XIX (Città del Capo), inglesi nel sec. XIX (Port Elizabeth, Johannesburg, Pretoria). Il primo forte fu quello del Capo di Buona Speranza, costruito nel 1652 dall'olandeseJ. van Riebeeck; a pianta stellare, l'edificio, benché rimaneggiato, mantiene il suo aspetto di fortezza rinascimentale. Intorno a esso sorse un primo nucleo urbano, De Kaap (poi Città del Capo), che conserva ancora la sua struttura primitiva, a carattere spiccatamente olandese, e alcuni edifici settecenteschi, come il Municipio; caratteristiche le case con tetti a ripidi spioventi e semplici facciate sormontate da frontoni decorati da rilievi, frequenti anche in altri centri vicini. Con la colonizzazione inglese (dal 1806) e l'ulteriore sviluppo dell'espansione olandese, si fondarono nuove città e si ingrandirono i centri più antichi, dotandoli di architetture di tipo europeo. Il neoclassico, il neogotico, il neorinascimentale e il georgiano furono gli stili più diffusi. A Pretoria, fondata nel Transvaal nel 1855, sorsero in stile rinascimentale il palazzo del Consiglio provinciale e la Cattedrale anglicana; in stile neoclassico l'Union Building, ora Palazzo del Governo (1910-13), opera di H. Baker. Architetti come Naude, Helmut, Eaton e altri hanno contribuito a dare alla città la sua odierna fisionomia, con ampie zone verdi, centri residenziali e un centro a carattere amministrativo, che raggruppa gli edifici pubblici e gli edifici universitari. A Johannesburg sono neoclassici il Municipio, la Free Mason's Lodge e la vecchia università. Criteri costruttivi nuovi contraddistinguono gli edifici della stazione, della biblioteca, della Johannesburg Art Gallery, della South African Airways Company e dei nuovi padiglioni dell'università fondata nel 1922. Tra il 1925 e il 1940 si è sviluppata l'architettura razionale ad opera di R. Martienssen, W. G. McIntosh, N. L. Hanson e altri. Dopo la seconda guerra mondiale c'è stata una netta influenza dell'architettura americana. Per la tipologia del terziario si è adottato il modello americano con particolare riferimento ai lavori dello studio Skidmore Owings ) Merrill. Questa apertura verso un modernismo più eclettico è stato poi ripreso da D. Cowin e H. Le Roith. Nel campo delle arti figurative, il Sudafrica è rimasto sostanzialmente estraneo alle più vivaci correnti europee e americane. Dopo pittori quali H. Naudé e P. Wenning, paesaggisti legati alla tradizione ottocentesca, notevole influsso ha esercitato l'espressionismo di I. Stern e M. Laubser. Fra gli artisti contemporanei, solo J. H. Pierneef e D. Portway si sono dimostrati sensibili alle correnti europee d'avanguardia, mentre molti altri preferiscono rifarsi alla tradizione locale o ai motivi delle culture indigene. Analoghe tendenze si riflettono nella scultura, rimasta a lungo di mediocre livello e il cui maggiore esponente contemporaneo, M. Kottler, si ispira all'arte africana.
Cultura: musica
Il panorama della musica nel Sudafrica appare estremamente articolato. Si possono individuare quattro filoni principali: la musica colta e di consumo di tipo euro-americano, che ha i suoi centri nelle principali città del Paese; la musica popolare dei gruppi inglesi; quella dei gruppi olandesi (boeri) e infine la musica nera tradizionale e recente. La musica di tradizione euro-americana dispone di buone scuole, ospitate, ai livelli superiori, nelle università di Città del Capo, Grahamstown, Port Elizabeth, Stellenbosch, Bloemfontein, Johannesburg, Potchefstroom, Pretoria. Ottimi complessi orchestrali agiscono a Città del Capo (che dispone anche di un teatro d'opera), Durban e Johannesburg. Nel complesso tuttavia, né sul piano esecutivo, né su quello compositivo il Paese ha prodotto personalità di spicco internazionale. Del repertorio popolare dei coloni bianchi, più che l'inglese che ha mostrato scarse qualità di adattamento e trasformazione in relazione alla nuova situazione, si segnala quello degli afrikaners, legato ai temi della colonizzazione e della guerra anglo-boera. La musica nera presenta caratteri simili a quelli dell'area sudorientale del continente africano: come caratteri distintivi emergono l'alta importanza sociale dedicata al tamburo, la tendenza a un uso elaborato della struttura polifonica (a discapito della ricerca di ritmi complessi), la messa in evidenza dei rapporti tra capo e coro in diverse varietà di stile responsoriale, la valorizzazione di schemi tonali nell'invenzione melodica, la larga pratica corale. Inoltre il Sudafrica è l'area geografica africana nella quale più attivi sono il processo di conservazione e di elaborazione creativa del folclore musicale autoctono e di ricerca di nuovi modi espressivi, che pur nell'elaborazione colta rispettino i dati musicali originali.
Cultura: spettacolo
I primi esempi di teatro professionale risalgono alla fine del sec. XVIII, ma fu soltanto un secolo dopo, in coincidenza con la scoperta dei giacimenti di diamanti e delle miniere d'oro, che si costruirono teatri permanenti. Vi recitavano compagnie straniere, soprattutto inglesi, e gruppi amatoriali locali, in inglese (con un repertorio di successi commerciali importati da Londra e da Broadway) e in afrikaans (con testi originali, in massima parte melodrammi strappalacrime). Nel 1947 fu istituita un'Organizzazione del Teatro nazionale: ne dipendono compagnie ormai professionali, che recitano nelle due lingue ufficiali, un teatro d'opera e alcune formazioni ballettistiche. Sono state costruite o adattate numerose sale, molte delle quali di ridotte dimensioni e con intenti sperimentali. Non si sa molto delle attività teatrali della popolazione nera se non per quanto concerne alcuni prodotti di carattere eminentemente folclorico che il governo incoraggia e anche esporta. Invece il teatro di protesta è stato, sino agli inizi degli anni Novanta, pesantemente condizionato dalla censura e da una normativa di rigida discriminazione etnica. Oltre alle compagnie clandestine di colore, si sono sottratti in parte a questi vincoli alcuni gruppi privati operanti nell'ambito di circoli culturali: l'attività più notevole è quella promossa da Athol Fugard (n. 1932), massimo drammaturgo nazionale assai noto anche all'estero. Un musical come King Kong (1969), per esempio, o un adattamento del Macbeth col titolo Umbatha (1971) si sono visti anche in Europa. Nel paese continua a essere molto popolare l'Eoan Opera Group, una compagnia tutta di neri che rappresenta anche opere liriche e organizza spettacoli di diverso genere. Nato nel 1976, il Market Theatre di Johannesburg ha ospitato negli anni numerose commedie anti-apartheid, così come molte prime di spettacoli di successo di Athol Fugard. La sua storia si interseca strettamente con la lotta culturale, sociale e politica per la libertà nel Paese.
Cultura: cinema
Il cinema nacque a Johannesburg negli anni Dieci del Novecento col cinegiornale settimanale The African Mirror, e con la società African Film Productions di I. W. Schlesinger che monopolizzò a lungo la produzione di film bianchi per bianchi, di consumo esclusivamente interno: per lo più epopee storiche evocanti vittorie militari di boeri o di inglesi sugli zulu o altri popoli indigeni, integrate successivamente da commedie o film d'avventura. La mancata concorrenza della televisione e lo stimolo affaristico suggerirono anche una produzione per neri, quasi completamente abortita per il controllo della censura governativa. Fin dal 1952 era stato girato, dal britannico Z. Korda, il primo film con attori di colore, Cry the Beloved Country; e nel 1959, clandestinamente, Come Back Africa di L. Rogosin, testimonianza drammatica sull'apartheid e capofila dei film d'opposizione, cui vanno aggiunti il cortometraggio Bantù risvégliati! (1964) del cineasta sudafricano nero L. N'Gakane (autore nel 1966 di Jemina and Johnny, ambientato a Londra su tema antirazzista) e negli anni Settanta i mediometraggi La fine del dialogo e L’ultima tomba a Dimbaza (1976) di N. Mahomo, montati in esilio. Allo stesso decennio appartengono How Long (1976) dal musical di G. Kente (imprigionato durante le riprese), il primo film interamente prodotto e realizzato da neri; Siener in die suburbs (1972) di F. Swart su un veggente di Johannesburg; e ancora i due, scritti e interpretati da A. Fugard e diretti da Ross Devenish, Boesman e Lena (1972), vicenda d'amore e vigorosa denuncia dell'apartheid, e L’ospite, premiato al Festival di Locarno 1977. Per tutti gli anni Ottanta l'apartheid ha continuato a segnare la cinematografia sudafricana. Notevoli le opere di denuncia di N'Gakane (Nelson Mandela, 1985) e Oliver Schmitz (Mapantsula, 1987). Finalmente, con la fine dell'apartheid, il cinema sudafricano ha potuto esprimere soggetti e autori interessanti: nel 2005 il film Il suo nome è Tsotsi del regista sudafricano Gavin Hood ha vinto l'Oscar come migliore film straniero. Nel 2006, con Goodbye Bafana (Il colore della libertà), coproduzione tra Sudafrica, Belgio e Italia, il regista B. August racconta la storia della prigionia di Nelson Mandela attraverso le memorie del suo carceriere bianco.
Bibliografia
Per la geografia
L. C. King, South African Scenery. A Text Book of Geomorphology, Londra, 1951; O. Hintrager, Geschichte von Südafrika, Monaco, 1952; A. Du Toit, Geology of South Africa, Pretoria, 1953; J. H. Wellington, Southern Africa: A Geographical Study, Londra, 1955; W. Schmidt, Südafrika, Bonn, 1963; R. Krahmann, Die wirtschaftliche Entwicklung in der Republik von Südafrika, 1964, Pretoria, 1965; N. Herd, Industrial South Africa, Johannesburg, 1967; H. Houghton, The SouthAfrican Economy, New York, 1967; J. A. Lesourd, La République d’Afrique du Sud, Parigi, 1968; R. E. Bissel, C. A. Crocker, South Africa in the 1980s, Boulder, 1979; M. J. Murray, South African Capitalism and Black Political Opposition, Cambridge, 1982; S. R. Lewis, The Economics of Apartheid, New York, 1989; D. J. Venter, South Africa. Sanctions and Multinationals, Londra, 1989; K. Sparrow, Sud Africa, Novara, 1992.
Per la storia
E. Hellmann, Handbook on Race Religions in South Africa, Città del Capo, 1949; F. Gross, Rodhes of Africa, Londra, 1956; C. e M. Legum, South Africa, Crisis for the West, Londra, 1964; M. A. Rhoodie, Apartheid and Racial Partnership in Southern Africa, Pretoria, 1969; H. Adam, South Africa. Sociological Perspectives, Londra, 1971; M. Wilson, L. Thompson, The Oxford History of South Africa, Londra, 1972; F. Troup, South Africa, An Historical Introduction, Harmondsworth, 1975; E. Biagini, Sudafrica al bivio: sviluppo e conflitto, Milano, 1984; B. Lugan, Storia del Sud Africa. Dall’antichità a oggi, Milano, 1989; J. Rigault, E. Sandor, Le Démantèlement de l’apartheid, Parigi, 1992.
Per la letteratura
A. P. Grove, C. J. D. Harvey, Afrikaans Poems with English Translation, Londra, 1962; R. Rive, Quartet: New Voices from South Africa, New York, 1963; N. Gordimer, L. Abraham, South African Writing Today, Harmondsworth, 1967; H. I. Shore, M. Shore-Bos, Come Back Africa: Fourtheen Stories from South Africa, Berlino, 1968; J. Cope, U. Krige, Penguin Book of South African Verse, Harmondsworth, 1969; S. Gray, Southern African Literature, Città del Capo, 1979; L. White, T. Couzens, Literature and Society in South Africa, Città del Capo, 1984; M. Trump, Rendering Things Visible: Essays on South African Literary Culture, Johannesburg, 1990.
Per l’arte
W. M. Howie, Contemporary Architecture in South Africa, Johannesburg, 1956; D. Anderson, South African Art, Pretoria, s. d; E. Cossa, Arte africana, Firenze, 1989.