Letteratura tra Biedermeier e Restaurazione
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La drammaturgia critica di un rivoluzionario: Büchner
Figlio dell'assessore del collegio medico di Darmstadt, fiorente capitale del Granducato d'Assia, Georg Büchner (Goddelau, Darmstadt, 1813 - Zurigo 1837) trascorse in questa città la sua infanzia e ricevette una solida educazione letteraria e scientifica. Secondo il desiderio paterno, nel 1831 si recò a Strasburgo per studiarvi medicina e qui entrò in contatto con le idee rivoluzionarie e probabilmente entrò a far parte della Società per i Diritti dell'Uomo. Tenuto dalle leggi del Granducato a concludere gli studi in patria, nel 1833 passò all'università di Giessen; qui Büchner diede vita a una locale società per i diritti dell'uomo e scrisse Il messaggero dell'Assia (Der Hessische Landbote, 1834), un opuscolo politico che invitava alla rivolta. Alcuni arresti tra i partecipanti all'iniziativa rivoluzionaria spinsero Büchner a rifugiarsi nella casa paterna di Darmstatdt (settembre 1834), dove notte dopo notte scrisse il dramma La morte di Danton (Dantons Tod, 1834-35, pubblicata in forma abbreviata nel marzo 1835), mentre di giorno proseguiva gli studi medici. Nel marzo 1835 tornò a Strasburgo, mentre a Darmstadt veniva spiccato contro di lui un mandato di cattura. Nella città francese poté accedere alla Societé d'Histoire Naturelle con una relazione Sul sistema nervoso del barbo (Sur le système nerveux du barbeau, 1836), quindi si trasferì a Zurigo, dove ottenne la libera docenza di anatomia comparata. Nella città svizzera scrisse la commedia Leonzio e Lena (Leonce und Lena, 1836), lavorò al racconto Lenz (1839, postumo) e al dramma Woyzeck (1879, postumo), rimasti entrambi incompiuti per la sua morte, sopravvenuta repentinamente per tifo nel febbraio 1837.
Le opere letterarie
Composta negli anni delle aspirazioni e delle delusioni rivoluzionarie di Büchner, La morte di Danton descrive gli ultimi giorni del Terrore e la caduta di Danton per opera di Robespierre. I personaggi, tra i quali i principali capi rivoluzionari, sono delineati con grande evidenza drammatica, ma insieme si inquadrano perfettamente nell'ispirazione di fondo di Büchner: la rivoluzione è impossibile, come del resto è impossibile qualunque libero atto dentro il “fatalismo spaventoso della storia”. La stanchezza di Danton, che fa da contrappeso al pedantesco fanatismo di Robespierre, non è altro che l'annoiata sfiducia nella possibilità di trasformare il mondo, la coscienza di essere solo una maschera senza volto, di recitare una parte priva di senso. La perdurante miseria del popolo fa da sfondo alle lotte furibonde e meschine dei grandi. La rapidità nel taglio delle scene, il rilievo dei caratteri, lo scabro realismo della lingua, che all'epoca delle prime messe in scena all'inizio del Novecento poté apparire quasi un'anticipazione dell'espressionismo, fanno di quest'opera un capolavoro del teatro moderno. La commedia Leonzio e Lena è una fiaba paradossale in cui due giovani principi, che non si conoscono e sono destinati a un matrimonio non voluto, incontrandosi per caso, si sposano per amore, realizzando comunque il destino loro assegnato. Un grande torso michelangiolesco è invece il frammento del dramma Woyzeck, di cui sono pervenuti tre diversi finali. In una lingua quasi visionaria Büchner inscena la vicenda, liberamente ispirata a un fatto di cronaca, di Woyzeck, barbiere in miseria e malato psichico, che uccide quasi macchinalmente la propria amante e quindi compare in tribunale a ricevervi una condanna a morte (o, secondo un'altra versione, si toglie la vita annegandosi in uno stagno). Un pazzo è anche Lenz, il poeta (realmente esistito) protagonista del racconto omonimo, capolavoro di introspezione condotta con la tecnica del discorso libero indiretto.
La fortuna di Büchner, le cui opere apparvero a stampa solo a partire dalla metà dell'Ottocento, è andata crescendo all'inizio del Novecento. Nel 1923 in Germania è stato istituito un prestigioso premio letterario intitolato a suo nome (Georg-Büchner-Preis).