Modernizzazione ed esordi imperialistici del Giappone
Introduzione
Il Giappone della metà del XIX sec. era ancora organizzato secondo strutture feudali. L'arcipelago dell'Estremo Oriente, chiuso in se stesso come una tartaruga nel suo guscio, non venne neanche sfiorato dal turbine delle vicende che si susseguirono in quasi tutto il resto del mondo. Nelle isole nipponiche le caste sociali più agiate erano riuscite a cristallizzare un'organizzazione socio-economica tale da consentire loro di mantenere la supremazia: evidentemente la conservazione dello status quo era per esse più che auspicabile. L'imperatore, lo Shogun, i Daimyo e i Samurai detenevano tutto il potere e non erano disposti a rinunciarvi. Sennonché, dal 1850 in poi, gli eventi precipitarono. Nel 1853 una flotta americana impose al Giappone di aprire i propri porti alle potenze occidentali; l'arcipelago capitolò, e, a causa di forti tensioni interne, si ritrovò invischiato in una guerra civile. Da essa uscì vincitore il partito imperiale: fu proprio grazie all'imperatore Meiji Tenno (Mutsuhito) che il Giappone si risvegliò da secoli di torpore. In pochi decenni esso divenne una grande potenza, moderna e ricca, capace di reggere al confronto con le nazioni occidentali. Prova ne fu l'esito della guerra contro la Cina per il controllo della Corea (1894).