prenatale
agg. [pre-+natale (agg.)]. Che precede la nascita: vita prenatale, la vita del feto prima della nascita. Diagnosi prenatale delle malattie, possibilità di riconoscere, durante la gravidanza, l'esistenza di malattie genetiche del feto. Al 1996 erano circa 200 le malattie genetiche dovute sia a difetti genici sia a difetti dei cromosomi, individuabili con le moderne tecniche di diagnosi prenatale. Queste rappresentano circa il 5% delle malattie ereditarie note. Si stima inoltre che, grazie al ritmo crescente delle conoscenze sui geni, entro i prossimi 10 anni più della metà delle malattie genetiche potranno essere accertate con una diagnosi prenatale. Grazie all'amniocentesi è possibile effettuare controlli del liquido amniotico e studiare il cariotipo delle cellule fetali di sfaldamento presenti in esso. Dal cariotipo si può risalire a difetti genetici trasmessi con il patrimonio ereditario. Oltre all'amniocentesi si possono praticare prelievi di sangue fetale, dei villi coriali e del sangue del cordone ombelicale. Attraverso opportuni esami sul materiale prelevato si possono identificare i geni responsabili di eventuali anomalie e le famiglie a rischio di determinate malattie o patologie malformative. Coppie a rischio sono, per esempio, quelle che hanno avuto precedentemente un figlio affetto da sindrome di Down o con malformazioni del sistema nervoso centrale (tipo spina bifida) o portatore di difetti del metabolismo, come la glicogenosi e la fenilchetonuria. Infine, può essere considerata una condizione a rischio l'età avanzata della madre (sopra i 35 anni). Oltre agli esami biochimici e citogenetici, un valido contributo alla diagnosi prenatale è offerto dall'ecografia che permette di svelare difetti della morfologia fetale fin dalle prime fasi della gestazione, in particolare le alterazioni strutturali degli organi del sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale), del rene (rene policistico) e delle vie urinarie, del cuore (malformazioni cardiache e dei grossi vasi collegati), dell'apparato scheletrico (focomelia). Altra prospettiva degna di interesse è quella della diagnosi eseguita non direttamente sul feto, ma sul sangue materno, evitando così interventi invasivi in utero. Che le cellule del feto siano presenti nel sangue materno è noto da tempo, ma soltanto oggi sono stati individuati gli eritrociti nucleati (una delle forme immature degli eritrociti) fetali come il tipo di cellule più utili per la diagnosi prenatale. Lo sviluppo delle diagnosi prenatale ha condotto anche nei Paesi industrializzati a un abuso del ricorso a tali indagini, in assenza di rischi concreti. Secondo stime italiane, il 35-40% delle diagnosi (in particolare amniocentesi) effettuate ogni anno non avrebbero ragione di essere praticate. Per alcuni esperti, sul ricorso a esami invasivi pesano la pressione dei mezzi di comunicazione e gli aspetti economici: le coppie realmente a rischio per l'avanzata età procreativa o per precedenti nella storia genetica della famiglia sono il 10% di quelle fertili, mentre la copertura attuale con esami prenatali è superiore al 15%. Un problema molto sentito dal punto di vista etico è quello legato all'interruzione di gravidanza conseguente all'esito di una diagnosi prenatale. In un Paese come l'Italia ogni anno circa 500000 donne in stato di gravidanza si sottopongono a diagnosi prenatale: di queste l'80-90% effettuano l'esame ecografico; 40000 sono le analisi cromosomiche attraverso l'amniocentesi e il prelievo dei villi coriali; 150-200 mila le indagini molecolari per malattie come la talassemia e la fibrosi cistica. La diagnosi risulta positiva in circa il 2% delle indagini cromosomiche e nel 25% di quelle molecolari. Se, secondo alcune stime, il 99% delle donne che ricevono un responso positivo da queste analisi sarebbero inclini a interrompere la gravidanza, altri esperti sostengono che grazie a tali diagnosi si evita d'altra parte che donne a rischio abortiscano solo per la paura di avere un figlio malformato. Secondo questa corrente di pensiero, inoltre, chi si sottopone a una diagnosi prenatale è già predeterminato a interrompere la gravidanza. Sembra invece molto raro il ricorso all'aborto in seguito alla diagnosi di malformazioni minime. Lo sviluppo delle diagnosi prenatali ha anche condotto alla possibilità di intervenire farmacologicamente o chirurgicamente subito dopo la nascita, e in prospettiva anche in utero, per curare alcune malformazioni fetali, specie in campo cardiologico e genito-urinario. In Italia nascono ogni anno circa 5000 bambini con malformazioni congenite del cuore. Attraverso le diagnosi prenatali è possibile individuare difetti congeniti del cuore fin dalla sedicesima settimana di gestazione e ciò rende teoricamente possibile la cura in utero di patologie quali lo scompenso cardiaco del feto o di aritmie fetali non gravi. Inoltre in caso di malformazioni del cuore la diagnosi prenatale consente il trasporto ancora in utero del feto presso strutture ove il bambino possa essere assistito subito dopo la nascita. La terapia chirurgica prenatale delle malformazioni del cuore è ancora in una fase sperimentale ma è probabile che in futuro possa essere realizzata anche grazie alla miniaturizzazione degli strumenti. Le malformazioni cardiologiche più comuni nel feto sono la trasposizione delle grandi arterie (origine dell'aorta dal ventricolo destro e dell'arteria polmonare dal ventricolo sinistro), la tetralogia di Fallot o morbo blu, caratterizzata da difetto del setto interventricolare e stenosi della valvola polmonare; la stenosi aortica critica, la coartazione aortica caratterizzata da un'ostruzione all'efflusso del ventricolo sinistro con conseguente scompenso cardiaco. Le diagnosi prenatali consentono inoltre di osservare e seguire prima della nascita molti difetti congeniti dei reni e delle vie urinarie, permettendo di intervenire subito dopo la nascita prima che tali malformazioni producano danni irreversibili. Si stima che un giovane su due che giunge alla insufficienza renale terminale e alla dialisi (in attesa di un trapianto) sia affetto da malattie congenite dei reni e delle vie urinarie che sono insorte nei primi anni di vita. Le malformazioni delle vie urinarie rappresentano circa il 25% di tutte le malformazioni congenite e il 50% di quelle che possono essere riconosciute con l'ecografia dal quinto mese di gravidanza. È il caso del difetto responsabile del riflusso di urina nel rene (comune tra le bambine e che colpisce un bambino ogni 1500), e della idronefrosi, che impedisce al rene di vuotarsi (un bambino su 3000). Altre malformazioni riguardano lo sviluppo della vescica (che può essere ricostruita con successo entro le prime 24 ore dalla nascita) e l'ambiguità dei genitali, che può essere chiarita con analisi cromosomica ed esame degli ormoni. Non possono invece per ora essere individuate con l'ecografia le malformazioni meno gravi e più comuni, quale la ritenzione di uno o dei due testicoli (un neonato maschio su 50) o l'ipospadia, cioè la ridotta crescita del pene (un neonato maschio su 700).