Lessico

sm. [sec. XVI; da consumare¹].

1) Atto ed effetto del consumare: consumo d'olio, di vino; pagare a consumo, secondo la quantità consumata; per consumo di qualcuno, a uso e consumo di qualcuno, secondo le necessità. Anche ciò che si consuma: ha speso tutto il salario per i consumi di casa. In particolare, riferito a un impianto, a un'automobile, un natante, un aereo, e simili, la quantità di energia o di carburante necessaria a coprire una determinata distanza o a far funzionare il motore per un determinato tempo. Nei mezzi aerospaziali, consumo specifico, peso di combustibile o di propellenti che un propulsore richiede per fornire una spinta (nel caso di motori a getto) o una potenza (nel caso di motori azionanti eliche) unitaria per un intervallo di tempo di un'ora. In linea di massima, i consumi specifici variano, in maggiore o minor misura, al variare della quota, della velocità di volo e del regime del propulsore, e sono generalmente tanto più elevati quanto minore è la spinta (o la potenza) del propulsore in esame. La valutazione del consumo specifico è particolarmente importante per i motori a razzo, in quanto il peso dei propellenti incide notevolmente sul carico utile del missile o dei satelliti artificiali.

2) In economia, la diminuzione totale o parziale dell'utilità di un bene o di un servizio al fine di soddisfare un'esigenza pubblica o privata.

Economia: studi e teorie

Gli studi volti a chiarire il comportamento del singolo consumatore o di aggregati di consumatori hanno seguito nella teoria economica due linee diverse: la prima, che può definirsi microeconomica, parte dallo studio di un consumatore razionale che, dati i prezzi dei beni e l'ammontare iniziale del suo reddito, decide le quantità da consumare di ciascun bene in modo da massimizzare la sua funzione di utilità; la seconda, da definire macroeconomica, ha lo scopo di accertare l'esistenza di relazioni stabili tra variabili aggregate particolarmente significative per la determinazione del reddito nazionale lordo: tra queste, il consumo, il reddito, la ricchezza, il tasso d'interesse. Riguardo alla prima linea, J. von Neumann e O. Morgenstern hanno costruito un insieme di assiomi che permette di rappresentare la scelta tra panieri di beni effettuata dal consumatore mediante una funzione di utilità. Essa pone in relazione le quantità dei diversi beni consumate dall'individuo con l'utilità complessiva di cui beneficia. In tal modo i precedenti studi di Pareto che avevano introdotto la nozione di funzione di utilità potevano essere inseriti in uno schema più rigoroso, in cui si suppone che il consumatore non possa influire sui prezzi dei beni e che disponga di un dato reddito iniziale; egli si comporta nel senso di scegliere i vari beni nelle quantità consumate, in modo da massimizzare la funzione di utilità; questo schema sostanzialmente è un modo matematico per rappresentare i gusti del consumatore. Dalla soluzione di questo problema, se ne può derivare un sistema di funzioni di domanda di beni posto in essere dall'individuo-consumatore; tali domande dipenderanno dai prezzi dei beni esistenti e dal reddito iniziale del consumatore. Grazie a Slutzky, è stato possibile scomporre l'effetto complessivo esercitato dal prezzo di un dato bene sulla domanda dello stesso bene in effetto di sostituzione ed effetto di reddito. Più recentemente si è cercato di estendere il modello di scelta del consumo in diverse direzioni. Tra queste, quella che esplicita, oltre alla scelta della domanda di beni, anche la scelta dell'offerta di lavoro. In tal caso, il tempo libero dà al consumatore-lavoratore una utilità, alla stregua degli altri beni. Un'altra rilevante estensione è quella che introduce qualche elemento di incertezza per il consumatore. In tal caso è necessario descrivere qual è l'attitudine del consumatore nei confronti del rischio. L'ipotesi più utilizzata in questo ambito è quella che fa riferimento al calcolo e alla massimizzazione del valore atteso di una funzione di utilità. Riguardo alla seconda linea, quella più prettamente macroeconomica, è ben nota la funzione keynesiana del consumo, secondo cui la principale determinante del consumo aggregato è il livello di reddito nazionale. È possibile definire da questa la propensione media al consumo, cioè il rapporto tra il livello di consumo e quello di reddito, e distinguerla dalla propensione marginale al consumo, definita come rapporto tra variazione del consumo e variazione del reddito. Se la funzione del consumo fosse rappresentata da una retta, la propensione marginale al consumo risulterebbe costante e quella media decrescente rispetto al reddito. Nel corso degli anni Cinquanta del Novecento, tuttavia, alcuni studi empirici condotti da S. Kuznets hanno posto seri dubbi sull'effettivo realismo della funzione keynesiana del consumo. Tali studi infatti, riferendosi al comportamento di famiglie americane, trovavano una propensione media al consumo costante in un'ottica di lungo periodo e una propensione media di breve periodo variabile secondo una relazione inversa rispetto al ciclo commerciale. Tali studi empirici sono stati interpretati a livello teorico per sostenere che i consumatori, nel compiere la scelta di consumo, tengono conto di un orizzonte ben più lungo di quello implicitamente considerato da Keynes. Stando così le cose, la ricchezza piuttosto che il reddito viene a giocare un ruolo cruciale nella determinazione del consumo. In questa ottica, si inseriscono le teorie del ciclo di vita di A. Ando e F. Modigliani e del reddito permanente di M. Friedman.

Economia: imposte sui consumi

Imposte indirette che colpiscono il reddito nel momento in cui viene speso per l'acquisto di beni finali. Esse hanno il pregio dell'universalità, in quanto colpiscono tutti i redditi, anche quelli esenti da altre imposte, svolgono una funzione discriminatrice a favore del reddito risparmiato e servono da stabilizzatori automatici della congiuntura (il loro gettito aumenta o diminuisce con l'aumento o la diminuzione dei consumi). Le imposte sui consumi hanno al contrario il difetto di colpire in proporzione più i redditi bassi di quelli elevati (sono cioè regressive) e di influire sui prezzi con conseguenti effetti inflazionistici. È per tali motivi che nell'economia moderna si tende a esentare dall'imposta i beni di prima necessità e a colpire invece con alte imposizioni i beni voluttuari e di lusso. Le imposte si sogliono classificare secondo il metodo di riscossione in: privative o monopoli fiscali, quando lo Stato si riserva il diritto esclusivo di produzione e vendita di alcune merci (tabacchi, gioco del lotto), aggiungendo al costo sostenuto una certa quota a titolo d'imposta; imposte a riscossione mediata (imposte di fabbricazione, imposte sugli scambi, dazi interni di consumo nelle finanze locali, dazi doganali), che lo Stato percepisce dai produttori o dai commercianti i quali, a loro volta, le trasferiscono sul consumatore (traslazione dell'imposta); imposte a riscossione immediata, quando vengono pagate direttamente dal consumatore allo Stato. La materia è stata modificata con il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che ha introdotto l'Imposta sul Valore Aggiunto (IVA), entrata in vigore dal 1º gennaio 1973.

Sociologia

L'analisi del consumo – come strumento della soddisfazione di un bisogno individuale o collettivo attraverso la fruizione di un bene o di un servizio – è stata a lungo esclusivamente delegata agli economisti. Già la scuola marginalista, però, cogliendo il nesso fra consumo e sfera dei bisogni socialmente prodotti, aveva sollecitato indirettamente una lettura sociologica del problema. Così, Th. Veblen, nella sua Teoria della classe agiata, poteva alla fine del sec. XIX evidenziare la funzione del consumo vistoso e dell'ostentazione della ricchezza come modello di comportamento basato sull'imitazione dello stile di vita delle classi dominanti. L'influenza della struttura sociale nell'orientare i modelli di consumo e nella definizione di canoni del gusto peculiari dei diversi strati della popolazione – canoni e modelli dotati di un'eccezionale capacità di persistenza anche al modificarsi delle condizioni economiche originarie (come nel caso di guerre e recessioni) – è stata indagata da autori come M. Halbwachs e, in anni successivi e con significative innovazioni, da P. Bourdieu. Studiosi attenti al circuito comunicazione-consumo, come P. Lazarsfeld, hanno sottolineato il ruolo contestuale dei leaders d'opinione all'interno del gruppo e del messaggio pubblicitario nell'orientare al consumo. Il ruolo del consumo come status symbol, la dominanza pubblicitaria nell'indurre bisogni di consumi fittizi, il fenomeno delle mode e la funzione dei mass media nella produzione di modelli di consumo diffuso hanno indotto alcuni studiosi a definire la nostra società come “società dei consumi”.

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