La situazione mondiale tra le due Guerre

L'economia dei paesi industrializzati. La crisi del '29

Gli USA trainavano l'economia dei paesi più industrializzati influenzandone gli equilibri finanziari e monetari. Essi accantonarono in breve il “wilsonismo”, che auspicava una sorta di cooperazione economica mondiale, di fronte all'urgenza degli interessi dei grandi gruppi capitalistici. Nei paesi industrializzati presto si rinsaldò il connubio stato/capitale, mentre le rivalità e la concorrenza internazionale andavano riacutizzandosi. Gli USA, con ingenti prestiti, favorirono il processo di ricostruzione in Europa, mentre ormai la maggior parte della produzione industriale mondiale si concentrava sul loro territorio: conseguentemente, a ogni fase di espansione o ristagno della loro economia ne corrispondeva una analoga negli altri paesi industrializzati. Per le esigenze della ricostruzione, nel '20-'21 gli USA guidarono una forte ripresa. Nel '22, dopo una breve fase negativa, la politica repubblicana suscitò un clima di fiducia nei grossi trust statunitensi da cui partì l'impulso per una nuova fase di espansione. Lo sviluppo economico durò fino al '29, quando, generata dalla speculazione (alla borsa di New York molti titoli industriali furono quotati assai più del loro valore reale), dall'ambizione di investire capitali a ogni costo, dalla sovrapproduzione agricola e industriale, scoppiò una terribile crisi negli USA e nel mondo (24 ott. 1929: giovedì nero della borsa di New York), i cui effetti sarebbero durati per diversi anni. Crollarono i prezzi delle merci, crollò la produzione, si ebbero licenziamenti di massa. Il protezionismo doganale, lo sviluppo del mercato interno, il controllo dello Stato sull'economia (capitalismo diretto) consentirono di affrontare il difficile momento.