Quaternàrio
IndiceDescrizione generale
agg. e sm. [sec. XIX; dal latino quaternarium, di quattro]. In geologia stratigrafica, subera terminale del Cenozoico, un tempo considerata era a sé stante, sinonimo di Neozoico. La durata del Quaternario è estremamente breve se rapportata a quella delle ere o subere precedenti, al punto da rendere spesso inefficaci i metodi classici della stratigrafia. Le testimonianze sono quanto mai varie e abbondanti, ma nonostante ciò le correlazioni risultano assai difficoltose per la varietà dei criteri stratigrafici adottati, spesso suscettibili di interpretazioni controverse, e pertanto lo studio del Quaternario non si presta a facili generalizzazioni. Se per il limite superiore del Quaternario non ci sono difficoltà dato che la subera giunge al presente, quello inferiore è stato a lungo controverso facendo alcuni riferimenti a criteri eminentemente paleontologici, basati cioè sulla comparsa o estinzione di determinate specie, e altri invece a importanti e rapide variazioni climatiche, cui si devono le grandiose oscillazioni glaciali accompagnate da ripetute regressioni e trasgressioni marine. L'imponenza del fenomeno glaciale aveva indotto i più ad accettare come base del Quaternario appunto l'inizio delle variazioni climatiche responsabili dello stesso e quindi a considerare il Quaternario come equivalente di era glaciale. Studi successivi hanno invece messo in evidenza in modo indubitabile che il clima aveva subito una significativa variazione, diventando più freddo di quello attuale, già nel corso del Pliocene. Si preferisce pertanto basare il limite inferiore su considerazioni paleontologiche particolarmente approfondite grazie allo studio del contenuto micropaleontologico dei sedimenti prelevati dai fondali oceanici mediante operazioni di carotaggio eseguite durante numerose spedizioni oceanografiche, integrate dai contributi della stratigrafia paleomagnetica. Si propende quindi a far iniziare il Quaternario circa 1,67 milioni di anni fa, in corrispondenza dell'evento magnetico a polarità inversa di Olduvai, riscontrabile in tutto il pianeta.
Quaternario. Cranio dell'orso Ursus spelaeus.
De Agostini Picture Library/G. Cigolini
Pleistocene e Olocene
Il Quaternario è comunemente suddiviso in un periodo, il Pleistogene, distinto a sua volta in due epoche: Pleistocene e Olocene. Anche il limite tra queste due epoche è stato a lungo controverso, in termini di cronologia assoluta. Si è sempre convenuto di porlo in corrispondenza dell'ultima deglaciazione, variabile tra i 7 e i 12 mila anni fa. Si è convenuto di porre il limite Pleistocene-Olocene a 8000 anni fa, anche se tutti gli studiosi sono concordi nel ritenere il fenomeno della deglaciazione non istantaneo e progressivo, ma fluttuante, caratterizzato cioè da più alternanze di brevi cicli caldi e freddi, fino allo stabilirsi di temperature tipiche di un clima temperato. Ancora più complessa è la ripartizione in piani (o età) del Pleistocene, in quanto anche se localmente la successione dei vari termini risulta evidente, non è affatto agevole la sincronizzazione delle formazioni continentali e marine pur nell'ambito di una stessa provincia geografica. Durante il Quaternario la configurazione delle terre emerse e dei bacini marini non è stata molto dissimile dall'attuale. I depositi quaternari direttamente accessibili sono prevalentemente continentali essendo quelli marini limitati alle immediate vicinanze delle attuali linee di costa. I sedimenti marini raggiungono spessori rilevanti solo nel sottosuolo di pianure di recente formazione in Italia come quella padana o la fossa bradanica; essi inoltre sono distribuiti sui fondali oceanici, però con spessori generalmente alquanto ridotti. I sedimenti oceanici, tuttavia, hanno il notevole pregio di rappresentare una sedimentazione continua, laddove invece le successioni marine affioranti nelle aree costiere sono discontinue e i sedimenti riferibili a vari cicli marini sono separati da lacune e fasi erosive corrispondenti a intervalli di tempo più o meno prolungati. Proprio per questo, dalla metà del sec. XX i sedimenti dei fondali oceanici sono stati oggetto di studi geochimici e paleontologici accurati con lo scopo di ricostruire la sequenza continua degli eventi paleoclimatici verificatisi sul pianeta nel passato. Oggi si ha a disposizione una colonna degli eventi paleoclimatici quaternari estremamente dettagliata, basata sia sugli isotopi dell'ossigeno (rapporto tra ossigeno leggero O16 e ossigeno pesante O18) sia sull'abbondanza relativa di diverse specie di foraminiferi planctonici. La scala isotopica rappresenta lo strumento con cui gli studiosi del Quaternario operano le correlazioni sull'intero pianeta. Questa scala mette in particolare evidenza come il ripetuto alternarsi di fasi fredde (glaciazioni) e fasi calde (deglaciazioni) si sia verificato a partire da circa 900.000 anni fa e sulla base di questi dati gli autori inglesi propongono di dividere il Pleistocene in due età: Pleistocene preglaciale, durante il quale si è verificato un progressivo e lento deterioramento climatico, e Pleistocene glaciale durante il quale si è ripetuto, almeno per una decina di volte, il fenomeno dell'espansione glaciale. Non tutti gli autori, tuttavia, sono concordi con questo tipo di suddivisione, in particolare gli autori mediterranei. Per la diffusione dei sedimenti marini quaternari, infatti, il bacino mediterraneo e l'Italia in particolare sono considerati come area tipo, tanto che vi sono stati definiti tutti gli stratotipi del Quaternario, quantunque tali suddivisioni vengano utilizzate per le correlazioni all'interno del solo bacino mediterraneo. Dal basso in alto si succedono i piani Selinuntiano (costituito dai tre sottopiani Santerniano, Emiliano e Siciliano), Crotoniano Tirreniano e Versiliano (o Flandriano). I primi tre piani vengono comunemente riferiti al Pleistocene inferiore. Gli ultimi due al Pleistocene superiore. Il Crotoniano, invece, rappresenterebbe la terza e ultima oscillazione marina (l'unica codificata con un termine stratigrafico) delle tre che caratterizzano il Pleistocene medio. Le successioni sedimentarie marine riferibili al Pleistocene inferiore sono essenzialmente caratterizzate da depositi sabbiosi e argillosi con ricche malacofaune, ostracofaune e associazioni di nanoplancton caratterizzate da un'elevata percentuale di forme attualmente viventi. Tuttavia sono ancora presenti specie relitte del Pliocene, che si estinguono progressivamente dal Santerniano al Siciliano. Dal punto di vista stratigrafico il limite Pliocene-Pleistocene in facies marina viene posto in corrispondenza della prima apparizione di Gephyrocapsa oceanica tra i nannofossili, Globigerina cariacoensis tra i foraminiferi e Arctica islandica tra i Molluschi. La sezione tipo del limite Pliocene-Pleistocene è quella di Vrica, nei pressi di Crotone, in Calabria, in corrispondenza della sommità del livello “e”.
Il Selinuntiano
Il Selinuntiano è rappresentato con i suoi tre sottopiani nella sezione della valle di Selinunte, presso Agrigento in Sicilia. Tale sezione è stata scelta come sezione stratotipica. Tutto il Selinuntiano è caratterizzato dalla presenza di una malacofauna abbastanza ricca di sopravvissuti pliocenici e di ospiti nordici, cioè specie ancora attualmente viventi a latitudini molto più settentrionali che non quelle del Mediterraneo, come, per esempio, Arctica islandica, Mya truncata, Buccinum humphreysianum, Chlamys islandica, Pecten maximus, Buccinum undatum, Palliolum groenlandicum. Il Santerniano (sezione stratotipica lungo la valle del fiume Santerno, in Emilia Romagna) è caratterizzato biostratigraficamente da Arctica islandica; l'Emiliano (sezione stratotipica lungo la valle del Santerno in Emilia Romagna) è caratterizzato dalla presenza contemporanea di Arctica islandica e Hyalinea baltica; il Siciliano, infine (sezione stratotipica a Ficarazzi, presso Palermo, Sicilia), è caratterizzato dalla contemporaneità di Arctica islandica, Hyalinea baltica e Globorotalia truncatulinoides excelsa. Il limite Pleistocene inferiore-Pleistocene medio è caratterizzato biostratigraficamente, in facies marina, dalla scomparsa dei sopravvissuti pliocenici e dalla scomparsa degli ospiti nordici. I depositi marini del Pleistocene medio sono per lo più depositi sabbioso-ghiaiosi di ambiente litorale, distribuiti prevalentemente lungo le attuali fasce costiere. Non è ancora stata definita una sezione stratotipica di tale limite, anche se esso è stato rinvenuto in affioramento nell'area di Ficarazzi, in corrispondenza del livello calcarenitico ad Arctica islandica. Dal punto di vista climatico, tale limite segna il passaggio da un momento di lento deterioramento climatico (“Pleistocene preglaciale”) a un intervallo di tempo caratterizzato da ripetute oscillazioni glaciali (“Pleistocene glaciale”). Tale fenomeno è ben evidente nei risultati della distribuzione isotopica dell'ossigeno di carote oceaniche, e in base a essi sembra collocarsi intorno ai 900.000 anni fa. Durante il Pleistocene medio, sulla costa tirrenico-provenzale sono evidenti almeno tre diversi cicli sedimentari marini, corrispondenti a tre diverse oscillazioni eustatiche del livello del mare. Solo l'ultima di queste tre oscillazioni possiede un nome codificato, Crotoniano.
Crotoniano e Tirreniano
Il Crotoniano ha la sua sezione stratotipica in corrispondenza dei depositi costituenti il terrazzoiù alto affiorante nei dintorni di Crotone, in Calabria. Dal punto di vista biostratigrafico è caratterizzato dalla comparsa nel Mediterraneo del foraminifero del genere Marginopora e dei molluschi Pirenella conica e Cabestana cutacea e dalla prima comparsa di “ospiti senegalesi”, molluschi che attualmente non vivono più nel Mediterraneo ma nelle acque più calde dell'Atlantico tropicale (Conus ermineus e, forse, Strombus bubonius). Lo studio dei depositi crotoniani ha messo in evidenza un clima leggermente più caldo di quello attuale, simile a quello che si riscontra nell'intervallo interglaciale successivo del Pleistocene superiore. Per questo, alcuni autori hanno proposto di considerare il Crotoniano non come ultimo piano del Pleistocene medio, bensì come piano basale del Pleistocene superiore. Anche il limite Pleistocene medio-Pleistocene superiore non ha una sezione stratotipica codificata. Tale limite, infatti, è posto in corrispondenza dello stadio isotopico 5e delle curve isotopiche oceaniche dell'ossigeno. Lo stesso stadio isotopico segna l'inizio del Tirreniano, età caratterizzata da un clima temperato caldo che, in facies marina, è testimoniato dall'abbondanza di molluschi senegalesi come Strombus bubonius, Conus ermineus, Cantharus viverratus e Conus vayssieri. Probabilmente, nell'ambito del Tirreniano si sono verificate tre oscillazioni eustatiche del livello del mare che hanno portato alla deposizione di tre distinti depositi marini; solo la prima, l'oscillazione eutirreniana, è caratterizzata dagli ospiti senegalesi mentre le altre due (di cui la prima possiede un nome codificato: Neotirreniano) sono caratterizzate dalla presenza di faune banali, del tutto identiche a quelle attualmente viventi nel Mediterraneo.
Il Versiliano
Infine, il Versiliano rappresenta l'unico piano marino dell'Olocene. Esso è caratterizzato da formazioni marine e salmastre, spesso torbose, con fauna di tipo attuale. Il Quaternario in facies continentale è caratterizzato principalmente da depositi dovuti all'attività glaciale (depositi morenici e fluvio-glaciali) ma diffusi sono anche quelli fluviali, lacustri ed eolici (loess). Il loro studio litostratigrafico, pedologico, morfologico e paleontologico, associato a quello delle eventuali tracce di presenza e di attività umane, ha portato a riconoscere nelle varie aree studiate diverse formazioni significative, la cui correlazione con le principali oscillazioni climatiche non trova sempre gli specialisti concordi. Nelle regioni interessate da episodi di espansione glaciale sono state infatti distinte delle unità geoclimatiche il cui numero e nome proposti variano da zona a zona: anche nelle aree continentali non direttamente colpite dal glacialismo l'esame dei depositi ha spesso consentito di riconoscere una successione di unità geoclimatiche distinte in pluviali e interpluviali.
Le formazioni geologiche più significative
Per quanto riguarda i depositi continentali, essi sono stati utilizzati per stabilire diverse unità cronostratigrafiche del Quaternario, diverse da regione a regione. Per l'Europa le più significative formazioni del Pleistocene continentale sono, a partire dal basso, il Villafranchiano, la cui parte inferiore, affiorante presso Villafranca d'Asti, è dai più fatta coincidere con il Pliocene superiore marino, mentre quella superiore (alla quale appartengono i celebri depositi del Valdarno superiore e quelli delle argille di Tegelen nei Paesi Bassi, per i quali è stata proposta la denominazione di Tigliano, entrambi con ricca fauna a Vertebrati terrestri) è più o meno coincidente con il Selinuntiano; il Cromeriano (da Cromer nel Norfolk), tipico delle coste orientali inglesi, con depositi di estuario, alluvionali e lacustri, conserva fossili di numerose specie, alcune ancora viventi, altre invece estintesi nel successivo periodo freddo (il Cromeriano è correlabile con l'interglaciale Günz-Mindel). Di età cromeriana vengono considerati i giacimenti renani di Mosbach e Mauer, quest'ultimo famoso soprattutto per aver fornito una mandibola umana (Homo heidelbergensis). In Italia in questo periodo si depositano sedimenti di tipo deltizio e fluvio-lacustre riferiti al Galeriano, che ha la sua sezione stratotipica a Ponte Galeria, vicino a Roma. Il Pleistocene medio e il Pleistocene superiore in facies continentale sono rappresentati, in genere, da un'alternanza di depositi morenici e alluvionali che conservano una fauna rispettivamente “calda” e “fredda”, ai quali non è stato attribuito alcun nome particolare. A seconda della regione, infatti, si utilizzano diversi nomi per indicare le diverse avanzate glaciali o i periodi interglaciali. Pur essendo le glaciazioni l'effetto di cause globali (per esempio precessione degli equinozi, variazione dell'inclinazione dell'asse terrestre, variazione dell'eccentricità dell'orbita), non è detto che i sedimenti che i ghiacci hanno depositato lungo la loro avanzata o il loro ritiro siano coevi nei diversi continenti. Così, per indicare le diverse oscillazioni glaciali del Quaternario si utilizzano le seguenti scale: nell'America Settentrionale le fasi glaciali del Pleistocene medio e superiore sono indicate come Kansan (I e II), Illinoian e Wisconsin, separate dagli interglaciali Yarmouthian e Sangamonian. Durante il Pleistocene inferiore si riconosce un'ulteriore glaciazione (Nebraskan), seguita dall'interglaciale Aftonian. In Europa, la regione alpina è stata caratterizzata dalle glaciazioni di Gunz, Mindel, Riss e Würm, separate da altrettanti interglaciali (indicati come Gunz-Mindel, Mindel-Riss, ecc.); vi sono, inoltre, tracce di due possibili glaciazioni del Pleistocene inferiore, indicate come Biber (la più antica) e Donau, la successiva. Lo scudo glaciale scandinavo ha apparentemente conosciuto 5 fasi di espansione glaciale. Durante il Pleistocene inferiore si è avuta la glaciazione Eburonian, preceduta dall'interglaciale Tiglian e seguita dall'interglaciale Waalian; durante il Pleistocene medio e superiore si sono susseguite le glaciazioni di Menap, Elster, Saale e Weichsel, separate dagli interglaciali Cromeriano, Holsteinian, Eemian e Flandriano (Olocene). In Europa orientale, infine, si riconoscono tracce di 4 oscillazioni glaciali: Oka-Demyanka, Dneper-Samarovo, Moscovian e Valdayan-Zyryanka, separati dagli interglaciali Likhvin, Odintsovo e Mikulino.
La fauna
Le faune di ambiente continentale sono dominate dalla presenza dei Mammiferi, i quali sono così abbondanti e ben conservati da fornire la base per una cronologia del Quaternario. Il limite Pliocene-Pleistocene in facies continentale è segnato in Europa dalla comparsa e diffusione dei roditori arvicolidi con denti a crescita continua con la specie Microtus(Allophaiomys) pliocaenicus. Il Villafranchiano superiore è caratterizzato dal susseguirsi di tre unità faunistiche, Olivola, Tasso e Farneta, istituite in Italia sulla base di altrettante località fossilifere toscane. Tutte e tre le unità mostrano associazioni di tipo temperato caldo che, progressivamente, diventa più fresco, con un passaggio ambientale dalla foresta alla prateria aperta. Nell'unità di Olivola (la più antica) compaiono per la prima volta i carnivoriPachycrocuta brevirostris e Panthera toscana, l'elefante Mammuthus meridionalis, l'orso Ursus minimus, il cavallo Equus stenonis e il bovide Leptobos stenometopon; sono, inoltre, ancora presenti alcuni relitti pliocenici come il mastodonte Anancus arvernesis, la gazzella Gazellospira torticornis, il nemoredino Gallogoral meneghinii e la iena cacciatrice Chasmaporthetes lunensis. Queste ultime forme scompaiono nell'unità faunistica successiva (tasso), caratterizzata dalla presenza di un nuovo cavallo (Equus stehlini), dai cani Canis arnensis e Canis falconeri e dalla comparsa dell'ippopotamo Hippopotamus antiquus. L'unità faunistica di Farneta sembra caratterizzata dalla scomparsa di diversi carnivori e dalla presenza di una forma evoluta di elefante meridionale (Mammuthus meridionalis vestinus). Il passaggio Villafranchiano superiore-Pleistocene medio è segnato da un importante rinnovamento faunistico e dalla comparsa di una fauna che, perso il carattere temperato caldo, assume i tratti essenziali della fauna attuale. Compaiono infatti due nuovi carnivori, Ursus etruscus e la iena attuale Crocuta crocuta, cervi elafi quasi moderni (Cervus elaphus acoronatus), il bovide Bos primigenius (dal quale deriva per domesticazione il bue attuale), compare una nuova linea elefantina di ambiente forestale (Elephas (Palaeoloxodon) antiquus) e la linea mammuttina dell'elefante meridionale dà origine a una nuova forma, Mammuthus trogontherii, di ambiente aperto. Tipici del Galeriano, oltre al cervo acoronato, sono anche dei cervidi dai grandi palchi palmati, del gruppo dei megacerini (Orthogonoceros verticornis). Microtus (Allophaiomys) è presente con due specie, Microtus (Allophaiomys) burgondiae e nutiensis. L'alternanza di fasi calde e fasi fredde del Pleistocene medio e superiore è testimoniata, nelle mammalofaune, principalmente dalla distribuzione di specie di ambiente più aperto, steppico, durante le fasi fredde e specie di ambiente più forestale durante le fasi calde, fatta eccezione per l'ultima fase glaciale del Peistocene superiore, dove compaiono vere e proprie forme adattate al freddo intenso come il mammut lanoso Mammuthus primigenius e il rinoceronte lanoso Coelodonta antiquitatis, la renna Rangifer tarandus e il bue muschiato Ovibos muschatus. Nel Nordamerica, più a lungo che in Europa, permangono forme arcaiche di Proboscidati come il Mastodon americanus e di Carnivori come lo Smilodon; caratteristici sono anche elefanti giganteschi come Mammuthus Archidiskodon imperator del quale abbondanti resti sono stati rinvenuti nel giacimento asfaltifero di Rancho La Brea in California. Del tutto particolare è poi la fauna mammologica dell'America Meridionale, specie la cosiddetta “fauna delle pampas”, contraddistinta dalle gigantesche dimensioni assunte in generale dalle specie autoctone così come da altre derivate da forme ancestrali immigrate. Numerosi generi di tale fauna scomparvero però rapidamente come alcuni notoungulati (Macrauchenia) e maldentati (Megatherium, Mylodon, Glyptodom, Doedicurus), verosimilmente in seguito all'invasione di grandi carnivori provenienti dal Nordamerica, come lo smilodon. Del Quaternario sono considerati i resti di grandi uccelli come il Dinornis della Nuova Zelanda e l'Aepyornis del Madagascar. Questi uccelli, così come il dronte dell'isola Maurizio e l'Alea impennis, una specie di pinguino artico, si sono estinti in epoca storica e di questo la maggiore responsabilità spetta all'uomo, cui va imputata la scomparsa di numerosi altri animali come per esempio l'uro (Bos primigenius).
La flora
Le flore quaternarie comprendono quasi esclusivamente specie tuttora viventi; se quindi non si hanno novità di rilievo per la filogenesi delle piante, enorme importanza riveste lo studio paleobotanico del Quaternario in quanto consente di seguire le lente migrazioni delle flore in relazione alle variazioni climatiche. Con la prima glaciazione tutte le piante di clima temperato o caldo furono costrette a migrare verso S; l'estendersi dei ghiacci determinò inoltre la diffusione verso latitudini molto più basse di una flora artica e subartica. Nel successivo interglaciale le piante rifugiatesi più a S riacquistarono gran parte del terreno perduto mentre quelle fredde oltre che essere ricacciate verso N si rifugiarono sulle montagne più alte. Il fenomeno si è ripetuto con i successivi episodi di espansione e ritiro dei ghiacci; mentre però in America o in Asia le specie calde poterono spostarsi verso S senza eccessivi problemi, in Europa l'ostacolo frapposto dalle barriere montuose alla lunga provocò la scomparsa di numerosissime essenze come sequoie, magnolie, cedri e tsughe. Viceversa specie artiche al termine del Pleistocene si trovarono diffuse sulle cime più alte delle catene europee oltre che naturalmente nelle regioni settentrionali. Un processo analogo è avvenuto anche in altri continenti.
L'evoluzione dei mammiferi
In questo contesto è avvenuta l'evoluzione dell'uomo. Il Quaternario inoltre, è stato considerato per lungo tempo il periodo nel quale si è verificata l'evoluzione della linea ominide. Oggi si sa che le prime forme di questa linea, le australopitecine, compaiono nel Pliocene (Australopithecus afarensis e Australopithecus africanus). Tuttavia, il Quaternario rimane il periodo nel quale si è verificata l'evoluzione del genere Homo che, a partire dalla specie africana Homo habilis, giunge attraverso Homo erectus alla forma attuale Homo sapiens. Particolare significato hanno nella determinazione della paleogeografia del Quaternario i movimenti eustatici, in quanto durante le glaciazioni il livello medio dei mari dovette abbassarsi sensibilmente a causa delle enormi quantità di acqua sottratte agli oceani in conseguenza della formazione delle calotte glaciali (è stato calcolato un abbassamento di 100 m). Inversamente, durante le fasi interglaciali, si dovette verificare un equivalente innalzamento del livello medio dei mari a seguito della fusione dei ghiacci. Queste numerose variazioni in un breve lasso di tempo hanno creato le condizioni per la formazione di connessioni effimere tra distretti insulari e continente in numerose aree della piattaforma continentale. Tali connessioni hanno permesso il passaggio di numerose forme di mammiferi che successivamente, con il ripristinarsi delle condizioni di insularità, hanno dato origine a specie distinte da quelle progenitrici, con endemismi assai spinti. Uno degli endemismi insulari più tipici è quello della riduzione di taglia che ha colpito numerose forme di erbivori, come elefanti, cervi e ippopotami, oppure forme di gigantismo a carico di micromammiferi. Esempi di endemismi famosi si hanno nel bacino mediterraneo, per esempio nelle isole di Cipro (Elephas cypriotes e l'ippopotamo Phanourius minor), Creta (Elephas creticus, Hippopotamus creutzburgi e i cervidi del genere Candiacervus), in Sicilia e a Malta (Elephas mnaidriensis, Elephas falconeri, Hippopotamus pentlandi, i cervidi Notomegaceros carburangelensis e Cervus siciliae e i ghiri giganti Leithia melitensis e Leithia cartei), in Sardegna (il piccolo bovide Nesogoral melonii e il cervide Premegaceros cazioti), alle Baleari (il piccolo bovide di Maiorca, Myotragus balearicus che, oltre alla piccola taglia, aveva sviluppato incisivi a crescita continua come quelli dei roditori).
I mutamenti geomorfologici
Le variazioni del livello marino ebbero diretta ripercussione sull'attività erosiva dei corsi d'acqua, ora rallentandola ora accelerandola, così da provocare il succedersi di fasi di sedimentazione e di erosione di cui sono testimonianza i terrazzi alluvionali. Nelle aree che durante il Quaternario furono ricoperte dalle maggiori calotte glaciali esistono prove di notevoli movimenti positivi e negativi della superficie terrestre legati al fenomeno dell'isostasia. A questo proposito l'esempio più probante è fornito dalla Scandinavia che nelle sue parti centrali sprofondò di oltre 500 m sotto il carico della calotta glaciale, di spessore superiore ai 2000 m. In seguito all'ultima fusione dei ghiacci ebbe inizio un processo di sollevamento tuttora in atto. Durante il Quaternario i ghiacci continentali raggiunsero un'estensione massima circa tre volte superiore a quella attuale. Oltre agli inlandsis dell'Antartide e della Groenlandia che dovevano essere di poco più estesi degli attuali, altri ricoprivano quasi tutta l'America Settentrionale (Canada, gran parte dell'Alaska e fascia settentrionale degli Stati Uniti) e l'Europa (Scandinavia e regioni circumbaltiche, Islanda, Irlanda, Scozia, Germania nordorientale e gran parte della Russia europea). Calotte minori si svilupparono in alcune zone della Siberia e in Patagonia, e sulle aree montuose di media latitudine – per esempio Alpi, cordigliere nordamericane, ecc. – mentre alle basse latitudini i ghiacciai fecero la loro comparsa su tutti i rilievi più elevati non solo in ambito continentale (monti Kenya, Kilimangiaro) ma anche insulare oceanico (Mauna Kea, nelle Hawaii). I ghiacci marini bloccavano i bacini dell'emisfero boreale ben sotto il 60º parallelo. In territori attualmente aridi o subaridi si svilupparono notevoli bacini lacustri, come nel Nevada e nell'Utah, o reticoli idrografici che li drenarono consentendo l'accumulo di potenti sedimenti fluviali che, rimaneggiati dal vento, hanno dato poi origine ai grandi campi di dune come gli Erg occidentali e orientali nel Sahara. Nelle aree periglaciali si ebbe la formazione di cospicui depositi di loess cui si deve la notevole fertilità dei suoli delle grandi pianure degli Stati Uniti centrali, della fascia mediana europea e della Cina settentrionale. Per quanto concerne l'attività orogenetica e magmatica, il Quaternario è teatro di una attività tettonica intensa in tutto il globo (neotettonica). L'attività è ancora di tipo compressivo in quei settori crostali interessati dalla convergenza delle placche litosferiche, mentre nei settori dove il fenomeno di convergenza si è esaurito si verificano movimenti distensivi che danno origine anche a forti dislocazioni e sollevamenti. In particolare, notevoli sono stati i fenomeni di sollevamento manifestatisi nella catena himalayana e nelle cordigliere nord- e sudamericane. Le grandi cinture orogeniche, la peripacifica e la mesogenea, sono state interessate da complessi sistemi di faglie da cui dipende direttamente la sismicità di tali aree. Grandiose manifestazioni vulcaniche si sono avute nell'ambito del cosiddetto anello di fuoco del Pacifico, del Mediterraneo (vulcani della Toscana, del Lazio e della Campania, vulcani delle Lipari, della Sicilia e dell'Egeo, il monte Arci e il monte Ferru della Sardegna) e delle isole della Sonda, con lave e depositi piroclastici di tipo pacifico. Lave basaltiche di tipo atlantico si sono effuse nelle isole connesse alle dorsali mediooceaniche e nelle aree continentali fratturate, come in Arabia, Etiopia, Kenya e Camerun.