abbigliaménto

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Lessico

sm. [sec. XVI; da abbigliare]. Atto, effetto e modo di abbigliare, abbigliarsi: abbigliamento di lusso. L'espressione, spesso usata semplicemente per indicare l'insieme degli indumenti, può comprendere tutti gli elementi che concorrono a formare l'aspetto definitivo di una persona, e cioè l'acconciatura, il trucco, gli ornamenti e gli accessori. Per una trattazione più particolareggiata si rimanda alle voci: acconciatura, biancheria, calzatura, cappello, cosmesi, costume, gioiello, moda, ornamento, parrucca, veste.

Storia

L'abbigliamento, nella sua forma più elementare, ha risposto, fin dai tempi preistorici, soprattutto a esigenze di tipo utilitaristico, anche se il desiderio di abbellire il proprio aspetto si può dire connaturato con l'uomo. Oggetti connessi con l'abbigliamento (conchiglie forate, aghi ecc.) sono stati rinvenuti in siti preistorici risalenti al Paleolitico superiore; ancora in tempi recenti fra i gruppi che praticano la nudità completa sono in uso braccialetti, cinture di erbe e altri accessori. Gli stessi Fuegini, che pure vivevano nudi nonostante il clima rigido, adottavano d'inverno rozze calzature, mantelli di pelle e copricapo. L'abbigliamento, in rapporto alle condizioni ambientali, poteva essere ridotto a un semplice astuccio penico per l'uomo e a un copripudende per la donna: questi sono ancora usati da alcuni gruppi etnici dell'Amazzonia e dell'interno della Nuova Guinea. Ma già in epoca preistorica i vari gruppi umani nomadi, per adattarsi ai successivi habitat, elaborarono un abbigliamento che meglio rispondeva alle esigenze del momento, utilizzando allo scopo sia pelli di animali sia prodotti vegetali (cortecce pellicolari, foglie morbide, erbe e florescenze filamentose). Nel contempo si ebbe un progressivo diffondersi e svilupparsi degli accessori e degli ornamenti che, perso il loro carattere prevalente d'abbellimento e di richiamo sessuale, assunsero un significato sociale (segni di ricchezza, di potere ecc.), rituale o più semplicemente estetico (acconciature, monili, decorazioni ecc.). Per quanto riguarda il differenziarsi dell'abbigliamento in funzione dell'ambiente e del livello culturale dei vari popoli, si può genericamente affermare che i gruppi umani viventi in ambiente tropicale e subtropicale elaborarono vestiti assai semplici (perizoma, gonnellini, mantelli) ; quelli viventi in climi temperati svilupparono indumenti drappeggiati intorno al corpo (tunica, chitone, chimono, toga ecc.); quelli viventi in climi freddi crearono vestiti aderenti al corpo ottenuti cucendo fra loro parti appositamente sagomate. L'invenzione della filatura, della concia e poi della tessitura e della metallurgia, accompagnata dalla domesticazione degli animali, soprattutto da lana, e dall'utilizzazione di fibre vegetali (lino, cotone), unitamente al modificarsi del concetto di pudore, consentì ai popoli in rapido sviluppo culturale di elaborare originali canoni estetici che portarono a fenomeni di massa quali l'adozione del costume, che caratterizza i vari popoli e intere epoche e che già prelude alla moda. In età classica, nell'area del Mediterraneo, dell'India settentrionale e dell'Asia orientale, l'abbigliamento rispondeva sia a leggi economiche sia a principi morali sia a mutevoli criteri estetici. I Paesi produttori di lana, cotone, lino, seta realizzarono per il consumo di massa abiti fatti con le materie prime di loro produzione riservando per le classi abbienti i tessuti provenienti dall'estero. Con la diffusione di nuovi mezzi meccanici e con la lavorazione artigianale su vasta scala di materie prime importate si poté realizzare, a partire dal sec. XVIII, un tipo di abbigliamento standard alla portata di larghe masse (tale fu, per esempio, la biancheria di cotone). Nel sec. XX la diffusione di fibre artificiali e l'industrializzazione delle lavorazioni hanno portato al fenomeno della produzione in serie di abiti e accessori a basso costo, che consente altresì di adattare l'abbigliamento alle mutevoli esigenze della moda e offre la possibilità anche ai meno abbienti di vestire in modo originale e decoroso (vedi anche tessile).

Archeologia: preistoria

Per l'età preistorica, le prime documentazioni di abbigliamento risalgono al Paleolitico superiore: sono stati rinvenuti aghi di osso che dovevano servire a cucire pelli animali utilizzate come indumenti e come camuffamenti forse rituali (ne è esempio una figura della grotta dei Trois Frères). L'esigenza di proteggere il corpo dalle intemperie fu però ben presto associata al desiderio di adornarsi. Nella statuetta femminile di Willendorf, per esempio, si nota un'elaborata acconciatura del capo, e così le figure umane della grotta dell'Addaura hanno sul capo maschere a cappuccio. In alcune tombe dei Balzi Rossi sono state ritrovate, ammucchiate vicino alle ossa degli inumati o addirittura aderenti a esse, conchiglie forate artificialmente; da ciò si è dedotto che dovessero probabilmente ornare cappucci o altri indumenti. Nell'importante necropoli mesolitica delle Arene Candide, innumerevoli ossa caudali di scoiattoli, rinvenute ancora in connessione sul bacino degli inumati, dovevano costituire originariamente una sorta di gonnellini. Nell'arte rupestre del Levante spagnolo si vedono figure umane con ornamenti del capo e degli arti e raffigurazioni femminili con lunghe gonne. Anche nelle pitture preistoriche africane sono riprodotti mantelli, gonnelle e acconciature varie. Dal Neolitico in poi compaiono tessuti di fibre vegetali: quasi ovunque è utilizzato per primo il lino, ma nella grotta di Los Murciélagos, in Spagna, sono state ritrovate anche fibre di sparto. Resti di tessuti neolitici sono stati conservati dalla torba delle palafitte svizzere e dalle sabbie africane: in Egitto, nella tomba di el-Badārī, gli inumati erano avvolti in pelli o in tessuti di lino, uso che perdurò fino al predinastico Amraziano. Eccezionale resto di un tessuto forse di lana fu trovato in una sepoltura di Çatal Hüyük in Anatolia. Statuette fittili delle culture neolitiche balcanico-danubiane, iraniche, ecc. recano disegni che potrebbero essere pitture corporali (si pensa eseguiti con pintadere) ma anche ornamenti di vestiario. A Malta, la celebre “dormiente” di Hal Saflieni indossa una gonna che termina con larga fascia a pieghe. Una figurina fittile rinvenuta nel 1983 nei livelli neolitici della grotta dell'Uzzo, e databile agli inizi del V millennio, indossa un raffinato vestito a pieghe con scollatura a V. Con l'inizio delle età dei metalli e l'affermarsi della tessitura, l'abbigliamento diventa più complesso e si arricchisce di spilloni, per trattenere indumenti o acconciature, bracciali e anelli di filo di rame e bronzo; accanto a monili costituiti di grani e perline ricavate da conchiglie, osso, pietre tenere, ecc. compaiono quelli in metallo, particolarmente in oro e argento; i bottoni d'osso con foratura a V sono tipici della cultura eneolitica del vaso campaniforme. Nell'avanzata Età del Bronzo si diffonde l'uso della fibula che servì come ornamento oltre che come gancio per le vesti sia femminili sia maschili. Nelle Età del Bronzo e del Ferro, la pratica dell'incinerazione ha sottratto purtroppo parte della documentazione che si riferisce al vestiario. Le maggiori testimonianze di quel periodo sono ricavabili dai bronzetti (notevoli quelli sardi), da alcune riproduzioni veristiche e da menhir antropomorfi, soggetti sui quali appaiono mantelli, cinture, pettorali, abbigliamento ormai simile a quello dell'inizio dell'età storica.

Bibliografia

R. Levi Pisetzky, Storia del costume in Italia, I, Milano, 1964; V. L. Grottanelli, Ethnologica, Milano, 1965; M. Davenport, The Book of Costume, New York, 1968; W. Bruhn, M. Tilke, L'abbigliamento nei secoli, Roma, 1980; E. Cerulli, Vestirsi, spogliarsi, travestirsi, Palermo, 1981; Autori Vari, Guida all'abbigliamento italiano, Milano, 1988.

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