Gli USA e il mondo occidentale fino al 1980
- Introduzione
- Gli USA da Truman a Reagan
- L'Europa occidentale
- Approfondimenti
- Riepilogando
Gli USA da Truman a Reagan
Morto Roosevelt nel 1945, la carica di presidente fino alle nuove elezioni toccò al suo vice Harry S. Truman (1884-1972). Questi, democratico, grazie anche all'appoggio dei sindacati, riuscì a farsi rieleggere alle elezioni del 1948: durante la sua presidenza fece approvare leggi in favore dei lavoratori e gestì la “guerra fredda” cui si collegò il conflitto di Corea, aggravando ulteriormente le tensioni con l'URSS. Fu in questo clima di ostilità al comunismo che negli Stati Uniti ebbe inizio una vera e propria campagna contro il “pericolo rosso” guidata dal senatore del Wisconsin, William McCarthy. Tale ostilità nei confronti degli avversari politici e l'orientamento dell'opinione pubblica favorevole alla linea conservatrice dei repubblicani, fece sì che alle elezioni del 4 nov. 1952 trionfasse il generale repubblicano Dwight D. Eisenhower (1890-1969). Il maccartismo nei primi anni del mandato al generale raggiunse il suo culmine, ma iniziò a declinare quando il suo leader volle accusare di filo-sovietismo anche alcuni alti esponenti delle Forze Armate. Nel 1956 Eisenhower fu rieletto alla Casa Bianca. Durante il suo secondo mandato, tuttavia, si registrarono forti tensioni sociali, soprattutto tra bianchi e neri, mentre l'economia entrò in una fase di stagnazione (1957) generatasi per la ricomparsa della concorrenza internazionale. Alle elezioni del 1960, John Fitzgerald Kennedy (1917-1963), candidato democratico, vinse di misura contro il repubblicano Richard Nixon (1913-1994). Suo obiettivo fu di riportare in alto il prestigio degli USA, offuscatosi negli ultimi anni '50. Il nuovo capo della Casa Bianca si impegnò particolarmente in politica estera, tentando di offrire una soluzione a difficilissimi problemi. In Europa non seppe offrire alternative alla soluzione del problema tedesco, tanto che nel 1961 si arrivò alla costruzione del muro di Berlino; in America Latina, dopo aver varato un piano di aiuti, osteggiò l'instaurazione del regime comunista di Castro a Cuba, rischiando di provocare un conflitto atomico con l'URSS che aveva installato nell'isola minacciose basi missilistiche (1962). Solo un accordo in extremis fece rientrare l'allarme. Altra decisione tragica fu quella di aumentare l'impegno americano in Vietnam, dove era iniziata una guerra civile tra comunisti del Nord e filo-occidentali del Sud. Sul fronte interno egli agì per favorire l'integrazione dei neri: ciò alimentò un forte odio contro di lui. Kennedy fu assassinato a Dallas il 22 nov. 1963, le responsabilità dell'attentato non furono mai accertate. La presidenza passò allora al vice Lyndon B. Johnson che da un lato operò in senso riformistico, dall'altro dovette gestire il crescente coinvolgimento americano in Vietnam. Questa guerra travolse Johnson che nel 1969 non si presentò alle elezioni. Le vinse Richard Nixon che risolse il nodo Vietnam (nel 1973 ordinò il ritiro delle truppe americane, la guerra terminò nel 1975 con la capitolazione del Sud). Egli inaugurò poi un periodo di dialogo con l'URSS (accordo SALT 1, per la limitazione delle armi nucleari, magg. 1972). Al culmine della sua fama, rieletto nel 1972, dovette dimettersi, nell'ago. 1974, per aver favorito un'azione di spionaggio politico (scandalo Watergate). Gerard Ford gli succedette per due anni e nel 1976 fu Jimmy Carter (n. 1924), democratico, a salire i gradini della Casa Bianca. In politica estera portò Egitto e Israele a siglare la Pace di Camp David (1978) e concluse la normalizzazione dei rapporti con la Cina (1979). Il suo prestigio precipitò nel sett. 1980, quando, in seguito al colpo di Stato dell'ayatollah Khomeini in Iran ordinò un fallimentare blitz per liberare il personale americano prigioniero nell'ambasciata di Teheran (apr. 1980). Dal 1981 fu presidente l'ex-attore repubblicano Ronald Reagan (n. 1911). Egli si impegnò per favorire l'economia restringendo l'intervento pubblico e riducendo le tasse (reaganomics). In politica estera in un primo momento risolse di mantenere un atteggiamento ostile all'URSS (progetto delle guerre stellari, aiuti agli anti-comunisti in Afghanistan). Nel 1985, l'avvento di Gorbaciov a capo dell'Unione Sovietica pose le basi per una svolta nei rapporti tra le superpotenze.