regióne (diritto)
Indicein Italia, ente pubblico territoriale che rappresenta il punto di raccordo tra lo Stato e gli enti locali.
Disposizioni costituzionali sulle regioni
L'art. 114 della Costituzione afferma che la Repubblica è costituita dai comuni, dalle province, dalle città metropolitane, dalle regioni e dallo Stato. I comuni, le province, le città metropolitane e le regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Le regioni sono quindi espressione dell'autonomia locale, del decentramento e del pluralismo sociale e politico, e costituiscono la diretta attuazione del principio fondamentale dell'art. 5 della Costituzione che afferma che “la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali (...), adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”. L'attuazione delle regioni, già proposta all'epoca del Risorgimento, si è realizzata solo dopo la Liberazione. Nel 1946 era eretta in regione a statuto speciale la Sicilia; nel 1948 entrava in vigore la nuova Costituzione repubblicana, che approvava l'istituto delle regioni; nello stesso anno erano istituite anche le regioni a statuto speciale della Sardegna, della Valle d'Aosta e del Trentino-Alto Adige; nel 1963 la regione Friuli-Venezia Giulia; nel 1970 iniziavano a funzionare le altre 15 regioni a statuto ordinario; nel 1972 interveniva una modifica dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige con passaggio di nuove prerogative alle province. Le ragioni del ritardo nel realizzare il dettato costituzionale su un tema tanto importante come quello delle regioni investono complessi problemi di carattere politico e non è senza un significato che l'VIII disposizione finale della Costituzione, che affermava che “le elezioni dei Consigli regionali (...) sono indette entro un anno dall'entrata in vigore della Costituzione”, sia stata disattesa e che le regioni a statuto ordinario siano state create soltanto nel 1970. Nell'attuale ordinamento, quindi, vi sono due tipi di regioni: le regioni a statuto speciale e le regioni a statuto ordinario. Le regioni a statuto speciale sono le 5 precedentemente indicate; a esse, secondo l'art. 116 della Costituzione, sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali. Gli statuti di queste regioni, quindi, hanno il valore di legge costituzionale e riconoscono a esse condizioni di autonomia più rilevanti che alle altre: per esempio, nella regione Trentino-Alto Adige lo statuto consente alle due province di Trento e di Bolzano di emanare leggi, cosa che le altre province italiane non possono fare. Le regioni a statuto ordinario sono: Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria. Esse sono disciplinate da uno statuto autonomo, che è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate a intervallo non minore di due mesi (art. 123 della Costituzione). Per tale legge non è richiesta l'apposizione del visto da parte del Commissario del Governo. Il governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione. Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Le norme sull'organizzazione delle regioni sono contenute nella Costituzione (art. 114 e seg.) e, per le regioni a statuto speciale, nei rispettivi statuti. Gli organi della regione sono: il Consiglio regionale, la Giunta e il suo presidente. Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi. Può fare proposte di legge alle Camere. La Giunta regionale è l'organo esecutivo delle regioni. Il presidente della Giunta rappresenta la regione, dirige la politica della Giunta e ne è responsabile, promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla regione conformandosi alle istruzioni del governo centrale. Nel febbraio 1995 il Parlamento ha approvato la nuova legge per l'elezione del consiglio regionale e del presidente della regione. Il nuovo sistema mantiene un sostanziale impianto proporzionale, ma introduce un premio di maggioranza, la designazione diretta del presidente regionale e lo scioglimento automatico del consiglio regionale se nei primi 24 mesi dalla sua elezione viene attuato un cambio di maggioranza. In base alla legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, che ha modificato gli articoli 121, 122, 123 e 126 della Costituzione, il presidente della regione viene eletto a suffragio universale diretto: egli, inoltre, può scegliere liberamente i componenti della giunta, anche al di fuori del consiglio, e revocarli; nel 2000 è stato in vigore il turno unico e da allora ogni regione, autonomamente, ha potuto decidere quale meccanismo di voto adottare. Tra le norme previste dalla nuova legge vi è anche quella che, in caso di approvazione di una mozione di sfiducia di un quinto dei consiglieri nei confronti del presidente, stabilisce lo scioglimento del consiglio e il ricorso a nuove elezioni (il ricorso alle urne è previsto anche quando la maggioranza del consiglio si dimette oppure se è il presidente a dimettersi).
Potestà legislativa e regolamentare delle regioni
Una delle principali caratteristiche delle regioni, sia a statuto speciale sia a statuto ordinario, è la potestà legislativa: possono cioè emanare leggi valide sul territorio delle singole regioni. La riforma del federalismo approvata dal Parlamento nel 2001 ha modificato profondamente le norme relative alle regioni contenute nel titolo quinto della parte seconda della Costituzione: l'articolo 117, novellato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, stabilisce che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione Europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea; immigrazione; rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie; organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; cittadinanza, stato civile e anagrafi; giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; norme generali sull'istruzione; previdenza sociale; legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane; dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Sono materie di legislazione concorrente (nelle quali spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato) quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione Europea delle regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell'istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Spetta alle regioni la potestà legislativa in riferimento a ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato (competenza quindi di tipo residuale). Inoltre le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione Europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni. La potestà regolamentare spetta invece alle regioni in ogni altra materia. La riforma federalista del 2001 ha attribuito alle regioni anche importanti compiti di carattere sociale. Infatti è previsto che le leggi regionali rimuovano ogni ostacolo che impedisca la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovano la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. Inoltre la legge regionale ratifica le intese della regione con altre regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni. Nelle materie di sua competenza la regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato. Il governo della Repubblica, quando ritenga che una legge approvata dal Consiglio regionale ecceda la competenza della regione può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione. Lo stesso può fare la regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra regione leda la sua sfera di competenza (articolo 127 della Costituzione)
Autonomia finanziaria e scioglimento del Consiglio regionale
Le regioni hanno autonomia finanziaria finanziaria di entrata e di spesa e risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; dispongono inoltre di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio (articolo 119 della Costituzione). Al fine di attenuare gli squilibri di natura economica tra le varie parti del territorio nazionale la Costituzione prevede che lo Stato destini risorse aggiuntive ed effettui interventi speciali in favore di determinate regioni. La legge 14 giugno 1990, n. 158, ha stabilito le norme in materia di autonomia impositiva delle regioni. Secondo tale legge l'autonomia finanziaria delle regioni è garantita da: A) tributi propri e quote di tributi erariali accorpati in un fondo comune per il finanziamento delle spese necessarie ad adempiere tutte le funzioni normali compresi i servizi di rilevanza nazionale. B) Trasferimenti dallo Stato finalizzati all'investimento, accorpati in un fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo. C) Ricorso all'indebitamento nei limiti delle leggi vigenti. D) Eventuali contributi speciali per provvedere a scopi determinati e alla valorizzazione del Mezzogiorno. In questa classe di finanziamenti rientrano anche quelli erogati dall'Unione Europea – cosiddetti fondi strutturali – alle regioni sottosviluppate della CE Per quanto riguarda i tributi propri della regione, questi possono essere classificati nei seguenti gruppi: 1) Imposta sul gas metano addizionale all'imposta di consumo erariale (D.P.R. 21 dicembre 1990, n. 398); 2) Tasse sulle concessioni regionali in materia sanitaria, caccia e pesca, campeggi, autolinee, agenzie di viaggio, scarico d'acque di rifiuto, ecc. (decreto legislativo 22 giugno 1991, n. 230); 3) 3) Tasse automobilistiche (decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504); 4) Imposta regionale sulle attività produttive e addizionale regionale all'IRPEF (decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446). La regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità stabilite con legge della Repubblica. La regione non può istituire dazi d'importazione o esportazione o transito fra le regioni. Non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le regioni. Non può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro. Il Consiglio regionale può essere sciolto, quando compia atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, o non corrisponda all'invito del governo di sostituire la Giunta o il presidente che abbiano compiuto analoghi atti o violazioni. Può essere sciolto quando, per dimissioni o per impossibilità di formare una maggioranza, non sia in grado di funzionare. Può essere altresì sciolto per ragioni di sicurezza nazionale. Comportano lo scioglimento del Consiglio anche l'approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l'impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso. Lo scioglimento è disposto con decreto motivato del presidente della Repubblica, sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica (art. 126 della Costituzione).
Rapporti tra regioni, province e comuni
Le disposizioni specifiche che hanno definito i rapporti fra lo Stato e le regioni in ottemperanza agli art. 114 e seguenti (in particolare 117 e 118) della Costituzione sono: la legge 22 luglio 1975, n. 382 (Norme sull'ordinamento regionale e sull'organizzazione della pubblica amministrazione), e il D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) e il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59). L'art. 1 della legge n. 382 del 1975 delegava il governo a emanare, per le regioni a statuto ordinario, uno o più decreti aventi valore di legge ordinaria (i cosiddetti decreti delegati), indicando gli scopi a cui essi dovevano rivolgersi: A) Completare il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative riguardanti le materie contenute nell'art. 117 della Costituzione, ossia quelle materie che sono di competenza legislativa regionale. B) Trasferire alle regioni quelle funzioni che riguardavano sempre le materie di cui all'art. 117 della Costituzione, che erano state finora esercitate da enti pubblici nazionali e interregionali, con il relativo trasferimento di uffici e beni. C) Delegare alle regioni altre funzioni amministrative. Questa delega ha lo scopo di rendere possibile l'esercizio organico da parte delle regioni delle funzioni trasferite o già delegate per realizzare “il più ampio ed efficiente decentramento amministrativo”, che è alla base del sistema regionale sul quale è strutturato l'ordinamento costituzionale italiano. D) Disciplinare la facoltà attribuita alle regioni di avvalersi degli uffici tecnici dello Stato. E) Attribuire anche a enti locali minori, quali le province, i comuni e le comunità montane, le funzioni amministrative che abbiano un interesse esclusivamente locale, sempre nelle materie contenute nell'art. 117 della Costituzione, e attribuire inoltre a questi enti locali minori altre funzioni amministrative, perché possano effettivamente esercitare le funzioni che vengono a essi attribuite. F) Provvedere, infine, a sopprimere dal bilancio dello Stato i capitoli riguardanti le funzioni trasferite e le entrate relative. Sulla base della relazione presentata dall'apposita “commissione Giannini” venne di fatto emanato un unico decreto delegato (il suddetto D.P.R. n. 616 del 1977), nel quale i settori di trasferimento erano così individuati: Ordinamento e organizzazione amministrativi, Servizi sociali, Sviluppo economico, Assetto e utilizzazione del territorio (art. 3, D.P.R. n. 616 del 1977). Venivano riservate allo Stato le competenze individuate, di volta in volta, nei vari settori organici e inoltre: sia la funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle regioni sia le funzioni riguardanti la difesa nazionale e la pubblica sicurezza (art. 4, D.P.R. n. 616 del 1977). Venivano inoltre trasferite alle regioni nelle materie contenute nel decreto anche le funzioni amministrative riguardanti l'applicazione delle sue direttive che lo Stato avesse fatte proprie con legge indicando però espressamente le norme di principio (art. 6, D.P.R. n. 616 del 1977). Nelle materie delegate erano delegate pure le funzioni di polizia amministrativa (art. 9, D.P.R. n. 616 del 1977). Il decreto legislativo n. 112 del 1998 conferisce alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonché tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici, fatta eccezione per alcune materie espressamente previste dalla legge (affari esteri, difesa ecc.).Secondo l'art. 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, trasfuso ora nel testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (articoli 4 e 5), le regioni organizzano l'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale attraverso i comuni e le province. La regione indica gli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale e su questi ripartisce le risorse destinate al finanziamento del programma di investimenti degli enti locali. I comuni e le province concorrono alla determinazione degli obiettivi contenuti nei piani e programmi dello Stato e delle regioni e provvedono, per quanto di propria competenza, alla loro specificazione e attuazione. La legge regionale stabilisce forme e modi della partecipazione degli enti locali alla formazione dei piani e programmi regionali e degli altri provvedimenti della regione, indica i criteri e fissa le procedure per gli atti e gli strumenti della programmazione socio-economica e della pianificazione territoriale dei comuni e delle province rilevanti ai fini dell'attuazione dei programmi regionali.La legge 19 marzo 1990, n. 55, così come modificata dalla legge 18 gennaio 1992, n. 16, definisce le norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali, prevedendo molteplici cause di ineleggibilità per chi sia stato condannato o sia sottoposto a procedimento penale relativo a reati contro la pubblica amministrazione, di stampo mafioso o relativi al traffico di droga.