provìncia (diritto)

Indice

Generalità

Enti autonomi territoriali che, nell'ordinamento amministrativo italiano, sono in posizione intermedia fra comuni, città metropolitanee regioni. Ogni provincia è provvista di statuti, poteri e funzioni proprie secondo i principi fissati dalla Costituzione. Dopo un periodo durante il quale l'esistenza stessa dell'istituto provinciale è stato sottoposto a dure critiche, la provincia vive un rilancio a seguito delle riforme introdotte dalla legge 8 giugno 1990, n. 142. Tale legge, seguendo la prospettiva di rivalutazione della provincia già presente nel D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ha riorganizzato questo ente territoriale ponendolo insieme al comune in un ruolo di partecipazione attiva nel quadro di rapporti reciproci e integrati di effettiva cooperazione. Punto cruciale della riforma è l'attribuzione alla provincia (e al comune) della potestà statutaria, espressione qualificante di autonomia organizzativa dell'ente territoriale. La provincia ha funzioni proprie, di cui è titolare, e funzioni attribuite o delegate dallo Stato o dalla regione. In base all'art. 14 della legge sono funzioni proprie della provincia quelle amministrative di interesse provinciale che riguardano vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciale nei settori: della difesa del suolo; della tutela e valorizzazione dell'ambiente e della prevenzione delle calamità; della tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche; dei beni culturali; nel settore della viabilità e dei trasporti; della protezione della flora e della fauna, dei parchi e delle riserve naturali; della caccia e pesca nelle acque interne; dell'organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale e del rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore; nel settore dei servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica attribuiti dalla legislazione statale e regionale; della raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali. Alla provincia sono affidati dalla legislazione statale e regionale anche compiti connessi all'istruzione secondaria di secondo grado e artistica, e alla formazione professionale, compresa l'edilizia scolastica. In collaborazione con i comuni, la provincia, sulla base di programmi da essa proposti, promuove e coordina attività e realizza opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale e sportivo. In particolare la provincia, nell'ambito dei compiti di programmazione, raccoglie e coordina le proposte avanzate dai comuni, ai fini della programmazione economica, territoriale e ambientale della Regione, concorre alla determinazione del programma regionale di sviluppo e degli altri programmi e piani regionali secondo norme dettate dalla legge regionale, formula e adotta propri programmi pluriennali sia di carattere generale che settoriale e promuove il coordinamento dell'attività programmatoria dei comuni. La provincia, inoltre, indica: le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti; la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione; le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica e idraulico-forestale e in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque; le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali. In sintonia con la politica di decentramento cui partecipa l'istituto della provincia sono state istituite le nuove province di Verbano-Cusio-Ossola, Biella, Crotone, Lecco, Lodi, Rimini, Vibo Valentia e Prato (decreti legislativi del 6 marzo 1992, nn. da 248 a 253, del 27 marzo 1992, n. 254 e del 30 aprile 1992, n. 277). Si deve sottolineare che le province di Trento e Bolzano godono, grazie allo Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige, della potestà legislativa e amministrativa attribuita dalla Costituzione alle regioni a statuto speciale. Sono organi della provincia il consiglio, la giunta e il presidente. Come stabilito dalla legge 25 marzo 1993, n. 81, quest'ultimo è l'organo responsabile dell'amministrazione provinciale. Egli rappresenta l'ente, convoca e presiede il consiglio e la giunta, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici nonché all'esecuzione degli atti. La giunta collabora con il presidente della provincia nell'attuazione degli indirizzi generali del consiglio e svolge l'attività propositiva e di impulso nei confronti dello stesso. La giunta opera attraverso deliberazioni collegiali; compie gli atti di amministrazione che non siano riservati dalla legge e dallo statuto al presidente della provincia o al consiglio. Il consiglio è l'organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, discute e approva in apposito documento gli indirizzi generali di governo. Nel 2000 le norme relative all'ordinamento delle province sono state raccolte nel testo unico delle leggi sugli enti locali approvato con il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

Cenni storici

Nel Medioevo la circoscrizione delle province dapprima rimase quasi intatta nelle regioni invase dai barbari, ma al loro interno la città finì per prevalere sulla provincia (processo d'altronde già molto avanzato nel periodo del tardo Impero). I Germanici trovarono nella civitas una suddivisione sostanzialmente affine ai loro gaus (cantoni) e stanziarono in ognuna una gens (Gallia e Penisola Iberica); i Goti venuti in Italia distrussero le autonomie provinciali a favore del centro e il governo delle province venne affidato a un funzionario che lo controllava rigorosamente; i Longobardi lasciarono le antiche divisioni provinciali dell'Italia al ricordo dei letterati e strutturarono il territorio secondo le loro tradizioni ed esigenze. Le province ritornarono invece nel Sud d'Italia con i Normanni e le nuove circoscrizioni ebbero statuti più stabili da Federico II, mantenendoli praticamente fino all'unione d'Italia; nello Stato Pontificio le province risorsero nei sec. XIII e XIV con la riforma egidiana ed ebbero anche un proprio Parlamento; nel feudo sabaudo le province comparvero nel sec. XVI: in età moderna esse cercarono il proprio modello su quelle francesi, dove in origine erano coincise con i grandi feudi, largamente autonomi, ridotti poi dall'azione accentratrice della monarchia a semplici intendenze, sotto lo stretto controllo del potere centrale. Così nel regno sabaudo si ebbero nelle province un intendente con funzioni amministrative e un prefetto con potere giurisdizionale, entrambi legati a filo doppio con il potere centrale. Nel Lombardo-Veneto la struttura provinciale fu introdotta nel sec. XVIII da Maria Teresa, che sottomise le province a una giunta per l'amministrazione ordinaria e a una “congregazione del patrimonio” per le finanze. Il dominio francese in Italia fu breve ma sufficiente a lasciare un'orma indelebile nell'ordinamento provinciale: il prefetto era e rimase solo un funzionario del potere centrale, con larghissime attribuzioni a scapito delle autonomie locali.

Diritto canonico

Già alla fine del sec. II, i vescovi delle principali città (metropoli) esistenti nell'ambito dell'Impero romano, dalle quali aveva avuto inizio la diffusione del cristianesimo, appaiono godere di particolare prestigio ed esercitare un'indiscussa autorità sopra i vescovi delle sedi episcopali minori (suffraganei) che essi convocano in sinodo e dei quali si fanno portavoce. Il Concilio di Nicea (325) ratificò questa situazione consolidandola così definitivamente. Il Concilio Vaticano II, al fine di adeguare maggiormente l'azione pastorale alle esigenze locali e per meglio facilitare i contatti dei vescovi tra loro e con i metropoliti, ha proposto l'aggregazione di più province ecclesiastiche limitrofe in regioni ecclesiastiche. Sono suddivisi in province ecclesiastiche, con a capo un provinciale, anche gli ordini e le congregazioni religiose.

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