Verso nuovi equilibri
America Latina
In Argentina, nel 1946, fu nominato presidente il colonnello Juan Domingo Perón, fondatore del "giustizialismo" per la solidarietà tra le classi e la supremazia politica militare. Tale dottrina ebbe subito grande diffusione tra le classi popolari (avvantaggiate da provvidenze sociali). All'inizio l'industria argentina fece registrare un certo sviluppo (aiutata in ciò dalla favorevole congiuntura internazionale). Nel 1955, però, dopo una crisi protrattasi dall'inizio del decennio e nonostante l'abilità dimostrata da Evita Perón, moglie del presidente, nel conquistare i favori dell'opinione pubblica, il regime venne abbattuto da militari conservatori. Si aprì così un lungo periodo di instabilità istituzionale. Nel 1976 (dopo una breve parentesi di governo con Perón nuovamente protagonista, ma dal bilancio fallimentare) i militari hanno inaugurato una dittatura con la soppressione di migliaia di oppositori (desaparecidos). Intanto la crisi economica si approfondiva. Nel 1982 il Paese combattè un'inutile guerra con l'Inghilterra per il possesso delle isole Falkland perdendola nel giro di poche settimane. Nel 1983 le elezioni presidenziali furono vinte dal radicale Raul Alfonsin (1983-1989), cui è succeduto l'esponente peronista Carlos Menem.
In Brasile, dopo la fine del regime autoritario di Getulio Vargas (1954), si è avuto un decennio caratterizzato da un tentativo di governo riformista del tutto insoddisfacente. Nel 1964, con i militari al potere, si è favorito nel Paese l'intervento economico straniero. Si è avuta così una fase di intenso sviluppo industriale che, d'altro canto, ha subito mostrato gravi squilibri: per questo motivo, negli anni '80, si sono avute forti tensioni sociali. Il governo brasiliano ha consentito alle grandi multinazionali di sfruttare senza ritegno l'immensa riserva di risorse economiche rappresentata dalla foresta amazzonica, fondamentale per l'equilibrio ecologico del pianeta. Il suo costante disboscamento ha fatto squillare numerosi campanelli d'allarme nella società odierna. Il Cile, Paese dalla radicata democrazia, dopo un governo democristiano che fallì nel tentativo di nazionalizzare le ricche risorse economiche minerarie in mano agli stranieri (1964-1970), vide ascendere al potere il leader della sinistra Salvador Allende (1908-1973), che alle elezioni del '70 ottenne la maggioranza relativa e puntò con decisione al "socialismo nelle libertà". Fu avviato un corso di riforme che sembravano preludere all'instaurazione del marxismo. Favorito dagli USA, nel 1973, si ebbe allora un colpo di Stato militare di destra guidato da Augusto Pinochet (1915-2006), che ha lasciato la presidenza solo nel 1990. Nel '93 il potere è passato a una coalizione di centrosinistra. In Uruguay (guerriglia dei tupamaros), Salvador e Nicaragua si sono vissuti decenni di sanguinose lotte intestine; solo il Messico, pur travagliato da problemi gravissimi, sembra aver goduto di una maggiore stabilità politica.