fèrro
IndiceLessico
sm. [sec. XIII; latino ferrum, arnese in ferro].
1) Elemento chimico di simbolo Fe, di peso atomico 55,845 e numero atomico 26. Si trova in natura come miscela di quattro isotopi: 54Fe (5,82%), 56Fe (91,66%), 57Fe (2,19%), 58Fe (0,33%). Per la sua duttilità, malleabilità, resistenza, è largamente impiegato in tecnologia: ferro battuto, lavorato a martello. Fig.: braccio di ferro, vigore fisico o anche energia e durezza nel comandare; carattere di ferro, risoluto, fermo; cuore di ferro, crudele; raccomandato di ferro, che può contare su autorevoli aiuti; alibi di ferro, inattaccabile; memoria di ferro, infallibile; salute di ferro, ottima; in varie loc.: toccare ferro, fare scongiuri; digerire il ferro, avere uno stomaco sanissimo; battere il ferro finché è caldo, insistere fintanto che l'occasione è favorevole.
2) Qualsiasi oggetto costituito da tale metallo, anche in composizione con altri elementi: una scatola di ferro; in particolare: i ferridel mestiere, gli utensili propri di ciascun lavoro o comunque tutto ciò che serve per una data attività: penne e matite erano i suoi ferri del mestiere. Più in particolare: A) Gli strumenti del chirurgo: morire sotto i ferri, durante un intervento chirurgico. B) Ferro da stiro, apparecchio usato per stirare, costituito da un corpo metallico con base liscia di forma approssimativamente triangolare (piastra) e dotato di manico isolante che ne consente la manovra. Può essere a riscaldamento indiretto, quando viene riscaldato per contatto con una sorgente esterna di calore (ormai non più usato), o a riscaldamento diretto, se la sorgente di calore è incorporata. In questo il riscaldamento viene ottenuto mediante un resistore inserito nella piastra percorso da corrente e opportunamente isolato; i tipi più moderni sono dotati di termostato per la regolazione della temperatura e di una vaschetta contenente acqua che, fuoriuscendo sotto forma di vapore, consente di inumidire il tessuto durante la stiratura. C) Ferro di cavallo, apposito ferro a forma di U che viene applicato a scopo protettivo sotto lo zoccolo dell'animale (vedi ferratura); per estensione: a ferro di cavallo, detto di strutture, immagini o disposizioni che ne richiamano la forma. D) Ferrida ricci, lunghe e sottili pinze metalliche che, riscaldate su appositi fornelli, erano impiegate un tempo per arricciare i capelli. E) Ferrida calza, sorta di aghi usati per lavorare a mano lana, cotone e altri filati; si tratta di due asticciole metalliche o di plastica, lunghe ca. 35 cm e di diametro variabile. F) Nel golf, nome generico di ciascuno dei dieci bastoni con la spatola di ferro. G) Denominazione generica della punta delle armi d'asta, quali punte di freccia, cuspidi di lance e puntali di picche. H) In edilizia, sono dette ferri le barre a sezione circolare (tondini) o variamente contornata (stellare, elicoidale, ecc.) usate per l'armatura delle strutture in conglomerato cementizio. I) Nell'attrezzatura navale, sinonimo di ancorotto.
3) Lett., arma da taglio; spada; armatura; venire ai ferri, combattere; essere ai ferri corti, trovarsi in aspro contrasto, quasi come in un duello all'ultimo sangue; mettere a ferro e fuoco una città, depredarla e distruggerla.
4) Catena con cui si legano i prigionieri: camminavano coi ferri ai polsi; condannare ai ferri, ai lavori forzati.
5) In gastronomia si usa al pl. nella loc.: cottura ai ferri, modo di cucinare le carni, specialmente bovine, che vengono poste su una graticola o su un analogo apparecchio e “aggredite” a fuoco vivo, perché si formi subito uno strato cotto in superficie che trattenga all'interno tutti gli umori e i sapori della carne. Anche il pesce e altri cibi (salsicce, ecc.) si prestano alla cottura ai ferri.
Ferro di origine meteoritica rinvenuto a Henbury, in Australia (Milano, Museo Civico di Storia Naturale).
De Agostini Picture Library/C. Bevilacqua
Ferro. Scala antincendio in un edificio di New York.
De Agostini Picture Library/P. Servo
Ferro. Battente proveniente dal portale della Stavkirke di Gudmansdale in Norvegia (sec. XIII; Oslo, Historisk Museum).
De Agostini Picture Library/A. Dagli Orti
Ferro. Cobra in ferro forgiato di Art Déco.
De Agostini Picture Library/G. Dagli Orti
Ferro. Cancello realizzato nel 1929 da E. Brandt (Richmond, Virginia Museum).
Richmond, Virginia Museum
Mineralogia
Il ferro costituisce complessivamente il 4,7% della crosta terrestre , rappresentandovi il quarto elemento in ordine di abbondanza dopo l'ossigeno, il silicio e l'alluminio; è poi il costituente principale (ca. 91%) del nucleo centrale della Terra. Nel cosmo il ferro rientra fra gli elementi chimici peculiari, a motivo della sua diffusione e delle caratteristiche nucleari . Nel grafico rappresentativo delle abbondanze chimiche, la posizione del ferro contrassegna un cospicuo picco per il fatto che, per esso, l'energia di legame che ne tiene uniti i nucleoni risulta massima. Questa proprietà, dal punto di vista energetico, consente che nei noccioli termici delle stelle possano susseguirsi le reazioni di nucleosintesi per tutti gli elementi più leggeri, a cominciare dall'elio, fino, appunto, alla produzione del ferro e delle sostanze affini, che sono compartecipi al “gruppo del picco del ferro” vale a dire il nichel, il cobalto, l'iridio, ecc. Per la sua elevata affinità con l'ossigeno e con l'acqua, raramente il ferro si trova allo stato nativo: in piccole quantità è stato rinvenuto in alcuni giacimenti della Groenlandia e dell'Irlanda e si ritiene che derivi da un processo riduttivo operato da banchi di carbone attraversati o inglobati da una colata basaltica. Il più grande campione di ferro nativo, del peso di 25.000 kg, è conservato nel Museo di mineralogia di Stoccolma. Tra i numerosi minerali del ferro solo alcuni costituiscono giacimenti sfruttabili industrialmente: l'ematite, la magnetite e la limonite. A questi si aggiunge la pirite, utilizzata nella produzione dell'acido solforico per lo zolfo che contiene, ma che fornisce anche la cosiddetta cenere di pirite, costituita dall'ossido Fe2O3, oggi anch'essa utilizzata in siderurgia.
Ferro delle paludi e ferro oolitico
Con il nome di ferro delle paludi si designa un minerale di ferro, per lo più costituito da ossidi di ferro idrato, che si deposita in ambiente palustre o lacustre in seguito a processi prevalentemente biochimici sul carbonato ferroso (FeCO3) in soluzione nelle acque; può dar luogo a giacimenti talvolta di notevole interesse economico. Ferrooolitico è detto invece un minerale di ferro rappresentato da ooliti, con nucleo costituito da granuli di quarzo o da frammenti di conchiglie calcaree e circondato da involucri concentrici di prodotti ferruginosi (in specie ossidi di ferro idrato), inglobate in un cemento granulare prevalentemente calcitico. Il ferro oolitico si forma in mari poco profondi o in laghi, in cui arrivino acque contenenti ferro asportato da giacimenti continentali. I depositi di ferro oolitico, originatisi in periodi diversi, rivestono spesso una notevole importanza economica, come quelli precambriani nel Transvaal e nella penisola di Kola, quelli cambriani negli Appalachi, in Inghilterra e in Spagna, quelli siluriani in Bretagna, Normandia e Boemia, quelli devoniani negli Urali e nell'Eifel e quelli giurassici in Lorena e in Lussemburgo.
Ferro metallico
Il ferro metallico chimicamente puro è un metallo di colore bianco e lucente. Fonde a ca. 1540 °C e bolle a 3070 °C; il suo peso specifico è di 7,87 g/cm3. Il ferro è polimorfo: a temperatura ambiente e fino a 769 °C è stabile la forma α, ferromagnetica, con un reticolo cristallino cubico centrato; tra 769 e 910 °C è stabile la forma β, che ha lo stesso reticolo ma non è più ferromagnetica; tra 910 e 1390 °C è stabile la forma γ con reticolo cubico a facce centrate e tra 1390 °C e il punto di fusione è stabile la forma δ, con reticolo simile a quello della forma α. L'esistenza di queste forme è di importanza fondamentale nella metallurgia del ferro. Inoltre il ferro ha la proprietà di magnetizzarsi quando è sottoposto all'azione di un campo magnetico (vedi ferromagnetismo).
Chimica: generalità
Il ferro, dal punto di vista chimico, è un elemento assai reattivo e in particolare presenta un'elevata affinità per l'ossigeno; il metallo finemente suddiviso, ottenuto riducendo l'ossalato di ferro in corrente di idrogeno a temperatura non troppo elevata, è piroforico, ossia si incendia spontaneamente all'aria. Gli acidi diluiti attaccano il ferro sviluppando idrogeno e portandolo più o meno velocemente in soluzione sotto forma di sale di ferro (II); non lo attacca invece l'acido nitrico molto concentrato, a causa dell'insorgere del fenomeno della passività. La resistenza del ferro alla corrosione, come le altre sue proprietà, è tuttavia fortemente influenzata dalla presenza nel metallo di quantità anche minime di altri elementi.
Chimica: i composti del ferro
In quasi tutti i suoi composti il ferro si comporta come bivalente oppure come trivalente: solo eccezionalmente come esavalente, dando luogo ai ferrati, come per esempio quello di bario, BaFeO4, di colore rosso, instabile e fortemente ossidante; la valenza 1 si riscontra solo in qualche composto generalmente instabile. Nei composti del ferro bivalente, detti ferrosi secondo la nomenclatura tradizionale e composti di Fe(II) secondo la moderna nomenclatura ufficiale, il ferro si comporta come elemento tipicamente metallico, fornendo una serie di sali che derivano dal catione Fe2+ e si separano dalle loro soluzioni acquose, con molecole d'acqua di cristallizzazione, sotto forma di solidi di colore verde chiaro. Il solfato eptaidrato, FeSO·7H2O, è noto fin dall'antichità con il nome di vetriolo verde e si rinviene in piccola quantità anche in natura, con il nome mineralogico di melanterite. Lo si ottiene disciogliendo il ferro metallico in acido solforico diluito ed evaporando la soluzione; con il solfato di ammonio forma un sale doppio
noto con il nome di sale di Mohr. Il cloruro di Fe(II), FeCl2, cristallizza dalle soluzioni acquose sotto forma di idrato, di colore verde, con un diverso numero di molecole di acqua di cristallizzazione secondo le condizioni; il sale anidro che si ottiene facendo agire l'acido cloridrico gassoso anidro sul ferro metallico è invece una polvere di colore bianco. Tutti i sali di Fe(II) tendono a ossidarsi più o meno rapidamente a opera dell'ossigeno atmosferico, trasformandosi in sali di Fe(III), e per questo si comportano come riducenti. Aggiungendo a freddo dell'idrossido di sodio o di potassio alle loro soluzioni acquose in assenza di ogni traccia di ossigeno, precipita l'idrossido Fe(OH)2 sotto forma di solido gelatinoso di colore verdognolo, che all'aria si ossida rapidamente a idrossido di Fe(III), Fe(OH)3, di color ruggine. L'ossido FeO è instabile e tende a decomporsi in ferro metallico e nell'ossido salino Fe3O4 identico alla magnetite naturale. Il solfuro FeS si ottiene attraverso una reazione fortemente esotermica riscaldando una miscela di zolfo e ferro metallico: è un solido di colore nero che con acido solforico o cloridrico diluiti svolge acido solfidrico e viene appunto utilizzato in laboratorio per preparare questo composto:
Nei suoi sali il Fe(III) presenta carattere metallico meno spiccato del Fe(II): infatti le loro soluzioni, di colore giallo o arancione, quando non siano addizionate di un forte eccesso di acido, tendono a idrolizzarsi intorbidandosi a causa della separazione dell'idrossido Fe(OH)3 o di sali basici insolubili. L'aggiunta di alcali a tali soluzioni provoca la separazione immediata e quantitativa dell'idrossido. Per calcinazione questo si trasforma nell'ossido Fe2O3, identico al minerale ematite. Il cloruro di Fe(III), usato tra l'altro come catalizzatore in varie reazioni della chimica organica, si prepara anidro facendo reagire il ferro metallico con un eccesso di cloro gassoso: allo stato solido il sale anidro è di colore verde, mentre allo stato fuso è rosso ed è abbastanza facilmente volatile formando vapori di colore violetto: è molto solubile in acqua e dalle soluzioni acquose si ottiene sotto forma di idrati diversi, tutti di colore giallo carico, bruno o rossastro. Sia dal Fe(II) sia dal Fe(III) derivano poi numerosi composti a carattere di complesso, tra i quali sono importanti i ferrocianuri e i ferricianuri; carattere di complesso ha anche il tiocianato, Fe(SCN)3, stabile in mezzo fortemente acido e la cui intensissima colorazione rossa consente di svelare la presenza anche di minime quantità di ferro nel corso delle analisi chimiche.
Metallurgia: storia
Il ferro è molto importante nella scienza e nelle tecnologie che studiano i metalli in quanto, a parte la larghissima utilizzazione che investe tutti i campi di applicazione , la complessità dei vari processi che conducono alla fabbricazione del metallo a partire dai suoi minerali e le successive lavorazioni hanno rappresentato in passato e ancora costituiscono un modello e il fondamento delle metallurgie di molti altri metalli. L'utilizzazione, e quindi la metallurgia, del ferro risale a un'epoca abbastanza recente della storia (Età del Ferro): si ritiene che all'inizio venne sfruttato il ferro meteorico, abbondante soprattutto in Africa a quei tempi, e ciò appare confermato dal nome dato dagli Egizi al ferro (metallo che viene dal cielo). La fabbricazione del ferro a partire dai suoi minerali fino al sec. XIII si realizzava attraverso un processo di riduzione diretta del minerale portato a elevata temperatura a contatto con carbone di legna nei cosiddetti bassi fuochi. L'ossido di carbonio prodotto dalla combustione del carbone riduceva gli ossidi di ferro dando luogo alla formazione di un blocco di ferro spugnoso misto a scorie (spugna di ferro), che venivano eliminate sottoponendolo incandescente a un intenso martellamento (fucinatura). Il ferro così ottenuto (ferro fucinato) aveva un titolo di carbonio molto basso e pertanto offriva buone caratteristiche di deformabilità, di lavorabilità e di resistenza alla corrosione atmosferica. Successivamente i forni primitivi subirono graduali modificazioni tali da realizzare temperature sempre più elevate fino a fondere la spugna di ferro. Si pervenne così alla realizzazione di una lega ferro-carbonio con percentuale di carbonio intorno al 4%, la ghisa (sec. XIV). Questa fu raffinata, per ottenere il ferro prima allo stato pastoso poi (sec. XVIII) spugnoso quindi (sec. XIX) liquido: i processi di affinazione, per rendere minime le percentuali di carbonio e delle altre impurezze, furono dapprima basati sullo schiacciamento con presse (puddellaggio) poi sull'impiego di convertitori.
Metallurgia: i moderni processi
Questo ciclo indiretto di fabbricazione del ferro è stato sempre più perfezionato fino alla realizzazione dei moderni impianti siderurgici (vedi altoforno e acciaieria). Negli ultimi decenni del Novecento sono stati condotti studi e sono state effettuate esperienze allo scopo di ripristinare l'antico processo di riduzione diretta dei minerali per la fabbricazione del ferro eliminando la fase intermedia della preparazione della ghisa. I risultati ottenuti sono stati soddisfacenti e tali da incoraggiare alcune industrie siderurgiche a tentare la realizzazione di nuovi impianti che consentano di ottenere direttamente dal minerale ferro puro. Inoltre è prevedibile che nel futuro questi nuovi procedimenti possano svilupparsi sempre di più. Per ottenere ferro a elevato grado di purezza (99,9÷99,99%) è necessario sottoporre il ferro commercialmente puro, avente bassissime percentuali di carbonio e di altre impurezze (come silicio, manganese, zolfo, fosforo, ossigeno), a ulteriori trattamenti di raffinazione come quello per via elettrolitica seguito spesso da fusione sotto alto vuoto (ferro elettrolitico), oppure quello più recente di raffinazione per fusione a zone di un ferro già raffinato per altra via. Si tratta però di operazioni molto costose e pertanto le produzioni di ferro purissimo sono limitate alle sole quantità richieste a scopi di ricerca e di applicazioni particolari. Il ferro puro presenta caratteristiche meccaniche piuttosto basse e quindi non soddisfacenti specie per quelle applicazioni nelle quali i materiali sono più o meno intensamente sollecitati; ha però il pregio di presentare una buona resistenza alla corrosione atmosferica e questa proprietà viene esaltata proprio dal grado di purezza. Anche la sua resistenza meccanica può essere incrementata dal trattamento di deformazione plastica a freddo (incrudimento). Un esempio di ferro commercialmente puro, contenente titolo di impurezza minore dello 0,1%, è il ferro armco, spesso impiegato per la costruzione di componenti da profondo stampaggio (lamiere, serbatoi, tubazioni, profilati per finiture e particolari di carattere ornamentale). La presenza di carbonio anche in piccole percentuali ha un effetto notevole soprattutto sulla resistenza alle sollecitazioni meccaniche e pertanto, nelle applicazioni, il ferro viene utilizzato più comunemente in lega con il carbonio (acciai e ghise). Inoltre per impieghi speciali possono essere aggiunti altri elementi ottenendo così diverse leghe. Nella produzione del ferro e delle sue leghe ha notevole importanza il polimorfismo di questo metallo e, più esattamente, le forme α e γ, che in metallurgia assumono le denominazioni rispettivamente di ferrite e di austenite; questi stessi termini vengono più spesso utilizzati per indicare le soluzioni solide che molti elementi formano con il ferro. Le temperature alle quali avvengono le trasformazioni da una forma all'altra, dette anche punti di trasformazione, vengono comunemente indicate con A3 con riferimento alla trasformazione Feα ⇄ Feγ e con A4 per la modificazione Feγ ⇄ Feδ (per il diagramma ferro-carbonio, vedi diagramma di stato). Sui cambiamenti di forma cristallina sono basati i trattamenti termici che vengono effettuati sul ferro e specialmente sulle leghe allo scopo di esaltare le loro caratteristiche meccaniche e di avere un miglior comportamento in opera. Il ferro puro è essenziale in elettrotecnica per le sue proprietà magnetiche; inoltre viene utilizzato in lega con altri elementi (per esempio silicio) per la realizzazione dei circuiti magnetici di macchine e apparecchi elettrici. Quando tali circuiti debbono essere sede di flusso magnetico costante nel tempo vengono realizzati con blocchi massicci; quando il flusso è alternato sono invece costituiti da pacchi di lamierini magnetici allo scopo di ridurre le perdite di potenza dovute all'isteresi magnetica e alle correnti parassite, dette appunto perdite nel ferro. Per la costruzione di strumenti di misura e di apparecchi in corrente continua nei quali si richieda una smagnetizzazione rapida e totale delle parti attive in ferro, essenziale per aver tarature precise e costanti, si usa ferro armco, caratterizzato da purezza quasi assoluta sul piano chimico.
Biochimica
Il ferro è un elemento essenziale per la vita degli organismi animali. Come costituente dell'emoglobina, esso permette la fissazione dell'ossigeno atmosferico da parte del sangue negli alveoli polmonari e la conseguente utilizzazione ai fini respiratori. Identico ruolo biologico possiede il ferro contenuto in vari pigmenti respiratori degli Invertebrati. Il ferro entra pure nella composizione di alcuni metallo-enzimi catalizzatori di importanti processi ossidoriduttivi cellulari, quali i citocromi, la succinico-deidrogenasi, la perossidasi, la catalasi, la xantinaossidasi. Nell'uomo adulto il contenuto totale di ferro è di 3-5 g, di cui la maggior parte si trova nei globuli rossi (60-70%), il 3-5% entra a far parte della mioglobina dei muscoli, il 16% degli enzimi respiratori; una piccola parte di ferro circola nel sangue combinata con la transferrina; la rimanente quota si trova distribuita nei diversi tessuti, concentrata specialmente nel fegato, nel midollo osseo e nella milza, sotto forma di ferritina e di emosiderina. In rapporto al significato biologico delle diverse frazioni, il ferro si distingue in: ferro attivo, contenuto nell'emoglobina e negli enzimi respiratori; ferro di trasporto, presente nel sangue, legato alla transferrina; ferro di riserva, depositato nei tessuti sotto forma di ferritina o di emosiderina. Sia il contenuto totale di ferro dell'organismo sia la percentuale relativa delle varie frazioni sono mantenuti costanti da un complesso meccanismo di regolazione che costituisce il cosiddetto ciclo intraorganico del ferro, recentemente chiarito grazie all'impiego degli isotopi radioattivi del metallo. Nell'ambito di questo ciclo i tessuti che utilizzano il ferro, cioè i tessuti emopoietici, si servono del ferro di deposito oppure della quota che si libera dalla distruzione dei globuli rossi senescenti. Una parte di quest'ultima va nel contempo a ripristinare i depositi tessutali insieme con il ferro che viene introdotto con gli alimenti. Di norma una piccola quantità di ferro sfugge a questo ciclo, in quanto si perde attraverso le unghie, i peli, i capelli, la bile, le cellule della mucosa intestinale in sfaldamento, ecc., per un ammontare di 1 mg giornaliero. Si ritiene pertanto che per assicurare l'equilibrio del ricambio di ferro sia sufficiente l'introduzione giornaliera di 1 mg di ferro con gli alimenti. Nella donna la richiesta di ferro aumenta considerevolmente durante la gravidanza, l'allattamento e nel periodo mestruale. Un aumento della richiesta di ferro si ha pure nella prima infanzia e nell'adolescenza. In tutte queste situazioni possono facilmente instaurarsi stati di carenza che si manifestano sotto forma di anemia (anemia ferropriva), qualora l'apporto di ferro con gli alimenti non venga adeguatamente aumentato. Alimenti ricchi di ferro sono le carni rosse, il fegato, il tuorlo d'uovo, gli spinaci, le ostriche, il vino rosso. Poveri di ferro sono invece i vegetali non verdi, il latte e i suoi derivati. Negli alimenti, il ferro è di norma contenuto sotto forma di complessi organici, combinati cioè con proteine. Questi complessi non sono utilizzabili come tali dall'organismo in quanto l'intestino può assorbire il ferro esclusivamente allo stato ionico, come ione ferroso (Fe2+). Ai fini dell'assimilazione del ferro acquista pertanto importanza determinante l'azione dell'acido cloridrico presente nello stomaco, che libera lo ione ferroso dai complessi proteici alimentari. L'assorbimento del ferro avviene nel tratto duodeno-digiunale dell'intestino tenue attraverso un meccanismo di trasporto attivo, consistente nella combinazione dello ione Fe2+ con l'apoferritina contenuta nelle cellule della mucosa intestinale e nel successivo trasferimento nel sangue della risultante ferritina. Nel sangue il ferro si scinde dall'apoferritina, si ossida a ione ferrico (Fe3+), combinandosi infine con la transferrina, proteina deputata specificamente al trasporto plasmatico del metallo. Il ferro di trasporto tende a depositarsi nelle cellule dei vari tessuti dove viene utilizzato o immagazzinato. Una quota del ferro di deposito, detta pool del ferro labile, è costantemente disponibile per la sintesi dell'emoglobina. Un'altra parte viene invece utilizzata esclusivamente nel ricambio degli enzimi della catena ossidativa cellulare e pertanto non può essere mobilizzata dai depositi. In rapporto alle necessità dell'organismo il ferro può scindersi dai supporti proteici e passare nel sangue per combinarsi con la transferrina, dalla quale viene trasportato nel midollo osseo e negli altri organi emopoietici. A tale livello si fissa sulla membrana degli eritroblasti, si scinde dalla transferrina, passando infine nell'interno delle cellule dove viene utilizzato per la sintesi dell'emoglobina.
Arte
La duttilità del ferro consentì il suo impiego in forme di alto artigianato e di arte fin dai tempi antichi. La tecnica della lavorazione a caldo fu importata dall'Oriente e giunse ai Celti, agli Etruschi e agli Iberi per la mediazione dei popoli indeuropei. Utilizzato dopo l'avorio e il legno, il ferro ebbe la sua prima vasta fioritura nell'arte del decoro presso gli Etruschi, ai quali si ispirarono artisti e artigiani del Medioevo. Nella Francia meridionale e nella Spagna settentrionale, probabilmente per la vicinanza delle miniere, il ferro apparve in bellissima forma d'arte nel momento aureo dell'arte romanica, per trovare la massima esaltazione nell'arte gotica. I ferri delle porte delle chiese di Coustouges e di Corneilla-de-Conflent, le cancellate della cattedrale di Rouen, i portali di Notre-Dame di Parigi e dell'abbazia di Marcevolos in Spagna, le porte della cattedrale di Valencia sono gli esempi più immediati della straordinaria applicazione di questo metallo nell'ambito artistico dei sec. XII e XIII. L'Italia fu tra i primi Paesi a utilizzare il ferro battuto ed ebbe, specie in Toscana, artisti insigni. Basti citare Conte di Lello Orlandi che fece di Siena il centro più importante della lavorazione del ferro battuto; a lui si devono le cancellate del duomo di Siena, eseguite con l'aiuto del figlio Giacomo. Nella stessa prima metà del sec. XIV furono battute anche le cancellate delle Arche Scaligere di Verona. Intanto le opere di Bertuccio di Betto da Siena, di Matteo da Bologna, di Giovanni da Michele si aprirono a un nuovo linguaggio che nel Rinascimento inserì il ferro battuto con perfetto equilibrio nelle linee di un'architettura dominata dal gioco delle proporzioni e nella ricerca dell'unità di espressione. Meno utilizzato tuttavia del bronzo, che dominò il Rinascimento così come continuò a imporsi durante il Barocco, il ferro battuto apparve impiegato in linee e forme sobrie di squisita fattura nel cancello della cappella del Sacramento in S. Pietro, nelle cancellate di S. Giovanni in Laterano, nei cancelli della villa Rosa a Tramonte di Teolo (Padova) e di palazzo Poiana a Vicenza, nei cancelli di S. Ambrogio a Milano, ecc., mentre in Francia, dove va segnalato l'autentico capolavoro delle “grilles d'honneur” del castello di Maisons-Laffitte, il ferro battuto andò arricchendosi di dorature. In Germania, con il tardogotico, si ha un bellissimo esempio di lavorazione del ferro nella porta del duomo di Erfurt (sec. XIV), testimonianza di una ricca tradizione tedesca e austriaca, che si esaltò in lavori come i cancelli della chiesa di S. Elisabetta a Marburgo (sec. XIV) e della parrocchiale di Hall in Tirolo (sec. XV), nei lampadari del duomo di Halberstadt (sec. XVI), nella grande gabbia di pozzo a Neisse (sec. XVII), nei cancelli di S. Ulrico ad Augusta (sec. XVIII) e del castello del Belvedere a Vienna (sec. XVIII). Egualmente il ferro battuto aveva trovato seguito in Inghilterra (con splendide opere nella cattedrale di S. Albano, nell'abbazia di Radfort, nel Merton College di Oxford) dando nel corso dei secoli autentici capolavori in tutti i Paesi, dalla Cecoslovacchia (cattedrale di S. Vito a Praga), alla Danimarca (cattedrale di Roskilde), alla Svizzera, alla Russia, per entrare negli oggetti di arredo con l'Ottocento e partecipare dalla metà del secolo in poi – coincidendo con la nascita del liberty – in maniera determinante alla struttura architettonica dell'edificio (Crystal Palace di Londra) o costituirne parte unica (ponte sul Firth-of-Forth presso Edimburgo, Torre Eiffel). L'arte del ferro, con l'avvento di forza nella struttura della costruzione, andò declinando come opera ornamentale e, così come l'artigianato, si spense per assenza di maestri e di scuole.
Bibliografia
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Per la biochimica
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Per l'arte
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