Letteratura tra Biedermeier e Restaurazione
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- Riepilogando
Grillparzer, drammaturgo del “sottosuolo” e del regresso
Figlio di quella cultura austriaca originariamente antisoggettivistica e antiromantica, il grande drammaturgo viennese Franz Grillparzer (Vienna 1791 - 1872) è annoverabile certo tra gli ultimi classici eppure è anche inquadrabile già oltre l'orizzonte classico-romantico, tra i primi investigatori letterari delle scissioni dell'io e dell'epoca.
La vita
Rimasto orfano di padre in giovane età, si laureò in giurisprudenza ed entrò quindi nell'amministrazione pubblica, dove raggiunse il grado di direttore dell'archivio della camera di corte, carica che mantenne fino al pensionamento, avvenuto nel 1856. Fin dal periodo degli studi universitari, lavorando la notte e nei ritagli di tempo, aveva incominciato a scrivere per il teatro, portando a compimento (1812) una lunghissima tragedia ricalcata sul Don Carlos di Schiller, Bianca di Castiglia (Blanka von Kastilien), che venne però rifiutata dalla direzione del Burgtheater. Maggior fortuna ebbe presentando nel 1816 la sua seconda tragedia, L'avola (Die Ahnfrau), che piacque al nuovo direttore teatrale, J. Schreyvogel, e venne rappresentata con grande successo l'anno dopo. Seguì un lavoro di soggetto classico, Saffo (Sappho, 1819) il cui successo gli fruttò la nomina a poeta del teatro di corte. Nel 1819 fece un viaggio in Italia nell'intento di spegnere in sé l'amore per la moglie di un cugino, con la quale aveva allacciato una relazione. Un successivo lunghissimo fidanzamento con Käthi Fröhlich non approdò mai al matrimonio, e Grillparzer, nonostante altri amori, rimase celibe. Due drammi storici, ai quali lavorò negli anni venti, gli procurarono fastidi con la censura austriaca, sicché egli si volse ad altri soggetti; ma nel 1838, in seguito al fiasco clamoroso della commedia Guai a dire bugie! (Weh dem, der lügt!), decise di non far più rappresentare alcuna nuova opera. A questa risoluzione si mantenne fedele, lasciando nel cassetto le tre tragedie composte successivamente e arrivando a disporre nel suo testamento la distruzione di due di queste, da lui amaramente definite abbozzi senza vita. Incompiuta rimase una tragedia di soggetto biblico, Esther, e così pure una bellissima Autobiografia (Selbstbiographie).
Le opere
Dopo la fortunata ma poco significativa Avola, tragedia dell'orrore in orecchiabili tetrametri giambici, il drammaturgo diede con Saffo un primo saggio della sua grande capacità di penetrazione psicologica e, al contempo, della tipica natura ibrida del suo teatro, che riveste di panni classici o storici un nucleo drammatico sostanzialmente già moderno. In Saffo esso è costituito dal distacco romantico della poesia dalla vita, una condizione patologica da cui scaturisce la tragedia. Soggetto esteriormente classico ha pure la trilogia Il vello d'oro (Das goldene Vliess, 1818-20), articolata nelle tragedie L'ospite (Der Gastfreund), Gli Argonauti (Die Argonauten) e Medea, la sola davvero efficace, incentrata sul grande personaggio di Medea, la quale nella veemenza barbarica con cui affronta Giasone che le nega i figli, tradisce a tratti i lineamenti di una madre ottocentesca in una causa di divorzio. Alquanto oleografica, nonostante alcuni passi poeticamente mirabili, è la tragedia che riprende il mito di Ero e Leandro Le onde del mare e dell'amore (Des Meeres und der Liebe Wellen, rappr. 1831). Come ha osservato C. Magris le tragedie storiche di Grillparzer, che annunciano chiaramente alcuni tratti del mito asburgico, sono più ricche di contrasti e sviluppi drammatici, soprattutto Fortuna e fine di re Ottocaro (Königs Ottokar Glück und Ende), scritta nel 1823, e il postumo Dissidio tra fratelli Asburgo (Ein Bruderzwist in Habsburg), che nel personaggio di Rodolfo II rappresenta il dramma di una monumentale solitudine e della sfiducia nell'azione. Un posto rilevante nella produzione di Grillparzer occupano l'arguta commedia Guai a dire bugie!, che gioca magistralmente sulla confusione di verità e menzogna, e la “fiaba drammatica” Il sogno, una vita (Der Traum, ein Leben), conclusa nel 1831 e scritta in bellissimi tetrametri trocaici. In quest'ultima il protagonista Rustan sogna (ma lo spettatore se ne avvede solo alla fine) dal secondo al quarto atto, commettendo, su istigazione del diabolico servo Zanga, delitti atroci per ottenere il regno di Samarcanda: il risveglio liberatorio lo restituisce alla vita reale e lo libera dai delitti che crede di aver commesso. Grillparzer lasciò anche diari, liriche e uno splendido racconto, Il povero musicante (Der arme Spielmann, 1848), storia di un violinista di strada che nel momento di una rovinosa piena si scuote dalla propria dolorosa rassegnazione per salvare dei bambini.
Figura eminente di una difficile età di transizione, Grillparzer è ormai lontano dal classicismo tedesco, ma non è riconducibile interamente al solo Biedermeier; analogamente, il suo verso, elegante ma talvolta un po' rigido, non è più quello di Goethe e Schiller, ma tiene ancora orgogliosamente le distanze dalla prosa del teatro borghese.