Tìbet
IndiceGeografia
Regione storico-geografica dell'Asia centrale, politicamente compresa nella Cina, di cui costituisce una parte della porzione occidentale. È delimitato dalle catene dell'Astin Tagh e del Qilian Shan a N (nell'accezione più ristretta è chiusa a N dai rilievi del Kunlun e dei Bayan Kara Shan), del Karakoram a W, dell'Himalaya a S e dall'altopiano dello Szechwan a E. Entro questi limiti costituisce amministrativamente la regione autonoma di Xizang o Tibet e la provincia di Qinghai; interessa inoltre la porzione occidentale della provincia dello Szechwan, quella meridionale della Regione autonoma del Sinkiang Uighur e le regioni del Ladakh e del Baltistan nel distretto montuoso del Karakoram, tuttora conteso tra India e Cina. L'altopiano del Tibet (4000-6000 m), squallido e arido, si presenta come un insieme compatto di alteterre morfologicamente assai varie, con catene montuose pressoché parallele, aperte regioni vallive a N e al centro, valli strette e profonde con fiumi impetuosi a S. Il settore nordorientale dell'altopiano è rappresentato dall'ampio e desertico bacino di Tsaidam. I fiumi principali del Tibet sono l'Indo, il Brahmaputra, il Hwang He, lo Yangtze Kiang, il Mekong e il Salween, mentre numerosi sono i laghi, tra cui il Ching Hai, il Nam Co, lo Ziling Tso e il Tsaring Nor, quasi tutti salati. La regione è abitata, in particolare nelle sezioni meridionale e sudorientale, da una popolazione seminomade, dedita alla pastorizia (yak, ovini, caprini, equini), a una modesta agricoltura (cereali, legumi, ortaggi), all'artigianato e allo sfruttamento del sottosuolo (petrolio e carbone ai piedi dei Monti Tanglha). Turismo legato alle attività alpinistiche sulle vette himalayane. I centri più importanti sono Lhasa , Sining, Shigatse, Gyangze, Gartok, Tsedang e Chamdo. In cinese, Chang Tang; in pinyin, Xizang; in tibetano, Bod.
Tibet. Paesaggio nei pressi di Lhasa.
De Agostini Picture Library/G. Sioën
Tibet. Una tibetana. La regione è abitata prevalentemente da una popolazione seminomade.
De Agostini Picture Library/G. Sioën
Tibet. Un ponte del capoluogo Lhasa.
De Agostini Picture Library/G. Sioën
Tibet. Dipinti raffiguranti il Buddha su rocce nei pressi di Lhasa.
De Agostini Picture Library/G. Sioën
Tibet. La residenza del 14° Dalai-Lama a Lhasa.
De Agostini Picture Library/G.Sioën
Tibet. Pittura su tela raffigurante una scena della vita di Milarepa, poeta e monaco del sec. XI (Parigi, Musée Guimet).
De Agostini Picture Library
Tibet. Orecchini in turchese e oro (Parigi, Musée Guimet).
De Agostini Picture Library/G. Dagli Orti
Tibet. Amitayus in una statuetta in bronzo (Parigi, Musée Guimet).
De Agostini Picture Library/G. Dagli Orti
Tibet. Interno del monastero di Potala a Lhasa.
De Agostini Picture Library/G. Sioën
Storia
Il Tìbet si affaccia alla storia nel sec. VII con il sorgere di una potente monarchia, che riuscì a dare coesione a una società rimasta eminentemente tribale e aristocratica. Con il regno di Srong-btsan-sgam-po (ca. 620-649), la lingua tibetana ebbe per la prima volta una scrittura – derivata da un alfabeto indiano – e fece la sua prima comparsa nel Tibet il buddhismo, che avrebbe finito in seguito col soppiantare, non senza averne subito l'influenza, la religione originaria di tipo sciamanistico, il Bon. Divenuto una potenza asiatica, il Tibet entrò in contatto con le civiltà della Cina e dell'India. Seguì nel sec. IX un periodo oscuro, in cui, nella generale disgregazione del Paese, vennero affermandosi sempre più decisamente come fattore economico e politico le comunità religiose buddhiste. Nel sec. XVI la setta dei “berretti gialli” (Geluk-pa), fondata dal monaco Tsong-kha-pa (1357-1419), riuscì a convertire e a ottenere l'appoggio del principe mongolo Altan Khan, che conferì al massimo gerarca della setta il titolo di Dalai-lama. Nel sec. XVII l'occupazione del Tibet da parte dei Mongoli di Gushri Khan determinò la vittoria dei Geluk-pa sulle sette rivali. Da allora è iniziato il dominio temporale del Dalai-lama. Il Tibet divenne parte dell'Impero cinese nel sec. XVIII: gli interessi imperiali vi erano rappresentati da due commissari (amban), i quali avevano ampi poteri di controllo sull'amministrazione interna – che rimaneva affidata al Dalai-lama – oltre alla responsabilità degli affari militari e dei rapporti con gli altri Paesi. Col declino dell'Impero cinese il Tibet divenne oggetto di particolare interesse per le potenze occidentali, soprattutto per l'Inghilterra, che nel 1904 vi inviò dalla vicina India un corpo di spedizione militare. In seguito alla Rivoluzione cinese del 1911, il Tibet si trasformò in un protettorato britannico. Dopo la fondazione della Repubblica Popolare Cinese, il nuovo governo si preoccupò subito di riaffermarvi la propria autorità. In base all'accordo del 1951, il Tibet otteneva una particolare autonomia amministrativa, nell'ambito della quale il Dalai-lama conservava le proprie funzioni di capo del Paese. Pur muovendosi con estrema prudenza, i Cinesi avviarono quindi una serie di grandi opere pubbliche, particolarmente nel campo delle comunicazioni, dei servizi medici e scolastici, nell'agricoltura e nell'industria, opere che dovevano gradualmente mutare il volto tradizionale del Tibet, caratterizzato fino allora da un'estrema arretratezza, sia sociale sia economica. La reazione dei settori più retrivi delle classi dominanti – monaci e aristocratici laici – si manifestò a più riprese, fino ad assumere il carattere di una vera e propria insurrezione nel 1959. La risposta del governo cinese fu decisa: mentre il Dalai-lama fuggiva in India, in breve tempo veniva ripreso interamente il controllo della situazione. Da allora l'autonomia tibetana è stata posta su nuove basi, poggiandosi soprattutto su quei nuovi strati della popolazione che erano andati sorgendo dalla graduale trasformazione della struttura sociale tradizionale. Di fondamentale importanza è stata a tale scopo la totale emancipazione dei servi. Da allora il Tibet appare avviato sulla strada di un progresso lento ma continuo.
Letteratura
I più antichi documenti epigrafici tibetani risalgono ai sec. VIII e IX e annoverano fra gli altri la stele bilingue di Lhasa che reca inciso il testo del trattato di pace sinotibetano dell'822. Di eccezionale valore storico e letterario i testi tibetani scoperti nel 1901 a Tun-huang nel Gansu che gli studiosi hanno datato fra l'800 e il 1035. I più antichi si riferiscono al periodo della monarchia (sec. VII-IX) e costituiscono con le fonti cinesi di epoca T'ang (618-907) quasi tutta la documentazione disponibile su uno dei momenti più interessanti della storia del Tibet, allorché il Paese conseguì l'unificazione politica e il buddhismo trionfò sulla religione indigena Bon. Fra i manoscritti di Tun-huang figurano gli Annali e una Cronaca storica con brani in versi. Entrambe le opere descrivono con spirito epico e una forte coloritura religiosa le genealogie delle antiche famiglie nobili e la storia degli avvenimenti più importanti accaduti nel corso degli anni. I canti e le ballate che glorificano le gesta degli eroi sono di considerevole pregio artistico per la spontaneità del tono quasi popolaresco: questo è forse l'unico carattere originale di un genere letterario per gran parte modellato sulla storiografia cinese. La Cina esercitò molta influenza sulla prima cultura tibetana. Lo riflettono le prime leggi scritte che la tradizione attribuisce al re Srong-btsan-sgam-po (ca. 620-649) e le opere d'esegesi morale e religiosa di ispirazione buddhista. Ma col buddhismo la vita culturale tibetana non tardò ad aprirsi all'India. Il re K'ri-sron-lde-brtsan (755-797), che nel 779 proclamò il buddhismo religione di Stato, invitò i primi dotti monaci dall'India, fra cui Sântirakśita e Padmasambhavaera dei quali fu costituita la Chiesa nazionale tibetana. I conventi, via via moltiplicatisi di numero, formarono importanti centri di studio e finirono col monopolizzare tutta la cultura tibetana. Le principali opere letterarie furono le traduzioni delle sacre scritture e le loro esegesi, che formarono il nucleo delle grandi raccolte del Kan'gyur e Tau'gyur, la prima contenente i sutra, la seconda le varie opere di commento. Furono le basi di una letteratura filosofica che rappresenta uno dei monumenti più insigni di tutta l'Asia e annovera uno dei suoi primi autori in Saskya Paṇdita. Le tappe salienti furono segnate nei sec. XIV e XV dalle opere di Bu Ston Rinpoche e di Tsong-kha-pa, con i quali la fede religiosa e la teoria buddhista della Legge, come norma morale, diventò il metro e lo strumento dell'interpretazione storica. Incontrandosi sul terreno delle scritture sacre, l'antica storiografia si trasformò in un mezzo di edificazione spirituale. È di questo tipo l'opera che bSod rGyal gsal bai me lon scrisse nel 1508 sotto il titolo di rGyal rabs gsal bai me lon, esaltando la figura del re Srong-btsan-sgam-po, che aveva realizzato l'unità politica del paese e vi aveva propagato il buddhismo. Pari successo riscossero le biografie di asceti, di taumaturghi, di illustri maestri delle scuole buddhiste. Tali le biografie di Padmasambhava, di Marpa e di Milaraspa, nonché quelle di Urgyan Pa e di Târanatha. Spesso le “vite” sono collane biografiche che delineano la successione di patriarchi delle singole sette. Il Deb t'er snon po, gli “Annali Blu”, sono il monumento più insigne di questo genere e danno una genealogia completa dei maestri delle principali scuole in cui si venne articolando il buddhismo tibetano. La stessa tendenza alla celebrazione biografica si ritrova nei lunghi poemi che immortalarono in un'epica popolaresca le gesta dell'eroe Gesar, mentre densa di elementi autobiografici si presenta la poesia lirica, che con i canti del VI Dalai-lama (m. 1706) giunse a celebrare in inconsueta libertà l'amore e i piaceri della vita.
Arte
L'arte tibetana è intimamente connessa agli aspetti multiformi ed esoterici del tantrismo, introdotto dal Kashmir (assieme allo stile indo-buddhistico) nel sec. VIII, e si esprime mediante una ricca tematica religiosa legata a una rigorosa rappresentazione di immagini (di Buddha e Bodhisattva nel loro duplice aspetto sereno e terrifico) e di simboli, secondo un codice di segni e di colori elaborato sulla conoscenza dei libri segreti (Tantra), la recitazione delle formule esoteriche (mantra), i percorsi spirituali dei diagrammi mistici (mandala). Alla formazione di questa straordinaria iconografia religiosa del buddhismo tantrico, del lamaismo e del Bon “riformato”, concorsero, negli sviluppi della pittura e della scultura, apporti estetici dell'India Gupta prima, dei Pala-Sena poi e infine dell'arte Moghul (pervenuti attraverso la feconda mediazione nepalese), della Cina più tardi (per le regioni del Tìbet orient.) e della Serindia (per mezzo della pittura di Khotan), oltre a vivaci impulsi della tradizione locale, nella quale sopravvivevano elementi provenienti da remoti culti e credenze. I grandi stili dell'arte tibetana si svilupparono, dai sec. XI-XII, dalla scuola di Guge nelle regioni occidentale, da quelle formatesi nei grandi complessi monastici del Tibet centrale e più tardi (dal sec. XV) del Tibet orientale. L'esperienza architettonica è essenzialmente di carattere religioso (monasteri e templi entro poderose opere di fortificazione, di cui il Potala a Lhasa è uno degli esempi più conosciuti, oltre a vari tipi di stūpa – mc'od-rten – ispirati al modello indiano). Monumenti architettonici edificati dal sec. X-XI al sec. XVII-XVIII, che documentano decorazioni scultoree o pittoriche (affreschi o pitture mobili nel caratteristico tipo di stendardo dipinto, tankha) di vari periodi, sono, nel Tibet occidentale, quelli di Alchi, Lhalung, Tabo, Nako, Tiak, Tholing, Tsparang; nel Tibet centrale, Samada, Gyantse, Iwang, Sakya, Gyang; nelle province orientale di Kham e Amdo ecc. Di eccezionale livello artistico è la ricca tradizione degli oggetti di culto.
Spettacolo
Anche lo spettacolo è nel Tibet strettamente legato alla religione, o almeno lo era prima che il Paese entrasse a far parte della Repubblica Popolare Cinese. Il genere più diffuso è il tch'am, una complessa danza rituale che viene eseguita nei cortili dei monasteri e che comprende atti cerimoniali, scenette comiche e soprattutto apparizioni di varie divinità, propizie e no, caratterizzate da enormi mascheroni spesso grotteschi o terrificanti. L'intera azione ricrea in forma simbolica un remoto cerimoniale di sacrificio umano e culmina nello smembramento di una vittima a forma di uomo fatta di pasta. Si tratta probabilmente di un residuo degli antichi riti di Capodanno, ovviamente riveduti e adattati nell'ottica buddhista. Esiste inoltre un teatro drammatico con testi tradotti anche in francese e in inglese, che, rappresentati anch'essi nei cortili dei monasteri, raccontano momenti della vita del Buddha, leggende o episodi storici o svolgono scenette di vita tibetana. I copioni che si conoscono devono essere intesi come canovacci da completare con azioni mimiche, con danze e con atti cerimoniali. Gli attori sono riuniti in compagnie legate a qualche convento o in formazioni itineranti. L'allestimento è semplice e gli elementi scenografici sono indicati solo dal dialogo.
Bibliografia
Per la geografia
B. Beger, Das Hochland von Tibet und Seine Bevölkerung, in “Geographische Rundschau”, Braunschweig, 1955; F. Maraini, A. Barletti, Tibet e paesi himalayani, Firenze, 1991.
Per la storia
A. Lamb, Britain and Chinese Central Asia, the Way of Lhasa 1767 to 1905, Londra, 1960; H. E. Richardson, Tibet and its History, Londra, 1962; W. D. Shakabpa, Tibet, a Political History, New Haven-Londra, 1962; D. Snellgrove, H. E. Richardson, A Cultural History of Tibet, Londra, 1968; F. Maraini, Prima della tempesta: Tibet 1937 e 1948, Grosseto, 1990.
Per l'arte
O. Monod-Brühl, Peintures tibétaines, Parigi, 1954-55; L. Bryner, Thirteen Tibetan Tankas, Colorado, 1956; L. Jisl, Tibetan Art, Londra, 1958; R. Stein, La civilisation tibétaine, Parigi, 1962; G. Tucci, Tibet paese delle nevi, Novara, 1968; P. Pal, The Art of Tibet, New York, 1969; N. Namkhai, Viaggio nella cultura dei nomadi tibetani, Grosseto, 1990.