Saturno (astronomia)
IndiceDescrizione generale
Il sesto pianeta (simbolo ħ) del Sistema Solare e l'ultimo conosciuto nei tempi antichi. Saturno ha magnitudine apparente massima all'opposizione di – 0m,4; si muove, con periodo di 29,458 anni, su un'orbita avente eccentricità 0,0557, inclinata sull'eclittica di 2º5´; la distanza dal Sole oscilla fra 9,0 UA al perielio e 10,1 UA all'afelio; la distanza minima dalla Terra è compresa fra ca. 1200 e 1650 milioni di km. Le dimensioni apparenti di Saturno all'opposizione variano, secondo la distanza dalla Terra, fra 15‟ e 20‟. Il suo diametro equatoriale è di 120.660 km, superiore di 12.070 km al diametro polare (schiacciamento 1:10) a causa dell'elevata velocità di rotazione (il periodo di rotazione all'equatore è di 10h e 14m). L'equatore di Saturno è inclinato sul piano della sua orbita di 26º45´. Saturno è quindi uno dei pianeti giganti (pianeti gioviani), ma nonostante le dimensioni la sua massa è "solo" 95 volte quella della Terra: la sua densità, infatti, è pari a 0,75 g · cm–3, inferiore a quella dell'acqua e la più piccola nell'ambito del sistema solare (quella di Plutone non è nota esattamente); di conseguenza anche l'accelerazione superficiale di gravità è relativamente piccola: 1,15 volte quella della Terra. Saturno possiede un esteso sistema di satelliti e un sistema spettacolare di anelli.
Struttura e composizione
Il modello strutturale del pianeta (fondato su una composizione a strati) è differente da quello che è stato attribuito a Giove (per molti aspetti pianeta affine a Saturno) e verificato direttamente dalla sonda Galileo. Per l'interno, in analogia con Giove, e assumendo il valore 0,7 come densità media del pianeta, si ammette il seguente modello di struttura: a) un nucleo centrale di roccia e ghiaccio (30.000 km di diametro) pari al 25% della massa planetaria; b) un nucleo esterno di idrogeno (20.000 km di spessore), reso solido dall'elevatissima pressione ambiente (3 milioni di bar), per un ulteriore 15% della massa; c) un mantello liquido di idrogeno e di elio molecolari occupante il 90% del volume complessivo (25.000 km di spessore); d) un'atmosfera di ~300 km composta essenzialmente di idrogeno e di elio (con il 6% di quest'ultimo). Attorno al nucleo centrale di Saturno grava dunque un mantello liquido di idrogeno metallico reso in stato degenere dalla compressione – a 3 milioni di bar – che viene esercitata dalla sovrastante massa di idrogeno gassoso allo stato molecolare. La zona di transizione fra i due stati fisici dell'idrogeno si colloca in modo diverso per Saturno e per Giove; essa si limita al 45% del raggio saturniano contro l'80% di quello di Giove ove, per la maggiore entità di massa, il punto critico viene naturalmente raggiunto più in prossimità alla superficie planetaria.
Il problema del calore interno
Misurazioni radiometriche hanno dimostrato che Saturno è sede di un'intensa sorgente di calore interno. Le rilevazioni effettuate indicano, alla sommità degli strati aerei, valori prossimi a – 160 ºC, superiori a quelli (– 190 ºC) giustificabili con l'equilibrio termico imposto dalla distanza dal Sole. Alla pari di Giove, Saturno emette infatti una quantità d'energia superiore a quella che riceve (secondo un rapporto di 2,4:1). Tale fenomeno è piuttosto complesso per via dell'intervento di alcuni meccanismi di dissipazione termica che appaiono tipici della struttura saturniana. Infatti, il trasferimento di calore dal centro alla periferia del pianeta può avvenire solo a patto che vi sia stabilito un gradiente termico (negativo) verticale; e quest'ultimo risulta strettamente determinato dall'efficienza dei rimescolamenti convettivi che pongono in circolazione i gas atmosferici predominanti: l'elio e l'idrogeno. Però, tenendo conto di queste sole condizioni, il calcolo riesce a spiegare soltanto una parte dell'energia irradiata da Saturno in banda termica. Il residuo andrebbe in effetti ricercato in quel calore latente che – nella storia evolutiva del pianeta – si sarebbe sviluppato dalla condensazione delle molecole dell'elio atmosferico e dalla loro caduta in gocce liquide attraverso la massa dell'idrogeno gassoso. Si spiega in tal modo il netto impoverimento di elio degli strati atmosferici di Saturno: Giove ne contiene una quantità circa doppia, ma va ricordato che nella sua atmosfera la condensazione in gocce di quell'elemento non si è ancora esaurita, a causa della maggiore massa planetaria.
L'atmosfera
Prima dell'esplorazione della sonda Cassini, in orbita attorno al pianeta dall'1 luglio 2004, le conoscenze sull'atmosfera di Saturno si basavano sulle analisi e sulle elaborazioni dei dati raccolti dalla missione Pioneer 11, nel 1979, e, poco dopo, dalle due missioni Voyager, integrati dalle osservazioni effettuate con i più moderni apparati per i rilevamenti planetari (radiometri, sensori per l'infrarosso, fotopolarimetri ecc.) fra i quali, naturalmente, il telescopio spaziale Hubble. L'insieme di questi rilevamenti descrive l'atmosfera saturniana come una ricca miscela di sostanze: componenti principali risultano idrogeno ed elio (nel rapporto di 3:1 ca.), insieme a tracce di monossido di carbonio CO, etano, etilene, acido cianidrico HCNacido solfidrico HS e acetilene; notevole anche la presenza di metano e ammoniaca. Va tenuto presente che queste due ultime sostanze sarebbero il naturale prodotto dell'associazione fra carbonio, ossigeno e azoto, qualora l'ambiente idrogenico circostante (posto a 2150 °C) fosse condizionato dall'equilibrio chimico. Invece, la fotolisi prodotta dalla radiazione penetrante del Sole libera ioni e radicali liberi dando luogo, su Saturno, a una composizione chimica complessa e alla produzione di particelle in sospensione (aerosol) appartenenti essenzialmente a prodotti di polimerizzazione del carbonio e dello zolfo.
La coltre nuvolosa
Sulle immagini riprese dalle sonde si contano, come per Giove, una trentina di fasce nuvolose, alternativamente chiare e scure, mostranti colorazioni che, al crescere della profondità, passano dal rosso, al bianco, al bruno, al blu. Ma, a differenza di quanto avviene su Giove, su Saturno le zone chiare e le bande scure identificano correnti aeree concordemente dirette secondo il senso di rotazione del pianeta, le cui velocità – massime in corrispondenza delle regioni equatoriali (1500-2000 km/h) – discendono in modo simmetrico nei due emisferi, finendo con il fluttuare fra 300/400 km/h a partire dai ±40º di latitudine. Lo strato delle nubi è risultato estendersi per uno spessore di 250-300 km; in esso si formano e si spostano strutture di varia forma, rotondeggianti, filamentari, ovali, molto spesso associate ad aree cicloniche che ricordano la Grande Macchia Rossa di Giove, pur essendo molto meno sviluppate (al massimo 1500 km) e generalmente dislocate a latitudini più inoltrate. Le formazioni nuvolose si producono ovviamente alle quote in cui valori termici e barici corrispondono ai punti di condensazione delle sostanze componenti. Nel regime di non equilibrio chimico in cui si trova l'atmosfera di Saturno, tali formazioni, esaminate a quote crescenti, consistono, rispettivamente, di acqua, NH4SH e ammoniaca. A causa del loro minor peso, le stratificazioni nuvolose (ossia, la troposfera del pianeta) risultano meno schiacciate che su Giove. In effetti, anche se il primo strato si forma ben 100 km al di sotto della quota che indica, su Saturno, il livello di transizione fra la stratosfera superiore e la troposfera, quest'ultima – con le sue differenti stratificazioni di nubi – presenta uno spessore di circa 300 km, più che doppio rispetto alla troposfera di Giove. Anche Saturno – alla stregua di Giove e dei pianeti gassosi in genere – non si comporta come un corpo rigido nei confronti della rotazione assiale: il periodo diurno cresce infatti da 10h 13m all'equatore fino a 10h 41m ai ±45º di latitudine, e questo a norma di quanto hanno consentito di stabilire i dettagli offerti dalle sommità delle formazioni nuvolose, visibili alle quote corrispondenti ai 100 millibar di pressione. I sensori all'ultravioletto delle sonde hanno inoltre rivelato il prodursi di aurore polari entro aree ristrette, centrate sugli 80º di latitudine N e S, mentre i ricevitori di radiofrequenza hanno stabilito l'esistenza di una ionosfera che, alle quote di 1 bar di pressione, presenta una concentrazione di oltre 200.000 elettroni/cm3, equivalente a quella dello strato E della ionosfera terrestre.
La magnetosfera
L'origine del campo magnetico di Saturno viene attribuita a correnti elettriche nell'idrogeno metallico liquido nelle profondità del pianeta. La magnetosfera di Saturno consiste in una serie di fasce di radiazione nelle quali sono presenti elettroni e nuclei atomici. Grazie alle indagini magnetometriche, è anche stato possibile accertare l'esistenza di un campo bipolare di intensità pari a 0,21 gauss (metà circa del campo magnetico della Terra) il cui asse coincide praticamente con l'asse di rotazione planetaria. Di conseguenza, Saturno si trova a possedere una magnetosfera abbastanza sviluppata, il cui fronte (la magnetopausa) nella direzione del Sole si sviluppa fino a 1,8 milioni di chilometri dal pianeta, allungandosi notevolmente nella direzione antieliaca. Nella magnetosfera saturniana si propagano correnti di particelle elettrizzate (fasce di Van Allen) che divengono sorgenti di radiofrequenza e che hanno consentito di precisare in 10d 34m 4s il periodo di rotazione del nucleo solido del pianeta al quale la magnetosfera è, per natura, rigidamente connessa.
Gli anelli
Saturno è circondato sul piano dell'equatore da un complesso sistema di anelli, tale da renderlo interessante all'osservazione anche con piccoli telescopi. Gli anelli, invisibili a occhio nudo, furono intravisti durante le prime osservazioni telescopiche (G. Galileo ritenne trattarsi di due corpi affiancati a Saturno), ma non chiaramente identificati: solo nel 1655 C. Huygens ne descrisse la vera struttura. Essi sono innumerevoli, divisi in 7 fasce principali denominate, dall'esterno verso l'interno, E, G, F, A, B, C, D. Tra l'anello A e l'anello B c'è una lacuna di 3500 km, detta divisione di Cassini (dal nome dello studioso G.D. Cassini); all'interno dell'anello A si trova un'altra lacuna larga 200 km, detta divisione di Encke. Più vicino al pianeta si trova l'anello D, forse mai osservato dalla Terra e al limite di risolubilità del Voyager. Procedendo verso l'esterno si trova l'anello C, formato da una serie di larghe bande a bordi netti. Viene poi l'anello B, che si estende per oltre 25.000 km di larghezza; ha una struttura molto complessa costituita da una sequenza di bande alternativamente più o meno luminose. L'anello B termina bruscamente con la divisione di Cassini; al centro della divisione c'è una banda luminosa larga ca. 1400 km, formata da sequenze chiare e scure. Nella parte centrale della lacuna si osserva un piccolo anello eccentrico simile a quello dell'anello C. L'anello A inizia in modo brusco; la luminosità va decrescendo dall'interno all'esterno. La nettezza del bordo esterno è probabilmente dovuta a un effetto di confinamento del materiale prodotto dal piccolo satellite 1980 S28 (Atlas). A 3600 km dall'anello A si trova l'anello F, leggermente eccentrico, di geometria complessa, costituito da almeno 3 componenti larghe una ventina di chilometri. All'interno e all'esterno dell'anello F ci sono 2 piccoli satelliti, i cosiddetti “cani da pastore” 1980 S26 e 1980 S27 (Pandora e Prometeo), che ne perturbano il moto. Due componenti dell'anello sono intrecciate. Oltre l'anello F ci sono ancora 2 anelli, G ed E, molto deboli. È probabile che il satellite Encelado sia la sorgente del materiale dell'anello E. In generale, le dimensioni dei corpi che costituiscono gli anelli si distribuiscono in più ordini di grandezza. Le particelle microscopiche mancano però nell'anello C e nella divisione di Cassini. Nell'anello B è probabile la presenza di corpi di qualche centinaio di chilometri. La massa complessiva degli anelli saturniani è così insignificante – nonostante la loro spettacolarità – da non aver prodotto influenze gravitazionali avvertibili da parte delle sonde che ne hanno attraversato lo spessore (probabilmente compreso tra 10 e 100 m). L'entità della massa complessiva degli anelli (dello stesso ordine di quella del vicino satellite Mimas) suggerisce che l'origine del sistema anulare debba ricercarsi nella disgregazione provocata dalle forze mareali a danno di un originario satellite penetrato all'interno del limite critico di Roche (240.000 km dal centro di Saturno); ovvero nella cattura e confinamento gravitazionale del materiale diffuso preplanetario, impedito nella concentrazione in corpo unico, causa l'eccessiva prossimità al pianeta.
I satelliti
Al momento dell'arrivo della sonda Cassini, di Saturno si conoscevano 32 satelliti, che con il satellite (o i due satelliti) osservati dalla sonda appena prima di entrare in orbita (nel luglio 2004) diventavano 33 (o 34). In ordine di distanza dal pianeta i satelliti principali di Saturno sono: Pan, Atlas (Atlante), Prometeo, Pandora, Epimeteo, Giano, Mimas, Encelado, Teti, Telesto, Calipso, Dione, Elena, Rhea, Titano, Iperione, Giapeto, Febea (Phoebe). Il sistema di Saturno può essere paragonato a un sistema solare in scala ridotta; i satelliti si distinguono in satelliti regolari (tra i quali Mimas, Encelado, Teti, Dione, Rea e Titano), con orbita quasi circolare e con piccola inclinazione rispetto al piano equatoriale del pianeta, e in satelliti irregolari. Tra questi ultimi, Iperione ha un'orbita molto eccentrica, Giapeto e Febea hanno un'orbita molto inclinata sul piano equatoriale del pianeta. Un tempo era nota solo una luna con moto retrogrado, Febea, ma tra i diversi nuovi satelliti scoperti a partire dal 2000 ve n'è un gruppo che si muove in senso retrogrado con orbite inclinate di circa 170°. Dei satelliti regolari solo Titano possiede un'atmosfera, che la missione Cassini ha esaminato direttamente con gli strumenti della sonda di discesa Huygens. Gli altri hanno la superficie ricoperta di ghiaccio e vengono raggruppati sotto il nome di satelliti ghiacciati. Gran parte dei nuovi satelliti scoperti in tempi recenti orbitano attorno a Saturno a una distanza di oltre 14,5 milioni di chilometri e sono molto piccoli: il loro diametro è tra i 10 e i 50 km.