Milloss, Aurel M.
(Aurel Milloss de Milholy; anche, in testi tedeschi, o erroneamente tradotti dal tedesco Aurel von Milloss), ballerino, coreografo e direttore del ballo ungherese, con cittadinanza italiana dal 1960 (Ozora, oggi Uzdin, 1906-Roma 1988). Compì i primi studi di balletto a Budapest, con Nicola Guerra, poi a Belgrado, con Elena Poliakova, e a Bucarest con Anton Romanovskij. Dal 1927 al 1929 a Berlino seguì i corsi dell'Istituto di studi coreografici aperto da Laban nella capitale tedesca e, all'università, i corsi di storia e teoria della danza tenuti da O. Bie, F. Böhme, C. Sachs. Ulteriori, successivi studi a Parigi – dove seguì le classi di O. Preobrajenska e di V. Gsovskij e le lezioni di Bergson alla Sorbona – poi a Milano e Torino, con E. Cecchetti. Le sue prime esperienze come ballerino e coreografo hanno luogo in Germania. Dopo il debutto, a Berlino nel 1928, con un concerto di composizioni solistiche, crea il suo primo balletto, H.M.S. Royal Oak, per l'Opera di Bratislava, e allestisce una sua versione, in chiave antitirannica, del Gaukelei di Laban, cosa che lo rende inviso alle autorità naziste. È poi a Budapest, dove, tra le altre cose, crea in studio una nuova versione danzata del Mandarino meraviglioso di B. Bartók (1936), che l'autore visionò e alla quale diede la propria approvazione. Nel 1936 torna di nuovo in Italia, a Napoli, coreografo dell'Aeneas di A. Roussel, previsto al Teatro San Carlo nel gennaio 1937. Chiamato da Tullio Serafin alla direzione del ballo del Teatro dell'Opera di Roma (1938-44), poi da A. Toscanini al Teatro alla Scala di Milano (1945-50), Milloss si diede a una vasta opera di riorganizzazione e di rinnovamento del panorama coreografico italiano che non ha eguali nella storia della danza italiana, stabilendo legami fondamentali di collaborazione con l'ambiente artistico, musicale e intellettuale del nostro Paese, commissionando nuovi balletti ai maggiori musicisti italiani fra i quali A. Casella, G. Petrassi, L. Dallapiccola, R. Vlad, S. Bussotti, L. Berio, L. Nono, N. Rota, e arricchendo i propri lavori con scenografie commissionate a pittori quali E. Prampolini, G. Severini, G. De Chirico, M. Mafai, T. Scialoja, R. Guttuso, B. Caruso, C. Cagli, O. Tamburi, U. Mastroianni. Diede anche il proprio prezioso contributo all'impostazione delle sezioni danza e balletto dell'Enciclopedia dello Spettacolo diretta da Silvio D'Amico, redigendo personalmente alcune voci. Nel periodo di maggior influenza del suo prestigio nel nostro Paese la sua opera – improntata a un complesso sincretismo tecnico e intellettuale fra la tradizione accademica e le rinnovatrici teorie labaniane (sintesi, come egli diceva, di apollineo e dionisiaco), e ispirata a una visione di equilibrata centralità dell'arte coreutica rispetto alle altre arti, polo magnetico e catalizzatore di altre, potenzialmente innumerevoli, energie artistiche – influenzò e plasmò i cartelloni delle maggiori istituzioni teatrali italiane, da Roma a Milano, da Venezia (Biennale) a Firenze (Maggio Musicale), da Perugia (Sagra Musicale Umbra) a Palermo, a Siracusa. Milloss seppe valorizzare e lanciare anche innumerevoli talenti di interprete: da Attilia Radice – scaligera, ma prima interprete ideale, fra le due guerre, delle stagioni romane – fino ai contemporanei Elisabetta Terabust e Amedeo Amodio. Fra le opere più significative della sua vastissima produzione ricordiamo: Il mandarino meraviglioso (musica di Bartók, scenografia di Prampolini, 1942), Coro di morti (Petrassi-Mafai, 1942; nuova versione scenografica Mastroianni, 1979), La rosa del sogno (Casella-De Pisis, 1943), Follia d'Orlando (Petrassi-Casorati, 1947), Le portrait de Don Chisciotte (Petrassi-Keogh, 1947; nuova scenografia Afro, 1957), Marsia (Dallapiccola-Scialoja, 1948), Ballata senza musica (allestimento di Scialoja, 1950), Mystères (Bartók-Nepo, 1951), Deserti (Varese, 1965), Estri (Petrassi-Cagli, 1968), Dedalo (G. Turchi-F. Clerici, 1968), Visage (Berio-L. Ghiglia, 1973), La rivolta di Sisifo (tit. originale Sysiphe Revolté, 1977-78); da ricordare anche le sue versioni di celebri balletti del repertorio: da Petruška di Stravinskij (1933) a di Delibes (1939), da di Ravel (1944) a di Stravinskij (1951) a Chout di Prokofev (1951), agli stravinskiani Renard (1958) e Le chant du rossignol (1971). Vasta – seppur meno organicamente incisiva sulle vicende delle altre nazioni – fu anche la sua opera all'estero. Negli anni 1948-49 fu in Argentina e a Stoccolma (1949). Nel 1953-54 fu a San Paolo del Brasile, dove presentò ben sedici balletti, di cui nove assolute novità. Nel periodo 1959-63 a Colonia, come direttore del ballo dei Teatri Municipali, svolse opera di pionieristico rinnovamento, riuscendo a conquistare per la compagnia di balletto piena autonomia organizzativa, e rendendola un complesso indipendente sotto il nome di Ballett der Bühnen der Stadt Köln. Anche Vienna poté godere del suo talento di creatore e suscitatore di energie artistiche. Come direttore del ballo (1963-66, 1970-74), oltre alle proprie creazioni, mise in scena, come suo costume, numerosi lavori di prestigiose firme del Novecento, nonché fondamentali titoli del repertorio fra cui un con M. Fonteyn e R. Nureev rimasto celebre. Sempre attivo, fino agli ultimi anni della sua vita l'anziano maestro coltivava, oltre che la ripresa di alcuni lavori, la conversazione e la colta divulgazione lasciando così a un ristretto gruppo di discepoli ed estimatori una preziosa eredità intellettuale e teorica, oltre che artistica.