marginalismo
sm. [da marginale]. Corrente di pensiero economico sviluppatasi nell'ultimo trentennio del sec. XIX, che pose a base dell'analisi dei fenomeni economici la teoria dell'utilità marginale. Fondatori del marginalismo, noto anche come scuola neoclassica sono considerati tre autori i quali, operando in Paesi diversi e senza aver avuto contatti fra loro, pervennero contemporaneamente a enunciati sostanzialmente identici: W. S. Jevons, inglese, pubblicò la sua Theory of Political Economy nel 1871; nello stesso anno l'austriaco C. Menger pubblicò i Grundsätze der Volkswirtschaftslehre (Principi di economia politica) mentre gli Élements d'économie politique pure dello svizzero L. Walras uscirono nel 1874. La novità delle loro opere non consiste tanto nella scoperta del concetto di utilità marginale, di cui si trova già traccia negli scritti di Senior, Lloyd e Longfield e, soprattutto, in quelli successivi di Dupuit e Gossen, quanto, appunto, nell'aver sistematicamente utilizzato tale concetto per spiegare i fenomeni economici, in primo luogo quelli dello scambio e del mercato. Essi, supponendo l'individuo mosso dalla ricerca della massima soddisfazione, sostituirono alla teoria del valore-lavoro, uno dei cardini della scuola classica ma già abbandonato e posto in discussione da autori come J. S. Mill, una teoria soggettiva (da cui il nome dato alla scuola marginalista, soprattutto del ramo austriaco, di scuola soggettivistica o psicologica) che pone all'origine del valore di un bene la sua utilità marginale (il termine utilità marginale è di von Wieser: Jevons parlò di “grado finale di utilità”, Menger di “importanza più bassa delle soddisfazioni” e Walras di “rareté”). Essi fondarono quindi la loro analisi del valore sulla domanda, ossia sul consumo, anziché sull'offerta, ossia sulla produzione, come avevano fatto i classici. Tanto effetto ebbero tali teorie sullo sviluppo dell'analisi economica che si è anche parlato di “rivoluzione marginalista” così come “neoclassici” sono stati chiamati i marginalisti per aver analizzato il comportamento dell'homo oeconomicus astraendo da qualsiasi contesto ambientale e istituzionale al fine di pervenire alla formulazione di leggi universalmente valide. Il pensiero dei tre fondatori del marginalismo è stato continuato dalla cosiddetta “seconda generazione di marginalisti”: in Gran Bretagna dalla scuola di Cambridge con Marshall, in Svizzera dalla scuola di Losanna con Pareto, in Austria dalla scuola di Vienna con Böhm Bawerk e von Wieser. Il principale esponente del marginalismo americano fu J. B. Clark.