Villafranchiano
agg. e sm. [dal nome del centro di Villafranca d'Asti]. Piano geologico istituito nel 1865 da L. Pareto sulla base di depositi lacustri e alluvionali contenenti resti di Mammiferi tra i quali comparivano per la prima volta quelli appartenenti ai generi Elephas, Bos ed Equus. Originariamente il Villafranchiano fu inteso come il corrispondente continentale del Calabriano, e, pertanto, fu considerato come piano basale del Pleistocene. Studi successivi a opera del tedesco Hürzeler dimostrarono, tuttavia, che i resti elefantini di Villafranca d'Asti non erano ascrivibili al genere Elephas ma ai generi mastodontini Zygolophodon e Anancus, che sicuramente non solo precedevano la comparsa del genere Elephas ma non si trovavano mai associati né con Bos né con Equus. Si convenne, dunque, di considerare la serie di Villafranca d'Asti come estesa inferiormente al Pliocene superiore. Il Villafranchiano copre dunque un intervallo di tempo che comprende il passaggio Plio-Pleistocene. Oggi il Villafranchiano viene distinto in tre sottopiani, rispettivamente Villafranchiano inferiore, Villafranchiano medio e Villafranchiano superiore. Ciascuno di questi tre sottopiani è caratterizzato dalla presenza, o dal succedersi, di diverse unità faunistiche, cioè da un insieme di specie che fanno la loro prima o ultima comparsa in quel determinato intervallo temporale. Il Villafranchiano inferiore, localizzato cronologicamente nel Pliocene superiore, è caratterizzato dall'unità faunistica di Triversa (dalle sezioni argillo-sabbiose affioranti nelle valli dei fiumi Triversa e Triversola); tale unità faunistica è caratterizzata, tra gli altri, dalla presenza di Zygolophodon borsoni. Anancus arvernensis, Tapirus arvernensis, Leptobos stenometopon, Dicerorhinus jeanvireti, Dicerorhinus etruscus, Ursus minimus o Homotherium crenatidens. Depositi riferibili al Villafranchiano medio sono piuttosto rari in Italia, mentre sono molto ben caratterizzati in Francia e nel resto dell'Europa. Anche in Italia, tuttavia, questo intervallo di tempo è testimoniato dalla presenza delle faune dell'unità di Montopoli (Valdarno inferiore). Tale unità è caratterizzata dalla prima presenza di un vero elefante (Mammuthus gromovi), dalla comparsa del genere Equus (Equus cfr. livenzovensis) e dalla persistenza di forme arcaiche come Anancus arvernensis, Dicerorhinus jeanvireti e Dicerorhinus etruscus, Leptobos stenometopon. Nel quadro di uno schema di correlazione di dati malacologici, palinologici e delle mammalofaune, al Congresso internazionale di studi quaternari tenutosi a Mosca nel 1982, si è convenuto di porre il limite Plio-Pleistocene all'interno del Villafranchiano medio. Il Villafranchiano superiore, pertanto, sarebbe collocabile all'interno del Pleistocene antico. Quest'ultimo sottopiano è rappresentato, in Italia, da tre unità faunistiche: la prima unità è quella di Olivola (Val di Magra), caratterizzata da forme nuove come Mammuthus meridionalis, Equus stenonis, Ursus minimus, Leptobos etruscus, Canis etruscus, accanto alla persistenza del mastodonte Anancus arvernensis. L'unità faunistica successiva è quella del Tasso (Valdarno superiore) caratterizzata, oltre che dalla persistenza delle forme elefantine prima citate, dalla presenza di più cani (Canis falconeri e Canis arnensis) e di cavalli (Equus stenonis ed Equus stehlini) oltre che dalla prima comparsa in Italia di un roditore microtino con denti a crescita continua (Microtus (Allophaiomys) pliocaenicus). La terza e ultima unità faunistica del Villafranchiano superiore è l'unità di Farneta (Val di Chiana) caratterizzata dalla presenza di una forma elefantina di “meridionalis” più evoluta rispetto a quella dell'unità faunistica precedente (Mammuthus meridionalis vestinus). Da un punto di vista climatico, il succedersi delle diverse faune nell'ambito del Villafranchiano evidenzia una variazione delle condizioni ambientali da ampie praterie e savane del Villafranchiano inferiore a condizioni temperate con zone prative aperte tipiche del Villafranchiano superiore. Nell'ambito di quest'ultimo, un progressivo raffreddamento climatico porta alla scomparsa di molte forme plioceniche e al rinnovamento faunistico in senso moderno tipico del Pleistocene.