Niccolò Cusano
Niccolò Cusano (Kues, Germania, circa 1400 - Todi 1464) studia diritto e scienze matematiche a Padova e approfondisce la filosofia e la teologia a Colonia; diviene vescovo di Bressanone. La sua opera maggiore è De docta ignorantia (1440).
Secondo Cusano si può conoscere con la ragione oppure con l'intelletto, ma né l'una né l'altro possono conseguire una conoscenza che voglia essere "vera e precisa".
La conoscenza di ragione consiste, da un lato, nel ricondurre attraverso una serie finita di operazioni mentali una grandezza a un'altra, un concetto a un altro concetto; dall'altro lato, nel presupporre una qualche unità di misura. È sempre possibile presupporre una misura più precisa di quella in uso, cosicché ogni conoscenza di ragione è perfettibile. Inoltre alla ragione resta incomprensibile il concetto di infinito.
Del concetto di infinito è possibile una "visione intellettuale", ovvero un'intuizione intellettiva, vera ma non precisa. Nell'infinità l'intelletto "vede" e intuisce la "coincidenza degli opposti", cioè l'unità di tutte le conoscenze, anche di quelle contrapposte tra loro. Il principio della coincidenza pone come apice della conoscenza la "dotta ignoranza", il sapere di non sapere. Cusano definisce l'uomo come lo scopo dell'intera creazione, creato per riconoscere il "valore divino" della creazione, in grado di raggiungere una genuina perfezione naturale, definita filiatio Dei (discendenza filiale di Dio) e deificazione.
Cusano afferma che di Dio si dà una duplice possibilità di conoscenza: la teologia negativa dice ciò che Dio non è; la teologia positiva afferma che Dio si manifesta nell'infinità della creazione. Infine, il terzo modo di manifestazione divina è la parola di Cristo, che rivela la realtà presente della redenzione di ogni uomo e di tutta la natura creata. Per conoscere la divinità di Cristo bisogna imitare l'umanità perfetta e divina di Cristo e favorire, sul piano civile e della storia dell'uomo, una teologia del dialogo tra uomini.