spinàcio

sm. [sec. XIV; dal persiano aspanāhk, incrociato con spina]. Nome comune usato per indicare la pianta Spinacia oleracea della famiglia Amarantacee originaria dell'Asia occidentale e diffusamente coltivata come ortaggio nelle varie parti del mondo. È un'erbacea annua alta 30-100 cm al termine del suo sviluppo, con fusto eretto e cavo e foglie ovali oblunghe, succose, spesso bollose, di colore verde intenso; quelle basali, grandi e con lungo picciolo, negli stadi giovanili della pianta formano una rosetta che rappresenta la parte normalmente raccolta e consumata. I fiori sono dioici e di colore verdastro: quelli maschili sono raccolti in spighe terminali, quelli femminili raggruppati in glomeruli ascellari; il frutto è un achenio. Tra le numerose varietà, che si distinguono in base all'epoca della semina (primaverili, autunnali ecc.) e alle dimensioni e alla forma delle foglie, sono da ricordare: mostruoso di Viroflay, gigante d'inverno, riccio d'Asti, vicking ecc. Coltivato in orto o in pieno campo, lo spinacio richiede terreni soffici, freschi e ben concimati, esigendo inoltre abbondanti innaffiature e sarchiature. Le foglie, che dopo essere state lessate, si mangiano all'agro, ripassate in padella ridotte a purea e sono inoltre un frequente composto base per ripieni, soufflé, sformati, torte salate, minestre ecc., sono ricche di vitamina A e di ferro; esse contengono però anche molto acido ossalico e per questo sono controindicate per i sofferenti di artrite. § Con il nome di spinacio della Cina o del Malabar viene indicata la Basella rubra, un'erbacea annua rampicante della famiglia Basellacee, di origine tropicale e coltivata per le foglie eduli. Le foglie sono ovato-triangolari e i fiori, riuniti in pannocchie, sono privi di petali, ma sono forniti di brattee e hanno il calice colorato. Per lo spinacio selvatico, vedi buon Enrico.

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