isostasìa o isòstasi

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Lessico

sf. [sec. XIX; da iso-+greco stásis, posizione]. Condizione d'equilibrio della crosta terrestre che si realizza con spostamenti verticali e orizzontali di masse superficiali e profonde.

Geodesia

Già Leonardo da Vinci aveva osservato il comportamento anomalo del filo a piombo posto in prossimità di un massiccio montuoso. Analoghe osservazioni furono compiute da P. Bouguer il quale, durante la spedizione nel Perú (1736) per la determinazione del grado di meridiano, eseguì misure sistematiche sull'attrazione di gravità esercitata dalla catena andina, e più tardi da J. H. Pratt e G. B. Airy (1855) durante ricerche nella catena himalayana. Questi studiosi constatarono che l'effetto delle masse delle montagne sul filo a piombo è molto più piccolo (e spesso di segno contrario) di quanto prevedibile dalla teoria; d'altra parte fu anche osservato che in corrispondenza degli oceani la forza di gravità è pari a quella del campo normale del geoide o leggermente più alta. Le catene montuose e i rilievi in genere sono quindi caratterizzati da difetti di gravità (anomalie negative), i bacini oceanici e le depressioni da eccessi di gravità (anomalie positive). Per spiegare tale situazione si presume che sotto le catene di montagne, in condizioni di equilibrio, ci sia una zona a minor densità e sotto gli oceani una zona più densa. L'equilibrio tende a essere turbato dagli spostamenti di masse che avvengono sulla superficie terrestre durante i tempi geologici: le aree più elevate sono infatti soggette a erosione e denudazione con asportazione di masse e conseguente alleggerimento, mentre i bacini e in particolare le aree in margine ai continenti sono zone di accumulo dei sedimenti. Questi spostamenti di masse in superficie provocano una tendenza alla compensazione in profondità con movimenti lenti del substrato in senso opposto. Si verifica pertanto il principio dell'isostasia che nel 1889 Dutton così enunciava: “le masse che costituiscono la crosta terrestre sono in equilibrio instabile, in conseguenza di mutamenti interni o esterni, e tendono continuamente a ristabilire l'equilibrio grazie a migrazioni di masse superficiali o profonde, in senso orizzontale o verticale”. Valendosi di considerazioni geofisiche si pensa che questi spostamenti avvengano a profondità non molto elevata rispetto al raggio terrestre e che quindi esista una superficie, detta di compensazione isostatica, situata a 60-100 km di profondità, al di sotto della quale cessano le variazioni di densità e si realizza uno stato permanente di equilibrio. Vi sono due classiche teorie per spiegare la diversa distribuzione delle masse sulla crosta terrestre. Secondo il modello di Airy, proposto nel 1855 e perfezionato da W. A. Heiskanen nel 1930, la crosta terrestre sarebbe costituita da blocchi rigidi a densità uniforme, poggianti su un substrato più denso e meno rigido e affondati in quest'ultimo tanto più profondamente quanto più è elevata la superficie esterna. La superficie di separazione tra l'involucro e il substrato (superficie di compensazione isostatica) rispecchia, ad andamento invertito e più pronunciato, le forme del rilievo terrestre in modo che sotto le grandi catene montuose la superficie di compensazione presenta le maggiori depressioni. Nel modello proposto da Pratt nel 1858 e ripreso da Hayford nel 1909, la superficie di compensazione sarebbe invece a profondità costante e le masse dell'involucro esterno avrebbero maggiori elevazioni in relazione inversa alla loro densità. In tale ipotesi le masse comprese in coni di uguale apertura con il vertice al centro della Terra devono essere uguali, rimanendo più dilatate al di sotto dei rilievi e più compresse in corrispondenza delle depressioni. La crosta terrestre risulta così divisa in tanti prismi distinti, ciascuno di densità costante, ma tra loro diversi per volume e peso: i prismi di maggiore altezza che sopportano le montagne hanno densità proporzionalmente più bassa, i prismi meno elevati, corrispondenti alle depressioni, hanno densità maggiore; le basi di tutti i prismi si trovano allo stesso livello che costituisce la superficie di compensazione isostatica. Il modello di Airy-Heiskanen è stato in gran parte confermato dagli studi geologici e geofisici che hanno rivelato la presenza dei maggiori spessori di crosta leggera sotto i continenti, mentre sotto gli oceani tale crosta si riduce o può mancare del tutto come nell'Oceano Pacifico, al cui fondo si ritiene compaia, direttamente sotto i sedimenti, il substrato più pesante. D'altra parte, la presenza dei ricoprimenti tettonici, i fenomeni di iniezione magmatica e lo spandimento lavico, i moti convettivi interni rendono pressoché impossibile ammettere il valore uniforme di densità per ogni singolo prisma e la loro indipendenza, concetti fondamentali della teoria di Pratt-Hayford. Partendo da queste stesse considerazioni, F. A. Veining Meinesz ha modificato il modello di Airy-Heiskanen: secondo questo autore la compensazione isostatica non sarebbe un fenomeno locale limitato a un singolo blocco o prisma ma un fenomeno regionale coinvolgente più blocchi per notevoli estensioni areali. Tra i fenomeni più evidenti connessi con l'isostasia si può citare il sollevamento delle catene montuose costituite in parte da pacchi di sedimenti depostisi in zone di subsidenza: essi sono sprofondati progressivamente nel substrato e in seguito, essendo formati di materiale più leggero, sono stati spinti verso l'alto durante l'orogenesi. Anche le variazioni della linea di spiaggia verificatesi nei tempi recenti sono in parte dovute all'isostasia: lo scioglimento delle calotte glaciali, che nel Quaternario antico coprivano numerose regioni dell'emisfero boreale, ha provocato un sollevamento delle regioni nordiche sgravate dal peso dei ghiacci, che ha portato antiche linee di spiaggia ad altezze massime di 270 m. Il movimento è ancora in atto: per esempio, il golfo di Botnia si alza di ca. un metro al secolo.

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